Consiglio di Stato, sez. I, parere interlocutorio 2020-09-07, n. 202001463

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. I, parere interlocutorio 2020-09-07, n. 202001463
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202001463
Data del deposito : 7 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01322/2018 AFFARE

Numero 01463/2020 e data 07/09/2020 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 2 settembre 2020




NUMERO AFFARE

01322/2018

OGGETTO:

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti- Dipartimento per le infrastrutture, i sistemi informativi e statistici.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dai signori G G e A R contro il Comune di Borgo San Dalmazzo, e nei confronti dei signori G P e R B, per l’annullamento dei seguenti atti: 1) permesso di costruire in sanatoria n. 14/2018 rilasciato ai signori P e B il 13-3-2018 per “ l’ampliamento e la chiusura del porticato aperto di abitazione unifamiliare esistente di cui al permesso di costruire n. 103 del 13.10.2009 e SCIA n. 117/2012 ”;
2) comunicazione del 18.5.2018, con cui il Comune ha confermato il predetto provvedimento a seguito di istanza di annullamento in autotutela presentata dai signori G e R.

LA SEZIONE

Visto il parere interlocutorio della Sezione n. 862/2019;

Vista la relazione, trasmessa con nota prot. n. 1811 del 18-2-2020, con la quale il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti- Dipartimento per le infrastrutture, i sistemi informativi e statistici ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco Mele;


Premesso:

Con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, notificato al Comune di Borgo San Dalmazzo in data 14-6-2018 e ai signori P Gualtieri e B Rossella in data 13-6-2018, i signori G Giuseppe e R Anna hanno impugnato i seguenti atti: 1) permesso di costruire in sanatoria n. 14/2018 rilasciato ai signori P e B il 13-3-2018 per “ l’ampliamento e la chiusura del porticato aperto di abitazione unifamiliare esistente di cui al permesso di costruire n. 103 del 13.10.2009 e SCIA n. 117/2012 ”;
2) comunicazione del 18.5.2018, con cui il Comune ha confermato il predetto provvedimento a seguito di istanza di annullamento in autotutela presentata dai signori G e R.

Essi hanno premesso di essere proprietari di una unità abitativa, sita alla via Fontanelle n. 7, confinante con quella dei signori P e B, sita alla via Fontanelle n. 5, evidenziando che il Comune, con ordinanza n. 157/2017, aveva disposto la demolizione di un manufatto, denominato “veranda-giardino d’inverno”, da questi ultimi realizzato in virtù di precedente permesso di costruire;
ciò in quanto il titolo abilitativo doveva ritenersi nullo per avere i grafici progettuali rappresentato una distanza dello stesso dal confine di proprietà di metri 5 non corrispondente alla reale situazione dei luoghi, risultando la distanza effettivamente sussistente pari a mt. 4, 15, inferiore alla distanza minima di mt. 5 prescritta dalle norme di PRGC.

Hanno lamentato che, a seguito di presentazione di apposita istanza in data 22-12-2017, il Comune aveva rilasciato il permesso di costruire in sanatoria ex art. 36 del DPR n. 380/2001 per la suddetta costruzione e che l’ente aveva, poi, rigettato la domanda di annullamento in autotutela dello stesso presentata da essi ricorrenti.

Con il primo motivo i ricorrenti deducono: Vizio di violazione di legge con riferimento all’art. 36 del

DPR

380/2001 ed in particolare alla cd. sanatoria giurisprudenziale.

Evidenziano che il titolo abilitativo era stato rilasciato sulla base di tale istituto, atteso che il manufatto realizzato difettava della conformità urbanistica al momento della sua realizzazione, non rispettando la distanza di mt. 5 dal confine, prevista dalle NTA.

Tanto era chiaramente evincibile dai pareri espressi dal legale dei controinteressati e del Comune, richiamati nel provvedimento impugnato, i quali sostenevano che la “sanatoria giurisprudenziale” ha ingresso nel nostro ordinamento giuridico, nonché dal rigetto della richiesta di annullamento in autotutela del 18-5-2018, ove tale conclusione veniva ulteriormente ribadita.

I ricorrenti lamentano l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, evidenziando che, ai sensi dell’articolo 36 del DPR n. 380 del 2001, il rilascio del permesso di costruire in sanatoria richiede il requisito della “doppia conformità”, risultando indispensabile che l’opera edilizia sia conforme alla normativa urbanistica anche al momento in cui la stessa è stata realizzata.

Richiamando, pertanto, giurisprudenza del giudice amministrativo, assumono che la cd. “sanatoria giurisprudenziale” non è ammissibile, introducendosi in tal modo un atto atipico in violazione dei principi di legalità e di nominatività dei provvedimenti amministrativi, nonché del principio di separazione dei poteri.

Invero, l’articolo 36 del Testo Unico consente la sanatoria dei soli abusi formali, mentre consentire la regolarizzazione della costruzione nell’ipotesi in cui la conformità agli strumenti urbanistici sia sopravvenuta solo successivamente alla sua realizzazione significherebbe ammettere l’istituto anche in caso di un abusi sostanziali, in contrasto con il chiaro disposto normativo.

Non avrebbe rilevanza la circostanza che, in relazione alla sopravvenuta conformità edilizia, il manufatto potrebbe essere, una volta demolito, nuovamente ricostruito con le stesse caratteristiche, in quanto ci si porrebbe in contrasto con l’esigenza punitiva sottesa alla richiamata norma e, cioè, quella di ottenere rispetto e ripristino della legalità.

Con il secondo motivo i signori G e R lamentano: Vizio di violazione di legge (art. 36 del DPR n. 380/2001) e di eccesso di potere con riferimento alle valutazioni discrezionali espresse dall’Ente in sede di rilascio del permesso.

Rilevano che il Comune, nel rilasciare il titolo abilitativo postumo, ha contemperato l’interesse pubblico al rispristino della legalità con l’interesse del privato di non vedersi demolire un manufatto che, il giorno dopo, avrebbe potuto chiedere di riedificare.

Deducono, pertanto, l’illegittimità di tale valutazione discrezionale, in quanto l’attività amministrativa, in sede di accertamento di conformità, si connota quale attività vincolata, la quale si esaurisce nella verifica della esistenza dei presupposti richiesti dalla norma, priva di ogni connotato di discrezionalità.

Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano: Vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti- vizio di violazione di legge con riferimento agli art. 873 c.c. ed all’art. 8 delle NTA del Comune di Borgo San Dalmazzo che impone una distanza dai confini altrui di mt. 5,00.

Tale mezzo di gravame viene formulato in via subordinata, per l’ipotesi in cui si ritenga ammissibile la c.d. sanatoria giurisprudenziale, rilevandosi che il manufatto risulta violativo della distanza legale minima anche al momento di presentazione dell’istanza di sanatoria, non potendosi attribuire alcun rilievo alla circostanza della costruzione della tettoia posta tra il confine di proprietà e la veranda in contestazione, tettoia autorizzata dai ricorrenti con la mediazione n. 16/2013 di cui al verbale di conciliazione dell’11-12-2013.

I ricorrenti contestano le affermazioni del Comune, contenute nell’impugnata nota del 18-5-2018, secondo cui la costruzione della tettoia, in relazione alla ratio della prescrizione di distanze (diretta ad evitare intercapedini dannose), avrebbe, di fatto, eliminato ogni problema relativo al mancato rispetto delle distanze in quanto la presenza di un manufatto lungo il confine determina che ulteriori costruzioni retrostanti risultino conformi al PRGC anche se edificate a meno di cinque metri dal confine di proprietà.

Essi rilevano che l’articolo 8 delle NTA del Piano Regolatore prescrive la distanza minima di mt. 5 dal confine, la quale è derogabile solo in virtù di accordo scritto tra le parti.

Nella specie, la veranda-giardino d’inverno trovasi a distanza dal confine inferiore a mt. 5 e l’accordo di mediazione alcuna deroga ha introdotto al rispetto della stessa.

L’accordo, infatti, ha avuto ad oggetto un diverso manufatto (la tettoia) e non anche la veranda, per la quale non è ravvisabile una deroga espressa e per iscritto;
allo stesso modo, non è configurabile la possibilità di una deroga implicita per tale manufatto, essendosi specificato nel verbale di conciliazione che “ l’autorizzazione di cui sopra non costituisce deroga in alcun modo alle distanze di legge ”.

Osservano, inoltre, che la realizzazione della tettoia non ha comportato la creazione di intercapedini, trattandosi di semplice tettoia aperta.

Evidenziano, infine, che l’opera oggetto del permesso di costruire in sanatoria non poteva comunque essere realizzata a distanza inferiore dai cinque metri, non potendo trovare applicazione nella fattispecie il disposto dell’articolo 8, comma 7-f delle NTA, che fa salvi i distacchi esistenti in caso di chiusura di spazi aperti esistenti all’interno della sagoma esistente.

L’intervento edilizio, invero, come rilevato dal Comune e dal suo legale, si pone al di fuori della sagoma esistente, in quanto, come accertato in sede di sopralluogo, “ la lunghezza dell’ampliamento rispetto al confine (parallela a questa) risulta di mt. 3,20 circa, di cui circa 1,40 m. a chiusura di un piccolo porticato aperto delimitato a piano terreno da pilastro e coperto dal balcone soprastante ”.

Il Comune di Borgo San Dalmazzo, con memoria del 20-7-2018, ha presentato le proprie controdeduzioni al ricorso straordinario.

Richiamando i contenuti dei pareri espressi dal legale incaricato dall’ente, ha evidenziato l’infondatezza del gravame.

Ha, in particolare rilevato l’attuale conformità urbanistica dell’opera, per effetto dell’assenso prestato dai signori G e R, in sede di mediazione civile, alla realizzazione della tettoia, posta sul confine ed antistante la veranda in contestazione. La presenza di un manufatto lungo il confine determina che ulteriori costruzioni retrostanti risultino conformi alle prescrizioni di PRGC ancorchè edificate a meno di 5 metri dal confine di proprietà e, dunque, i ricorrenti non possono più pretendere l’arretramento della veranda-giardino d’inverno.

Ha, inoltre, affermato la legittimità della cd. sanatoria giurisprudenziale, applicabile in quanto rispondente a principi di economicità e ragionevolezza, rilevando poi la peculiarità del caso di specie, atteso che la sopravvenuta conformità non è stata determinata da modifiche legislative o di piano regolatore concernenti il regime delle distanze ma da un accordo tra confinanti, concernente altra opera, che ha di fatto eliminato in radice il problema delle distanze.

I controinteressati, signori P e B, hanno presentato, in data 30-7-2018, una memoria difensiva, con la quale, con articolate argomentazioni, hanno dedotto l’infondatezza del ricorso straordinario.

Essi hanno in primo luogo sostenuto la conformità urbanistica originaria della veranda nonostante si trovi meno di 5 metri dal confine di proprietà, onde il Comune avrebbe potuto rilasciare una sanatoria ordinaria senza ricorrere all’istituto della sanatoria giurisprudenziale.

Hanno in proposito evidenziato che tale costruzione ha comportato la chiusura di un terrazzo preesistente, costituente copertura di un locale adibito a garage e rialzato rispetto al piano di calpestio, terrazzo rientrante all’interno della sagoma del fabbricato stesso, perimetrato da prospetti murari in cemento armato e in buona parte coperto dalle falde del tetto.

Esso, dunque, costituirebbe “costruzione”, rilevante ai fini delle distanze, con la conseguenza che le distanze previste dal PRGC sarebbero state compromesse fin dalla costruzione del fabbricato originario per volere dell’unico proprietario-costruttore di entrambe le unità abitative, costituendosi in tal modo una servitù per destinazione del padre di famiglia ex art. 1062 c.c.

La veranda, dunque, rientrando nella sagoma originaria del fabbricato, si gioverebbe della compromissione della distanza minima dal confine già realizzata con la costruzione del terrazzo sottostante.

Risulterebbe, pertanto, applicabile l’articolo 8, punto 7-f delle NTA, il quale prevede, in relazione ai possibili ampliamenti delle costruzioni esistenti, che “ valgono in ogni caso i distacchi esistenti quando l’ampliamento si configuri come chiusura di spazi aperti all’interno della sagoma esistente ”.

I controinteressati hanno in ogni caso ritenuto la legittimità della sanatoria giurisprudenziale, così come applicata dal Comune, ritenendo ammissibile l’istituto in relazione alla realizzazione dei principi di economicità e buon andamento dell’azione amministrativa.

Hanno, infine, contestato la fondatezza del ricorso laddove si sostiene la carenza di conformità urbanistica attuale dell’opera realizzata, ritenendo che la veranda, semmai non fosse regolare al momento della realizzazione, era certamente conforme al momento in cui la domanda di sanatoria era stata presentata.

Hanno in proposito evidenziato che la realizzazione della tettoia, per effetto dell’accordo intervenuto tra le parti con la mediazione del 2013, ha determinato una vera e propria costruzione a confine che ha traslato il fronte dell’intero fabbricato fino al confine tra le due proprietà, osservando che uno degli elementi portanti della tettoia è costruito in aderenza con l’elemento portante esterno della veranda tanto da costituire un tutt’uno con essa.

Di conseguenza, l’assenso prestato dai ricorrenti alla realizzazione della tettoia ha eliminato in radice il problema delle distanze, spostando di fatto il fronte del fabbricato di essi controinteressati e “coprendo” in tal modo la veranda, che di fatto è stata legittimata.

In buona sostanza, l’esistenza della tettoia, costituente costruzione, ha fatto venir meno ogni questione relativa al mancato rispetto delle distanze minime di legge della veranda, in quanto ha spostato sul confine il limite esterno dell’intera costruzione, costituita da abitazione-veranda-tettoia.

Con parere interlocutorio n. 862/2019, reso nell’Adunanza del 20 febbraio 2019, la Sezione ha chiesto al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti di redigere la prescritta relazione e di comunicarla ai ricorrenti con assegnazione di termine per repliche e controdeduzioni.

Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – Dipartimento per le infrastrutture, i sistemi informativi e statistici, con nota prot. n. 1811 del 18-2-2020, ha, quindi, trasmesso alla Sezione la propria relazione, chiedendo l’espressione del parere sul ricorso straordinario.

In particolare, esso ha espresso l’avviso che il ricorso debba ritenersi infondato.

Pur ritenendo l’inapplicabilità dell’istituto della cd. sanatoria giurisprudenziale, ha evidenziato la legittimità dei provvedimenti impugnati, assumendo nella specie l’operatività dell’articolo 8 delle NTA del PRGC, che prevede, in relazione agli ampliamenti, che valgono i distacchi esistenti quando l’ampliamento si configura come chiusura di spazi aperti esistenti all’interno della sagoma esistente.

Ritiene in proposito che il terrazzo confinante con la proprietà dei controinteressati, sul quale la veranda è stata costruita e posto a copertura di un locale al piano seminterrato, abbia i connotati di consistenza e stabilità tali da computarlo ai fini delle distanze in quanto sporgenza atta ad incidere sulla consistenza volumetrica.

I ricorrenti hanno presentato, con memoria del 23-12-2019, controdeduzioni alla relazione ministeriale, ribadendo la fondatezza del ricorso.

L’articolo 8, punto 7 f, delle NTA non risulterebbe utilmente invocabile.

Invero, la costruzione di un manufatto al di sopra di una preesistente costruzione deve rispettare le distanze dal confine, risultando irrilevante che il suo basamento sia costituito da una “costruzione”.

Inoltre, la suddetta norma consente i distacchi esistenti solo in caso di chiusura di spazi aperti posti all’interno della sagoma esistente.

Poiché il concetto di sagoma fa riferimento ad uno sviluppo non solo orizzontale ma anche verticale, essi osservano che nella specie ogni sviluppo verticale era inesistente in quanto il terrazzo era scoperto e il tetto non sporgeva su di esso.

I controinteressati, con memoria del 30-12-2019, hanno rassegnato anch’essi le proprie repliche alla relazione ministeriale, condividendone i contenuti nella parte in cui ritiene applicabile l’articolo 8, punto 7 delle NTA, assumendo pertanto la conformità urbanistica originaria dell’opera. Hanno, peraltro, insistito comunque sull’assentibilità postuma del manufatto in applicazione dell’istituto della sanatoria giurisprudenziale.

Considerato:

La Sezione ritiene che l’affare non sia maturo per l’espressione del parere definitivo, occorrendo all’uopo disporre incombenti istruttori, necessari per una esaustiva comprensione in fatto della vicenda della quale si controverte ed aventi ad oggetto la compiuta rappresentazione dello stato dei luoghi.

Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti deve, pertanto, acquisire dal Servizio Edilizia Privata e Urbanistica del Comune di Borgo San Dalmazzo la documentazione di seguito specificata.

Il Comune deve redigere dettagliata relazione illustrativa (da inviarsi al Ministero) nella quale vengano descritte le caratteristiche del fabbricato dei controinteressati dove risulta essere stata realizzata la veranda (oggi saletta-pranzo), l’ubicazione della veranda rispetto ad esso ed al confine di proprietà con indicazione delle relative dimensioni e modalità costruttive anche con riferimento alla chiusura di precedenti spazi aperti connotati dall’esistenza di una copertura ovvero alla chiusura di spazi in precedenza interamente aperti, dettagliandone la relativa distanza dal confine con la proprietà dei ricorrenti. Deve, inoltre, essere descritto il terrazzo sul quale la veranda risulta realizzata, specificando se lo stesso costituisca copertura di altro piano del fabbricato ed indicandone le caratteristiche con particolare riferimento ad eventuali pareti o elementi di chiusura ed indicando, altresì, se tale terrazzo risultasse in precedenza parzialmente coperto per zone in cui la veranda sia stata realizzata.

In particolare, poi, deve essere chiarito se la veranda per cui è causa sia stata costruita all’interno della sagoma originaria del fabbricato ovvero fuoriesca, anche in parte, dalla stessa, indicando eventualmente la porzione del manufatto rispetto ad essa eccedente.

La relazione di cui innanzi deve, inoltre, descrivere compiutamente la tettoia successivamente realizzata dai controinteressati a seguito dell’accordo di mediazione n. 16/2013, specificandone compiutamente dimensioni, caratteristiche costruttive, esistenza di collegamenti con il manufatto veranda che ne evidenzino eventualmente una continuità, avendo cura di precisare se, rispetto al confine con la proprietà dei signori G e R, essa si frapponga (coprendola) per intero o soltanto in parte alla veranda- saletta pranzo.

Il Comune deve, poi, redigere, ad ulteriore specificazione della relazione di cui innanzi, i seguenti grafici illustrativi:

a) grafico planimetrico nel quale siano chiaramente rappresentati il fabbricato dei controinteressati, il confine con la proprietà dei ricorrenti, la veranda oggetto di controversia (con le relative distanze dal confine), specificando pure le parti di quest’ultima che eventualmente risultino dalla chiusura di precedenti zone coperte del terrazzo di insistenza;
detto grafico rappresenterà anche la tettoia successivamente realizzata e la sua posizione rispetto alla veranda ed al confine con la proprietà dei ricorrenti;

b) grafico in sezione nel quale sia rappresentata la conformazione originaria del fabbricato e del terrazzo sul quale la veranda è stata edificata, comprensiva di sporti del tetto ovvero di porticati aperti aggettanti o presenti sul terrazzo;

c) grafico in sezione che rappresenti la conformazione del fabbricato successivamente alla realizzazione della veranda, comprensivo dunque anche della rappresentazione di quest’ultima, il quale consenta, in comparazione con il grafico di cui alla precedente lettera b), di apprezzare visivamente le modificazioni effettuate.

Il Comune di Borgo San Dalmazzo deve corredare, inoltre, la relazione richiesta di adeguata rappresentazione fotografica dello stato dei luoghi e delle opere realizzate.

Devono, poi, essere trasmesse al Ministero copia integrale dell’articolo 8 delle NTA al PRGC nonché copia del parere della Commissione edilizia comunale espresso nella seduta del 6-2-2018 in sede di rilascio del permesso di costruire in sanatoria.

Il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti deve, infine, trasmettere alla Sezione copia integrale della relazione di CTU redatta nel giudizio civile pendente tra le parti, documento che viene indicato come allegato n. 1 alla memoria di replica dei ricorrenti del 23-12-2019 ma che non risulta presente in atti;
acquisirà anche aggiornate notizie in ordine alla avvenuta definizione o meno del giudizio civile di appello.

La relazione e la documentazione acquisite dal Comune di Borgo San Dalmazzo andranno trasmesse dal Ministero ai ricorrenti ed ai controinteressati, ai quali verrà concesso un termine per la presentazione di eventuali osservazioni o repliche.

All’esito, il Ministero riferente trasmetterà alla Sezione tutta la documentazione oggetto di acquisizione, unitamente alle memorie delle parti ove presentate ovvero alla attestazione della mancata presentazione delle stesse nel termine assegnato.

Nelle more dei suddetti adempimenti istruttori, è sospesa l’espressione del parere.

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