Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-06-03, n. 201402838
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Testo completo
N. 02838/2014REG.PROV.COLL.
N. 05243/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5243 del 2012, proposto dalla società R Logistics S.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati V P e M O, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Associato Mc Dermott Will &Emery in Roma, via Ristori, 38
contro
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12
nei confronti di
Fedespedi - Federazione Nazionale delle Imprese di Spedizioni Internazionali, Sittam - Spedizioni Iternazionali Trasporti Terrestri Aerei Marittimi S.r.l., DHL Express S.r.l., DHL Global Forwarding (Italy) S.p.a.;
Agility Logistics S.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Alberto Pera, Matteo Padellaro e Antonio Lirosi, con domicilio eletto presso Gianni Origoni in Roma, via delle Quattro Fontane 20;Schenker Italiana S.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Alessandro Greco, Gian Luca Zampa e Fabrizio Arossa, con domicilio eletto presso Gian Luca Zampa in Roma, piazza del Popolo 18
per la riforma della sentenza del T.A.R. del Lazio, Sezione I, n. 3039/2012
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – Antitrust, nonché delle società Agility Logistics S.r.l. e Schenker Italiana S.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 aprile 2014 il Cons. C C e uditi per le parti l’avvocato Pinotti, l’avvocato Orlando, l’avvocato dello Stato Fiorentino, nonché gli avvocati Lirosi, Pera, Moravia - per delega dell’avvocato Arossa - e Zampa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue
FATTO
Con atto in data 18 novembre 2009 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d’ora innanzi: ‘l’AGCM’ o ‘l’Autorità appellata’) avviava un procedimento istruttorio per presunte condotte anticoncorrenziali (rubricato al n. I722) nei confronti delle società Agility Logistics S.r.l., Albini &Pitigliani S.p.A., Brigl S.p.A., Cargo Nord S.r.l., DHL Global Forwarding (Italy) S.p.A., Ferrari S.p.A., Francesco Parisi Casa di Spedizioni S.p.A., Gefco Italia S.p.A., Geodis Zust Ambrosetti S.p.A., I-DIKA - S.p.A., Italmondo – Trasporti Internazionali S.p.A., Italsempione – Spedizioni Internazionali S.p.A., ITK Zardini S.r.l., ITX Cargo S.r.l., R Logistics S.p.A., Saima Avandero S.p.A., Schenker Italiana S.p.A., S.I.T.T.A.M. – Spedizioni Internazionali Trasporti Terrestri Aerei Marittimi S.r.l., Transervice Europa S.r.l. - T.S.E. S.r.l. e Villanova S.p.A. e dell’Associazione Fedespedi - Federazione Nazionale delle Imprese di Spedizioni Internazionali.
In particolare il procedimento istruttorio era volto ad accertare eventuali violazioni dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (in seguito anche TFUE) nel settore delle spedizioni internazionali di merci su strada da e per l’Italia.
L’avvio era stato consentito dalla domanda della società Deutsche Bahn AG (cui avevano fatto seguito successivamente le domande delle società Agility Logistics International BV, Deutsche Post AG e S.I.T.T.A.M. Spedizioni Internazionali Trasporti Terrestri Aerei Marittimi S.r.l.) di accedere al più favorevole trattamento di cui al comma 2- bis dell’articolo 15 della l. 10 ottobre 1990, n. 287.
Al termine del procedimento istruttorio, valutate tutte le circostanze del caso, l’Autorità adottava il provvedimento conclusivo (16 giugno 2012) con cui deliberava quanto segue:
“ a) che l’Associazione Fedespedi - Federazione Nazionale delle Imprese di Spedizioni Internazionali e le società Agility Logistics S.r.l., Albini &Pitigliani S.p.A., Alpi Padana S.r.l., Armando Vidale S.p.A. Trasporti Internazionali in Liquidazione, Brigl S.p.A., Cargo Nord S.r.l., DHL Express S.r.l., DHL Global Forwarding (Italy) S.p.A., Francesco Parisi Casa di Spedizioni S.p.A., Gefco Italia S.p.A., Geodis Wilson Italia S.p.A., I-DIKA - S.p.A., Italmondo – Trasporti Internazionali S.p.A., Italsempione – Spedizioni Internazionali S.p.A., ITK Zardini S.r.l., ITX Cargo S.r.l., R Logistics S.p.A., Saima Avandero S.p.A., Schenker Italiana S.p.A., S.I.T.T.A.M. – Spedizioni Internazionali Trasporti Terrestri Aerei Marittimi S.r.l., Spedipra S.r.l. e Villanova S.p.A hanno posto in essere un’intesa restrittiva della concorrenza ai sensi dell’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, avente per oggetto l’incremento concertato del prezzo delle spedizioni internazionali di merci su strada da e per l’Italia;
b) che le società e l’associazione di cui al punto a) si astengano in futuro dal porre in essere comportamenti analoghi a quelli oggetto dell’infrazione accertata;
c) che, in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alla società Schenker Italiana S.p.A. il beneficio della non imposizione della sanzione, di cui al paragrafo 2 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell'articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287;
d) che, in ragione di quanto indicato in motivazione, è riconosciuto alle società Agility Logistics S.r.l., DHL Express S.r.l., DHL Global Forwarding (Italy) S.p.A. e S.I.T.T.A.M. – Spedizioni Internazionali Trasporti Terrestri Aerei Marittimi S.r.l. il beneficio della riduzione della sanzione, di cui al paragrafo 4 della Comunicazione sulla non imposizione e sulla riduzione delle sanzioni ai sensi dell'articolo 15 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 nella misura, rispettivamente, del 50%, del 49%, del 49% e del 10% ”.
Con il provvedimento in questione veniva irrogata nei confronti della società R Logistics s.p.a. (d’ora innanzi: ‘la soc. R Logistics’ o ‘la società appellante’) una sanzione complessiva pari ad euro 3.233.194.
Il provvedimento in questione veniva impugnato (ricorso n. 81344/2011) dalla soc. R Logistics dinanzi al T.A.R. per il Lazio il quale, con la sentenza in epigrafe, respingeva il ricorso.
La sentenza in questione è stata gravata in appello (ricorso n. 5243/2012) dalla soc. R Logistics la quale ne ha chiesto la riforma articolando plurimi motivi, più analiticamente descritti nella parte motiva della presente decisione.
Si è costituita in giudizio l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato la quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.
Si è altresì costituita in giudizio la società Schenker Italiana s.p.a. la quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.
Si è poi costituita in giudizio la società Agility Logistics s.r.l. la quale si è riservata di illustrare le proprie conclusioni e argomentazioni nel corso del giudizio, senza poi tuttavia provvedervi.
Alla pubblica udienza del 1° aprile 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dalla società R Logistics s.p.a. (d’ora innanzi: ‘la soc. R Logistics’ o ‘la società appellante’) avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio n. 3039/2012 con cui è stato respinto il ricorso proposto in parte qua avverso il provvedimento adottato il 15 giugno 2011 dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d’ora in poi: ‘l’A.G.C.M.’ o: ‘l’Autorità’) con il quale è stato accertato che la società appellata abbia partecipato a un’intesa restrittiva della concorrenza (articolo 101 del T.F.U.E.;articolo 2 della l. 10 ottobre 1990, n. 287) avente per oggetto l’aumento concertato del prezzo delle spedizioni internazionali di merci su strada da e per l’Italia.
2. Prima di procedere all’esame funditus dei motivi di gravame articolati dalla società appellante, il Collegio ritiene opportuno fornire un inquadramento di carattere generale sul contenuto dell’intesa contestata sulla base delle risultanze emergenti dal provvedimento impugnato in primo grado e della sentenza in epigrafe (e rinviando al prosieguo della presente decisione l’esame puntuale dei singoli motivi di ricorso articolati dalla società appellante).
Al riguardo si osserva che, se per un verso è vero che la società non ha contestato l’esistenza e la gravità dell’intesa in quanto tale (incentrando piuttosto le proprie difese sulla tesi della propria sostanziale estraneità all’accordo collusivo e al carattere ‘passivo’ della propria partecipazione, nonché sull’erroneità della determinazione del quantum sanzionatorio), d’altra parte, al fine di inquadrare in modo compiuto i contorni della vicenda e di calare in maniera adeguata le stesse difese dell’appellante nel pertinente contesto normativo e fattuale, appare necessario fornire una descrizione generale di tale contesto e dei presupposti che hanno indotto l’Autorità prima e il T.A.R. poi a delinearne i contorni e a trarne le conseguenze in punto di interdizione e sanzione delle condotte vietate.
3. Al riguardo il Collegio osserva in primo luogo che l’Autorità ha individuato in modo che appare esente da profili di irragionevolezza, incongruità e incoerenza gli elementi costitutivi dell’illecito anticoncorrenziale di cui all’articolo 101 del TFUE e di cui all’articolo 2 della legge 10 ottobre 1990, n. 287 (si tratta di un’intesa orizzontale restrittiva della concorrenza finalizzata a conseguire un coordinamento degli aumenti di prezzo delle spedizioni internazionali di merci via terra ad opera di numerose imprese operanti nel settore delle spedizioni terrestri e della stessa associazione di categoria – Fedespedi -).
Sotto tale aspetto, l’Autorità (con deduzioni confermate dai primi Giudici) ha in primo luogo persuasivamente individuato il mercato qui rilevante, facendolo coincidere con quello nazionale delle spedizioni internazionali da e per l’Italia.
Al riguardo – e a tacer d’altro - è stata correttamente richiamata la giurisprudenza di questo Consiglio secondo cui, nelle ipotesi di intese restrittive della concorrenza, la definizione del mercato rilevante risulta ex se funzionale all’individuazione delle caratteristiche stesse del contesto nel cui ambito si colloca l’illecito coordinamento delle condotte d’impresa, atteso che è proprio l’ambito di tale coordinamento a delineare e definire l’ambito stesso del mercato rilevante (in tal senso – ex plurimis -: Cons. Stato, 9 febbraio 2011, n. 896).
Nel merito della res controversa , poi, l’Autorità (con deduzione parimenti ritenuta dai primi Giudici esente dalle censure rubricate) ha ritenuto che la copiosa ed univoca documentazione acquisita nella fase istruttoria deponesse in modo del tutto persuasivo – e con un grado di univocità raramente riscontrabile nell’ambito di vicende per loro stessa natura tipicamente caratterizzate da un quadro indiziario lacunoso – nel senso dell’effettiva realizzazione dell’intesa vietata
In particolare, è stato motivatamente affermato che un rilevante numero di imprese di spedizione (fra cui l’odierna appellante), sotto l’impulso e il coordinamento di alcune di esse, ha realizzato nel corso del periodo che va dal marzo del 2002 all’autunno del 2007, un’intesa unica e continuata restrittiva della concorrenza.
Tale intesa ha avuto ad oggetto il coordinamento delle strategie commerciali tra i principali operatori di quel particolare mercato (coordinamento reso possibile attraverso l’organizzazione di numerosi e regolari incontri, favoriti dal contributo organizzativo della stessa associazione di categoria) e, più in particolare, la realizzazione di un capillare ed articolato sistema di scambio informativo in ordine ai fattori incrementativi dei costi di produzione delle imprese del settore al fine di concordare la realizzazione di aumenti del prezzo dei servizi resi al pubblico, nonché le relative modalità ed entità (punto II.2 del provvedimento impugnato in primo grado).
Sulla base della copiosa documentazione in atti e in base alla condivisibile ricostruzione operata dall’Autorità – e confermata nella sua correttezza di fondo dai primi Giudici - il disegno complessivo e il modello operativo concepito dalle imprese rivestenti il ruolo di capofila (ma sostanzialmente condiviso, attuato e comunque non espressamente contrastato dalle altre imprese coinvolte) consisteva: i ) dapprima, in sede determinativa, nello svolgimento di riunioni e nell’attivazione di diversi contatti fra le imprese partecipanti, volti a definire l’entità degli aumenti dei prezzi, nonché le modalità e i tempi di realizzazione; ii ) successivamente, in sede attuativa, nella capillare diffusione di comunicati stampa, dei verbali delle riunioni e delle circolari associative dai quali era possibile – sia per le imprese del settore, sia per la stessa clientela – desumere l’entità e le caratteristiche degli aumenti concordati.
Allo stesso modo, la sentenza in epigrafe risulta meritevole di conferma laddove ha affermato che, attraverso l’istituzione del meccanismo dinanzi sinteticamente descritto, le imprese partecipanti (le quali – giova osservarlo – rappresentavano cumulativamente una parte del tutto maggioritaria del mercato di riferimento) avevano ritenuto più conveniente sostituire il libero gioco concorrenziale con un più agevole modello di concertazione di carattere informativo e di concertazione delle rispettive politiche di fissazione dei prezzi.
In tale contesto, lo svolgimento di riunioni tematiche in sede associativa a la successiva diffusione di comunicati stampa e circolari finalizzati ad indicare alle imprese del settore i contenuti salienti delle decisioni concordate hanno rappresentato certamente fattori idonei ad influenzare in modo sensibile le politiche dei prezzi delle imprese interessate, limitandone in modo consapevole l’autonomia decisionale ed eliminando nei fatti qualunque profilo di incertezza in ordine alla politica commerciale di ciascun partecipante all’intesa.
Allo stesso modo, la sentenza in epigrafe è meritevole di condivisione per la parte in cui ha ritenuto – confermando in parte qua le deduzioni svolte dall’Autorità - che l’attività concertativa in ordine al livello dei prezzi decisi al livello associativo risultasse di per sé violativa del libero gioco concorrenziale. Ciò in quanto la realizzazione della concertazione sul livello dei prezzi e la successiva, capillare diffusione e comunicazione delle decisioni in tal modo convenute fra le imprese del settore risultava di per sé idonea ad alterare e compromettere l’interazione competitiva fra i concorrenti
Allo stesso modo, la sentenza in epigrafe è meritevole di conferma laddove ha ritenuto che la consistenza oggettiva della finalità dell’intesa (di per sé volta al perseguimento di un fine anticoncorrenziale) renda inessenziale ai fini del decidere l’esame in ordine al se la medesima intesa abbia altresì sortito nella pratica gli effetti prefissati dai partecipanti (tanto, alla luce dell’articolo 101 del TFUE il quale, con previsione in parte qua analoga a quella di cui all’articolo 2 della l. 287 del 1990) sanziona le intese che abbiano “ per oggetto o per effetto ” quello di impedire, restringere o falsare il libero gioco concorrenziale.
Per ragioni analoghe, il provvedimento impugnato in primo grado (e anche sotto tale aspetto restato indenne dalle censure avanzate in sede giurisdizionale) risulta meritevole di conferma per la parte in cui ha persuasivamente rilevato che risulta irrilevante ai fini del decidere l’eventuale dimostrazione del fatto che l’aumento dei prezzi vi sarebbe comunque stato, quale conseguenza necessitata della dinamica dei costi di produzione nel corso del periodo di riferimento.
Sotto tale aspetto, le valutazioni dell’Autorità risultano esenti dai rubricati profili di illegittimità laddove hanno affermato che ciò che rileva ai fini dell’individuazione degli elementi costitutivi dell’illecito non è l’ineluttabilità degli aumenti, quanto – piuttosto – la comprovata esistenza di un coordinamento volto a concordare le reazioni delle imprese a fronte dei richiamati aumenti dei costi, attraverso la fissazione concordata delle modalità, dell’entità e della tempistica degli aumenti.
Ed ancora, la sentenza in epigrafe ha condivisibilmente affermato (sulla scorta, peraltro, di un cospicuo orientamento giurisprudenziale) che anche la sola partecipazione di un’impresa a una delle riunioni nel corso delle quali erano stati definiti gli elementi dell’intesa vietata, rappresenta un dato che non consente a tale impresa di invocare poi la propria estraneità rispetto alla fattispecie oggetto di sanzione, a meno che essa non si sia manifestamente opposta alla pratica che si andava in modo evidente delineando, ovvero riesca persuasivamente a dimostrare che la sua partecipazione alle riunioni non si sia connotata di alcuno spirito anticoncorrenziale.
4. Tanto premesso sotto l’aspetto generale, il Collegio ritiene quindi possibile passare all’esame puntuale dei singoli motivi di ricorso proposti dalla società appellante.
5. Con il primo motivo di appello (‘ Violazione e falsa applicazione dell’articolo 101 del TFUE e della legge n. 241/90 – Difetto di motivazione e carenza dal punto di vista istruttorio in merito alla tesi che R abbia partecipato (anche indirettamente) a qualsiasi forma di concertazione delle proprie politiche di prezzo con quelle dei concorrenti ’) la società R Logistics chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha negato che la mera partecipazione passiva della stessa appellante ad alcune delle riunioni tenutesi presso la Sezione Spedizionieri terrestri di Fedespedi valesse ad escludere la configurabilità in capo alla stessa di una responsabilità ai sensi dell’articolo 101 del TFUE e dell’articolo 2 della l. 287 del 1990.
In particolare i primi Giudici avrebbero erroneamente confermato la correttezza dell’operato dell’Autorità la quale avrebbe invero omesso di svolgere qualunque indagine in ordine all’effettiva partecipazione dell’appellante al complessivo disegno anticoncorrenziale, in assenza – peraltro – di prove puntuali in ordine all’attuazione da parte sua delle decisioni assunte in sede associativa.
Ancora, l’Autorità (e in seguito i primi Giudici) avrebbero omesso di svolgere qualunque considerazione in ordine all’effettiva idoneità dello scambio di informazioni per come strutturato in ambito Fedespedi ad orientare e determinare in modo effettivo il comportamento commerciale delle imprese coinvolte
Ed ancora, i primi Giudici avrebbero omesso di valutare in modo adeguato: i ) il carattere solo passivo della partecipazione da parte dell’appellante ad alcune delle riunioni in contestazione; ii ) l’assenza della società appellante alla riunione del 7 novembre 2006 (che invece riveste un ruolo fondamentale nell’ambito dell’impianto accusatorio ordito dall’Autorità); iii ) il fatto che, nel corso delle (poche) riunioni cui aveva partecipato l’appellante, non si erano diffusi o trattati dati sensibili o comunque idonei a falsare il comportamento dell’operatore sul mercato, essendosi – al contrario – discussi dati pubblici (o comunque di agevole reperibilità) afferenti ‘macro-problematiche di settore’.
In definitiva, la sentenza in epigrafe sarebbe meritevole di riforma per avere erroneamente configurato la violazione dell’articolo 101 del TFUE ed aver imputato alla R Logistics la partecipazione (anche indiretta) a una forma di concertazione delle proprie politiche di prezzo con quelle dei concorrenti.
5.1. Il motivo non può trovare accoglimento.
Al riguardo il Collegio si limita ad osservare che l’articolazione del motivo in questione fa riferimento a molteplici aspetti del provvedimento impugnato in primo grado e a motivate deduzioni ivi contenute le quali, in base a quanto fra breve si dirà, risultano esenti dai censurati profili di abnormità ed irragionevolezza.
Allo stesso modo, i motivi di ricorso nella presente sede (ri-)proposti riprendono da vicino il nucleo essenziale di alcune difese già articolate in primo grado e che i primi Giudici hanno ritenuto non meritevoli di accoglimento con argomenti che, per quanto fra breve si esporrà, risultano anch’essi esenti dalle censure articolate in sede di gravame.
5.1.1. Quanto al primo aspetto, il provvedimento impugnato in primo grado aveva già esaminato in modo piuttosto approfondito il grado di partecipazione della società appellante all’intesa nel suo complesso in relazione alla cadenza delle riunioni cui la stessa aveva preso parte, nonché in relazione al contenuto oggettivo degli scambi informativi che in quelle occasioni avevano avuto luogo e all’idoneità di tali scambi di determinare alterazioni del libero gioco concorrenziale.
Al riguardo, l’Autorità aveva già osservato (sulla base della documentazione in atti) che la partecipazione della società appellante – uno dei maggiori operatori del settore - alle riunioni in questione rivestisse un carattere tutt’altro che episodico o estemporaneo.
Al contrario, dagli atti assunti al fascicolo dell’Autorità emerge:
- che l’odierna appellante avesse preso parte a ben tredici delle ventuno riunioni in contestazione svoltesi in ambito Fedespedi;
- che la partecipazione assicurata dalla società appellante si fosse caratterizzata per un carattere di marcata assiduità e continuatività (fra i maggiori di tutti gli operatori coinvolti), essendosi articolata in modo sostanzialmente continuativo nel corso delle tre diverse e successive composizioni della Sezione Spedizionieri Terrestri (la quale, nel corso della vicenda, era stata modificata per due volte – a metà del 2003 e nel 2005 -);
- che, in particolare, nel corso della prima fase (novembre 2002 - maggio 2003) la società appellante aveva preso parte a tutte le (sei) riunioni in contestazione;
- che nel corso della seconda fase (luglio 2003 – settembre 2004) l’appellante aveva preso parte a tutte le (cinque) riunioni svoltesi in ambito associativo;
- che nel corso del biennio 2006-2007 la presenza dell’appellante alla riunioni si era diradata, non venendo comunque meno (le stessa era risultata presente alle riunioni svoltesi in data 4 dicembre 2006 e 4 luglio 2007)
Non sembra, quindi, possa dubitarsi che l’odierna appellante avesse partecipato in modo continuativo e consapevole alle riunioni in sede associativa che rappresentavano il momento centrale del concordamento delle condotte commerciali e dei prezzi in cui consisteva il proprium dell’intesa vietata.
Né sembra possibile affermare che potesse sfuggire a operatori professionali quali la società appellante e i suoi rappresentanti la valenza chiaramente anticoncorrenziale delle decisioni che in quelle occasioni si andavano assumendo, delineandosi altresì in modo chiaro e concreto le modalità attuative dell’intesa raggiunta.
Ebbene, la condotta riferibile alla società appellante risulta coerente e coessenziale con le caratteristiche oggettive dell’attività concertativa collettivamente imputata alle imprese coinvolte nel procedimento istruttorio.
In particolare, risulta adeguatamente provato in atti – in base a cospicua e univoca documentazione – che le imprese e l’associazione coinvolte (fra cui l’odierna appellante) hanno, nel corso del periodo 2002-2007 concordato continui aumenti delle tariffe o di loro componenti attraverso numerose e periodiche riunioni, continui contatti – anche via e-mail - nonché attraverso un’ampia attività comunicativa rivolta all’esterno. Tale attività comunicativa (parte essenziale della condotta concertativa) è consistita: i ) nella diffusione ai componenti della Sezione Spedizionieri Terrestri dei verbali delle riunioni; ii ) nella diffusione a tutti gli associati e a tutte le articolazioni territoriali di Fedespedi delle circolari associative; iii ) nell’emanazione di comunicati stampa e avvisi pagamento sul quotidiano ‘Il Sole – 24 Ore’ volti a dare la massima diffusione dell’entità degli aumenti dei costi (e, in via mediata, a rendere conoscibili e possibili i conseguenti aumenti delle tariffe).
Ne consegue che sussistano tutti gli elementi per supportare in modo adeguato l’attivazione del potere sanzionatorio esercitato nei confronti della società appellante e ciò non soltanto sulla base del dato formale ed estrinseco rappresentato dalla partecipazione alle riunioni in quanto tali, ma in base al dato sostanziale ed intrinseco inerente la consistenza oggettiva della condotta individuale posta in relazione alla condotta collettivamente realizzata dalle altre imprese partecipanti e la valutazione della sua oggettiva gravità.
5.2. Ebbene, tanto premesso dal punto di vista generale è ora possibile passare all’esame puntuale dei singoli motivi di doglianza sollevati dalla società appellante.
5.2.1. In primo luogo si osserva che non può essere condiviso l’argomento basato sulla partecipazione solo passiva della società R Logistics alle riunioni contestate e, in ultima analisi all’intesa nel suo complesso.
Sotto tale aspetto la sentenza in epigrafe risulta esente dai rubricati motivi di censura laddove ha richiamato e coerentemente applicato il condiviso orientamento giurisprudenziale secondo cui in fattispecie quale quella che qui rileva risulta superfluo, al fine dell’ an della responsabilità, indagare se il singolo partecipante all’intesa abbia avuto un ruolo maggiore o minore, attivo o meramente passivo.
Ed infatti, l'intesa risulta contestabile anche nei confronti di chi si limiti a trarne un vantaggio assumendo un ruolo meramente passivo, dovendosi riconoscere l'esonero da responsabilità solo in caso di dissociazione espressa dall'intesa (in tal senso: Cons. Stato, VI, 20 maggio 2011, n. 3013).
Nel caso di specie può infatti farsi coerente applicazione del principio della c.d. ‘partecipazione passiva’: del principio – cioè - secondo cui, laddove risulti provato che un'impresa abbia partecipato a riunioni durante le quali sono stati conclusi accordi di natura anticoncorrenziale, senza esservisi manifestamente opposta, spetta a tale impresa dedurre indizi atti a dimostrare che la sua partecipazione alle dette riunioni fosse priva di qualunque spirito anticoncorrenziale, dimostrando che essa aveva dichiarato alle sue concorrenti di partecipare alle riunioni in un'ottica diversa dalla loro.
Diversamente, il fatto stesso di approvare tacitamente una iniziativa illecita, senza distanziarsi pubblicamente dal suo contenuto o denunciarla agli organi amministrativi rappresenta una modalità di partecipazione all'intesa, idonea a far sorgere la responsabilità dell’impresa nell’ambito di un unico accordo, anche qualora l’impresa non abbia dato seguito ai risultati di una riunione avente un oggetto anticoncorrenziale (in tal senso: Cons. Stato, VI, 9 febbraio 2011 n. 896).
Risulta, tuttavia in atti che la società appellante non abbia fornito la richiamata prova in contrario, limitandosi – piuttosto – a negare puramente e semplicemente la rilevanza del proprio apporto all’intesa in quanto tale e ad allegare fatti e circostanze ex se inidonee a superare la richiamata inversione dell’onere della prova.
5.2.2. Ancora, non può essere accolto il motivo di appello con cui la R Logistics lamenta che i primi Giudici non abbiano adeguatamente valutato la mancata prova in ordine all’attuazione da parte sua del disegno anticoncorrenziale.
Sotto tale aspetto (e al fine di confermare in parte qua la condivisibilità di quanto affermato dall’Autorità prima e dal T.A.R. poi) è qui appena il caso di richiamare il consolidato orientamento secondo cui dalla connotazione comportamentale e non formalistica della nozione di ‘intesa’ deriva che la sussistenza dell’accordo anticoncorrenziale non richieda la prova documentale (o altri elementi probatori fondati su dati estrinseci e formali), atteso che la volontà convergente delle imprese volta alla restrizione della concorrenza può essere idoneamente provata attraverso qualsiasi congruo mezzo (in tal senso, ex plurimis : Cons. Stato, VI, 5 marzo 2002, n. 1305).
Allo stesso modo deve qui essere richiamato il consolidato orientamento secondo cui l’esistenza di un parallelismo consapevole dei comportamenti (anche in termini informativi e comunicativi, come nel caso di specie) tenuti dalle imprese di un determinato settore può essere ritenuto indicativo dell’esistenza di un’intesa anticoncorrenziale laddove sussistano indizi gravi, precisi e concordanti i quali testimonino – fra l’altro – l’esistenza di fatti e comportamenti oggettivi (quali contatti e scambi di informazioni) i quali possano rivelarsi come indicativi di una concertazione e di una collaborazione anomala.
In tali casi è del tutto fisiologico che l’onere probatorio in contrario circa l’assenza di un’intesa anticoncorrenziale e circa la mancata partecipazione della singola impresa di tanto accusata gravi in capo all’impresa stessa (in tal senso, ex plurimis : Cons. Stato, VI, 22 marzo 2001, n. 1699).
Ebbene, impostati in tal modo i termini generali della questione, il Collegio ritiene che l’Autorità (con valutazioni congruamente motivate e altrettanto congruamente vagliate dai primi Giudici) abbia fornito elementi sufficienti a supportare l’accusa mossa anche nei confronti della società appellante e che quest’ultima non abbia a propria volta fornito persuasive e piene deduzioni probatorie in senso contrario.
In particolare, dalla documentazione in atti risultano adeguati elementi (stante, peraltro, l’assenza di una prova piena in senso contrario) i quali testimoniano: i ) che alcuni rappresentanti della società appellante partecipato in via continuativa nel corso di alcuni anni a riunioni in ambito Fedespedi nel corso delle quale erano stati concordati comportamenti collusivi finalizzati al conseguimento dei fini dell’intesa; ii ) che agli stessi, in quanto operatori professionali del settore, non poteva sfuggire il contenuto anticoncorrenziale delle intese raggiunte e delle modalità attuative fissate; iii ) che la richiamata partecipazione era stata svolta da soggetti lato sensu riferibili alla sfera d’azione della società appellante, in tal modo rendendo riferibili alla stessa le condotte e i comportamenti riferibili ai suoi esponenti.
5.2.3. Ed ancora, non può essere condiviso il motivo di appello con cui si è chiesta la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui non ha rilevato la carenza di prova in ordine al fatto che gli scambi informativi posti in essere fossero davvero idonei a sortire gli effetti anticoncorrenziali prefissati.
Al riguardo deve in limine osservarsi che la sussistenza di un articolato e capillare sistema di scambio di informazioni ex se finalizzato a conseguire un coordinamento nella politica tariffaria di imprese altrimenti in concorrenza fra loro risulta di per sé violativo del principio che obbliga le imprese a determinare in modo autonomo la propria politica commerciale, essendo conseguentemente vietati (come correttamente ribadito dai primi Giudici) i contatti tra operatori che abbiano l’effetto di influire sul comportamento tenuto sul mercato da un concorrente reale o potenziale o di rivelare il comportamento che si intende assumere, pregiudicando siffatti contatti il libero dispiegarsi della concorrenza.
Del resto, in base a un consolidato e qui condiviso orientamento (del pari correttamente richiamato dal T.A.R.), ogni operatore economico deve determinare in modo del tutto autonomo la propria condotta reagendo, in base alle regole della concorrenza, al comportamento, constatato o atteso, dei concorrenti, risultando pertanto vietato ogni contatto, diretto o indiretto, tra gli operatori volto ad influenzare il comportamento sul mercato di un concorrente o a mettere al corrente tale concorrente in ordine comportamento che l'impresa stessa abbia deciso di porre in atto (in tal senso – ex plurimis -: CGCE sentenza 16 dicembre 1975 in causa C- 40/73 - Suiker Unie -).
Non viene qui in discussione la libertà per ogni operatore economico di determinare in modo del tutto autonomo la propria politica di prezzi, quanto piuttosto il divieto (che qui risulta disatteso) di realizzare forme di collaborazione volte a stabilire la linea d'azione o eliminare incertezze sul reciproco comportamento (in tal senso: CGCE, sentenza 14 luglio 1972 in causa C-57/69 – Acna -).
Anche in questo caso deve quindi affermarsi che la sussistenza di un’intesa di carattere orizzontale volta in modo illecito a determinare un allineamento fra le politiche tariffarie dei partecipanti concreti ex se quanto necessario per giustificare l’esercizio dei poteri repressivi e sanzionatori da parte della competente Autorità antitrust , laddove l’eventuale mancato o parziale allineamento della singola impresa rispetto alla pratica concordata può – se del caso – rilevare al diverso fine di determinare la gravità dell’illecito e, in via conseguenziale, il corretto quantum sanzionatorio.
5.2.4. Fermo restando quanto appena rappresentato, deve comunque essere qui richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in base all’articolo 101 del TFUE, è superfluo prendere in considerazione gli effetti concreti di un’intesa vietata ove risulti comunque in modo adeguato che essa abbia quale oggetto quello di restringere, impedire o falsare il libero gioco della concorrenza.
La giurisprudenza di questo Consiglio (in modo conforme, del resto, alla giurisprudenza comunitaria) ha chiarito in più occasioni che in presenza di un oggetto anticoncorrenziale non è indispensabile ai fini sanzionatori anche l’individuazione degli effetti restrittivi, come si desume anche dal tenore letterale dell’articolo 2 della l. 287 del 1990 secondo cui sono vietate le intese che hanno “ per oggetto o per effetto ” una restrizione della concorrenza (in tal senso – ex plurimis -: Cons. Stato, VI, 2 ottobre 2007, n. 5085; id ., 8 febbraio 2007, n. 515; id ., VI 23 giugno 2006, n. 4017;in termini del tutto analoghi: CGCE, sent. 17 luglio 1997 in causa C-219/95 – Ferriere del Nord -).
Il motivo in questione non può conclusivamente essere condiviso.
5.2.5. Ed ancora, non può trovare accoglimento il motivo di ricorso fondato sulla non assidua partecipazione della società appellante alle riunioni della Sezione Spedizionieri Terrestri di Fedespedi.
Va premesso al riguardo che dalla documentazione in atti emerge che il motivo di appello in questione risulta in primis infondato in punto di fatto.
Come si è già evidenziato, dal provvedimento sanzionatorio emerge – contrariamente a quanto qui affermato dalla R Logistics –: i ) che suoi rappresentanti avessero partecipato a ben tredici fra le ventuno riunioni oggetto di contestazione; ii ) che la partecipazione avesse avuto un carattere di continuità nel corso del quinquennio di riferimento (sia pure, con un’attenuazione della partecipazione nel biennio 2006-2007); iii ) che, anzi, secondo le risultanze in atti l’odierna appellante risultasse fra i soggetti che avevano garantito la più assidua partecipazione alle riunioni e, in ultima analisi, all’intesa in quanto tale.
Per ragioni in parte analoghe a quelle appena esposte, la mancata partecipazione alla riunione su base allargata del 7 novembre 2006, se pure dotata di una sua significatività, non può – di per sé sola – fornire alcun elemento nel senso della non riferibilità della condotta vietata alla società appellante, potendo piuttosto – se del caso – essere valutata ai fini della concreta commisurazione della sanzione.
6. Con il secondo motivo di appello (‘ Violazione e falsa applicazione della legge n. 689/1981 e degli Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, paragrafo 2, lettera a) del Reg(CE) n. 1 del 2003 – Erronea determinazione della sanzione applicata a R – Violazione art. 112 c.p.c. – Assoluto difetto di motivazione e violazione del principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato ’) la società appellante chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha respinto i motivi di ricorso con i quali si era altresì lamentata l’illegittimità del provvedimento dell’Autorità in relazione alla determinazione del quantum sanzionatorio.
In limine, la sentenza in epigrafe risulterebbe meritevole di riforma per avere in parte qua respinto i motivi di ricorso con motivazioni stereotipate e non riferite ai motivi di ricorso articolati, in tal modo risultando violativa del principio di necessaria corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato.
Nel merito, la sentenza in epigrafe risulterebbe meritevole di riforma per non avere i primi Giudici adeguatamente valutato:
- la mancata prova, da parte dell’Autorità, che l’intesa avesse avuto davvero una connotazione ‘unica e continuativa’;
- la mancata considerazione del fatto che la società appellante avesse smesso per lunghi periodi di prendere parte alle riunioni in sede associativa (e che, nel biennio 2005-2006 avesse addirittura smesso di partecipare in qualunque modo alla vita associativa). In particolare, rileverebbe la circostanza della mancata partecipazione di rappresentanti della società appellante alla riunione in composizione allargata della Sezione spedizionieri Terrestri del 7 novembre 2006 (riunione che, secondo le risultanze in atti, riveste un’importanza del tutto contrale nell’ambito dell’economia della vicenda);
- la mancata considerazione del fatto che la partecipazione assicurata dal signor V C (Direttore della Divisione Trasporti Internazionali di R) alla riunione del 4 dicembre 2006 fosse da riconoscere come “assolutamente estemporanea”;
- la mancata valutazione dell’intervenuta prescrizione quinquennale dell’illecito contestato, considerato che era decorso più di un quinquennio fra il momento (21 settembre 2004) in cui si era svolta l’ultima riunione cui aveva partecipato il signor Restelli, rappresentante della R Logistics (in qualità di componente della Sezione Spedizionieri Terrestri) e il momento in cui l’Autorità aveva interrotto la prescrizione avviando il procedimento istruttorio (18 novembre 2009);
- la mancata considerazione del fatto che, a tutto concedere, alla società appellante avrebbe dovuto essere imputato (in considerazione dell’intervenuta prescrizione della parte di illecito riferibile a periodi fino al 2005) il periodo minimo di contestazione della condotta illecita pari a sei mesi (e non anche l’intero periodo di cinque anni in concreto contestato dall’Autorità).
Ancora, la sentenza in epigrafe risulterebbe meritevole di riforma per non avere adeguatamente esaminato il motivo di ricorso con cui si era invocata l’applicazione della circostanza attenuante derivante dalla mancanza della capacità contributiva in considerazione della perdita di esercizio registrata nell’anno 2009 per un ammontare di 25mila euro.
Ed ancora, i primi Giudici avrebbero omesso di adeguatamente valutare il motivo di ricorso con cui si era invocata l’applicazione della circostanza attenuante consistente dalla mancanza di negligenza nell’operato della società appellante e dell’ulteriore motivo con cui si era invocata l’applicazione dell’attenuante dell’efficace collaborazione nel corso del procedimento istruttorio.
6.1. Il motivo nel suo complesso non può trovare accoglimento.
6.1.1. In primo luogo non può trovare accoglimento il motivo con cui si è lamentata la mancata corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato in relazione al carattere generico e sostanzialmente immotivato delle determinazioni adottate dai primi Giudici sulle censure articolate in primo grado.
Ed invero – contrariamente a quanto affermato dalla società appellante – è proprio il motivo di ricorso in questione a risultare articolato in modo del tutto generico, non avendo la società R Logistics indicato in modo puntuale quali fossero i motivi di ricorso in relazione ai quali la risposta di giustizia sarebbe stata inadeguata e quali fossero i passaggi della sentenza impugnata i quali risulterebbero in concreto violativi del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato.
Pertanto, l’appello non può in parte qua trovare accoglimento.
6.1.2. Neppure può essere condiviso il motivo di appello con cui si chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha affermato il carattere unico e continuativo dell’intesa nel corso dell’intero periodo in contestazione (dal marzo 2002 all’autunno 2007) .
Al riguardo occorre invece osservare che la sentenza in epigrafe (ricollegandosi a quanto già compiutamente rilevato al riguardo dall’Autorità in sede di adozione del provvedimento impugnato in primo grado) ha offerto un quadro motivazionale pieno, adeguato e persuasivo in ordine alla ricostruzione della complessiva condotta in termini di unicità e continuatività.
Ci si riferisce, in particolare, al punto 3 della motivazione in diritto nell’ambito del quale i primi Giudici hanno supportato la tesi dell’unicità e continuatività della condotta contestata attraverso un percorso motivazionale che secondo questo Giudice di appello risulta esente dalle censure nella presente sede proposte.
In primo luogo, il T.A.R. ha correttamente richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il carattere di continuatività della condotta sanzionabile nell’ambito delle intese vietate ai sensi dell’articolo 101 del TFUE deve essere apprezzato alla luce di un setting di parametri che risultano puntualmente riscontrabili nel caso in esame.
Ci si riferisce, in particolare:
- all’identità degli obiettivi e dei comportamenti oggetto di censura (in tal senso – ex plurimis : CGCE, sentenza 21 settembre 2006 in causa C-113/04 – Technische Unie vs. Commissione -). Al riguardo è stato condivisibilmente rilevato che il comportamento contestato alle imprese coinvolte (e alla società appellante) presentasse una marcata univocità nel contenuto e nella finalità per l’intera durata del periodo in contestazione (si trattava, come più volte in precedenza chiarito di un’intesa volta all’allineamento dell’offerta da parte dei principali Spedizionieri terrestri volto a consentire il coordinamento informativo ed operativo in tema di aumenti delle tariffe da applicare alla clientela);
- all’identità dei prodotti e dei servizi interessati dall’intesa (in tal senso – ex plurimis -: TPG, sentenza in causa 15 giugno 2005 in causa T-71/03). Sotto tale aspetto è appena il caso di osservare che l’intesa ha avuto ad oggetto, nel corso dell’intero periodo in contestazione, il mercato delle spedizioni internazionali di merci su strada da e per l’Italia;
- all’identità delle imprese partecipanti (in tal senso – ex plurimis -: TPG, sentenza 27 settembre 2006 in causa T-43/02 – Jungbunzlauer vs. Commissione europea -). Al riguardo è appena il caso di osservare che nel corso dell’intero periodo in contestazione la partecipazione delle imprese coinvolte non abbia subito drastiche modificazioni e che, comunque, le principali imprese del settore (fra cui l’odierna appellante) avevano assicurato una presenza sostanzialmente assidua e costante alle riunioni in sede associativa (sul punto, nel rinviare al prosieguo per ulteriori approfondimenti, si rinvia al contenuto della tabella 1 a pag. 23 del provvedimento impugnato in primo grado);
- all’identità delle modalità di attuazione (in tal senso – ex plurimis -: TPG, sentenza 20 marzo 2002 in causa T-21/99 – Dansk Rorindustri vs. Commissione europea -). Al riguardo risulta confermato in atti che le modalità attuative dell’intesa siano rimaste sostanzialmente invariate nel corso dell’intero periodo in contestazione, sostanziandosi: a ) nella previa concertazione in sede associativa; b ) nella diffusione di circolari e nell’utilizzo di ulteriori modalità di diffusione ‘interna’ delle informazioni rilevanti; c ) nella pubblicazione di comunicati stampa sul principale quotidiano di informazione economica nazionale.
Già sotto tale aspetto, quindi, non può essere condiviso il motivo di ricorso con il quale si è negata l’esistenza di una condotta di carattere unico e continuativo.
6.1.3. Neppure può essere condiviso il motivo di appello con cui (reiterando analogo motivo già articolato in primo grado e in tale sede disatteso) si è sottolineato il fatto che per lunghi periodi di tempo (ad esempio: per l’intero anno 2005) non abbiano avuto luogo riunioni in sede associativa e che, comunque, l’odierna appellante non abbia partecipato alla via associativa per importanti lassi di tempo (avendo in particolare mancato di prendere parte alla riunione ‘allargata’ tenutasi il 7 novembre 2006 – riunione, quest’ultima, che riveste un ruolo del tutto centrale nell’economia dell’intera vicenda -).
Il motivo, a ben vedere, si articola su due presupposti logico-sistematici: il primo riferito alla condotta collettivamente riferibile alle imprese partecipanti all’intesa;il secondo riferito a quanto puntualmente riferibile alla società appellante.
6.1.3.1. Quanto al primo aspetto si osserva che l’Autorità prima e il T.A.R. poi abbiano motivato in modo congruo e adeguato circa le ragioni che – per un verso – inducevano a ritenere l’esistenza di un’intesa di carattere ‘unico e continuativo’ (sul punto, cfr. retro , sub 6.1.2.) e che – per altro verso – inducevano e ritenere che l’assenza di riunioni in ambito associativo per periodi piuttosto lunghi (in particolare: dal 21 settembre 2004 al 12 gennaio 2006) non determinasse ex se una cesura in termini di continuità della condotta anticoncorrenziale unitariamente intesa.
In particolare, i primi Giudici hanno persuasivamente sottolineato (con deduzioni che resistono alle censure nella presente sede articolate) che l’assenza di riunioni nell’ambito del richiamato arco temporale (poco meno di sedici mesi su una durata complessiva di circa cinque anni e mezzo) non deponesse ex se nel senso della soluzione di continuità dei comportamenti censurati, dovendo – piuttosto – ritenersi che l’attività concertativa fosse proseguita con carattere di sostanziale continuità (e con identità di criteri e modalità) anche nel corso del periodo durante il quale non si erano svolte riunioni in ambito associativo.
Al riguardo si è correttamente dato rilievo:
- al fatto che, durante il richiamato periodo, si erano comunque svolte consultazioni e contatti via e-mail fra l’Associazione e i membri della Sezione Spedizionieri Terrestri i quali si erano risolti nell’emanazione di un nuovo comunicato avente ad oggetto un ulteriore aumenti dei prezzi;
- che a settembre del 2005 (ancora una volta, nel corso del richiamato periodo) era stata diffusa fra le imprese associate e le articolazioni territoriali un’ulteriore bozza di comunicato stampa avente ad oggetto un ulteriore incremento delle tariffe da applicare alla clientela (con aumento inizialmente fissato nella misura del 5,85%).
Le circostanze appena richiamate risultano di per sé idonee a deporre nel senso della piena e sostanziale continuità di azione e di intenti che aveva caratterizzato l’operato delle imprese coinvolte nella fattispecie illecita anche nel corso del periodo durante in quale non si erano svolte riunioni della Sezione Spedizionieri Terrestri di Fedespedi.
6.1.3.2. Le osservazioni appena svolte con riferimento al comportamento collettivo delle imprese partecipanti valgono anche con riferimento alla posizione della società appellante, con le ulteriori precisazioni di cui in appresso.
In particolare, non sembra cogliere nel segno l’argomento con cui si è sottolineato il fatto che a partire dal settembre 2004 la partecipazione della società appellante alla vita associativa si fosse andata via via diradando sino ad interrompersi di fatto.
Al riguardo si osserva:
- che in base alla giurisprudenza di questo Consiglio già in precedenza richiamata, anche la sola partecipazione passiva a talune delle riunioni nel cui ambito è stata definita e attuata la condotta vietata delinea un comportamento meritevole di sanzione laddove sia mancata l’espressa dissociazione da parte dell’impresa interessata (in tal senso: Cons. Stato, VI, sent. 896/2011 e 3013/2011, citt.);
- che ancora in base alla giurisprudenza di questo Consiglio il numero delle riunioni cui abbia in concreto preso parte la singola impresa partecipante all’intesa non assume rilievo determinante al fine di differenziare la responsabilità di tale operatore (in tal senso: Cons. Stato, VI, sent. 896/2011, cit.).
6.1.5. I rilievi appena svolti risulterebbero ex se sufficienti per concludere nel senso dell’infondatezza in parte qua del motivo di appello in esame.
Tuttavia, si ritiene qui di aggiungere che la tesi della società appellante (la quale, come si è detto, afferma di non aver più preso parte alla vita associativa a partire dal settembre 2004) non risulta compatibile con le risultanze in atti.
In particolare, risulta agli atti di causa che rappresentanti della società R Logistics abbiano preso parte alla riunione del 4 dicembre 2006 e a quella del 4 luglio 2007 (in tal modo fornendo un’ulteriore conferma circa il carattere continuativo della partecipazione assicurata da tale società all’intesa nel suo complesso).
Né può deporre in favore delle tesi dell’appellante l’affermazione secondo cui la partecipazione da parte del signor V C (Direttore della Divisione Trasporti Internazionali di R Logistics) alla riunione del 4 dicembre 2006 fosse avvenuta in modo “assolutamente estemporane[o]”.
Al riguardo ci si limita ad osservare che non importa qui stabilire le ragioni per cui un importante dirigente aziendale avrebbe partecipato in modo ‘estemporaneo’ a una riunione in ambito associativo nel corso della quale si sarebbero discusse tematiche certamente pertinenti con il ruolo rivestito in ambito sociale.
Si ritiene, tuttavia, obiettivamente difficile ammettere che la partecipazione del richiamato dirigente sia avvenuta (come affermato dalla società appellante) “a titolo puramente personale” atteso il contenuto e la finalità della riunione, nonché il titolo e la funzione svolta in ambito sociale.
Al riguardo ci si limita ad osservare che, laddove si ammettesse quale circostanza esimente l’affermazione di parte secondo cui la partecipazione a tratti costitutivi di un’intesa anticoncorrenziale da parte di esponenti di un’impresa sia avvenuta “a titolo personale”, si consentirebbe alle imprese coinvolte di disporre di un argomento formidabile quanto insuscettibile di prova in contrario (secondo un approccio invero configgente con i consolidati orientamenti in tema di distribuzione dell’onere della prova nell’ambito delle intese vietate).
6.1.6. Per ragioni strettamente connesse e consequenziali rispetto a quelle esposte retro sub 6.1.2. e sub 6.1.3. devono altresì essere respinti:
a) il motivo di appello con il quale si è lamentata la mancata considerazione dell’intervenuta prescrizione dell’illecito (al riguardo osta a tale ricostruzione il riconosciuto carattere continuativo della condotta contestata nell’intero arco temporale che va dal marzo del 2002 all’autunno del 2005);
b) il motivo di appello con il quale si è chiesto di rideterminare la durata dell’illecito contestabile alla società appellante, riconoscendo la cesura temporale intervenuta fra il settembre 2004 e il gennaio 2006 e riconoscendo la durata minima di sei mesi in relazione alle sole riunioni svolte fra il 2006 e il 2007.
6.1.7. Ancora, non può trovare accoglimento il motivo di appello con cui si è chiesta la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha omesso di riconoscere la circostanza attenuante della c.d. ‘perdita di esercizio’ (stanti le perdite registrate nell’ultimo bilancio approvato – quello riferito all’esercizio 2009 – pari ad euro 25mila).
Al riguardo i primi Giudici hanno persuasivamente osservato che la richiamata perdita di esercizio, di per sé, non depone in modo univoco nel senso della sussistenza di un pericolo di pregiudizio irrimediabile della redditività dell’impresa.
Hanno, inoltre, osservato che in relazione alle passività registrate per l’anno 2010 la perdita di esercizio sarebbe imputabile alla scelta di procedere a un accantonamento prudenziale (per circa 1,6 milioni di euro) a fondo rischi di un importo significativo connesso alla possibile irrogazione della sanzione.
Ebbene, nella presente sede di appello la società R Logistics si è limitata a contestare in modo generico la tesi secondo cui una perdita di circa 25mila euro non deporrebbe di per sé nel senso della sostanziale incapacità economica di sostenere l’irrogazione di una sanzione di elevato ammontare (3.233.194 euro), ma non ha allegato dati concreti – anche in relazione all’evoluzione della propria situazione econonico-patrimoniale – i quali valgano a suffragare la tesi in tal modo solo genericamente esposta.
Allo stesso modo, la società appellante si è limitata in sede di appello a ventilare la possibilità per cui l’irrogazione della sanzione possa condurre ad una perdita di esercizio di entità tale da configurare la fattispecie prevista dall’articolo 2446 del codice civile (‘ Riduzione del capitale per perdite ’) con diminuzione del capitale di oltre un terzo, senza tuttavia – anche in questo caso – allegare alcun elemento concreto volto a suffragare in parte qua la tesi in tal modo sostenuta.
6.1.8. Da ultimo si osserva che non può trovare accoglimento il motivo di appello con cui si è chiesta la riforma della sentenza in epigrafe relativa al mancato riconoscimento della circostanza attenuante connessa all’efficace collaborazione assicurata nel corso del procedimento istruttorio.
Al riguardo ci si limita ad osservare che la sentenza in epigrafe risulta in parte qua esente dai rubricati profili di censura laddove (in conformità con la Comunicazione della Commissione europea 2006/C 210/02 – ‘ Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’articolo 23, par. 2, lettera a) del Regolamento (CE) n. 1/2003 ’) ha affermato:
- che il riconoscimento della richiamata circostanza attenuante rientra nell’ambito di valutazioni ampiamente discrezionali dell’Autorità i cui esiti non possono essere censurati nella sede giudiziale se non nelle ipotesi (che qui non ricorrono) di palesi profili di irragionevolezza ed incongruità;
- che, in particolare, il riconoscimento della richiamata circostanza attenuante è possibile solo nel caso in cui la collaborazione prestata dall’impresa nel corso del procedimento istruttorio sia risultata talmente fattiva da rendere più agevole per l’Autorità antitrust competente il compito di accertare l’infrazione o di inibirla;
- che, al contrario, il predetto riconoscimento non risulta possibile nelle ipotesi in cui l’impresa interessata si sia limitata (secondo quanto è per lei semplicemente doveroso) a prestare la collaborazione informativa e documentale comunque dovuta ai sensi della pertinente disciplina di settore.
7. Per le ragioni sin qui esposte l’appello in epigrafe deve essere respinto.
Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti, anche in considerazione della complessità e peculiarità delle vicende di causa.