Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-01-05, n. 202400234

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-01-05, n. 202400234
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202400234
Data del deposito : 5 gennaio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/01/2024

N. 00234/2024REG.PROV.COLL.

N. 09989/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9989 del 2022, proposto dal prof.
-O-, rappresentato e difeso dall’avv. L M e con domicilio eletto presso lo studio Favetti, in Roma, via Ugo De Carolis, n. 100;

contro

Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore , ex lege rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso gli Uffici di questa, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la revocazione

dell’ordinanza collegiale del Consiglio di Stato, Sezione Sesta, n. -O- del 22 novembre 2022, resa tra le parti, pronunciata sul ricorso R.G. n. -O-.


Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca;

Vista l’istanza della difesa erariale di passaggio della causa in decisione;

Vista la memoria conclusiva del ricorrente;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2023 il Cons. Pietro De Berardinis e udito per il ricorrente l’avv. L M;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;


Considerato:

- che con il ricorso in epigrafe il prof. -O- ha chiesto la revocazione dell’ordinanza della Sezione VI di questo Consiglio n. -O- del 22 novembre 2022, pronunciata nell’appello sul giudizio di ottemperanza promosso dal citato ricorrente per l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza della Corte di Appello di Roma – Sez. Lavoro n. -O- del 1° dicembre 2009;

- che il prof. -O-espone come la predetta sentenza della Corte di Appello abbia accertato il suo diritto a ottenere l’integrale maggiorazione per il servizio prestato all’estero nel periodo 1986/2004 anche ai fini della anzianità di servizio per il passaggio alle classi stipendiali successive, condannando il Ministero intimato al pagamento delle differenze maturate e alla ricostruzione della carriera del ricorrente e specificando che la predetta ricostruzione della carriera vale anche a fini previdenziali e assistenziali, con conseguente aggiornamento della partita stipendiale;

- che dopo un primo ricorso in ottemperanza del dipendente, accolto dal T.A.R. Lazio – Roma, Sez. III- bis , con sentenza n. -O- del 20 marzo 2017, l’Amministrazione eseguiva il giudicato formatosi sulla sentenza della Corte di Appello, ricostruendo la carriera del sig. -O-e pagandogli le differenze retributive, pari ad € 22.108,93;

- che tuttavia il ricorrente lamentava il mancato aggiornamento della partita stipendiale e la mancata rettifica dei prospetti di fine servizio ai fini previdenziali e pertanto proponeva un nuovo ricorso in ottemperanza, con cui chiedeva l’ulteriore esecuzione del suddetto giudicato;

- che il T.A.R. Lazio – Roma, nuovamente adito, emanava una serie di prescrizioni con ordinanza n. -O-, si esprimeva con ordinanza n. -O- e poi ancora n. -O- nel senso della non conformità a dette prescrizioni dei decreti emessi dai Commissari ad acta , infine con ordinanza n. -O- del 21 dicembre 2020 dichiarava chiusa la procedura di esecuzione;

- che il sig. -O-proponeva appello avverso l’ora vista ordinanza, chiedendone la riforma, ma la Sez. VI di questo Consiglio, al termine di una complessa istruttoria svoltasi attraverso un’apposita verificazione, con l’ordinanza n. -O- (oggetto del ricorso per revocazione):

I) per quanto riguarda gli aspetti pensionistici del giudizio (l’aggiornamento della partita stipendiale del ricorrente ai fini della pensione), ha dichiarato l’improcedibilità dell’appello, stante l’intervenuta sentenza della Corte dei conti, Sezione Giurisdiz. per il Lazio, n. -O- del 5 agosto 2021, passata in giudicato (la quale ha dichiarato il diritto del prof. -O-alla rideterminazione del trattamento pensionistico “ previa inclusione, in quota A), della somma di euro 22.124,17, corrisposta nel 2018 a titolo di assegno ad personam da sopravalutazione del servizio prestato all’estero dall’1/1/2001 al 31/8/2004 ”, con interessi e rivalutazione monetaria sulla maggior somma dalla data della domanda giudiziale fino all’effettivo soddisfo);

II) per quanto riguarda poi la corretta determinazione del T.F.S., ha ritenuto che il T.F.S. sia stato calcolato e liquidato dall’I.N.P.S. in favore dell’interessato in modo corrispondente al giudicato e che pertanto per questo verso dovesse essere dichiarata la cessazione della materia del contendere, con reiezione delle ulteriori richieste dell’appellante (il quale aveva continuato a lamentare l’incompleta e inesatta esecuzione del giudicato), siccome infondate;

Considerato, inoltre:

- che con il ricorso per revocazione parte ricorrente lamenta che il Collegio sarebbe incorso in errore nella lettura delle tre relazioni peritali (attinenti alla disposta verificazione), perché il Verificatore non avrebbe risposto ai quesiti retributivi, ma si sarebbe limitato a indagini solo previdenziali e di riflesso il Collegio sarebbe incorso nell’errata lettura dei documenti previdenziali presupposti dalle relazioni peritali;

- che in particolare il ricorrente lamenta che l’impugnata ordinanza n. -O-:

1) sarebbe affetta da un primo errore revocatorio, poiché essa assumerebbe, sulla base della relazione peritale, che l’I.N.P.S. abbia calcolato il T.F.S. con un documento di ricalcolo dell’8 marzo 2022, ma tale documento di ricalcolo sarebbe, in realtà, inesistente. Infatti la data dell’8 marzo 2022 sarebbe quella dell’accesso del Verificatore agli Uffici dell’I.N.P.S. (ovvero di interrogazione del sistema), ma in realtà il documento con cui l’I.N.P.S. ha ricalcolato il T.F.S. risalirebbe al 18 febbraio 2008 e dunque lo stesso sarebbe ex se errato, perché non potrebbe tenere conto del giudicato formatosi sulla sentenza civile del 2009, né della sentenza di ottemperanza del T.A.R. Lazio n. -O- (essendo anteriore ad ambedue tali pronunce). L’errore revocatorio consisterebbe quindi nell’errata percezione della data dell’atto, cioè nella svista materiale di avere inteso come data di riliquidazione (8 marzo 2022) quella che invece era la data di accesso da parte del Verificatore agli Uffici dell’I.N.P.S. o di interrogazione del sistema informatico del predetto Istituto per acquisire il documento di archivio del 18 febbraio 2008;

2) sarebbe inoltre viziata da un secondo errore revocatorio, perché il Collegio non avrebbe verificato il documento depositato dal Verificatore e denominato “ Liquidazione INPS -O-12 marzo 2022 ”. Tale documento, infatti, a differenza del precedente esisterebbe, ma sarebbe inficiato da vizi che lo renderebbero illegittimo, non rilevati, tuttavia, dal Collegio: esso infatti sarebbe privo sia di data, sia di firma e il medesimo Verificatore avrebbe dichiarato che una funzionaria dell’I.N.P.S. ne avrebbe disconosciuto il contenuto, invitandolo a non tenerne conto. In questo caso ci si troverebbe innanzi, perciò, a un documento che costituirebbe un falso presupposto di fatto, non avendo esso il valore di liquidazione, da parte dell’I.N.P.S., della pensione con modalità applicative del giudicato: esso infatti, adeguerebbe le retribuzioni di cui al C.C.N.L. dell’11 aprile 2006 e non le retribuzioni da giudicato del 2018, anno in cui sono state pagate all’interessato le differenze retributive (il ricorrente sviluppa tale motivo di revocazione sia con riferimento agli effetti sul ricalcolo del TFS, sia con riguardo alla riliquidazione della pensione);

- che si è costituito in giudizio il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, con atto formale e depositando di seguito istanza di passaggio della causa in decisione;

- che in data 14 dicembre 2023 il ricorrente ha depositato una memoria, con la quale ha contestato l’indicazione, nell’atto di costituzione del Ministero appellato, del dott. -O-, trattandosi del Commissario ad acta revocato dal T.A.R. con l’ordinanza n. -O- e che, quindi, non può essere sentito in giudizio, né ha titolo per partecipare alla camera di consiglio;

- che all’udienza pubblica del 19 dicembre 2023 è comparso il difensore del ricorrente, il quale ha brevemente discusso la causa: di seguito, questa è stata trattenuta in decisione;

Ritenuto, in via preliminare, che l’indicazione nell’atto di costituzione in giudizio del Ministero del dott. -O-, già Commissario ad acta poi revocato dal T.A.R., costituisca un mero refuso giuridicamente irrilevante, sicché sono prive di fondamento le preoccupazioni circa una sua eventuale partecipazione al giudizio – comunque non verificatasi – manifestate dal ricorrente nella memoria da ultimo depositata (peraltro tardivamente);

Ritenuto che il ricorso per revocazione sia affetto da inammissibilità, atteso che nessuno degli errori indicati dal ricorrente ha natura di errore di fatto revocatorio rilevante ai sensi del combinato disposto degli artt. 106 c.p.a. e 395, n. 4, c.p.c.;

Considerato al riguardo:

- che per quanto riguarda le caratteristiche che deve avere l’errore di fatto revocatorio ex art. 395, n. 4, c.p.c., secondo la giurisprudenza consolidata, “ l’errore di fatto che può essere posto a base di una domanda di revocazione è configurabile solo in relazione all’attività ricognitiva di lettura e di percezione degli atti acquisiti al processo, con riferimento alla loro esistenza e al loro significato letterale, ma non coinvolge la successiva attività di interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande, delle eccezioni e del materiale probatorio, ai fini della formazione del convincimento del giudice ” (cfr., ex multis , C.d.S., Sez. V, 11 settembre 2023, n. 8265;
id., 28 gennaio 2021, n. 836;
Sez. VII, 23 maggio 2022, n. 4082;
Sez. III, 20 marzo 2020, n. 1978;
id., 4 febbraio 2020, n. 885;
id., 21 novembre 2019, n. 7938;
Sez. VI, 6 febbraio 2020, n. 947;
id., 29 gennaio 2020, n. 711);

- che in particolare l’errore deve avere le seguenti caratteristiche:

a) deve derivare da una semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, la quale abbia indotto il Giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, ritenendo con ciò come comprovato un fatto documentalmente escluso od obiettivamente inesistente (C.d.S., Sez. V, n. 836/2021, cit.);

b) deve essere accertabile e riscontrabile con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza la necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche (C.d.S., Sez. V, 11 agosto 2023, n. 7441;
Sez. II, 8 ottobre 2020, n. 5983;
Sez. IV, 13 dicembre 2013, n. 6006);

c) deve avere ad oggetto un fatto che non ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza da revocare ebbe a pronunciare o comunque espressamente motivare (C.d.S., Sez. V, 27 luglio 2023, n. 7350;
Sez. VII, n. 4082/2022, cit.;
Sez. IV, 24 marzo 2020, n. 2047;
Sez. VI, 17 febbraio 2020, n. 1195;
Sez. III, 2 novembre 2019, n. 7479);

d) deve concretizzare un elemento decisivo della sentenza da revocare, necessitando, a tal fine, un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e il decisum (C.d.S., Sez. V, n. 7350/2023, cit.;
id., n. 836/2021, cit.;
id., 6 aprile 2017, n. 1610;
Sez. IV, 14 maggio 2015, n. 2431);

- che nel caso di specie difettano i suesposti requisiti, in quanto, anzitutto, gli errori lamentati sono, a ben vedere, (presunti) errori da ascrivere al Verificatore, cosicché ogni questione relativa agli stessi avrebbe dovuto essere fatta valere dall’interessato in sede di cognizione, nell’appello sul giudizio di ottemperanza, tramite contestazione degli esiti della verificazione;

- che in ogni caso l’errore di cui al punto 1) sopra menzionato, attinente all’inesistenza del documento di ricalcolo dell’8 marzo 2022, non possiede la caratteristica suindicata del non vertere su un punto decisivo della controversia su cui il provvedimento giurisdizionale da revocare non si sia pronunciato espressamente: infatti, l’ordinanza della Sezione VI n. -O- cit. afferma esplicitamente che il T.F.S. “ come calcolato dall’INPS il 8.3.2022 ” corrisponde in sostanza al giudicato, il che sta a dire che l’errore, quand’anche fosse esistente, riguarderebbe un punto su cui l’ordinanza da revocare si è pronunciata in modo espresso;

- che il presunto errore risulta comunque essere irrilevante ai fini del decidere, in quanto ciò che rileva sono i calcoli contenuti nel paragrafo dell’ordinanza in questione che precede la menzione della relazione dell’I.N.P.S.;

- che neppure l’errore evidenziato al punto 2) (attinente al documento depositato dal Verificatore e denominato “ Liquidazione INPS -O-12 marzo 2022 ”) presenta le caratteristiche dell’errore di fatto revocatorio, in quanto esso consiste, secondo il ricorrente, nel mancato accertamento, da parte dell’ordinanza n. -O-, dei vizi da cui sarebbe stato affetto il prospetto liquidativo del 12 marzo 2022: ma, a tale stregua, lo stesso ha natura di errore di diritto, e non già di errore di fatto, e dunque fuoriesce dall’ambito applicativo dell’art. 395, n. 4, c.p.c., fermo restando quanto detto in precedenza circa il fatto che si tratta di un errore eventualmente da ascrivere al Verificatore, cosicché ogni questione relativa allo stesso avrebbe dovuto essere fatta valere dall’interessato in sede di cognizione;

Ritenuto, per quanto detto, che il ricorso per revocazione debba essere dichiarato inammissibile;

Ritenuta, da ultimo, la sussistenza di giusti motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese del giudizio di revocazione, attese le peculiarità della questione esaminata e la circostanza che il Ministero si è costituito con semplice atto formale;

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