Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-02-24, n. 201101166

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-02-24, n. 201101166
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201101166
Data del deposito : 24 febbraio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02049/2006 REG.RIC.

N. 01166/2011REG.PROV.COLL.

N. 02049/2006 REG.RIC.

N. 01767/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2049 del 2006, proposto da:
B C, rappresentato e difeso dagli avv. M O, M S, con domicilio eletto presso M S in Roma, viale Parioli, 180;
Z C Fernando;

contro

B P G, rappresentato e difeso dall'avv. P M M, con domicilio eletto presso P M M in Roma, viale delle Milizie, 38;

nei confronti di

Ente Nazionale Italiano per il Turismo, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
Agresti Paola Patrizia, Ruggeri Ruggero;
P Gabriele, rappresentato e difeso dall'avv. Pierluigi Giammaria, con domicilio eletto presso Pierluigi Giammaria in Roma, via Po, 22;



sul ricorso numero di registro generale 1767 del 2007, proposto da:
B Piergiorgio, rappresentato e difeso dall'avv. P M M, con domicilio eletto presso P M M in Roma, viale delle Milizie, 38;

contro

Ente Nazionale Italiano per il Turismo, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;

nei confronti di

B C, Z C Fernando, rappresentati e difesi dagli avv. M O, M S, con domicilio eletto presso lo studio legale Sanino in Roma, viale Parioli, 180;
Ruggeri Ruggero, Agresti Patrizia;
P Gabriele, rappresentato e difeso dall'avv. Pierluigi Giammaria, con domicilio eletto presso Pierluigi Giammaria in Roma, via Salaria, 227;

per la riforma

quanto al ricorso n. 2049 del 2006:

della sentenza del T.a.r. del Lazio –Sede di Roma- n. 14880/2005, resa tra le parti, concernente CONCORSO INTERNO PER IL PERSONALE DELL'ENIT;

quanto al ricorso n. 1767 del 2007:

della sentenza del T.a.r. del Lazio –Sede di Roma- n. 14880/2005, resa tra le parti, concernente CONCORSO INTERNO A TRE POSTI DI DIRIGENTE - RISARCIMENTO DEL DANNO;


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’ Ente Nazionale Italiano per il Turismo e di P Gabriele ed i ricorsi in appello incidentali da questi proposti;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2011 il Consigliere F T e uditi per le parti gli avvocati Orlando, Sanino, Nardi per delega di Montaldo, e l’Avvocato dello Stato Ventrella;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


Con la sentenza qui impugnata, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio - sede di Roma - ha riunito e deciso tre connessi ricorsi volti a contestare gli esiti del "Concorso per titoli professionali e di servizio riservato al personale di cui all'art. 69, comma 3, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, ai sensi dell'art. 5 l. 15 luglio 2002, n. 145, bandito dall'E.N.I.T. - Ente Nazionale per il Turismo- per la copertura di n. 3 posti di qualifica dirigenziale (seconda fascia), di cui al bando del 15 gennaio 2003.

Risolte alcune questioni procedurali sulla legittimità dell’intervento spiegato da taluni controinteressati, il Tribunale amministrativo regionale ha in primo luogo preso in esame il ricorso proposto dal dipendente B P G.

Questi, collocatosi al quinto posto della graduatoria concorsuale con punti n. 59,8, aveva impugnato la predetta graduatoria approvata dal Consiglio di Amministrazione nella seduta del 24 luglio 2003 con deliberazione n. 37, nella parte in cui non lo aveva collocato tra i vincitori. Egli aveva altresì impugnato tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali, anteriori e successivi, tra cui il bando di concorso del 15 gennaio 2003, ove interpretato nel senso di consentire la partecipazione alla selezione de qua anche a candidati non in possesso del diploma di laurea, i criteri approvati dalla commissione, i verbali delle riunioni della medesima in parte qua , i punteggi ad esso attribuiti e quelli assegnati ai vincitori della selezione ed i provvedimenti di conferimento di incarico dirigenziale ai vincitori chiedendo il riconoscimento del diritto al collocamento tra i vincitori della selezione in esame, alla percezione dei relativi emolumenti ed al risarcimento del danno.

Il primo giudice, disattese le numerose eccezioni di inammissibilità ed irricevibilità del ricorso di primo grado formulate dai controinteressati, ha rilevato che rivestiva portata decisiva al fine di decidere la controversia, il vaglio in ordine al primo motivo di ricorso proposto dal B, laddove questi aveva lamentato l'illegittimità della partecipazione alla selezione dei candidati - segnatamente dei vincitori del concorso - non in possesso del diploma di laurea (era incontestato che nessuno dei vincitori del concorso e degli altri partecipanti costituiti o intervenuti nel giudizio di primo grado era munito del diploma di laurea).

Il Tribunale amministrativo ha accolto il predetto motivo di censura, alla stregua di una duplice considerazione. In primo luogo ha rilevato la lacunosità delle previsioni contenute nel bando di concorso, che all'art. 2 ("Requisiti") prevedeva semplicemente che l'ammissione al concorso era "riservata al personale dell'Ente di cui all'art. 69, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in servizio all’8 agosto 2002" ;
mentre nell'art. 3 ("Presentazione delle domande") faceva riferimento, tra le indicazioni da inserire nella domanda, al punto 3., ai "titoli di studio posseduti (Laurea, Diploma, ecc.)"; ed infine nell'art. 4 stabiliva che il diploma di laurea “viene valutato punti 6, mentre il Diploma di Scuola Media Superiore vale punti 4”.

Il primo giudice ha pertanto affermato che, nel silenzio del bando sul punto, lo stesso ha inteso recepire integralmente il disposto di cui all'art. 5 l. 15 luglio 2002, n. 145, di cui il bando medesimo costituiva applicazione. Circa il fatto che lo stesso art. l. 15 luglio 2002, n. 145 nulla dicesse a proposito del requisito della laurea, si è posta questione se la natura eccezionale della previsione, volta all'inquadramento nel ruolo dirigenziale di una particolare categoria di dipendenti, derogasse al generale requisito della laurea previsto per l'accesso alla qualifica dirigenziale dall'art. 28, commi 2 e 3, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, nel testo vigente al momento del bando (vale a dire, nel testo seguente all'art. 3, comma 5, l. 15 luglio 2002, n. 145, non modificato sul punto dall'art. 14 l. 29 luglio 2003, n. 228). A questa questione, la sentenza qui appellata ha fornito risposta negativa, richiamando principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale e ritenendo che l’evidente carattere transitorio e derogatorio della norma (contemplante una selezione una tantum per definire la situazione di una categoria di personale individuata soggettivamente e oggettivamente, riguardo a posizione ricoperta e mansioni esercitate, entrambe di livello professionale elevato - funzionari del cd. "ruolo ad esaurimento" e assimilati, titolari, a norma dell'art. 69, comma 3, d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, di "funzioni vicarie del dirigente e funzioni di direzione di uffici di particolare rilevanza non riservati al dirigente, nonché compiti di studio, ricerca, ispezione e vigilanza ad esse delegati dal dirigente" ) non investiva in senso derogatorio tutti gli aspetti della disciplina ordinaria, segnatamente quello attinente al requisito della laurea.

Il Tribunale amministrativo ha conseguentemente accolto il primo motivo del ricorso del B ed ha dichiarato inammissibili sia i ricorsi incidentali proposti dai contro interessati vincitori della selezione, che gli altri due riuniti ricorsi principali rispettivamente proposti da Agresti Patrizia (quarta classificata) e P Gabriele (sesto classificato). Una tale statuizione si imponeva, secondo il primo giudice, a cagione della circostanza che nessuno degli impugnanti incidentali e principali era provvisto del diploma di laurea, perciò l’esame e l’eventuale accoglimento delle doglianze da costoro proposte non avrebbe spiegato alcuna utilità .

Il primo giudice ha dunque disposto l'annullamento degli atti concorsuali in parte qua (criteri approvati dalla commissione, verbali delle riunioni della medesima in parte qua , punteggi attribuiti al ricorrente in graduatoria e quelli assegnati ai vincitori della selezione), ad eccezione del bando, da interpretarsi alla luce della normativa vigente come richiedente il requisito della laurea, ed ha parzialmente accolto la domanda risarcitoria e reintegratoria del B, omettendo di pronunciare il richiesto annullamento dei provvedimenti di conferimento di incarico dirigenziale ai vincitori per carenza di giurisdizione del giudice amministrativo.

Ricorso n. 2049/2006

La sentenza è stata appellata dagli originari resistenti e ricorrenti incidentali B (vincitore primo classificato, con punteggio pari a 97,5) e Z C (vincitore secondo classificato con il punteggio di 74,9) e non anche dal terzo vincitore della selezione Ruggeri.

Il B e lo Z C hanno chiesto l’annullamento della sentenza sostenendo la legittimità della partecipazione alla selezione anche dei dipendenti non muniti di diploma di laurea.

La (inimpugnata) nota n.2938/2003 del Direttore del Dipartimento della funzione pubblica aveva chiaramente esplicitato che il personale di cui all’art. 69 d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, poteva partecipare alla selezione ancorché non munito di diploma di laurea. A tali indicazioni si era conformata l’Amministrazione.

Il Tribunale amministrativo non ha tenuto conto della circostanza che i dipendenti avevano preso servizio allorché la legge non prevedeva uno “sbarramento” alla carriera dirigenziale per chi non era in possesso del diploma di laurea. Era errato affermare che la norma derogatoria dell’art. 5 l. 15 luglio 2002, n. 145 non fa eccezione al principio generale per cui l’accesso alla qualifica dirigenziale è possibile a chi possiede il diploma di laurea: essa non teneva conto della data di immissione in servizio degli appellanti (B e Z C avevano preso servizio allorché la legge non prevedeva alcuno “sbarramento” alla carriera dirigenziale per chi non era in possesso del diploma di laurea). L’eccezionalità della norma emergeva anche dalla circostanza che una simile tipologia di selezione (per soli titoli di servizio e professionali) non era più prevista nel sistema (cfr. Cons. Stato, Ad plen., ord. 4 dicembre 1998, n. 1). Il giudice avrebbe dovuto dichiarare inammissibile il ricorso del B per omessa tempestiva impugnazione del bando, perché quest’ultimo univocamente ammetteva che alla selezione partecipasse personale non laureato;
del pari l’inammissibilità doveva discendere dall’omessa impugnazione in primo grado della nota n.2938/2003 del Direttore del Dipartimento della funzione pubblica e dalla mancata notifica del ricorso al predetto Dipartimento. Infine, il mezzo di primo grado (proposto il 7 novembre 2003) era tardivo posto che la graduatoria era stata comunicata ai partecipanti in data 31 marzo 2003. Sotto altro profilo, i titoli vantati dal B ed asseritamente non valutati, erano in realtà inconsistenti: nessuno di essi (quindici) era meritevole di valutazione.

Del pari errata era la doglianza per cui costituiva vizio della lex specialis la previsione di uno scarto minimo tra il punteggio spettante ai titolari del diploma di laurea rispetto a quello attribuito a chi poteva (unicamente)fregiarsi del diploma di scuola media superiore.

Anche i titoli vantati dal P non erano meritevoli di positivo scrutinio (memoria B e Z C del 12 aprile 2005 ).

Gli appellanti hanno ribadito le loro tesi con memoria 9 settembre 2010.

P Gabriele, ricorrente di primo grado, sesto nella graduatoria (punti 58,4) ha proposto appello incidentale. Egli non era munito di diploma di laurea;
perciò il suo ricorso (incentrato sull’omessa valutazione dei titoli professionali posseduti) era stato dichiarato improcedibile. Detta valutazione era a suo dire errata. Le censure si appuntavano sull’art.18 l. 7 agosto 1990, n. 241, in relazione all’art. 24 d.P.R. 3 maggio 1957, n.686. L’Amministrazione era a conoscenza dei titoli in suo possesso ed avrebbe dovuto valutarli autonomamente, ancorché non comparissero nello stato matricolare. Le determinazioni che lo riguardavano erano prive di motivazione. Ove fossero stati valutati i suoi titoli , sarebbe risultato vincitore della selezione: ne conseguiva il diritto al risarcimento del danno e alla liquidazione delle differenze retributive.

L’Enit censura in via incidentale la sentenza, laddove non ha ritenuto che l’art. 5 l. 15 luglio 2002, n. 145 costituisce eccezione al all’art. 28 d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Esso ha riproposto le eccezioni di inammissibilità e tardività del ricorso di primo grado ed ha evidenziato l’infondatezza del secondo e del terzo motivo di censura del B,: la fissazione di una differenza di punteggio non rilevante tra diploma di laurea e diploma di scuola media superiore costituiva manifestazione di discrezionalità dell’amministrazione. Quanto alla attività valutativa dei titoli, le doglianze trascuravano la specificità della procedura di gara e non prospettavano la sussistenza di vizi di abnormità.

L’appellato B, nel fare presente di avere proposto appello autonomo n. 1767/2007 avverso la medesima sentenza n. 14880/2005 volto a censurare la quantificazione dei danni al medesimo liquidati- ha chiesto il rigetto degli appelli dei controinteressati e dell’Enit, fondati sull’illegittimo assunto per cui anche i dipendenti non muniti di laurea potevano assumere la qualifica dirigenziale ed incarichi dirigenziali. Egli ha riproposto le doglianze di primo grado, per cui era l’unico dipendente munito di laurea partecipante alla selezione;
l’avere previsto un risibile scarto (soltanto due punti) tra diploma di laurea (punti 6) e diploma di scuola media superiore (4 punti) costituiva inaccettabile discriminazione in suo danno. Altra era stata la condotta dell’Enit in una selezione bandita nel 2002 (laddove si previde uno scarto tra i due titoli di ben 5 punti);
la Commissione erroneamente aveva deliberato di remunerare incarichi ad personam , che taluni candidati non erano stati messi in grado di documentare. Sotto altro profilo, importanti titoli, esperienze professionali ed incarichi dal B vantati non erano stati valutati.

All’adunanza camerale del 31 marzo 2006 fissata per la decisione sulla domanda di sospensione della esecutività dell’appellata decisione, questa Sezione, con ordinanza n. 1590/2006, ha accolto la domanda cautelare di B e Z C, ritenendo che l’appello corredato dal fumus boni iuris , per la natura derogatoria ell’art. 5 l. 15 luglio 2002, n. 145 rispetto alle regole ordinarie del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 per l’accesso alla dirigenza e che, quanto al pericolo di danno, era prevalente l’interesse pubblico ad evitare gli effetti prodotti dalla procedura concorsuale con la avvenuta promozione dei vincitori.

Alla pubblica udienza del 28 settembre 2010 la trattazione del ricorso è stata differita a data da destinarsi, essendosi rilevato che l’appellato B, aveva proposto ricorso in appello autonomo rubricato al n. 1767/2007 del Registro generale avverso la medesima sentenza n. 14880/2005 (quanto a tale ultimo ricorso in appello, non risultava allo stato fissata la data di celebrazione dell’udienza pubblica) ed apparendo opportuno che la trattazione degli appelli avvenisse congiuntamente (anche tenuto conto che le esigenze di connessione e di unitario svolgimento del giudizio sono ora codificate dall’art. 96, comma 1, Cod. proc. amm.– ( “tutte le impugnazioni proposte separatamente contro la stessa sentenza devono essere riunite in un unico processo” ) con disposizione cogente).

Ricorso n. 1767/2007

Il B ha proposto appello autonomo avverso la sentenza n. 14880/2005 volto a censurare la determinazione dei danni liquidatigli dal primo giudice, lamentando l’omessa pronuncia circa il . danno morale e l’omessa considerazione dell’incidenza della condotta illegittima dell’amministrazione sulla entità del trattamento pensionistico e la misura dell’indennità di fine rapporto.

Alla pubblica udienza dell’ 11 gennaio 2011 ambedue i ricorsi sono stati posti in decisione.

DIRITTO

1.Si impone la riunione e la trattazione congiunta dei suindicati appelli, in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

2.La prima questione è relativa all’ammissibilità e ritualità del ricorso in appello autonomo n. 1767/2007, proposto dal ricorrente di primo grado vincitore B.

I controinteressati hanno contestato l’ammissibilità dell’appello sostenendo che doveva essere proposto – in forma di impugnazione incidentale - nell’ambito del medesimo giudizio n. 2049/2006 relativo all’appello principale proposto da B e Z C;
ne hanno inoltre dedotto la tardività.

Ritiene il Collegio che tali eccezioni siano infondate.

È ius receptum che ai sensi dell'art. 333 Cod. proc. civ., la parte che ha ricevuto la notificazione dell'appello proposto contro una sentenza ha l'onere di impugnarla in via incidentale se vuole evitare di incorrere nella decadenza nell'ipotesi di mancata riunione dei giudizi, ma ciò non preclude alla parte stessa di proporre un'impugnazione in forma autonoma (Cons. Stato, IV, 21 giugno 2005, n. 3250). Infatti, il regime processuale dell' appello incidentale stabilito dall' art. 37 r.d.. 26 giugno 1924, n. 1054, richiamato dall' art. 29 l. 6 dicembre 1971 n. 1034 (che impone la notificazione entro il termine di trenta giorni successivi a quello assegnato per il deposito dell' appello principale), è applicabile alle sole ipotesi di appello incidentale proprio, cioè a tale quello sorretto da un interesse collegato da un nesso sostanziale di pregiudizialità a quello sotteso all'appello principale. Vanno invece osservati gli ordinari termini dell' art. 28, secondo comma, l. 6 dicembre 1971, n. 1034 (sessanta giorni dalla data di notificazione della sentenza di primo grado) nell'ipotesi di appello che, ancorché qualificato incidentale, sia diretto contro un capo autonomo della sentenza già appellata, ovvero a far valere un interesse autonomo. Ne deriva che nel caso in cui contro la stessa sentenza siano proposti un appello principale e uno incidentale non di controimpugnazione, ma tendente a far valere un interesse autonomo, l' appello incidentale è soggetto ai termini ordinari dell'impugnazione, previsti dagli artt. 28 legge 6 dicembre 1971 n. 1034 e 327 Cod. proc. civ..

Nel caso in esame, l'appello del B è volto a censurare un capo della appellata sentenza (quello relativo all’accoglimento – asseritamente parziale- della domanda risarcitoria proposta in primo grado) indipendente rispetto ai capi della decisione impugnati dagli odierni appellanti principali. Questo gravame va qualificato come appello incidentale improprio, od autonomo, e poteva proporsi in via indipendente.

Anche l’eccezione di tardività del medesimo gravame è infondata. Questo infatti risulta proposto entro il termine lungo dalla pubblicazione della sentenza di primo grado. Si deve perciò considerare valido, sotto il profilo della notifica, tempestivo, ed ammissibile (non rilevando per le già chiarite ragioni la circostanza che sia stato proposto in forma autonoma).

I controinteressati hanno sostenuto che il gravame si deve comunque considerare tardivo perché proposto a distanza di rilevante torno di tempo dalla notifica dell’appello proposto in via principale dai resistenti di primo grado B e Z C.

L’eccezione – ritiene il Collegio - non merita considerazione perché, ai fini della proposizione dell'appello incidentale autonomo, va rispettato il termine lungo per l'impugnazione delle sentenze, che costituisce il limite temporale massimo per la proposizione dell'impugnazione, oltre che principale, anche incidentale autonoma: il che avviene indipendentemente dalla notificazione della sentenza impugnata (e dunque anche indipendentemente dalla notificazione dell'appello principale ad opera di qualsiasi altra parte del giudizio stesso) e, quindi, non è suscettibile di superamento nemmeno quando, alla sua scadenza, non sia ancora maturato il termine breve dalla data di detta notificazione.(Cons. Stato, IV, 31 maggio 2007, n. 2795).

La circostanza che al B venne notificato l’appello principale del B e dello Z C è neutra, quindi, risultando il gravame proposto dal B tempestivo in relazione alla data di pubblicazione della impugnata sentenza (mai notificatagli).

2.1.Quanto all’appello dell’originario ricorrente di primo grado P, questi ha impugnato in via incidentale la statuizione di improcedibilità del ricorso di primo grado per carenza di interesse riproponendo le doglianze sulla graduatoria concernenti l’asserita sottovalutazione dei titoli.

Il suo mezzo di impugnazione è stato proposto il 16 marzo 2006 (data di spedizione per la notifica) e ritualmente depositato.

Anche in questo caso si tratta di appello incidentale “improprio”, in quanto sorretto da un autonomo interesse ad impugnare la graduatoria: con riferimento alla questione della possibilità di partecipare alla selezione dei dipendenti non muniti di diploma di laurea, l’appellante P si trova nella identica condizione degli appellanti principali B e Z C. Ne consegue che il termine di proposizione del mezzo è identico a quello per la proposizione del gravame principale.

Il gravame deve ritenersi tempestivo, posto che la sentenza gravata (che non risulta notificata al P) è stata pubblicata il 28 dicembre 2005 e che, di converso, l’appello principale risulta essergli stato notificato il 27 febbraio 2006.

2.2.Analoghe argomentazioni conducono il Collegio ad affermare l’ammissibilità dell’appello incidentale proposto dall’Amministrazione.

3. Ciò premesso, e passando all’esame del merito delle impugnazioni, rileva il Collegio che in ordine logico la prima questione da risolvere concerne la censura sollevata dagli appellanti principali B e Z C e dalla difesa erariale dell’Enit, volta a postulare la declaratoria di inammissibilità del ricorso di primo del B a causa dell’omessa impugnazione del bando.

3.1.La censura è infondata.

In disparte la circostanza della chiarezza o meno della lex specialis , in punto di ammissione alla selezione di personale non laureato, appare troncante il rilievo dell’assenza di una lesione tale da indurre l’appellato all’immediata impugnazione del bando. Infatti, le condizioni che impongono la necessità della impugnazione immediata del bando vanno ravvisate nella sussistenza di prescrizioni preclusive la partecipazione dell’aspirante ( ex multis : Cons. Stato, V, 7 novembre 2007, n. 5776),.

In tale ipotesi,infatti, la lesione è immediata e non avrebbe senso alcuno imporre di attendere i successivi sviluppi della selezione:

Nel caso di specie, invece, le clausole della lex specialis non precludevano alcuna partecipazione (anzi, ampliavano la platea dei partecipanti). E il ricorrente di primo grado B non poteva essere certo che da detto ampliamento della platea dei partecipanti avrebbe ricavato una lesione giuridica, trovandosi nella impossibilità di preconizzare come sarebbero stati valutati i suoi titoli (e quelli dei concorrenti).

Al momento dell’emanazione del bando non era quindi rappresentabile con oggettività la lesione che l’appellato B avrebbe subito. Occorre rammentare che l'impugnazione immediata degli atti di gara è ammissibile e necessaria solo se (e nei limiti in cui) gli atti del procedimento producano un pregiudizio immediato, come nel caso dell'impugnazione del bando di gara con riguardo alle clausole comportanti la certa esclusione dell'aspirante concorrente per carenza di requisiti di partecipazione, e non, invece, nel caso in cui le determinazioni assunte non siano produttive, di per sé, di alcun pregiudizio certo ed immediato, ma solo eventuale, futuro e incerto, per il soggetto interessato (Cons. Stato, V, 8 settembre 2003, n. 5036).

3.2. Del pari infondata è la censura per cui la statuizione di inammissibilità del ricorso di primo grado sarebbe dovuta discendere dall’omessa impugnazione della nota n.2938/2003 del Direttore del Dipartimento della funzione Pubblica. Esattamente il Tribunale amministrativo ne ha rilevato la natura endoprocedimentale, perciò non necessitava di alcuna impugnazione, men che meno immediata (l’omessa notifica al Dipartimento avrebbe al più dovuto determinare un ordine di integrazione del contraddittorio). Essa non aveva natura vincolante;
non precludeva successive difformi interpretazioni da parte della commissione;
non aveva natura provvedi mentale.

L’infondatezza della tardività del mezzo di primo grado sotto l’ulteriore profilo, poi, emerge della circostanza che al momento della comunicazione del 31 marzo 2003 la graduatoria non era stata ancora approvata. È principio generale che nei concorsi a posti di pubblico impiego il termine d'impugnazione decorre dalla data di pubblicazione del provvedimento di approvazione della graduatoria ( ex multis : Cons. Stato, V, 9 ottobre 2002, n. 5407).

Il ricorso di primo grado era pertanto ammissibile.

4. Non è invece condivisibile, e va riformata, la statuizione di accoglimento.

Ritiene infatti il Collegio che la tesi, accolta dal primo giudice, per cui il bando aveva inteso recepire integralmente il disposto dell'art. 5 l. 15 luglio 2002, n. 145 meriti positiva considerazione (non altrimenti può essere interpretato il silenzio della lex specialis sui requisiti per l’accesso alla selezione, con particolare riferimento ai titoli di studio), mentre non possono essere condivise le ulteriori conclusioni della sentenza.

Come già evidenziato in sede cautelare dalla Sezione, non appare condivisibile quella parte della motivazione che ha negato la natura derogatoria della disciplina dell’art. l. 15 luglio 2002, n. 145 rispetto alle regole ordinarie dettate dal d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165.

Invero il predetto art. 5 così dispone:

””Nei limiti del 50 per cento dei posti disponibili nell'ambito della dotazione organica dei dirigenti di seconda fascia dei ruoli di ciascuna amministrazione, il personale di cui all'articolo 69, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge, è inquadrato, previo superamento di concorso riservato per titoli di servizio e professionali, da espletarsi entro centottanta giorni dalla medesima data, nella seconda fascia dirigenziale.

Nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, la disposizione di cui al comma 1 si applica una volta effettuati gli inquadramenti previsti dal regolamento di cui all'articolo 10, comma 2, della presente legge, con decorrenza dalla data di entrata in vigore dello stesso regolamento.

Alle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applica l'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.”

Si tratta, all’evidenza, di una norma eccezionale, volta al reinquadramento nella seconda fascia dirigenziale delle amministrazioni del personale già in servizio, come indicato dalla circostanza che il concorso riservato doveva essere espletato in un ristretto e prefissato arco temporale, decorrente dalla entrata in vigore della norma. La disposizione fa riferimento solo al personale in servizio, non altrimenti qualificando i soggetti ammessi a partecipare al concorso in base al titolo di studio posseduto.

La contraria interpretazione, fatta propria dal primo giudice, non tiene conto della posizione del detto personale che, entrato in servizio quando il mancato possesso del diploma di laurea non era preclusivo dell’accesso alla categoria dirigenziale, sarebbe stato ingiustamente ed illogicamente pregiudicato ove alla norma transitoria ed eccezionale si fosse attribuito l’effetto preclusivo individuato.

Infine, il richiamo del bando ai diversi titoli di studio, con l’attribuzione di distinti punteggi anche al diploma di scuola secondaria oltre che al diploma di laurea, comprova vieppiù l’interpretazione secondo cui i dipendenti non muniti di laurea potessero comunque partecipare alla selezione.

L’appello dei vincitori della selezione Birasci e Z C (come l’appello incidentale dell’Amministrazione) va quindi accolto, in parte qua , e la sentenza va pertanto riformata, con reiezione, sul punto, del ricorso di primo grado.

5. Ciò non esaurisce il compito del Collegio, che deve a questo punto valutare le doglianze relative all’attribuzione dei punteggi da parte della Commissione proposte dal B;
ed anche quelle, analoghe, proposte da P Gabriee, il cui ricorso di primo grado fu dichiarato improcedibile a causa dell’errata considerazione che questi (non in possesso di diploma di laurea) non avrebbe comunque potuto partecipare alla selezione.

Esse verranno esaminate separatamente, a partire dalla posizione del B.

5.1. È destituita di fondamento la censura, già prospettata in primo grado dal B, assorbita dal primo giudice, riproposta in appello, volta a censurare la prescrizione del bando che aveva previsto un modesto scarto (soltanto due punti) tra diploma di laurea (punti 6) e diploma di scuola media superiore (4 punti).

In disparte la considerazione che tale caratteristica del bando configurava ex ante una certa lesione per la posizione del predetto, che avrebbe dovuto immediatamente impugnare la lex specialis , la censura pretende un inammissibile sindacato di merito nella discrezionalità dell’amministrazione in punto di predisposizione della griglia dei punteggi relativi ai titoli dei concorrenti (e dell’evidente intento di privilegiare le esperienze professionali da questi svolte rispetto al mero possesso del titolo di studio).

Una tale discrezionalità di valutazione – enunciata ex ante , in via generale nel bando - non pare essere stata esercitata distorsivamente, tanto più se si considera che vi era necessità di valutare le posizioni di soggetti già dipendenti dell’amministrazione e con curricula costituiti da pregresse esperienze professionali, per cui il titolo di studio non rivestiva una posizione assolutamente preminente.

Il fatto che in passato l’Enit (in occasione di una selezione bandita nel 2002) aveva previsto uno scarto tra i due titoli di ben 5 punti, non vizia la diversa valutazione assunta relativamente alla selezione per cui è causa tenuto conto della specificità della stessa (tenuta, va ribadito, in ottemperanza ad una disposizione di legge straordinaria, transitoria e derogatoria).

La doglianza deve pertanto essere disattesa.

5.2.Quanto poi alle altre censure, attingenti i singoli giudizi espressi dalla Commissione con riferimento a taluni incarichi svolti dal B, le doglianze sono infondate in quanto formulate assertivamente, sprovviste di consistenza probatoria riguardo alla lamentata disparità di trattamento, talvolta generiche.

In particolare, avuto riguardo al tempo di svolgimento della selezione, non è censurabile il giudizio di non valutabilità per carenza di attualità della remota iscrizione del B al registro speciale dei praticanti procuratori legali di Sanremo dal 1968 (a tacere della circostanza che non risulta documentato il permanere della medesima iscrizione, né la circostanza relativa all’avvenuto superamento dell’esame da procuratore legale da parte sua ).

Quanto alla vantata iscrizione al club della stampa estera di Helsinki (a parte ogni considerazione sulla utilità valutativa e la carente dimostrazione in ordine alla assimilabilità all’albo professionale dei giornalisti) appare risolutivo che non fu valutato dalla commissione, in quanto non documentato nel fascicolo personale del B.

Secondo il B, l’Amministrazione avrebbe dovuto d’ufficio attivarsi, trattandosi di documento in suo possesso. La censura però non ha pregio.

Il punto verrà meglio approfondito allorché verrà esaminato il ricorso in appello incidentale proposto da P Gabriele, contenente argomentazioni comuni: allo stato, ritiene il Collegio che è sufficiente richiamare il consolidato orientamento per cui l’amministrazione, in sede di concorso interno, non ha l'obbligo di valutare titoli che non siano inseriti nel fascicolo personale (né altrimenti allegati dal dipendente), né ha l'obbligo di attivarsi per acquisire informazioni su titoli eventualmente posseduti dai propri dipendenti, in quanto, ai sensi degli art. 24 e 26 d.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, è tenuta solo a curare la regolare tenuta dei fascicoli personali degli impiegati: è a carico di questi l'onere di far inserire nel fascicolo personale i titoli che abbiano interesse a far valutare(Cons. Stato, IV, 16 novembre 1993, n. 1002).

Analoghe conclusioni inducono a rigettare la censura di omessa valutazione dei due corsi di aggiornamento informatico frequentati dal B (dei quali è carente la certificazione).

Sotto altro profilo, appare immune da censure l’omessa valutazione delle supplenze scolastiche in materie letterarie dal B (anni 1966/197), in quanto esperienza all’evidenza non connessa ai compiti professionali pertinenti;
né appare valutabile la sua elezione a presidente del Corps Touristique di Monaco di Baviera, non rientrando nella tipologia di incarico anticipatamente considerata valutabile dalla Commissione e neppure essendo stata dimostrata la assimilabilità del predetto organismo ad una pubblica amministrazione ovvero ad un semplice circolo privato .

5.3.Quanto agli altri incarichi vantati dal B, da un canto non ne è dimostrata la specialità rispetto ai compiti affidati al personale di cui all’art. 69 d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 cui sono affidate, per espressa previsione di legge, funzioni vicarie del dirigente e funzioni di direzione di uffici di particolare rilevanza non riservati al dirigente, nonché compiti di studio, ricerca, ispezione e vigilanza ad esse delegati dal dirigente;
neppure si è chiarita in relazione a quale dipendente sia ravvisabile l’asserita disparità di trattamento riscontrabile e, considerato lo scarto di punteggio rispetto ai vincitori, neppure è dimostrata l’incidenza della valutazione di taluno sulla graduatoria.

Conclusivamente, le doglianze contrastano il consolidato orientamento per cui la misura del punteggio attribuito dalla commissione giudicatrice di un concorso ad ogni singolo titolo è un’applicazione di discrezionalità tecnica, sindacabile dal giudice amministrativo per illogicità manifesta, travisamento dei fatti e palese disparità di trattamento ( ex multis : Cons. Stato, V, 5 febbraio 2007, n. 437) (nella specie, è stata dichiarata l’insindacabilità della valutazione del punteggio attribuito ai titoli, sulla base dall'attinenza con le mansioni che i concorrenti sarebbero stati chiamati a svolgere).

6.Al rigetto del ricorso di primo grado del B consegue il rigetto del suo appello, rubricato al n. 1767/2007 del Registro generale. Questo appello, come si è detto era volto a censurare la quantificazione del danno compiuta dal primo giudice. Una volta riformata la statuizione di accoglimento del ricorso di primo grado, consegue la declaratoria di infondatezza anche di tale impugnazione.

7.Analoghe argomentazioni possono essere svolte riguardo ai motivi del ricorso di primo grado riproposti in appello dal P (il cui distacco rispetto alla prima posizione utile, occupata dal terzo classificato, è pari a punti 6,9).

Dei numerosi “incarichi” vantati da costui (esclusi quelli valutati dalla Commissione) descritti nella memoria depositata innanzi al primo giudice e datata 18 aprile 2005 e richiamati alle pagg. 21-31 dell’appello incidentale, la quasi totalità non era documentata nel fascicolo personale e non era neppure stata reperita agli atti dell’amministrazione.

Il P si limitato a formulare generiche congetture, supponendo che le ricerche non fossero state accurate, ovvero lamentando l’inerzia dei responsabili della conservazione della documentazione indicata e lamentando che ridondasse a proprio danno.

Il Collegio ribadisce che non vi è onere di allegazione dei documenti relativi a titoli concorsuali nei procedimenti di concorso interno all'amministrazione, soltanto qualora tali documenti siano stati previamente prodotti dall'interessato per essere acquisiti al fascicolo personale (Cons. Stato, VI, 6 giugno 1995, n. 553).

Tale circostanza non risulta essersi verificata.

Sotto altro profilo, lo stesso P ha ammesso che taluni di tali incarichi erano stati esercitati “di fatto” e in assenza di atto di preposizione, di guisa che è corretta l’esclusione della loro valutabilità.

Quanto ai compiti di consegnatario, non si può affermare che esulassero dalle normali attribuzioni legate alla qualifica rivestita. Quanto al gruppo di incarichi disimpegnati durante la permanenza a Tokyo, si trattava di compiti connessi ad un’ordinaria attività di ispezione. L’avere operato sui conti correnti Enit (esperienza lavorativa in Chicago) non appare mansione straordinaria comportante aggravio di lavoro o concretantesi in funzioni di particolare rilievo.

In ultimo, per ciò che concerne gli incarichi espletati durante la permanenza a Stoccolma, la presenza del dirigente della sede esclude che l’attività del P sia qualficabile come “reggenza”, rientrando nel concetto di sostituzione in ipotesi di assenza. Tali compiti rientrano nel paradigma del citato art. 69 d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165. E comunque gli vennero affidati dal superiore e non da una figura equiparabile al direttore generale dell’ente.

Il Collegio non ritiene di trovarsi al cospetto di valutazioni abnormi della Commissione: ne consegue il rigetto del gravame del P, considerando che l’operato della commissione giudicatrice di un concorso, in relazione alle operazioni di valutazione dei titoli, è espressione di discrezionalità tecnica ed è quindi censurabile solo in presenza di valutazioni manifestamente incoerenti od irragionevoli, tali essendo quelle che emergono dall'esame della documentazione con assoluta immediatezza. In particolare, è insindacabile dal giudice la valutazione dei titoli di carriera esibiti dal candidato, a meno che non siano dedotti vizi di manifesta illogicità o indebita e palese disparità di trattamento da parte della commissione esaminatrice.

8.Conclusivamente: va accolto, nei termini di cui alla motivazione che precede, il ricorso n. 2049/2006 come il ricorso in appello incidentale proposto dall’amministrazione e, in riforma dell’appellata decisione, va respinto il ricorso di primo grado proposto da B P G e deve essere respinto il ricorso di primo grado proposto da P Gabriele, con salvezza degli atti impugnati e conseguente reiezione del riunito ricorso in appello n. 1767/2007 proposto dal predetto B P G.

La rilevante complessità e particolarità delle questioni trattate consente l’integrale compensazione tra le parti delle spese sostenute per il presente grado di giudizio.

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