Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-07-19, n. 202307079

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-07-19, n. 202307079
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202307079
Data del deposito : 19 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/07/2023

N. 07079/2023REG.PROV.COLL.

N. 01424/2023 REG.RIC.

N. 01786/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 1424 del 2023, proposto da
H L s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A L, con domicilio digitale come da PEC Registri di giustizia;

contro

Comune di Modena, in persona del Sindaco pro tempore , non costituito in giudizio;
City Green Light s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati N C, S L ed A M, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Alberico II, 33;
Edison Next Government s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Savoia, 31;



sul ricorso numero di registro generale 1786 del 2023, proposto da
Comune di Modena, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe C ed Elisa Valeriani, con domicilio digitale come da PEC Registri di giustizia;

contro

Edison Next Government s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giovanni B, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Savoia, 31;

nei confronti

City Green Light s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati N C, S L ed A M, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Alberico II, 33;
H L s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato A L, con domicilio digitale come da PEC Registri di giustizia;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Agenzia per l’energia e lo sviluppo sostenibile - AESS, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Diego V, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Lungotevere Marzio, 3;

per la riforma

quanto al ricorso n. 1424 del 2023:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia Romagna (sezione Seconda) n. 18/2023, resa tra le parti;

quanto al ricorso n. 1786 del 2023:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Emilia Romagna (sezione Seconda) n. 18/2023, resa tra le parti.


Visti i ricorsi in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di City Green Light s.r.l., Edison Next Government s.r.l. ed H L s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2023 il Cons. V P ed uditi per le parti gli avvocati L, T in dichiarata delega dell'avvocato B, C, M e V;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso al Tribunale amministrativo dell’Emilia Romagna la società Citelum Italia s.r.l. impugnava, chiedendone l’annullamento, la deliberazione del Consiglio comunale di Modena n. 25 del 28 aprile 2022, pubblicata sul sito internet del Comune di Modena il 3 maggio 2022, nonché, ove occorrente, la deliberazione del Consiglio Comunale di Modena n. 96 del 18 dicembre 2014.

Contestualmente chiedeva l’accertamento della nullità del contratto Rep. 84860 dell’11 marzo 2015, stipulato fra il Comune di Modena ed H L s.p.a., oltre che della proroga disposta nei confronti di H L s.r.l. fino alla data del 31 dicembre 2027.

Con un'unica articolata censura lamentava la violazione e falsa applicazione dell’art. 34, commi 22 e 22- bis del d.l. n. 179 del 2012, convertito dalla l. n. 221 del 2012;
violazione dei principi di libera

concorrenza, massima partecipazione, non discriminazione, imparzialità, trasparenza e correttezza;
violazione degli artt. 63, 106 e 30 del d.lgs. n. 50 del 2016, degli artt. 57 e 2 del d.lgs. n. 163 del 2016, delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE, 2014/25/UE e 2004/18/CE nella parte in cui prevedono l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di affidare l’esecuzione di lavori, servizi e forniture tramite procedure ad evidenza pubblica e nella parte in cui ammettono la proroga dei contratti in essere solo per il tempo strettamente necessario del 18 dicembre 2014 all'individuazione di un nuovo contraente;
violazione degli artt. 49 e 56 Tfue relativi alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi in tutti gli Stati UE;
violazione degli artt. 3 e 97 Cost;
violazione dell’art. 1418, comma 1, Cod. civ.

La ricorrente evidenziava che con deliberazione consiliare n. 252 del 19 dicembre 1996 il Comune di Modena aveva approvato la costituzione della M.E.T.A. s.p.a., società a partecipazione interamente pubblica, il cui oggetto sociale comprendeva, tra l’altro, la gestione delle reti di

illuminazione pubblica.

Gli aspetti di dettaglio dei suddetti servizi erano demandati, ai sensi dell’art. 7 della Convenzione, a “ contratti di servizio oggetto di separata approvazione ad opera delle parti medesime ”, il contenuto dei quali si sarebbe dovuto collocare nei limiti di quanto stabilito dalla Convenzione stessa e, soprattutto, della “ Specifica del servizio di illuminazione pubblica ” e della “ Specifica del servizio semaforico ”, al predetto atto convenzionale allegate.

In esecuzione della citata deliberazione, con convenzione rep. 79690 del 30 dicembre 1997, venivano regolate le condizioni generali dell’affidamento, che in virtù dell’art. 3 veniva conferito in via esclusiva a M.E.T.A. s.p.a. per la durata di trenta anni (quindi dal 1° gennaio 1998 al 31 dicembre 2027), con possibilità di rinnovo prima della scadenza per eguale o minor periodo.

Dopo l’avvio, nel 1998, del servizio e la successiva stipula, nel 2001, del contratto di servizio con la società M.E.T.A s.p.a., nel 2003 la stessa veniva dapprima quotata in un mercato regolamentato e, quindi, nel 2005 fusa per incorporazione nella società Hera s.p.a., parimenti quotata in borsa.

Nel 2008 il Comune di Modena stipulava quindi con Hera s.p.a. il contratto di servizio avente ad oggetto la gestione degli impianti di pubblica illuminazione per gli anni 2008/2012, con possibilità di proroga per ulteriori 4 anni, che veniva effettivamente concessa fino al dicembre 2014.

Con deliberazione consiliare n. 96 del 18 dicembre 2014 il Comune di Modena approvava un nuovo

contratto di servizio, avente ad oggetto l’affidamento alla società Hera s.p.a. del servizio di illuminazione pubblica per gli anni 2015-2023, cui seguiva – in data 11 marzo 2015 – la stipula del relativo contratto.

Nel 2017 Hera s.p.a. cedeva ad H L s.r.l. il ramo d’azienda relativo all’illuminazione pubblica, costituito da tutti gli affidamenti incluso quello relativo al Comune di Modena.

Nel 2018 il contratto rep. 84860, stipulato tra il Comune di Modena e Hera S.p.a. in data 11 marzo 2015 veniva ceduto da Hera s.p.a. ad H L s.r.l., che subentrava nell’affidamento del servizio.

Nelle more, attesa la volontà manifestata dall’ente di procedere alla riqualificazione energetica degli impianti di pubblica illuminazione presenti sul territorio comunale, con nota prot. n. 142247 del

13 maggio 2021 il Segretario Generale del Comune di Modena chiedeva alla propria società in house AESS - Agenzia per l’Energia e lo Sviluppo Sostenibile, di esprimere un parere legale “ in merito all’affidamento diretto dell'intervento a H L, nell'ambito di un rinnovo del Contratto di Servizio di IP con prolungamento dello stesso all'anno 2027 ”.

Con l’impugnata deliberazione consiliare n. 25 del 28 aprile 2022, pubblicata il successivo 3 maggio 2022, il Comune di Modena, sulla base del parere reso, approvava una proroga di quattro anni della convenzione rep. 84860 del 2015, disponendo l’affidamento diretto a H L s.p.a. ed integrandone le prestazioni contrattuali tramite l’approvazione di uno schema di addendum che includeva, oltre alle prestazioni originarie, la riqualificazione di parte degli impianti ed ulteriori interventi di riqualificazione energetica.

Ad avviso della ricorrente la suindicata delibera consiliare n. 25 del 2022 sarebbe stata radicalmente viziata, nella misura in cui integrava e prorogava un contratto a monte affetto da nullità (il contratto rep. 84860 del 2015), poiché affidato in via diretta ad un soggetto non qualificabile più come società in house .

L’affidamento in parola sarebbe stato quindi radicalmente nullo per violazione di norme imperative di ordine pubblico economico, quali sarebbero i commi 22 e 22- bis del d.l. n. 179 del 2012, non sussistendo – già a decorrere dal 31 dicembre 2018 o, al massimo, dal 30 giugno 2021 – i presupposti per proseguire nell’affidamento del servizio in favore di H L s.p.a., neppure sussistendo i presupposti per potersi parlare, nel caso di specie, di “proroga tecnica” dell’affidamento nelle more dell’espletamento di una nuova procedura di evidenza pubblica.

Il Comune di Modena si costituiva in giudizio, concludendo per l’infondatezza del gravame.

Anche H L s.r.l. si costituiva, preliminarmente eccependo l’inammissibilità del ricorso per tardività, in quanto l’atto di fusione del 2005, in virtù del quale sarebbe stata giustificata la scadenza del contratto al 2027, non sarebbe stato impugnato neppure quale atto presupposto, di conseguenza non potendosi mettere in discussione la legittimità di quelli ad esso successivi.

Nel merito chiedeva comunque la reiezione del ricorso, giacché infondato.

Con sentenza 18 gennaio 2023, n. 18, il giudice adito accoglieva il ricorso, annullando la delibera del Comune di Modena n. 25/2022 e per l’effetto accertando la cessazione ex lege dell’efficacia del contratto Rep. 84860 del 11 marzo 2015 stipulato tra il Comune di Modena ed Hera s.p.a.

Avverso tale decisione Hera s.p.a. interponeva appello, deducendo i seguenti motivi di impugnazione:

1) Error in procedendo:

- Inammissibilità del ricorso sull’atto 2014 (alla base della convenzione con scadenza 2023) per tardività nell’impugnazione dell’atto (risalente al 2014)

- Difetto di giurisdizione sull’accertamento dell’efficacia delle convenzioni. Violazione dell’art. 133 coma 1 lett. c CPA nel testo ritenuto costituzionalmente legittimo da Corte cost n. 43 e 53 del 2011. La sentenza nella parte in cui pretende di accertare la scadenza del rapporto contrattuale tra H L e Comune di Modena è viziata da difetto di Giurisdizione, con conseguente vizio di tutte le affermazioni basate su tale accertamento centrale

Il GA può solo pronunciarsi sull’atto 2022, come atto regolatorio di una convenzione preesistente in fase esecutiva, e non può occuparsi di tale convenzione 1997-2027 in fase esecutiva sulla quale la giurisdizione spetta al GO .

2) Error in procedendo e in iudicando: omessa pronuncia, violazione dell’art. 112 cpc: la sentenza è viziata nella parte in cui omette di considerare l’eccezione di H L inerente alla inammissibilità del ricorso per genericità e per assoluta mancanza di prova della causa petendi, inerente alla illegittimità della fusione 2005, affermata in modo generico dal ricorrente e senza alcun documento o contestazione precisa .

3) Error in procedendo: violazione dell’art. 112 cpc: la sentenza non si pronuncia sulla domanda di H L inerente all’accertamento del possesso dei requisiti da parte di Hera e poi di H L, rispetto alla quotazione in borsa ante 2004, quali requisiti idonei alla prosecuzione del servizio.

Error in procedendo: violazione dell’art. 64 comma 2 CPA errore di fatto: non è vero rispetto ai documenti agli atti che Meta all’atto della fusione fosse il legittimo gestore perché in house come afferma la sentenza: essa era il legittimo gestore perché quotata in borsa. Meta non era in house neppure all’atto dell’affidamento, essendo società a prevalente capitale pubblico: anche questo è un errore di fatto.

Error in iudicando: violazione dell’art. 34 comma 22 dl 179 del 2012.

La sentenza ritiene che in seguito alla fusione di Meta in Hera vi sia stato sostanzialmente un nuovo affidamento .

Costituitasi in giudizio, City Green Line s.r.l. concludeva per l’infondatezza dell’appello, chiedendo che fosse respinto.

Anche Edison Next Government s.r.l. (già Citelum Italia s.r.l.) si costituiva, analogamente insistendo per la reiezione del gravame.

Nelle more la decisione di primo grado veniva autonomamente impugnata dal Comune di Modena, con ricorso iscritto a r.g.n. 1786 del 2023, articolato nei seguenti profili di doglianza:

1) Erroneità della sentenza nella parte in cui non ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado per tardiva proposizione .

2) Sulla supposta cessazione anticipata ex lege dell’affidamento del servizio di illumi-nazione pubblica facente capo a H L s.r.l.: violazione e falsa applicazione dell’art. 34, comma 22 del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. in l. 17 dicembre 2012, n. 221;
carenza di istruttoria e travisamento dei fatti
.

3) Erroneità, in fatto e in diritto, della valutazione sulla supposta proroga della durata dell’affidamento del servizio di illuminazione pubblica .

4) Erroneità, in fatto e in diritto, della valutazione sul presunto “nuovo” affidamento attribuito a H L s.r.l. da parte del Comune di Modena .

5) Erroneità e ingiustizia della sentenza impugnata nella parte in cui afferma che H L s.r.l. non avrebbe titolo ad essere gestore del servizio di illuminazione pubblica in forza dell’affidamento che è stato originariamente assegnato a META s.p.a .

Si costituivano City Green Line s.r.l. ed Edison Next Government s.r.l., insistendo per la reiezione dell’appello in quanto infondato.

Anche H L s.r.l si costituiva, chiedendo invece l’accoglimento dell’appello.

Successivamente le parti ulteriormente precisavano, con apposite memorie, le rispettive tesi difensive ed all’udienza del 20 aprile 2023 entrambe le cause venivano trattenute in decisione.

DIRITTO

Va preliminarmente disposta la riunione dei due procedimenti in epigrafe, per connessione oggettiva e soggettiva, trattandosi di appelli proposti nei confronti della medesima sentenza.

Venendo quindi al gravame proposto da H L s.r.l., con il primo motivo di impugnazione viene eccepito il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nella parte in cui questi pretenda di accertare la scadenza del rapporto contrattuale tra H L ed il Comune di Modena, potendosi al più lo stesso pronunciarsi sull’atto del 2022 – quale atto regolatorio di una convenzione preesistente in fase esecutiva – ma non già su tale convenzione 1997-2027 in fase esecutiva, sulla quale la giurisdizione spetterebbe solamente al giudice ordinario.

La sentenza impugnata – deduce l’appellante – nell’interpretare la durata della convenzione di concessione di base 1997-2027 avrebbe accertato che la stessa non poteva giungere a scadenza naturale, ed analogamente avrebbe fatto con la convenzione con scadenza 2023, attribuendo alla stessa valenza di vero e proprio affidamento;
peraltro, l’accertamento della cessazione del rapporto contrattuale – costituente il prius l ogico per stabilire che l’atto di approvazione del contratto regolatorio aveva dato vita, in realtà, ad un illegittimo affidamento diretto – sarebbe stato a rigore precluso al giudice amministrativo, alla luce di un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 133, comma primo, lett. c) Cod. proc. amm., secondo cui sussisterebbe la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo anche sulle concessioni di servizio pubblico solo quando nell’ambito esecutivo si ponga un problema di interpretazione di un atto autoritativo, ma non anche laddove si discuta piuttosto di una interpretazione di norme contrattuali inerenti al rapporto.

Il motivo non è fondato.

Premesso che non vi è dubbio (né contestazione di parte) riguardo alla giurisdizione del giudice amministrativo in ordine alla dedotta illegittimità del provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo (ossia la deliberazione del Consiglio comunale di Modena n. 25 del 28 aprile 2022), va dato atto che l’accertamento della reale durata della convenzione di concessione di base 1997-2027, così come di quella a scadenza 2023, è avvenuto solamente incidenter tantum , al fine cioè di risolvere una questione pregiudiziale da parte del giudice, mediante una decisione adottata ai soli fini dell’attuale controversia e senza effetto di giudicato esterno.

In quanto tale l’accertamento in questione è sempre consentito al giudice amministrativo, a prescindere dalla ricorrenza o meno di una ipotesi di giurisdizione esclusiva.

In ogni caso non potrebbe comunque dubitarsi, nel caso di specie, della ricorrenza, ratione materiae , della giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 133, comma primo, lett. c) Cod. proc. amm., il quale testualmente stabilisce che sono devolute alla giurisdizione esclusiva di quest’ultimo “ le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi […] ”, come correttamente rilevato dal primo giudice.

Con il secondo motivo di appello viene invece censurato l’assunto secondo cui la fusione avvenuta nel 2005 tra Hera e Meta sarebbe stata illegittima, in quanto a trattativa diretta ed in assenza “ di procedure conformi ai principi e alle disposizioni dell'Unione europea applicabili allo specifico affidamento ”: di tale presupposto, sostiene l’appellante, non vi sarebbe però alcuna traccia negli atti di causa, mentre sarebbe stato preciso onere della ricorrente in primo grado dar prova di quanto asserito.

Neppure questo motivo può essere accolto.

Ai sensi dell’art. 34, comma 22, ultimo periodo del d.l. n. 179 del 2012, “ Gli affidamenti diretti a società poste, successivamente al 31 dicembre 2004, sotto il controllo di società quotate a seguito

di operazioni societarie effettuate in assenza di procedure conformi ai principi e alle disposizioni dell'Unione europea applicabili allo specifico affidamento cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante, il 31 dicembre 2018 o alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto, se anteriori ”.

Risulta dagli atti che la cessione (secondo gli schemi privatistici della fusione per incorporazione, anziché a seguito di pubblica gara o altra procedura competitiva) di M.E.T.A. s.p.a. ad Hera s.p.a. – società quotata in borsa – è avvenuta in epoca successiva al 31 dicembre 2004.

Secondo parte appellante troverebbe piuttosto applicazione, alla fattispecie in esame, il principio espresso dal primo periodo del citato art. 34, comma 22 d.l. n. 179 del 2021, che ammette la prosecuzione sino alla scadenza naturale degli “ affidamenti diretti assentiti alla data del 31 dicembre 2004 a società a partecipazione pubblica già quotate in mercati regolamentati a tale data e a quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile alla medesima data ”, sul presupposto che la fusione per incorporazione precedentemente intercorsa tra M.E.T.A. s.p.a. ed HERA s.p.a. non avesse alcun rilievo ai fini dell’affidamento in questione.

La tesi dell’appellante non convince, presupponendo una lettura solo parziale della norma in esame, finalizzata ad impropriamente estrapolarne alcuni passaggi dal complessivo contesto: emerge invero, dalla lettura della disposizione nella sua interezza, come il principio evidenziato dall’appellante, lungi dal valere in termini assoluti, trovi un limite applicativo proprio nelle ipotesi individuate dall’ultimo periodo dell’art. 34, comma 22 cit., in presenza delle quali lo stesso recede.

Ne consegue che correttamente il primo giudice ha qualificato il contratto rep. 84860 del 2015 nei termini di un illegittimo affidamento diretto, previo doveroso accertamento, incidenter tantum , dell’intervenuta cessazione ex lege del contratto precedentemente stipulato a decorrere dal 31 dicembre 2018, così come previsto in termini generali dall’art. 34, comma 22, ultimo periodo, del d.l. n. 179 del 2012 (ovvero, al più, dal 30 giugno 2021, ai sensi del comma 22 bis del d.l. n. 179 del 2012).

Con un terzo motivo di gravame viene contestato il presupposto dal quale muove il giudice di primo grado, secondo cui la fusione senza gara avrebbe dovuto considerarsi alla stregua di un nuovo affidamento con scadenza al 2018, anziché una prosecuzione del servizio a scadenza naturale (come accadrebbe, per diritto UE, in tutti i casi di fusione), senza però considerare che tanto l’incorporante quanto l’incorporata possedevano il requisito richiesto per arrivare a scadenza naturale (ossia l’essere state quotate in borsa in epoca anteriore al 2004).

Ciò in base alla previsione dell’art. 34, comma 22, del d.l. n. 179 del 2012, per cui “ Gli affidamenti diretti assentiti alla data del 31 dicembre 2004 a società a partecipazione pubblica già quotate in mercati regolamentati a tale data e a quelle da esse controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile alla medesima data, cessano alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto;
gli affidamenti che non prevedono una data di scadenza cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, il 31 dicembre 2020. Gli affidamenti diretti a società poste, successivamente al 31 dicembre 2004, sotto il controllo di società quotate a seguito di operazioni societarie effettuate in assenza di procedure conformi ai princìpi e alle disposizioni dell'Unione europea applicabili allo specifico affidamento cessano, improrogabilmente e senza necessità di apposita deliberazione dell'ente affidante, il 31 dicembre 2018 o alla scadenza prevista nel contratto di servizio o negli altri atti che regolano il rapporto, se anteriori
”.

Nel caso di specie, deduce l’appellante, l’originario affidamento a M.E.T.A. s.p.a. sarebbe stato quindi garantito a scadenza (essendo stata quotata M.E.T.A. prima del 2004);
per l’effetto, una volta avvenuta la fusione di M.E.T.A. in Hera – società, quest’ultima, avente gli stessi requisiti della prima – la società risultante dalla fusione avrebbe avuto diritto di svolgere l’attività affidata fino a scadenza: il primo giudice sarebbe pertanto incorso nel vizio di omessa pronuncia quanto al richiesto accertamento che M.E.T.A. era quotata in borsa antecedentemente al 2004 (esattamente come Hera) e che la fusione di M.E.T.A. in Hera aveva portato dentro ad Hera, come se fosse ancora M.E.T.A., la scadenza naturale del contratto.

Non vi sarebbe stata pertanto alcuna ragione – logica e giuridica – per la quale “ Meta confluita in Hera, e dunque Hera ” dovesse perdere il diritto alla scadenza naturale del contratto, nel momento in cui la società incorporante aveva gli stessi requisiti alla base del diritto alla scadenza naturale.

In breve, tanto la delibera quanto la convenzione del 1997 prevedevano la scadenza del rapporto al 2027 ed a tale convenzione quadro venivano successivamente ad aggiungersi delle ulteriori (mere) convenzioni regolatorie per specifici periodi su interventi di dettaglio.

Neppure infine sarebbe fondato il rilievo della contrarietà al diritto eurounitario della fusione a suo tempo intervenuta tra M.E.T.A. s.p.a. ed Hera s.p.a., atteso che tale normativa sarebbe solamente tesa ad impedire che un operatore non quotato in borsa possa ottenere, attraverso l’acquisto da parte di una società quotata, una scadenza che non gli sarebbe spettata in precedenza, laddove nessun limite sarebbe in realtà prevista per eventuali fusioni, in presenza delle quali non vi sarebbe un nuovo affidamento, ma una prosecuzione dello stesso contratto (non vi sarebbe cioè un nuovo gestore, bensì la prosecuzione di quello precedente all’interno di un soggetto più ampio: H L non sarebbe dunque estranea alla convenzione, ma la proseguirebbe nella stessa per conferimento di azienda).

L’interpretazione del TAR secondo cui avrebbe potuto procedersi alla fusione solo previa individuazione della società incorporante mediante gara verrebbe inoltre ad ingiustamente ledere l’affidamento dei risparmiatori che avevano a suo tempo investito in M.E.T.A. sul presupposto della scadenza dell’affidamento al 2027.

Tale interpretazione non tiene però conto del fatto che al momento dell’avvenuta fusione tra Hera e M.E.T.A. (2005) ancora non trovava applicazione la direttiva 2004/18 (il cui termine ultimo di recepimento era infatti fissato al 31 gennaio 2006): ne conseguirebbe, secondo H L s.r.l., che siccome all’epoca non era stato ancora introdotto alcun limite sul tema procedure comparative per le fusioni tra imprese pubbliche, da ritenersi pienamente conformi al diritto nazionale e UE (né ovviamente poteva applicarsi, ratione temporis , l’art. 34, comma 22, del d.l. n. 179 del 2012), l’operazione contestata dalla sentenza impugnata doveva considerarsi invece legittima.

Neppure questo motivo persuade.

Va in primo luogo puntualizzato che non è in discussione la legittimità della fusione societaria (avvenuta, come già detto, nel 2005) tra Hera e M.E.T.A., bensì l’applicabilità – al soggetto sorto per effetto della fusione – della normativa sopravvenuta, in primis il richiamato art. 34, comma 22, del d.l. n. 179 del 2012, disponente la rideterminazione della durata massima degli affidamenti diretti in precedenza disposti in base alla normativa all’epoca vigente.

In questi termini, nessuna rilevanza può avere la circostanza che M.E.T.A. ed Hera fossero state quotate anteriormente al 31 dicembre 2014, dal momento che condizione imprescindibile per l’applicazione del primo periodo – invocato dall’appellante – dell’art. 34, comma 22 cit. era che l’affidamento (ancorché diretto) fosse rimasto in capo all’originario affidatario (ossia M.E.T.A. s.p.a.), laddove il sopravvenuto mutamento di quest’ultimo (mediante qualsiasi legittimo strumento giuridico, ivi compresa la fusione societaria) integrava il presupposto per l’applicazione dell’ultima parte del predetto comma, come già evidenziato in ordine al primo motivo di appello.

Neppure persuade l’argomento secondo cui M.E.T.A. s.p.a. (incorporata) ed Hera s.p.a. (incorporante) avrebbero avuto le medesime caratteristiche, dal momento che – come documentato dall’appellata Edison Next Government s.r.l. (già ricorrente in primo grado nella veste di Citelum Italia s.r.l.) – il capitale sociale di M.E.T.A. s.p.a. era interamente detenuto da soggetti pubblici, mentre l’incorporante Hera s.p.a. già all’epoca dei fatti era partecipata anche da soci privati.

All’uopo è dirimente il principio espresso da Corte giust. UE nella vertenza C 719/2020 del 12

maggio 2022, secondo cui, nell’ipotesi in cui un appalto pubblico sia stato attribuito – come nel caso in esame – da una società senza indizione di una gara, la successiva acquisizione di detto operatore economico da parte di un terzo, anche nel corso del periodo di esecuzione dell’appalto, “ è tale da costituire un cambiamento di una condizione fondamentale dell’appalto che necessiterebbe di indire una gara ”. Nel caso di specie, va evidenziato, risulta che la cessione delle quote di M.E.T.A. sia avvenuta all’esito di una trattativa privata con la Hera s.p.a., dunque in assenza di una pubblica gara o altra procedura comparativa, così però non rispettandosi i principi di pubblicità, non

discriminazione e concorrenza tra gli operatori economici.

Va del resto ricordato che per costante orientamento della giurisprudenza della Corte di giustizia, ove un appalto sia stato attribuito senza gara ad una società a capitale interamente pubblico, il fatto che nel corso del periodo di affidamento vengano ammessi a partecipare al capitale di detta società anche degli azionisti privati determina il cambiamento di una condizione fondamentale dell’appalto che impone l’indizione di una gara (tenuto altresì conto che la direttiva 2004/18/CE, ratione temporis applicabile, già imponeva l’obbligo di rispettare, in tema di dismissione delle quote di società pubbliche, gli obblighi di pubblicità, accesso alle informazioni per tutti i potenziali acquirenti, non discriminazione, predeterminazione e comunicazione dei criteri di selezione ed aggiudicazione).

Con il quarto motivo di appello, infine, H L s.r.l. deduce l’erroneità di quanto ritenuto nella sentenza appellata circa i “servizi aggiuntivi” affidati con la delibera del 2022 unitamente a quello di illuminazione, servizi “ non facenti parte della precedente convenzione stipulata con Hera S.p.a. in data 11 marzo 2015 ” e pertanto oggetto, a loro volta, di un illegittimo affidamento a trattativa privata.

In realtà, sostiene l’appellante, non di un nuovo affidamento si sarebbe trattato, bensì di “efficientamento” di quello già in essere, come previsto fin dal contratto stipulato nel 1997: “ nel 2022 non sono stati affidati servizi ulteriori rispetto all’illuminazione pubblica. Oggetto unico dell’atto del 2022 è la riqualifica “Modena Full LED”, ovvero 6,9 mln € di investimenti in efficientamento energetico da parte di H L a fronte del prolungamento del contratto di servizio al 2027, ovvero fino al termine della concessione ”.

In ogni caso, all’interno di un servizio da svolgersi in un arco di tempo trentennale (dal 1997 al 2027), l’ente affidante avrebbe comunque avuto il diritto di introdurre varianti, anche in sede di convenzione regolatoria, come effettivamente sarebbe accaduto ne caso di specie: si dovrebbe quindi parlare di variazione di un affidamento in essere, non già di nuovi affidamenti.

Neppure questo motivo può essere accolto, in quanto assorbito e superato (quanto ad autonoma rilevanza) dalle considerazioni già precedentemente esposte in ordine agli altri motivi di impugnazione.

Venendo adesso all’appello proposto dal Comune di Modena, con il primo motivo di gravame viene censurata la decisione del primo giudice di respingere l’eccezione di inammissibilità del ricorso originariamente proposto da Citelum Italia s.r.l. per tardività: ad avviso dell’amministrazione, infatti, quest’ultima avrebbe dovuto impugnare – all’epoca della sua adozione – la deliberazione del Consiglio comunale n. 96 del 18 dicembre 2014, avendo con essa il Comune già inteso far proseguire, senza soluzione di continuità, in capo a Hera s.p.a. il medesimo affidamento del servizio di illuminazione pubblica inizialmente attribuito a M.E.T.A. s.p.a.

Il dedotto onere di preventiva impugnazione ancor più troverebbe giustificazione, secondo il Comune di Modena, nella considerazione che all’epoca dei fatti già era entrato in vigore il comma 22 dell’art. 34 del d.l. n. 179 del 2012.

Il motivo non può essere accolto, non essendo corretto il presupposto su cui si fonda, ossia che “ […] tale delibera già prevedeva il proseguimento della gestione del servizio pubblico in questione sino alla data di scadenza naturale dell’affidamento originariamente attribuito a META s.p.a. ”, posto che con la delibera n. 96 del 2014 veniva approvato il contratto di servizio rep. n. 84860 dell’11 marzo 2015 e, dunque, autorizzata la prosecuzione del servizio, ma solamente sino al 31 dicembre 2023;
in questi termini, è corretto il rilievo contenuto nella sentenza appellata, per cui l’interesse al ricorso in capo a Citelum Italia s.p.a. si sarebbe concretizzato “ solo al verificarsi dei presupposti per l’applicazione della cessazione ex lege dell’affidamento diretto come contemplati dall’art. 8, comma 1, L. 29 luglio 2015, n. 115 e pertanto in un momento successivo all’emanazione di tutti i provvedimenti richiamati, ivi compresa la già richiamata deliberazione del Consiglio Comunale di Modena n. 96 del 18.12.2014 ”.

Con il secondo motivo di appello si deduce invece l’erronea applicazione, ad opera del giudice di primo grado, dell’art. 34, comma 22 del d.l. n. 179 del 2012, la cui disciplina (transitoria) si differenzierebbe a seconda del momento temporale in cui la società a partecipazione pubblica sia stata quotata in borsa ovvero in cui sia stata sottoposta al controllo di altra società quotata.

Aderendo alla tesi secondo cui la fattispecie in esame sarebbe disciplinata non dalla prima, bensì dall’ultima parte del citato comma 22 dell’art. 34, il primo giudice avrebbe in realtà omesso di considerare che M.E.T.A. s.p.a. era una società quotata nei mercati regolamentati sin dal marzo 2003 e che, per effetto di tale operazione, aveva assunto la qualificazione giuridica di impresa operante nel mercato e per il mercato in condizioni di parità con gli altri operatori del settore;
ne conseguirebbe l’inapplicabilità della seconda parte della predetta disposizione, essendo M.E.T.A. s.p.a. già sottoposta, alla data del 31 dicembre 2004, al regime giuridico delle società quotate in borsa.

Conclude quindi l’appellante che il secondo periodo del comma 22 si applicherebbe esclusivamente “ a quelle situazioni in cui si verifica un mutamento del regime giuridico della società titolare dell’affidamento diretto e cioè quando da normale società partecipata da pubbliche amministrazioni entra a far parte del genus delle società che, ancorché a partecipazione pubblica, sono quotate nei mercati regolamentati ”;
invero, ai sensi dell’art. 43 della direttiva europea 2014/23/UE sull’aggiudicazione delle concessioni (attuata con l’art. 175, comma 1, lett. d, n. 2 del d.lgs. n. 50 del 2016), “ le operazioni di aggregazione e integrazione societaria, come quella avvenuta tra META s.p.a. e HERA s.p.a., non comportano la necessità di nuovi affidamenti o concessioni ma consentono la prosecuzione, in un nuovo contesto societario, dei rapporti amministrativi preesistenti ”.

Neppure questo motivo è fondato: invero, anche a prescindere dall’irrilevanza delle considerazioni fondate sulla direttiva 2014/23/UE e sulle norme interne di recepimento – non applicabili ratione temporis alle vicende controverse, antecedenti la loro entrata in vigore e comunque presupponenti l’esistenza, a monte, di un affidamento disposto sulla base delle regole dell’evidenza pubblica – trovano applicazione le considerazioni già esposte riguardo al secondo e terzo motivo di appello proposti da H L s.r.l., cui si rinvia.

Con un terzo motivo di gravame la sentenza impugnata viene quindi censurata nella parte in cui ha sostenuto che il Comune di Modena, con l’adozione della delibera di Consiglio comunale n. 25 del 2022, avrebbe di fatto disposto una “proroga” dell’affidamento del servizio di illuminazione pubblica, in presunta violazione dell’art. 34, comma 22 del d.l. n. 179 del 2012.

Invero, deduce l’amministrazione appellante, la delibera comunale del 2022 avrebbe prolungato il periodo di validità del contratto di servizio fino al 31 dicembre 2027 ma non anche la durata dell’affidamento che sarebbe rimasta fissata – come già in precedenza, giusta delibera del Consiglio comunale n. 177 del 1997 – in trenta anni (sino cioè al 31 dicembre 2027, come da convenzione di affidamento del 1997).

Il Comune di Modena non avrebbe dunque disposto, con la deliberazione consiliare impugnata, alcuna proroga della durata dell’affidamento del servizio di illuminazione pubblica, ma si sarebbe limitato a prorogare operativamente il periodo di tempo di validità del contratto di servizio rep. 84860 dell’11 marzo 2015, sempre all’interno della durata complessiva trentennale dell’affidamento.

La doglianza non può trovare accoglimento: da un lato, infatti, lungi dall’incorrere nelle ambiguità denunziate da parte appellante, la sentenza impugnata è chiara nel rappresentare che “ Con l’impugnata Deliberazione consiliare n. 25/2022 del 28.4.2022, pubblicata il 3.5.2022, il Comune di Modena, sulla base del parere reso, approvava una proroga di 4 anni della convenzione rep. 84860 del 2015 disponendo l’affidamento diretto a H L S.p.a. […] ”;
dall’altro, il merito della dedotta censura è superato da quanto già rilevato circa i precedenti assorbenti motivi di appello.

Con un quarto motivo di impugnazione il Comune di Modena censura inoltre il capo della sentenza di primo grado nel quale si sostiene che il Comune di Modena, con la delibera di Consiglio comunale n. 25 del 2022, avrebbe assegnato ad H L s.r.l. il compito di svolgere ulteriori attività rispetto a quelle contemplate nella convenzione di affidamento prot. 79690 del 30 dicembre 1997 e nei relativi contratti di servizio succedutisi nel tempo, con particolare riguardo a quelle che l’appellante qualifica come attività di riqualificazione degli impianti di illuminazione.

In realtà, evidenzia l’appellante, il contratto di servizio rep. 84860 dell’11 marzo 2015, avente ad oggetto la regolamentazione del rapporto di affidamento relativo al servizio di illuminazione pubblica, si era limitato ad esplicitare, senza ampliarla, la previsione convenzionale del 1997;
ciò in quanto l’attività di riqualificazione degli impianti di illuminazione pubblica, in considerazione dei benefici ambientali e di risparmio energetico derivanti dall’utilizzo di nuove tecnologie, rientrava tra i compiti del gestore del servizio pubblico.

Dovrebbe quindi concludersi che gli interventi di riqualificazione, oggetto della delibera consiliare n. 25 del 2022, costituivano solamente delle nuove modalità esecutive di gestione del servizio in connessione all’evoluzione tecnologica, non rappresentando per contro un’estensione dell’affidamento in questione a nuove attività.

Anche questo motivo va respinto, per le ragioni già esposte circa il quarto motivo di appello di H L s.r.l.

Infine, con un quinto motivo di appello l’amministrazione censura il rilievo – contenuto nella sentenza appellata – secondo cui H L s.r.l. non avrebbe titolo ad essere gestore del servizio di illuminazione pubblica, dal momento che la società in questione “ risulterebbe del tutto estranea al processo di incorporazione di META s.p.a. ed alla convenzione stipulata tra Hera s.p.a. e il Comune di Modena ”.

Evidenzia il Comune di Modena che H L s.r.l. è controllata da Hera s.p.a. ed è conferitaria, a partire dal 1° dicembre 2017, del ramo d’azienda avente ad oggetto il servizio di illuminazione pubblica già facente capo a quest’ultima.

Il conferimento di rami d’azienda, in particolare, garantirebbe la continuità gestionale, ricevendo il conferitario dal conferente il trasferimento di tutte le componenti aziendali necessarie a svolgere le attività in precedenza gestite (nel senso dell’art. 2555 Cod. civ. e per gli effetti di cui al successivo art. 2558 Cod. civ.). Per l’effetto, nel caso di conferimento di rami d’azienda relativi alla gestione di servizi pubblici non si verificherebbe alcun trasferimento o cessione della titolarità degli affidamenti, in quanto l’azienda che gestisce il servizio pubblico rimarrebbe sempre la stessa, mutando solamente la veste giuridica nella quale l’azienda stessa è inserita.

Non si verificherebbe pertanto alcun caso di cessione o subentro nell’affidamento del servizio pubblico, dovendosi piuttosto parlare di operazioni assimilabili ad ipotesi di riorganizzazione societaria del concessionario.

Del resto, la stessa convenzione di affidamento del 1997 prevedeva espressamente – all’art. 8, comma primo lett. b) – l’ipotesi che, in costanza di affidamento, un’impresa terza succeda – ove autorizzata dal Comune di Modena – nella posizione dell’originario gestore del servizio pubblico.

Neppure questo motivo può essere accolto.

Invero, ancorché H L s.r.l. sia in ipotesi totalmente controllata da Hera s.p.a., non può negarsi l’alterità giuridica tra detti operatori economici (trattandosi obiettivamente di due società diverse, ancorché in ipotesi riconducibili ad una proprietà comune), di talché l’eventuale conferimento di ramo d’azienda dalla controllante alla controllata non muta il dato storico-fattuale per cui ciò è coinciso con un subentro nella gestione ad opera di un soggetto terzo.

Subentro che – come evidenziato nelle motivazioni che precedono – fonda l’annullamento del provvedimento ab origine impugnato.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi