Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-02-19, n. 201801067
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Pubblicato il 19/02/2018
N. 01067/2018REG.PROV.COLL.
N. 07237/2017 REG.RIC.
N. 07238/2017 REG.RIC.
N. 07257/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7237 del 2017, proposto da:
P D S, M S, M D B e C C, rappresentati e difesi dagli avvocati G P e S G, domiciliati
ex
art. 25 cpa presso Segreteria Sezionale Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
contro
- G D P, A D F, L F, G G, G L, R V, rappresentati e difesi dagli avvocati V C I, F T e A R, con domicilio eletto presso lo studio V C I in Roma, via Dora, n.1;
- L C, rappresentato e difeso dagli avvocati M P e Angelo Romiti, domiciliati
ex
art. 25 cpa presso Segreteria Sezionale Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
- F E, rappresentato e difeso dall'avvocato P D M, con domicilio eletto presso lo studio Alessandro Mecocci in Roma, via Ippolito Nievo, 61;
- I I e Comune di Avezzano, non costituiti in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 7238 del 2017, proposto da:
M V, rappresentato e difeso dagli avvocati G P e S G, domiciliato ex art. 25 cpa presso Segreteria Sezionale Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro 13;
contro
- G D P, A D F, L F, G G, G L e R V, rappresentati e difesi dagli avvocati V C I, F T e A R, con domicilio eletto presso lo studio V C I in Roma, via Dora, n.1;
- L C, rappresentato e difeso dagli avvocati M P e Angelo Romiti, domiciliato ex art. 25 cpa presso Segreteria Sezionale Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro 13;
- F E, rappresentato e difeso dall'avvocato P D M, con domicilio eletto presso lo studio Alessandro Mecocci in Roma, via Ippolito Nievo, 61;
- I I e Comune di Avezzano, non costituiti in giudizio;
sul ricorso numero di registro generale 7257 del 2017, proposto da:
Comune di Avezzano, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Bruno Capponi, con domicilio eletto presso lo studio Bruno Capponi in Roma, largo Antonio Sarti, 4;
contro
- G D P, A D F, L F, G G, G L, R V, rappresentati e difesi dagli avvocati V C I, F T e A R, con domicilio eletto presso lo studio V C I in Roma, via Dora, n.1;
- L C, rappresentato e difeso dagli avvocati M P e Angelo Romiti, domiciliato ex art. 25 cpa presso Segreteria Sezionale Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro 13;
- F E, rappresentato e difeso dall'avvocato P D M, con domicilio eletto presso lo studio Alessandro Mecocci in Roma, via Ippolito Nievo, 61;
- I I, non costituito in giudizio;
nei confronti di
- G D A, rappresentato e difeso dall'avvocato A G, con domicilio eletto presso lo studio Bruno Capponi in Roma, largo A. Sarti 4;
- A C, C C, M D B, P D S, M S e M V, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza 12 ottobre 2017, n. 417 del T.A.R. per l’Abruzzo, sede dell’Aquila, sez. I, resa tra le parti, concernente il ricorso elettorale relativo al Comune di Avezzano;
Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di G D P, A D F, L F, G G, G L, R V, L C, F E e G D A;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2018 il Cons. G C e uditi per le parti gli avvocati G P, V C I, A R per sé e per F T e A G, M P, Angelo Romiti, P D M e Bruno Capponi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. Con ricorso proposto in primo grado al T.A.R. per l’Abruzzo, sede dell’Aquila, i Sigg. ri G D P, I I, A D F, L F, G G, G L e R V - nella loro rispettiva qualità di candidato sindaco e candidati nelle liste collegate al candidato Sindaco signor G D P - hanno impugnato i risultati delle elezioni amministrative del Comune di Avezzano, tenutesi in data 11 e 25 giugno 2017, rispettivamente per il primo turno e per il ballottaggio e conclusesi con l'elezione a Sindaco del signor G D A e l'attribuzione alle liste a lui collegate del premio di maggioranza previsto dall'art. 73, comma 10, del d.lgs. n. 267 del 2000.
Mediante i primi tre motivi, i ricorrenti lamentavano l'illegittimità della suddetta attribuzione del predetto premio di maggioranza, nell’assunto di fondo che la norma sopramenzionata sarebbe “chiara laddove subordina l’applicazione del cd. premio di maggioranza alla verifica che al primo turno non vi sia stata alcuna lista o gruppo di liste che abbia superato il 50% dei voti validi”.
Circostanza, questa, che sarebbe pacificamente avvenuta nel caso di specie, in cui al primo turno, le liste collegate al candidato Sindaco D P - ammesso al ballottaggio e poi non eletto - hanno superato il 50% dei voti validi: invero, nel verbale relativo al primo turno si è dapprima dichiarato espressamente (pag. 8) che la maggioranza assoluta dei volti validi era pari a n. 12.520;e, di seguito (pag. 13) che i voti conseguiti dalle liste collegate al candidato D P sono stati pari a n. 12.633.
A sostegno della propria tesi, i ricorrenti hanno richiamato in primo luogo la giurisprudenza del Consiglio di Stato, contestando l’interpretazione che della stessa aveva dato il verbale dell’Ufficio Centrale 26 giugno 2017 (alle pagg. 64 e 65) e deducendo l’estraneità alla vicenda in esame delle pronunce menzionate da detto Ufficio.
In conclusione, i ricorrenti hanno chiesto:
* in principalità, l’annullamento dell’impugnato atto di proclamazione degli eletti alla carica di Sindaco e di Consiglieri comunali di Avezzano e la correzione del risultato elettorale, mediante assegnazione di complessivi 13 seggi in favore della coalizione del consigliere D P, ossia con 6 seggi in più, rispetto a quelli già attribuiti, da destinare ai candidati esclusi e individuati nelle persone di L F, A D F, S D S, G G, G L e R V, in sostituzione dei candidati illegittimamente proclamati;
* in via subordinata (sostenuta dal quarto motivo), l’annullamento - in applicazione dei commi 8 (con relativo “metodo D’Hondt”) e 11 del citato art. 73 TUEL - del medesimo atto di proclamazione degli eletti, nella parte in cui sono stati assegnati ai sig.ri E e C un seggio ciascuno in consiglio comunale, con conseguente assegnazione di tali seggi in favore dei sig. ri L F e G L.
II. Avverso l'atto di proclamazione degli eletti gravato in via principale, il Sig. L C (candidato alla carica di sindaco non eletto) dispiegava, altresì, appello incidentale, riproponendo i primi tre motivi del ricorso principale e deducendo un ulteriore profilo di violazione dell'art. 73, comma 10, del T.U.E.L., nonché il vizio di difetto di motivazione.
Anche il ricorrente incidentale concludeva chiedendo la correzione dei risultati elettorali, con l’attribuzione della carica di consigliere comunale agli stessi 6 candidati indicati nel ricorso principale.
III. Con sentenza 12 ottobre 2017, n. 417, il Tar L’Aquila accoglieva il ricorso principale, annullando in parte qua l'atto impugnato e assegnando 9 seggi di consigliere comunale alle 7 liste collegate al Sindaco D A e 13 seggi di consigliere comunale alle 10 liste collegate al candidato D P;conseguentemente, il Tar statuiva che “ l'accoglimento del ricorso principale comporta l'assorbimento delle ulteriori censure sollevate in via incidentale ”.
Nella motivazione, il Tar si rifaceva ampiamente alle considerazioni contenute nelle sentenze n. 107/1996 e n. 275/2014 della Corte Costituzionale, alla luce delle quali riteneva fondata la tesi del ricorso principale, < anche perché assicura quell'equilibrio tra principio di rappresentatività e di governabilità garantito dal legislatore ponendo dei limiti all'attribuzione del premio di maggioranza, che peraltro la Corte Costituzionale ha ritenuto costituzionalmente legittimo >.
In conclusione, secondo il Giudice di primo grado:
- < l'art. 73, comma 10, citato deve essere interpretato nel senso che il premio di maggioranza del 60 per cento viene assegnato al candidato eletto Sindaco al secondo turno, a condizione che nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato, nel turno medesimo, il 50 per cento dei voti validi >;
- tale conclusione <non è contraddetta, contrariamente a quanto dedotto dal Comune resistente, dalle sentenze n. 3022 del 2010, n. 82 del 2012 e n. 2174 del 2017 del Consiglio di Stato, le quali si sono limitate a rilevare che, nell'ambito dei voti validi ex art. 73, comma 10, citato, debba farsi rientrare la totalità dei voti espressi e quindi anche «i voti validi complessivi conseguiti al primo turno dai candidati alla carica di sindaco (e dunque, oltreché sui voti di lista automaticamente assegnati al candidato sindaco collegato alla lista ai sensi dell'art. 72, comma 3, d. lgs. n. 267/2000, anche sui voti espressi singolarmente a favore dei soli candidati sindaci senza voti di lista, in esplicazione del c.d. voto disgiunto)» (Cons. Stato, n. 3022 del 2010) >.
IV. Con due distinti ricorsi, la sentenza n. 417/2017 veniva rispettivamente appellata:
- dai Signori P D S, M S, M D B e C C (R.G. 7237/2017);
- dal Signor M V (RG 7238/2017).
Entrambi i ricorsi chiedono, con identiche argomentazioni, la riforma della sentenza gravata nella parte in cui il T.A.R. ha ritenuto non corretta l’interpretazione dell’art. 73 co. 10 del T.U.E.L seguita dall’Ufficio elettorale centrale, sostenendo che il ragionamento del Giudice di primo grado si porrebbe in aperto contrasto con il prevalente e più recente orientamento di questo Consiglio di Stato.
In particolare, gli appellanti si rifanno alla sentenza n. 2174/2017 di questa Sezione, riportandone ampi stralci e deducono che:
* tale decisione avrebbe posto in primario rilievo il risultato elettorale raggiunto dal Sindaco in nome della prevalenza del principio di governabilità negli enti locali rispetto a quello di rappresentatività, per cui nell’ambito dei “voti validi” devono essere ricompresi anche quelli riportati nel turno di ballottaggio (come affermato dalle pronunce n. 822/2010 e n. 1360/2013 di questo Consiglio);
* viceversa, la sentenza del Tar non avrebbe fatto buon uso del principio di governabilità.
In subordine, i ricorrenti chiedono che la questione sia sottoposta alla Corte Costituzionale
V. Nel ricorso n. 7238/2017, il Sig. Verrecchia eccepisce, altresì, in via preliminare, l’inammissibilità per difetto del contraddittorio, della notifica del ricorso di primo grado di cui è stato destinatario, in quanto:
- con decreto n. 11/17, pubblicato il 21 luglio 2017 ed in pari data comunicato, il Presidente del TAR per l’Abruzzo, in sostituzione del proprio precedente decreto n. 10 del 2017, anticipava l’udienza di discussione della causa relativa a detto ricorso e ordinava “… ai ricorrenti di notificare copia del ricorso e del provvedimento all’Ente della cui elezione si tratta e alle parti che possono avere interesse entro dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento stesso…”;
- detta notifica, è stata eseguita solo il successivo 25 agosto (e perfezionata il 29 agosto 2017) nei confronti dell’odierno appellante, la cui qualifica di controinteressato è indubitabile “dal momento che l’eventuale accoglimento del ricorso (come in effetti è avvenuto) avrebbe comportato la sua decadenza dalla carica di Consigliere comunale”;
- la circostanza sarebbe, peraltro, pacifica, stante che gli stessi ricorrenti hanno provveduto a notificargli tanto il ricorso (sia pure tardivamente), che la successiva sentenza del TAR.
VI. Con ulteriore ricorso n. 7257/2017, anche il Comune di Avezzano ha provveduto ad appellare la sentenza n. 417/2017.
Con un unico e articolato motivo, il Comune sostiene che:
* il punto centrale del giudizio (e della sentenza) starebbe nell’interpretazione dell’espressione “voti validi”, di cui all’art. 73 comma 10 TUEL;
* la sentenza gravata avrebbe trascurato “ il solo dato positivo davvero fondamentale e dirimente: e cioè che, nel 1999, il legislatore, novellando proprio la norma da applicarsi nel nostro caso (legge n. 120/1999) ha operato una scelta decisa a favore del principio maggioritario nel sistema di elezione diretta del Sindaco ”;
* nelle due sentenze costituzionali citate dal Tar non emergerebbe una scelta chiara a favore di una limitazione “ragionevole” o “rappresentativa” del principio maggioritario, come ha invece opinato il TAR stesso;
* in ogni caso, ciò che più rileva sarebbe che entrambe le sentenze costituzionali si riferiscono a sistemi elettorali non comparabili col sistema vigente per i Comuni con più di 15.000 abitanti, perché soltanto in questo sistema è possibile il c.d. voto disgiunto;
* costituirebbe un unicum nel panorama della giurisprudenza di questo Consiglio, la sentenza n.4598/2015 - di cui il Tar per l’Aquila ha riprodotto buona parte della motivazione - laddove essa afferma che, alla luce dei due arresti della Consulta, «la governabilità non si pone quale esigenza assoluta del sistema» perché «nel caso in cui una lista abbia già conseguito la maggioranza assoluta al primo turno, ma ciò non abbia portato all’elezione diretta del Sindaco, il legislatore intende favorire forme di aggregazione del voto, senza però giungere a porre nel nulla l’indicazione elettorale espressa al primo turno in modo così consistente, da far guadagnare ad una lista la maggioranza assoluta dei seggi consiliari»;
* chiari precedenti di segno contrario sarebbero rappresentati dalle sentenze n. 1269/2011 e n. 4680/2013;
* soprattutto l’interpretazione della menzionata locuzione “voti validi”, sarebbe non più controversa nella giurisprudenza di questo Consiglio nel senso che “si deve aver riguardo ai voti ottenuti dal candidato sindaco vincente e non già a quelli di lista” (cfr., in particolare la sentenza 16 febbraio 2012, n. 802, riportata anche nelle istruzioni di cui alla pubblicazione n. 20/2017 dell’Ufficio Elettorale centrale);
* in definitiva, le proclamazioni di cui si controverte, sarebbero rispettose “delle istruzioni ministeriali e della giurisprudenza consolidata” del Consiglio di Stato.
Infine, il Comune appellante insiste sulla ratio del sistema che si coglierebbe <con maggior chiarezza proprio quando il premio di maggioranza sia attribuito alla coalizione che nel primo turno abbia riportato voti più esigui. Diversamente opinando, risulterebbe illogico il ballottaggio ogni qual volta la coalizione più forte avesse ottenuto più del 50% dei voti validi di lista: essendo evidente che, seppure vincesse l’altro candidato Sindaco, immediatamente i detentori della maggioranza lo farebbero decadere al fine di poter ripetere le elezioni. Lo “spirito” della “novella” del 1999 nell’elezione diretta del Sindaco è appunto, invece, di consentire una sicura governabilità al candidato vincente al ballottaggio, e tale “spirito” meglio si realizza, a ben vedere, quanti meno voti quel candidato avesse ottenuto al primo turno. Dal che si deduce con sicurezza che il premio di maggioranza viene riconosciuto sulla scorta della performance del candidato Sindaco, e non sui numeri di lista>.
Con la conseguenza che la locuzione “voti validi” deve intendersi come riferita alla “ totalità dei voti validi espressi nell’elezione del Sindaco ”;e che, tornando al caso di specie, non potrebbero rientrare nel novero dei “voti validi” in favore del candidato D P anche quelli espressi da elettori che, pur votando liste ad esso collegate, hanno esercitato il voto disgiunto in favore del candidato D A: e ciò in quanto “non si vede perché, ai fini dell’attribuzione del premio di maggioranza”, il primo “dovrebbe avvantaggiarsi di voti che, pur diretti alla lista, gli hanno preferito un diverso candidato, espressione di liste diverse”.
VI. Gli appellati D P, D F, F, G, L e V si sono costituiti in ciascuno dei tre giudizi, svolgendo analoghe argomentazioni in due memorie difensive contestualmente depositate il 6 e il 12 novembre 2017 e in una memoria di replica prodotta in vista
dell’odierna udienza pubblica.
In sintesi, essi:
* con la prima memoria, sostengono che:
- la norma di cui all’art. 73 comma 10 TUEL sarebbe chiara “laddove subordina l’applicazione del c.d. premio di maggioranza alla verifica che al primo turno nessuna lista o gruppo di liste abbia superato il 50% dei voti validi”;
- nessuna indicazione in senso contrario sarebbe ricavabile dalla giurisprudenza di questo Consiglio;
- la questione di costituzionalità prospettata negli appelli 7237 e 7238 del 2017 sarebbe manifestamente infondata;
* con la seconda memoria, ripropongono la domanda subordinata, già avanzata in primo grado, di l’annullamento dell’atto di proclamazione degli eletti, nella parte in cui sono stati assegnati ai sig.ri E e C due seggi al consiglio comunale, con conseguente assegnazione di tali seggi in favore dei sig. ri L F e G L;
* con la memoria di replica, insistono in primo luogo sul tenore letterale della norma della cui applicazione si controverte;al riguardo, richiamano in particolare il precedente, conferente al caso di specie, costituito dalla sentenza n. 4598/2015 di questo Consiglio;deducono, infine, che la tesi interpretativa sostenuta da controparte risulterebbe in concreto inapplicabile, in quanto “la possibilità che una lista od un gruppo di liste collegate al primo turno, con i soli voti ottenuti al primo turno possa superare il 50% dei voti validi dei due turni è sostanzialmente e realisticamente impossibile”.
VII. Anche i candidati sindaco L C e F E si sono costituiti nei tre giudizi, opponendosi all’accoglimento dei relativi appelli.
VIII. Il candidato sindaco proclamato eletto, G D A, si è, invece, costituito nell’appello proposto dal Comune di Avezzano (7257/2017), in funzione adesiva al suo accoglimento.
Nel medesimo giudizio RG 7257/2017, il Comune appellante ha, altresì, depositato:
- in vista della Camera di consiglio del 9 novembre 2017 di trattazione dell’incidente cautelare, una memoria difensiva, in cui insiste, anche con citazioni di dottrina, sull’esigenza di governabilità;
- in vista dell’odierna udienza pubblica di discussione del merito, una memoria conclusiva in cui torna sulla sentenza n. 2174/2017 di questa Sezione.
IX. Quanto all’appello RG 7238/2017:
* con memoria 6.11.2017, gli appellati D P, D F, F, G, L e V hanno replicato, a proposito dell’eccezione sollevata in rito dall’appellante, che ai sensi dell’art. 130 c.p.a. lett. c) il ricorso è notificato, unitamente al decreto di fissazione udienza a cura di chi lo propone, entro dieci giorni dalla data di comunicazione del decreto, “alle altre parti che vi hanno interesse, e comunque ad almeno un controinteressato”;e il ricorso di prime cure è stato notificato a otto controinteressati, oltre alla notifica effettuata all’attuale appellante;
* con memoria 20.10.2017, l’appellato E ha rilevato, quanto all’eccezione in rito sollevata nell’atto di appello, che non sarebbe prevista alcuna nullità per ritardata notifica, al massimo invocabile esclusivamente in caso di un effettivo vulnus al diritto alla difesa del controinteressato, che nella specie non si sarebbe verificato, in quanto quest’ultimo avrebbe avuto a sua disposizione un congruo spazio difensivo;
* con memoria depositata in vista dell’odierna udienza pubblica, l’appellante Verrecchia insiste:
- per l’accoglimento dell’eccezione di tardività della notifica del ricorso di primo grado nei propri confronti, richiamando la sentenza n. 5362/2015 di questo Consiglio a confutazione delle repliche delle controparti sul punto;
- per la riforma, in ogni caso, della sentenza di primo grado.
X. Nella fase cautelare del presente giudizio, con rispettivi decreti monocratici nn. 4516, 4517 e 4518 del 17.10.2017 è stata sospesa l’esecutività della sentenza impugnata e di poi, con ordinanze nn. 4775, n. 4777 e 4778 del 9 novembre 2017, è stata confermata detta sospensione, fissando l’udienza odierna per la trattazione degli appelli nel merito.
XI. Infine, all’odierna udienza pubblica si è svolta una discussione orale tra le parti, nel corso della quale esse, oltre a ribadire i rispettivi argomenti in punto di diritto, si sono soffermate, in particolare, sulla “sostenibilità aritmetica” o meno della tesi sostenuta dagli appellanti.
XII. Ciò premesso, il Collegio deve disporre in via preliminare la riunione degli appelli in epigrafe, in quanto proposti avverso la medesima sentenza.
Sempre in via preliminare, occorre esaminare l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado (per tardività della notifica nei propri confronti), sollevata in rito dall’appellante Verrecchia nel giudizio RG 7238/2017.
Detta eccezione va disattesa, in quanto la giurisprudenza di questo Consiglio in tema di giudizio elettorale (cfr. sez. V, 17/03/2015, n. 1376) è nel senso che < l'art. 130, comma 3, lett. c), c.p.a. indica chiaramente la possibilità di notificare il ricorso ad un solo controinteressato e, quindi, consente l'integrazione successiva del contraddittorio >, senza, pertanto, inficiare di inammissibilità il ricorso elettorale notificato, unitamente a copia del decreto presidenziale di fissazione dell’udienza di discussione, a un solo controinteressato.
I precedenti giurisprudenziali citati dall’appellante nei propri scritti difensivi a conforto dell’eccezione ivi proposta (Consiglio di Stato n. 4534 e n. 5362 del 2015) non sono conferenti, in quanto non sono stati resi in materia di giudizio elettorale;e comunque, seppur esatti nell’indicazione della data di pubblicazione - che coincide - delle sentenze richiamate, risultano certamente erronei nell’indicazione numerica delle stesse.
In ogni caso, la notificazione nei confronti dell’appellante è stata effettuata e si è perfezionata in data (29 agosto 2017) utile a che l’intimato (qui appellante) potesse depositare le proprie controdeduzioni - ai sensi del successivo comma 5 dell’art. 130 c.p.a. e nel termine ivi previsto di 15 giorni - prima della celebrazione dell’udienza pubblica indicata nel citato decreto presidenziale (11 ottobre 2017), in modo da consentire il dispiegamento del contraddittorio, ivi compresa la facoltà di replica delle controparti, prima del passaggio in decisione della causa.
Sennonché, l’attuale appellante non si è costituito nel giudizio di primo grado, neppure per eccepire l’irritualità della notifica nei propri confronti: e ciò anche tenendo conto che si tratta eccezionalmente di un giudizio esente da contributo unificato e in cui le parti possono stare in giudizio personalmente senza necessità di difesa tecnica (art. 23 c.p.a.)
Si può, di conseguenza, passare all’esame del merito dell’appello 7238/2017, unitamente al precedente (e identico) 7237/2017 e al successivo 7257/2017, che pone le medesime questioni di diritto.
XIII.1. La materia del contendere che accomuna i tre appelli ha, invero, ad oggetto le modalità di attribuzione del cd. premio di maggioranza alla lista o coalizione di liste collegate al sindaco eletto nei Comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, così come disciplinate dall’art. 73, comma 10, T.U.E.L. n. 267/2000, con particolare riferimento all’ipotesi - contemplata dal secondo periodo - di elezione del sindaco al turno di ballottaggio e verificatasi nella vicenda elettorale qui oggetto di giudizio, relativa alle elezioni per il rinnovo del sindaco e del consiglio comunale del Comune di Avezzano, svoltesi l’11 e 25 giugno 2017.
Tale norma testualmente recita che “ qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi. I restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate ai sensi del comma 8 ”.
Nei tre giudizi riuniti, costituisce oggetto di controversia tra le rispettive parti l’interpretazione della clausola ostativa al riconoscimento del premio alla lista o al gruppo di liste collegate al sindaco eletto, correlata al superamento al primo turno, da parte di altra lista o gruppo di liste, del 50% dei “voti validi”, confrontandosi sul punto:
- la tesi degli appellanti (posta dall’Ufficio Elettorale Centrale a base del provvedimento impugnato in primo grado), secondo cui la locuzione “voti validi” comprenderebbe tutti i voti assegnati, sia al primo che al secondo turno, ai candidati alla carica di sindaco;
- e la tesi dei ricorrenti in primo grado ed odierni appellati (fatta propria dal T.A.R. con la sentenza gravata), secondo cui, invece, la locuzione de qua farebbe riferimento ai soli voti validi espressi nel primo turno elettorale.
Dall’adesione all’una piuttosto che all’altra opzione interpretativa discendono decisive conseguenze sulla individuazione – tra gli appellanti, sostenitori del candidato sindaco dichiarato vincitore, o, all’opposto, tra gli originari ricorrenti, appartenenti alla coalizione di liste collegate al candidato sindaco non eletto – degli aventi diritto alla carica di consigliere comunale, per effetto, nel caso di accoglimento della tesi degli appellati e di conferma della sentenza impugnata, della redistribuzione, secondo i criteri proporzionali di cui al comma 8 del citato art. 73, dei seggi altrimenti “assorbiti” dal premio di maggioranza.
XIII.2. Tanto premesso, va subito evidenziato che gli appelli (ma, di riflesso ed in chiave oppositiva, anche le deduzioni difensive degli appellati), si articolano in una pluralità di argomenti, afferenti a diversi approcci ermeneutici (sino a culminare nella richiesta di deferimento al Giudice delle leggi della profilata questione di costituzionalità) volti, singolarmente e complessivamente, a dimostrare la correttezza interpretativa della tesi “ampliativa”, quanto al senso da attribuire alla locuzione “voti validi”.
Al riguardo, il Collegio deve sottolineare la decisività dell’esegesi letterale della disposizione, in quanto questo Consiglio ha già in passato affermato – a proposito delle norme di carattere elettorale dettate dal T.U. n. 267 del 2000 – che gli argomenti sistematici volti a privilegiare determinate esigenze di rango politico-amministrativo devono comunque cedere ai rilievi fondati su di una stretta interpretazione delle norme elettorali medesime: si veda, in tal senso, la sentenza Sezione V 03/05/2005, n. 2105, che si è così espressa a proposito di una questione coinvolgente sempre il secondo turno di ballottaggio e per certi versi analoga a quella qui sottoposta al Collegio, anche se focalizzata sull’esercizio della funzione di minoranza consiliare (là: provinciale), invece che sulle esigenze di governabilità e di una stabile maggioranza (qui: “del Sindaco”).
In entrambi i casi ne risulta implicata la dialettica maggioranza-minoranza all’interno di un organo elettivo e, dunque, la funzionalità istituzionale di quest’ultimo (non per caso, durante le discussioni orali - comuni ad identico contenzioso riguardante il Comune di Lecce - tanto in sede cautelare, quanto all’odierna udienza pubblica, da parte di molti difensori intervenuti è stata evocata l’immagine, cara a ordinamenti stranieri, dell’<anatra zoppa>): ebbene - a fronte di argomenti che invocavano l’esigenza di formazione di coalizioni in grado di preludere ad una maggiore omogeneità e compattezza della minoranza nel futuro consiglio provinciale per giustificare la prededuzione del seggio per il candidato presidente non eletto dai seggi complessivamente conquistati dai gruppi collegatisi al secondo turno - la richiamata sentenza n. 2105/2005 ha espressamente attribuito prevalenza al dato letterale dell’art. 75 TUEL.
A maggior ragione, poi, deve intendersi di stretta interpretazione l’inciso, che viene qui in rilievo, del secondo periodo del comma 10, riportato al precedente capo XIII.1, e cioè: “ sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi ).
Invero, tale inciso stabilisce un’eccezione (“ sempreché ”) alla regola generale dettata al primo periodo dello stesso secondo comma e per la quale: “ qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo turno, alla lista o al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, viene assegnato il 60 per cento dei seggi ”.
E come ogni disposizione di carattere eccezionale, anche questa deve essere di stretta interpretazione.
XIII.3. Ebbene, il dato testuale che qui si tratta di interpretare si presenta inequivoco sotto il profilo letterale, in quanto:
i) la prima parte del secondo periodo del comma 10 stabilisce, per l’appunto, la regola generale dell’attribuzione del premio di maggioranza (del 60%) al Sindaco proclamato eletto al secondo turno , ove la/e lista/e ad esso collegata/e non abbia/no già (cioè, letteralmente: in precedenza, il che, nel caso di specie, non può essere altro che al primo turno) conseguito almeno la stessa percentuale del 60% dei seggi;
ii) la seconda parte di tale periodo introduce l’eccezione della non attribuzione del premio di maggioranza nel caso in cui un diverso schieramento politico/elettorale (espresso da una lista singola o da più liste collegate al primo turno ) abbia già (di nuovo in precedenza, cioè storicamente prima del secondo turno di ballottaggio all’esito del quale il Sindaco è stato proclamato eletto) superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi ;
iii) lungi dal costituire un corpus unico, tale periodo si articola, quindi, in due autonome e distinte proposizioni, la seconda delle quali posta, peraltro, in funzione di (eventuale) eccezione alla prima e, dunque, tale da risultare necessariamente in sé conchiusa;
iv) in siffatto contesto, l’aggettivo medesimo non può che grammaticalmente riferirsi al “ primo turno ” che lo precede di sole quattro parole e che è l’unico ad essere menzionato nella specifica frase recante l’eccezione alla regola generale;inoltre, l’unico soggetto di quest’ultima frase è esclusivamente “la lista o il gruppo di liste” e, dunque, esclusivamente a tale soggetto occorre riferire il seguito della frase stessa, senza che in essa possano irrompere altri soggetti quali i “candidati sindaci” posti al centro della prima parte del secondo periodo del comma 10, in cui è definita la sola regola generale;
v) per le stesse ragioni, anche l’espressione voti validi non può che essere letteralmente e unicamente riferita al medesimo primo turno, il quale è l’unico ad essere preso in considerazione dalla frase che contempla l’eccezione de qua ;
vi) in conclusione, seguendo doverosamente il canone di stretta interpretazione nessuno “sconfinamento” dell’espressione “voto validi” può compiersi al di là del perimetro (primo turno) delimitato dalla disposizione eccezionale dettata dal legislatore nella seconda parte del secondo periodo del comma 10, sicché è da escludersi che essa possa essere intesa - in virtù di una, come si è visto, inammissibile interpretazione estensiva - come ricomprendente la sommatoria dei voti validi attribuiti, nei due turni, ai candidati sindaci.
XIII.4. La (stretta) interpretazione che precede ha trovato autorevole conferma in un passaggio (pur se costituente poco più di un obiter dictum ) contenuto nella pronuncia della Corte costituzionale n. 275/2014, ampiamente richiamata dall’appellata sentenza del Tar L’Aquila.
Invero, nel dichiarare l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale della legislazione trentina in tema di elezione degli organi delle amministrazioni comunali, il Giudice della leggi ha avuto modo - nella parte conclusiva del capo 3.1.2. in diritto della citata sentenza n. 275/2014 - di osservare testualmente che: “ Né vi è bisogno, in Trentino-Alto Adige, di escludere l'assegnazione del premio di maggioranza nel caso in cui un'altra lista o gruppo di liste abbia già superato, al primo turno, il 50 per cento dei voti validi, secondo quanto disposto dal medesimo art. 73, comma 10, del TUEL. Neppure questa evenienza, infatti, potrebbe verificarsi in mancanza di voto disgiunto ”.
Dunque, secondo il chiaro avviso della Corte, il suddetto comma 10 dispone inequivocabilmente che l’assegnazione del premio di maggioranza, in favore del rassemblement del Sindaco eletto al ballottaggio, non scatti in caso di superamento, al primo turno , del 50 per cento dei voti validi da parte di altro rassemblement .
XIII.6. Il che consente agevolmente al Collegio di non dare corso alla richiesta di proposizione della questione di costituzionalità della norma de qua , subordinatamente prospettata negli appelli nn. 7237 e 7238 del 2017, trattandosi di questione manifestamente infondata, stante che, nel trattare di detta norma, proprio la Corte Costituzionale non ha espresso sulla stessa dubbi di sorta e anzi ne ha fornito - seppur in via indiretta e per esigenze di compiutezza argomentativa - una piana interpretazione.
XIII.7. Del resto, è noto il costante indirizzo della stessa Corte, la quale (cfr. da ultimo il capo 6 in diritto della sentenza n. 35/2017) “ ha sempre riconosciuto al legislatore un'ampia discrezionalità nella scelta del sistema elettorale che ritenga più idoneo in relazione al contesto storico-politico in cui tale sistema è destinato ad operare, riservandosi una possibilità di intervento limitata ai casi nei quali la disciplina introdotta risulti manifestamente irragionevole (sentenze n. 1 del 2014, n. 242 del 2012, n. 271 del 2010, n. 107 del 1996, n. 438 del 1993, ordinanza n. 260 del 2002) .
E tale discrezionalità del legislatore si esercita maxime proprio in ordine alla esigenza di bilanciare i due valori concorrenti in ogni competizione elettorale: quello della governabilità e quello della rappresentatività, il primo dei quali qui insistentemente invocato da tutti gli appellanti a sostegno delle proprie argomentazione per così dire “sostanziali”.
Il che consente, altresì, di poter disattendere anche le suddette argomentazioni sostanziali e/o finalistiche.
XIII.8. Né può indurre a conclusioni diverse il ripetuto richiamo - operato specialmente dagli appellanti dei giudizi 7237 e 7238 del 2017 - alla sentenza di questa Sezione III, n. 2174 del 2017, in quanto detta pronuncia si rivela, ad una attenta lettura della complessiva vicenda processuale al culmine della quale è stata pronunciata, non pertinente, discutendosi in quella sede della computabilità nella nozione di “voti validi” - oltre che dei voti di lista - di quelli attribuiti (sempre al primo turno) ai candidati alla carica di sindaco (come agevolmente si evince dalla sentenza di primo grado: cfr. T.A.R. Marche, n. 593 del 28 ottobre 2016) e non venendo in rilievo la diversa questione, intorno alla quale ruota invece la presente controversia, relativa alla rilevanza ascrivibile ai voti espressi dagli elettori nel turno di ballottaggio.
E’ vero che la sentenza citata afferma (capo 5.1. in “diritto”) che < la peculiare legittimazione democratica che riviene al Sindaco dalla sua investitura diretta da parte del corpo elettorale (è) tale da escludere ogni distorsione del principio di rappresentanza per effetto della “valorizzazione”, ai fini che qui rilevano, del voti validi dallo stesso riportati nel turno di ballottaggio >: tuttavia, non solo le argomentazioni spese con la sentenza de qua appaiono riferibili esclusivamente alla questione della determinazione dei voti validi limitatamente al primo turno (come quella con la quale si afferma che < può ritenersi del tutto compatibile con il quadro costituzionale, in considerazione della possibilità di voto “disgiunto” al primo turno fra candidato Sindaco e liste collegate e della necessità di assicurare la governabilità dell’Ente locale al Sindaco democraticamente eletto, la previsione che assegna il premio di maggioranza sulla base dei voti validi conseguiti da quest’ultimo, e non solo dei voti riportati al primo turno dalle liste a questo collegate >), ma le stesse sono articolate in chiave meramente “confermativa” di un < pacifico e consolidato orientamento della giurisprudenza >(cfr. capo 5.2.), il quale, come si evince dalle sentenze che hanno concorso a formarlo, attengono appunto alla nozione di “voti validi” con esclusivo riferimento al primo turno elettorale.
Col che è da escludersi anche la ravvisabilità – allo stato – di orientamenti interpretativi difformi delle Sezioni del Consiglio di Stato sulla questione di cui si tratta e la conseguente necessità di deferirla all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, come pure prospettato nel corso della discussione orale “congiunta” dei “casi” Lecce e Avezzano, svoltasi all’odierna udienza pubblica.
XIV. Conclusivamente, i tre appelli riuniti sono da respingere.
Ne consegue l’improcedibilità della domanda - proposta in via subordinata dagli appellati D P, D F, F, G, L e V - tendente all’annullamento dell’atto di proclamazione degli eletti, nella parte in cui sono stati assegnati ai sig.ri E e C due seggi al consiglio comunale, con conseguente assegnazione di tali seggi in favore dei sig. ri L F e G L.
L’anzidetto esito soddisfa, altresì e all’evidenza, le esigenze sottese alle prospettazioni difensive svolte dai predetti appellati E e C.
Va, altresì, rilevato che la giurisdizione di merito attribuita al giudice amministrativo in subiecta materia (ex art. 134, comma 1, lett. b c.p.a.) legittima la Sezione, ai fini del compimento della necessaria attività rinnovatoria conseguente all’accoglimento dei ricorsi originari (anche in considerazione del carattere temporaneo degli organi elettorali), a nominare un Commissario ad acta , in persona del Prefetto della Provincia de L’Aquila, affinché assicuri la pronta e esatta adozione degli atti consequenziali alle decisioni di primo grado, qui confermate.
Quanto alle spese di lite, la sostanziale originalità dell’oggetto della controversia e le complesse implicazioni interpretative ad esso relative ne giustificano la compensazione tra tutte le parti.