Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-11-03, n. 202209602

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-11-03, n. 202209602
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202209602
Data del deposito : 3 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/11/2022

N. 09602/2022REG.PROV.COLL.

N. 09086/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9086 del 2019, proposto dal signor
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato G P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero della giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente sanzione disciplinare


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 settembre 2022 il Cons. Carla Ciuffetti, per le parti nessuno presente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La sentenza in epigrafe ha respinto il ricorso dell’interessato, assistente capo della Polizia penitenziaria in servizio presso la Casa circondariale di -OMISSIS-, diretto all’annullamento del decreto del Provveditore Regionale n. -OMISSIS-, con cui, a seguito della contestazione di grave negligenza in servizio, gli era stata irrogata la sanzione disciplinare della pena pecuniaria nella misura di 3/30 di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo ai sensi dell’art. 3, co. 2, lett. f), d.lgs. n. 449/1992.

2. L’appellante rappresenta in fatto che il procedimento disciplinare era stato avviato in base alla contestazione di “ aver inviato direttamente istanza di diffida ex art. 2 legge 241/90 con raccomandata A/R al Ministro della Giustizia, al Capo del Dipartimento e all’Istituto Penitenziario di -OMISSIS-, violando le disposizioni vigenti ed in particolare l’art. 9 D.P.R. 82/99, che prevede il rispetto della via gerarchica ”. Secondo l’interessato, il comportamento in questione non avrebbe potuto essere considerato come grave negligenza in servizio sia in quanto egli era “ da tempo oggetto di ingiuste vessazioni ” sia in quanto, all’epoca dei fatti, egli non era in servizio, ma in aspettativa per malattia.

In diritto l’appellante deduce, in sintesi, quanto segue.

2.1. Il primo motivo d’appello è rubricato “ omessa pronuncia. violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ai sensi dell’art. 112 c.p.c. omesso esame del punto controverso. travisamento ed erroneità dei presupposti di fatto e di diritto. mancanza assoluta di motivazione ”. Il Tar non avrebbe esaminato il primo motivo del ricorso di primo grado con cui si avversava la riconduzione del comportamento dell’appellante, da parte dell’Amministrazione, alla “ grave negligenza in servizio ”. L’omissione da parte del Tar di un esame concreto del comportamento del ricorrente porterebbe a ritenere la sussistenza di un travisamento dei presupposti di fatto e di diritto: infatti, l’interessato si sarebbe limitato ad esercitare il diritto di cui all’art. 2 della l. n. 241/1990 e ad inviare una diffida per sollecitare la conclusione dell’esame di un ricorso gerarchico avverso il rigetto della richiesta di esonero dallo svolgimento del servizio nelle ore notturne, “ senza voler in alcun modo violare l’art. 9 del D.P.R. 82/99, che prevede il rispetto della via gerarchica ”. L’atto in questione sarebbe stato trasmesso “ non solo all’organo emanante il diniego della richiesta di esonero dallo svolgimento del servizio nelle ore notturne avverso il quale proponeva ricorso gerarchico, ma (in assenza di specificazioni) anche agli organi immediatamente sovraordinati ”.

Un tale atto, posto in essere durante un periodo di aspettativa per malattia, non avrebbe potuto sostanziare una grave negligenza in servizio, né da esso sarebbe potuto derivare “ un serio pregiudizio allo svolgimento delle funzioni carcerarie ”, tale da giustificare la pena pecuniaria.

A ritenere “ implicita la qualificazione da parte del TAR adito della condotta del ricorrente quale ‘grave negligenza in servizio’ tale da considerare superflua una esplicita pronuncia in tal senso, la sentenza sarebbe comunque censurabile, avendo, in tale lontana ipotesi, il Giudice di prime cure, ritenuto erroneamente sussistenti i presupposti fattuali e giuridici che connotano la condotta qualificabile quale ‘grave negligenza in servizio’ ”.

2.2. Con il secondo motivo d’appello, rubricato “ difetto assoluto di motivazione. motivazione incompleta e apparente. irrazionalità, illogicità e contraddittorietà manifesta. violazione dell’art. 3 del c.p.a. e dell’art. 111, comma 6, della Costituzione ”, l’appellante censura la motivazione della sentenza impugnata in quanto “ apodittica, assertiva e tautologica ” laddove esclude la sussistenza di vizi logici nella scelta della sanzione disciplinare, richiamando sia l’orientamento giurisprudenziale circa la discrezionalità dell’Amministrazione nella scelta delle sanzioni disciplinari, sia la “ complessiva caratterizzazione del contegno tenuto dal ricorrente ”. Sussisterebbe un vizio di motivazione nella statuizione del Tar che “ si palesa inammissibile la deduzione ricorsuale finalizzata a prospettare come congrua la sanzione della censura in base all’art. 2, D.Lgs. n. 449/92, impingendo essa nella sfera valutativa riservata alla sola cognizione della p.a., salve le tassative ipotesi di giurisdizione estesa al merito .” Sarebbe del tutto mancante la motivazione del rigetto della censura di violazione dell’art. 16, d.lgs. n. 449/1992 e del diritto di difesa.

2.3. Sono riproposte le seguenti censure del ricorso di primo grado che si assumono “ non vagliate dal primo giudice ”:

a) “ Eccesso di potere per illogicità manifesta ed erroneità dei presupposti di fatto ed irragionevolezza della procedura valutativa degli stessi. Violazione ed erronea applicazione delle norme e dei principi generali del D. L.gvo n. 449/92 e del T.U. n. 3 del 1957. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, irrazionalità, illogicità, contraddittorietà, difetto di istruttoria. Eccesso di potere per illogicità, difetto di motivazione e sviamento dal fine. Violazione e falsa applicazione art. 3 L. 241/90 ”;

b) “ Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 del D. L.gvo n. 449/92. Violazione del principio di gradualità e proporzionalità. Eccesso di potere per violazione del principio di proporzionalità, logicità gradualità ed adeguatezza ”;

c) “ Eccesso di potere per violazione del diritto di difesa e dell’art. 24 della Costituzione. Eccesso di potere per violazione dell’art. 16 del D. L.gvo n. 449/92. Violazione e falsa applicazione della circolare n° 100673/legge 17 del 10/7/93 del 20/03/1998 n° 8601 legge 17 ”.

3. Il Ministero della giustizia si è costituito chiedendo il rigetto dell’appello.

4. La causa, chiamata all’udienza del 27 settembre 2022, è stata trattenuta in decisione.

5. La controversia in esame concerne la portata degli artt. 1 e 3, d.lgs. n. 449/1992 (“ Determinazione delle sanzioni disciplinari per il personale del Corpo di polizia penitenziaria e per la regolamentazione dei relativi procedimenti, a norma dell’art. 21, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395 ”).

L’art. 1, co. 1 stabilisce che “ L’appartenente al Corpo di polizia penitenziaria che viola i doveri specifici e generici del servizio e della disciplina indicati dalla legge, dai regolamenti o conseguenti alla emanazione di un ordine, commette infrazione disciplinare ” ed è soggetto alle sanzioni della censura ai sensi della lett. a), della pena pecuniaria ai sensi della lett. b), della deplorazione ai sensi della c), della sospensione dal servizio ai sensi della lett. d) e della destituzione ai sensi della lett. e).

Lo stesso art. 1, co. 2, dispone che “ Le predette sanzioni devono essere graduate, nella misura, in relazione alla gravità delle infrazioni ed alle conseguenze che le stesse hanno prodotto per l'Amministrazione o per il servizio ”.

Ai sensi dell’art. 3, co. 2, lett. f), la sanzione della pena pecuniaria, consistente “ nella riduzione in misura non superiore a cinque trentesimi di una mensilità dello stipendio e degli altri assegni a carattere fisso e continuativo ” è disposta in caso “ grave negligenza in servizio ”.

Nella fattispecie, tale disposizione ha trovato applicazione per la violazione dell’art. 9 d.P.R. n. 82/1999 ( Regolamento di Servizio del Corpo di Polizia Penitenziaria ) - rubricato “ Facoltà di rivolgersi ai superiori ” - che stabilisce che “ Il personale del Corpo di polizia penitenziaria può rivolgersi agli organi superiori, nel rispetto della via gerarchica ” (co. 1) e che “ Il personale ha diritto di consegnare scritti in pieghi sigillati al diretto superiore, che ne rilascia ricevuta e li inoltra immediatamente all’organo superiore cui sono diretti ” (co.2).

5.1. Il primo motivo d’appello deve essere considerato infondato.

Nella ricostruzione del fatto contenuta nella sentenza impugnata viene rilevato il comportamento dell’interessato, sostanziato dalla trasmissione al Ministro della giustizia, al Capo del D.A.P., al Provveditorato della Calabria e alla Direzione della Casa circondariale di appartenenza di un’istanza in cui “ il graduato, lamentando che da tempo subisse umiliazioni dal Direttore di -OMISSIS-, diffidava i destinatari, ai sensi dell’art. 2, L. n. 241/1990, a riformare, in pendenza di un ricorso amministrativo, la decisione dello stesso Dirigente di non esonerarlo dai turni notturni ”. Secondo il Tar, tale comportamento ha sostanziato il mancato rispetto della gradualità delle istanze da rivolgere ai superiori integrando la “ grave negligenza in servizio ” a causa de “ l’inosservanza degli stringenti e chiari obblighi di servizio stabiliti dall’art. 9, D.P.R. n. 82/1999 ”, da ritenere sussistenti anche nello stato di aspettativa per malattia in cui si trovava il ricorrente.

Tale statuizione consente di ritenere infondata la doglianza dell’appellante di omissione di pronuncia da parte del Tar sul primo di ricorso, sulla scorta della giurisprudenza secondo la quale “ il vizio di omessa pronuncia su un vizio del provvedimento impugnato deve essere accertato con riferimento alla motivazione della sentenza nel suo complesso, senza privilegiare gli aspetti formali, cosicché esso può ritenersi sussistente soltanto nell’ipotesi in cui risulti non essere stato esaminato il punto controverso e non quando, al contrario, la decisione sul motivo d'impugnazione risulti implicitamente da un'affermazione decisoria di segno contrario ed incompatibile .”(Cons. Stato , sez. VI, 6 maggio 2008, n. 2009;
cfr. sez. IV n.3458/2013).

Alla luce del contenuto dell’istanza in questione, che recava sia la domanda di “ revisione della decisione ” del superiore sulla richiesta di esenzione dai turni notturni - per cui “ le ben note esigenze di servizio ” non consentivano tale esenzione - sia una diffida con “ riserva di adire le vie legali ” nei confronti dei soggetti indicati in indirizzo, deve essere condivisa la ricostruzione fattuale e giuridica effettuata dal Tar, dalla quale non emerge il travisamento di cui l’appellante si duole.

Del resto, sotto il profilo della motivazione, il provvedimento disciplinare nelle premesse, parte “ considerato ”, illustrava il comportamento dell’interessato ritenendolo “ a pieno titolo ” rientrante nella fattispecie della grave negligenza in servizio;
sotto il profilo del lamentato difetto di istruttoria, sia il ricorso di primo grado che l’appello risultano carenti di idonea indicazione delle circostanze che sarebbero state trascurate.

La tesi dell’appellante per cui il comportamento posto in essere non avrebbe potuto essere ricondotto alla “ grave negligenza in servizio ” è supportato solo dal convincimento in merito alla “ vaghezza ” della fattispecie e, dunque, si risolve in una assertiva prospettazione soggettiva.

In merito al riferimento all’art. 2 l. n. 241/1990 contenuto nel gravame, si ritiene che il complessivo tenore dell’atto non consenta configurarlo come istanza di decisione del ricorso gerarchico presentato dall’appellante, che, comunque, avrebbe dovuto essere trasmessa ai sensi dell’art. 9 d.P.R. n. 82/1999. In ogni caso la difesa dell’Amministrazione rappresenta la circostanza, rimasta incontestata che, alla data dell’atto di diffida, non era trascorso il termine di 30 giorni dalla data di presentazione del ricorso gerarchico;
quindi tale atto era stato trasmesso, in violazione della prescrizione della via gerarchica, in pendenza del termine di decisione del ricorso.

5.2. Anche il secondo motivo d’appello deve essere considerato infondato.

Il primo giudice nel richiamare la giurisprudenza in tema di discrezionalità amministrativa nella scelta delle sanzioni disciplinari non ha escluso apoditticamente la sussistenza di vizi logici nell’atto impugnato - come prospetta l’appellante - ma ha fatto riferimento alla “ complessiva caratterizzazione del contegno tenuto dal ricorrente ”, già esaminato nell’ambito della valutazione del primo motivo di ricorso.

Non può darsi seguito alla censura della statuizione del Tar circa l’inammissibilità della prospettazione da parte del ricorrente di una sanzione alternativa a quella irrogata, individuata dall’interessato nella censura. Una tale prospettazione, infatti, impinge nel merito di valutazioni riservate all’Amministrazione ed esprime una valutazione meramente soggettiva da parte dell’appellante del rilievo disciplinare del proprio comportamento.

La censura della mancanza di motivazione del rigetto da parte del Tar della prospettazione della violazione dell’art. 16, d. lgs. n. 449/1992 e conseguente lesione del diritto di difesa è infondata in quanto nel punto 4.2. della sentenza impugnata si sottolinea che “ a fronte della richiesta del ricorrente datata 15.09.2012, rivolta al Direttore dell’istituto di -OMISSIS-, di comunicare alla Casa circondariale di -OMISSIS- il nominativo del proprio difensore in servizio presso tale istituto, lo stesso ricorrente ha ottenuto in pari data un riscontro, con cui si è correttamente rappresentato che l’incombenza non rientrava tra le competenze della Direzione, essendo prerogativa dell’incolpato quella di comunicare il nominativo del difensore al Consiglio di Disciplina, dandosi al contempo atto che la comunicazione era stata inoltrata al citato Consiglio, innanzi al quale egli avrebbe dovuto presentarsi. Non si ravvisa pertanto la prospettata compressione del diritto di difesa, in considerazione, peraltro, del compiuto contraddittorio sviluppatosi in pendenza del procedimento disciplinare ”.

Infatti, la nota della Casa Circondariale n. 12784/2012 rappresentava che quanto chiesto dall’interessato in data 15 settembre 2012 non rientrava “ in assoluto fra le competenze della direzione ritenendosi la nomina e successive notifiche al Consiglio regionale di Disciplina atto di esclusiva competenza oltre che prerogativa all’incolpato ”. Dunque, l’appellante avrebbe dovuto attivarsi ai fini di detta comunicazione, tanto più che - come nota la difesa dell’Amministrazione che sottolinea che la mancata comunicazione del difensore avrebbe dovuto essere attribuita al comportamento omissivo dell’interessato - il procedimento disciplinare era stato più volte rinviato.

Inoltre va notato che è rimasta incontestata la considerazione del Tar circa il “ compiuto contraddittorio sviluppatosi in pendenza del procedimento disciplinare ”.

5.3. Quanto sopra esposto consente di ritenere infondato l’assunto con cui l’appellante ha riproposto i motivi del ricorso di primo grado, cioè la mancanza di vaglio da parte del primo giudice, e di considerare assorbito l’esame di tali motivi dall’infondatezza delle censure proposte con il gravame.

6. In conclusione, l’appello deve essere respinto.

Il regolamento delle spese del grado di giudizio, liquidate nel dispositivo, segue la soccombenza.

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