Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-02-03, n. 201500513

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-02-03, n. 201500513
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201500513
Data del deposito : 3 febbraio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08658/2010 REG.RIC.

N. 00513/2015REG.PROV.COLL.

N. 08658/2010 REG.RIC.

N. 01933/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8658 del 2010, proposto dalla Regione Liguria, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati M S e G P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G P in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14a/4;

contro

SIVA - Società Idrominerali Vallefredda s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore e legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati P P e F P con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F P in Roma, viale M. Pilsudski, n.118;



sul ricorso numero di registro generale 1933 del 2011, proposto dalla Regione Liguria, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati M S e G P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G P in Roma, viale Giulio Cesare, n.14;

contro

SIVA - Società Idrominerali Vallefredda s.r.l. in liquidazione, in persona del liquidatore e legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati P P e F P, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F P in Roma, via Bazzoni, n. 3;

per la riforma

quanto al ricorso n. 8658 del 2010:

della sentenza del T.a.r. Liguria – Genova, Sezione I n. 3830 del 1°giugno 2010;

quanto al ricorso n. 1933 del 2011:

della sentenza del T.a.r. Liguria – Genova, Sezione I n. 10721 del 1°dicembre 2010;


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio e gli appelli incidentali della società SIVA s.r.l. in liquidazione;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2014 il Consigliere Doris Durante;

Uditi per le parti l’avvocato G P e l’avvocato Emanuela Paoletti su delega dell'avvocato F P;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con il ricorso in appello n. 8658 del 2010, la Regione Liguria ha impugnato la sentenza parziale del TAR Liguria n. 3830 del 1°giugno 2010, con la quale il TAR, in parziale accoglimento del ricorso n. 875 del 2002 proposto da SIVA - Società Idrominerali Vallefredda s.r.l. in liquidazione (d’ora innanzi, solamente S), accertava la natura non pertinenziale alla concessione mineraria per lo sfruttamento della sorgente di acqua minerale “Madonna della Guardia” dei fabbricati destinati a imbottigliamento ed uffici, condannando la Regione Liguria alla loro restituzione e rinviando la pronuncia sulla domanda risarcitoria all’esito dell’istruttoria che poneva a carico della Regione Liguria per acquisire tutti gli atti adottati dopo la dichiarazione di decadenza della s.r.l. S dalla concessione mineraria.

2.- Con ricorso in appello rubricato al n. 1933 del 2011 del ruolo generale, la Regione Liguria ha impugnato la sentenza del TAR Liguria n. 10721 del 1°dicembre 2010, con la quale il TAR, definitivamente pronunciando sul ricorso n. 875 del 2002 proposto dalla s.r.l. S, lo accoglieva parzialmente e condannava la Regione Liguria a pagare in favore della società a titolo di risarcimento una somma da determinarsi secondo i criteri indicati in sentenza. Condannava la Regione Liguria al pagamento di parte delle spese di giudizio (euro 8.000,00) e per il resto le compensava.

3.- S s.r.l. in liquidazione si costituiva in giudizio e proponeva appello incidentale in entrambi i ricorsi per la riforma delle sentenze limitatamente ad alcune statuizioni.

Le parti depositavano memorie difensive e di replica e alla pubblica udienza del 25 novembre 2014, i giudizi sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

4.- Gli appelli numeri 8658 del 2010 e 1933 del 2011 vanno riuniti, per essere decisi con un’unica sentenza, attesa la connessione soggettiva e per materia.

5.- Oggetto del giudizio.

Il giudizio verte sulla domanda restitutoria – previo accertamento della natura non pertinenziale al giacimento minerario - di due unità immobiliari di proprietà della s.r.l. S, da essa utilizzate nell’ambito dell’attività di sfruttamento del giacimento di acqua minerale denominato “Madonna della Guardia” sito nei Comuni di Genova e Ceranesi da cui la società, che ne aveva la concessione, era stata dichiarata decaduta (con deliberazione di giunta regionale n. 1996 del 14 giugno 1996 era stata assegnata alla società S la concessione mineraria in questione, ma nell’anno 2000, con deliberazione n. 1489 del 28 dicembre 2000, la Regione aveva dichiarato la decadenza della società dalla concessione, perché nell’anno 1999 la società S era stata posta in liquidazione).

Nel giudizio si inserisce anche la domanda risarcitoria per i danni conseguenti al mancato godimento dei suddetti beni immobili per il periodo di possesso da parte della Regione, nonché per la mancata restituzione dei beni pertinenziali al giacimento di acqua minerale e per il ritardo della Regione nell’assumere decisioni sulla gestione del giacimento con conseguente ritardo nella restituzione dei beni pertinenziali.

Era accaduto che la Regione Liguria, divenuta definitiva la disposta decadenza della s.r.l. S dalla concessione - il ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto da S era stato respinto - e non avendo la società provveduto spontaneamente alla restituzione del giacimento e delle sue pertinenze, procedeva forzatamente all’immissione in possesso della fonte e dei beni pertinenziali, ed apprendeva anche due fabbricati, l’uno destinato all’imbottigliamento e l’altro a deposito ed uffici di cui è contestata la natura pertinenziale.

Avviava, poi, trattative – non andate a buon fine - con soggetti terzi per l’affidamento della concessione mineraria.

6 - Giudizio di primo grado.

6.1- Con il ricorso al TAR Liguria iscritto al n. 875 del 2002, integrato da motivi aggiunti, la s.r.l. S in liquidazione, dopo l’immissione in possesso e la redazione dello stato di consistenza dei beni appresi dalla Regione, proponeva domanda di accertamento della natura non pertinenziale del fabbricato destinato a stabilimento di imbottigliamento e dello stabilimento (capannone) destinato a deposito e uffici e di condanna della Regione Liguria alla loro restituzione e al risarcimento dei danni ad essa causati dallo spoglio subito ad opera della Regione.

6.2- IL TAR Liguria con la sentenza n. 3830 del 1°giugno 2010, dopo approfondita istruttoria a mezzo accertamento tecnico, accoglieva il ricorso della S quanto alla domanda di accertamento e dichiarava la natura non pertinenziale “ dei fabbricati destinati a stabilimento di imbottigliamento ed uffici individuati con le lettere A e B nella planimetria allegata alla relazione tecnica del geometra B 24 aprile 2001” e condannava la Regione Liguria alla restituzione degli stessi.

Quanto alla domanda risarcitoria relativa sia al danno da illegittima apprensione dei beni non pertinenziali, sia al danno da ritardo nell’assunzione delle determinazioni sulla sorte del procedimento, disponeva istruttoria e fissava l’ulteriore trattazione all’udienza pubblica del 4 novembre 2010.

6.3- All’esito dell’istruttoria, il TAR Liguria, con la sentenza n. 10721 del 1°dicembre 2010 si pronunciava in via definitiva sulla domanda risarcitoria, accogliendola in parte.

In sentenza si assumeva che l’azione risarcitoria di S era costituita da due distinte domande:

a) l’una con cui si fa valere il danno da illegittima apprensione dei beni non costituenti pertinenze minerarie, nonché il danno derivante dalla mancata custodia dei beni illegittimamente detenuti;

b) l’altra con cui si fa valere il diritto al risarcimento dei danni derivanti dalla mancata assunzione delle decisioni relative alla sorte del giacimento con conseguente mancata restituzione dei beni aventi natura pertinenziale, ovvero, alternativamente, con riferimento alla mancata corresponsione dell’indennizzo da parte del nuovo concessionario.

6.4- Quanto alla domanda sub a), il TAR la riteneva in parte fondata, conseguendo il danno all’accertata apprensione di beni non costituenti pertinenze minerarie, essendo conforme all’ id quod plerum accidit, che la sottrazione di un bene ad un soggetto provochi a quest’ultimo un danno derivante dalla privazione del godimento stesso.

Liquidava tale danno, consistente nel mancato godimento dei beni dal momento dell’apprensione a quello della restituzione, in mancanza di più puntuale prova della possibilità di sfruttamento economico dei beni, assumendo quale valore base il valore di mercato e applicando ad esso il tasso di interesse legale, da ritenersi quale presumibile e normale indice di redditività dell’immobile.

Tale operazione prendeva a parametro di riferimento la perizia di stima dell’Agenzia del territorio – ufficio provinciale di Genova, resa con nota del 27 febbraio 2004, n. 3790 relativa all’immobile (A) destinato all’imbottigliamento e utilizzando lo stesso valore (in termini di valore al metro quadrato) determinava il valore dell’immobile (B) destinato a deposito e uffici (sulla base della consistenza dello stesso come risultante dalla perizia del geometra B), previa attualizzazione del valore.

In ordine alla quantificazione del danno il TAR in applicazione dell’articolo 34, comma 4 del d. lgs. n. 104 del 2010, disponeva che entro 60 giorni dalla comunicazione della sentenza, l’amministrazione avrebbe dovuto pagare alla ricorrente una somma determinata con i criteri indicati in sentenza.

6.5- La domanda risarcitoria sub b), relativa alla mancata assunzione delle decisioni relative alla sorte del giacimento con conseguente restituzione dei beni pertinenziali, ad avviso del TAR era infondata, perché la ricorrente aveva di fatto ostacolato ogni iniziativa della Regione volta ad individuare un nuovo concessionario, sia tramite gara ad evidenza pubblica che per assegnazione diretta, sicché dovrebbe imputare a se stessa l’asserita mancanza di decisioni sulla sorte della miniera e perché la ricorrente, titolare di un mero interesse legittimo, a fronte dell’inerzia dell’amministrazione non avrebbe sollecitato le decisioni attraverso la procedura del silenzio.

7.- Giudizio di appello.

7.1- La Regione Liguria con atto di appello rubricato al n. 8658 del 2010, impugnava la sentenza del TAR Liguria n. 3830 del 1°giugno 2010, assumendone l’erroneità per errore in fatto e diritto, alla stregua dei seguenti motivi:

a) errore in fatto, in quanto la Regione non sarebbe mai entrata nel possesso del fabbricato indicato con la lettera B) nella planimetria allegata alla perizia del geometra B, piccolo fabbricato non accatastato e non autorizzato, oggetto di domanda sanatoria tuttora pendente ed utilizzato a deposito. A sostegno dell’assunto produceva il verbale di redazione dello stato di consistenza effettuato il 27 maggio 2001 e la relativa relazione, dai quali si evincerebbe che il cambio di serratura avrebbe riguardato solo lo stabilimento di imbottigliamento e non altri immobili;

b) erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’articolo 22 della legge regionale 11 agosto 1977, n. 33 in relazione al regio decreto 29 luglio 1927, n. 1443, in quanto lo stabilimento di imbottigliamento sarebbe strettamente connesso con l’esercizio delle fonti da non potersi separare senza spezzare un complesso organico industrialmente unico, sicché andrebbe considerato bene pertinenziale;

c) erroneità della sentenza in ordine alla ammissibilità dei motivi aggiunti;
perplessità, illogicità, carenza di motivazione, in quanto con i motivi aggiunti sarebbe stato sostanzialmente modificato il petitum e la causa petendi rispetto alla domanda introduttiva volta alla declaratoria di illegittimità dell’apprensione dello stabilimento e al pagamento dell’indennità di esproprio, mentre con i motivi aggiunti sarebbe stata chiesta la restituzione dei suddetti beni e la condanna alla loro restituzione e al risarcimento dei danni.

7.2- Con appello incidentale S impugnava la suddetta sentenza n. 3830 del 1°giugno 2010, limitatamente alla statuizione resa sulla non sanzionabilità della protratta apprensione dei beni pertinenziali, in quanto scelta riservata alla discrezionalità dell’ente e alle valutazioni tecniche di quest’ultimo circa la residua utilità dei beni e sul riconoscimento al proprietario dei beni pertinenziali del risarcimento del solo danno derivante da ritardo nell’assunzione della determinazione relativa alla sorte del giacimento, che comunque respingeva nel merito.

Assumeva l’appellante incidentale che in mancanza di sfruttamento della fonte andrebbe disposta la restituzione anche dei beni pertinenziali con conseguente diritto al risarcimento del danno per il periodo di illegittima apprensione.

Deduceva all’uopo i vizi di violazione e falsa applicazione dell’articolo 6, lettera t) della legge n. 833 del 1978;
violazione della legge regionale n. 33 del 1977;
violazione dell’art. 2 del d. lgs. n. 105 del 1992 e del d.m. n. 542 del 1992.

7.3- Con atto di appello n. 1933 del 2011, la Regione Liguria impugnava la sentenza definitiva n. 10721 del 1°dicembre 2010, assumendone l’erroneità in fatto e diritto alla stregua dei seguenti motivi:

a) erroneità derivata da vizi della sentenza n. 3830 del 1°giugno 2010 sia con riferimento al possesso del fabbricato utilizzato a deposito, sia con riferimento alla individuazione dei beni pertinenziali;

b) erroneità per vizi propri, in quanto:

b.1) la prospettazione contenuta in sentenza, di individuazione di due distinte domande risarcitorie, non corrisponderebbe alla configurazione della domanda proposta dalla società riferita ai danni da mancato godimento degli immobili ed ai danni da difettosa custodia;

b.2) il riconoscimento dell’esistenza del danno su base presuntiva e non sulla prova rigorosa nel rispetto del principio generale di cui all’articolo 2697 cod. civ., avrebbe comportato la liquidazione del danno in misura difforme e superiore a quanto spettante secondo legge;

b.3) non sarebbe stato considerato, nell’ambito dell’elemento soggettivo dell’illecito, l’errore scusabile nella individuazione dei beni pertinenziali;

b.4) sarebbe errato il sistema di calcolo del danno, anche con riferimento alla consistenza dell’immobile sub B), in parte conteggiato in relazione all’immobile sub A) e per non aver preso in considerazione gli esborsi che in via di compensazione vanno riconosciuti ai possessori.

7.4- La s.r.l. S oltre a contestare in fatto e diritto le censure dedotte dalla Regione Liguria, proponeva appello incidentale per la riforma della sentenza n. 10721 del 1°dicembre 2010, in relazione alle statuizioni rese sulla domanda risarcitoria, quanto ai seguenti punti:

a) criterio di liquidazione del danno, perché in violazione dell’articolo 34 della l. regione Liguria n. 33 del 1977 e dell’articolo 2043 del codice civile;

b) mancata considerazione dei danni prodotti agli immobili per il degrado a causa dell’incuria nel periodo di illegittima detenzione da parte della Regione, con conseguente violazione degli articoli 590, 1588 e 2043 cod. civ.;

c) mancato riconoscimento del danno derivante dalla tardiva assunzione da parte della Regione di decisioni sulla sorte del giacimento con conseguente ritardo nella restituzione dei beni pertinenziali e conseguente violazione e falsa applicazione dell’articolo n. 1227 cod. civ. e dell’articolo 30, comma 4 del d. lgs. n. 104 del 2010.

8.- La sezione con ordinanza istruttoria n. 2428 del 1°aprile 2014 disponeva verificazione al fine di accertare l’apprensione da parte della Regione del fabbricato destinato a deposito – uffici di proprietà S, contraddistinto con la lettera B) nella planimetria allegata alla relazione del geometra Bonazinga del 24 aprile 2001.

9.- All’esito della verificazione, sulla precisazione delle parti, gli appelli sono stati assunti in decisione.

10.- Il ricorso in appello n. 8658 del 2010 è infondato e va respinto.

10.1- La questione principale su cui è incentrato il relativo giudizio riguarda la sussistenza o meno del rapporto di pertinenza con il giacimento di acqua minerale del capannone di imbottigliamento e di quello destinato a deposito e uffici.

Secondo la Regione appellante, il giudice di primo grado avrebbe errato nel ritenere che detti immobili non costituissero pertinenze della fonte di acqua minerale.

10.1- L’assunto della Regione è infondato.

10.2- Il concetto di pertinenza mineraria è fissato dal combinato disposto degli articoli 23 e 43 del Regio Decreto n. 197 del 1942 (legge mineraria).

L’articolo 23 dispone che “ sono pertinenze della miniera gli edifici, gli impianti fissi interni o esterni, i pozzi, le gallerie, nonché i macchinari, gli apparecchi e utensili destinati alla coltivazione della miniera, le opere e gli impianti destinati all’arricchimento del minerale ”.

L’articolo 43 specifica che “ La miniera che fu oggetto di rinuncia o di decadenza può essere nuovamente concessa. Il nuovo concessionario ha diritto di servirsi delle opere degli impianti e delle altre pertinenze necessarie alla coltivazione della miniera. Può altresì ritenere gli oggetti destinati alla coltivazione che possano essere separati senza pregiudizio della miniera, purché ne corrisponda il prezzo al concessionario precedente… ”.

E’, quindi, indubbio che, affinché un bene prestato al servizio di una risorsa mineraria possa essere considerato una pertinenza della medesima, è necessario che il suo rapporto con la cosa principale rivesta i caratteri della necessità e non, invece, della mera utilità, come è per l’accezione civilistica della pertinenza.

Quindi, è pertinenza della fonte mineraria il bene che non arrechi al proficuo sfruttamento del giacimento una mera utilità, ma che si ponga come elemento necessario alla risorsa affinché ne sia consentito lo sfruttamento, ovvero che formi con la cosa principale un’unione strutturale trovandosi con la medesima in un reale rapporto di servizio immediato e attuale.

In base a tali criteri normativi, deve escludersi che costituissero pertinenze della fonte oggetto della concessione mineraria, i capannoni adibiti dalla s.r.l. S all’attività di imbottigliamento, allo stoccaggio di bottiglie vuote e piene e a sede degli uffici amministrativi.

L’attività di imbottigliamento e quella di stoccaggio sono, infatti, attività indipendenti ed ulteriori anche sul piano logico a quella di sfruttamento della fonte e soggette ad una disciplina propria e specifica, in quanto mere attività industriali.

Anche la disciplina in materia di sfruttamento delle acque minerali dettata dalla Regione Liguria (legge regionale n. 33 del 1977) all’articolo 22 stabilisce che “ Costituiscono pertinenze tutti gli impianti fissi interni ed esterni per la captazione e condotta dell’acqua nonché le vasche, gli impianti, le opere e le attrezzature necessarie per la conservazione del fango, con esclusione delle attrezzature e degli impianti esclusivamente alberghieri e sanitari. Costituiscono altresì pertinenza i beni indicati dall’articolo 23, 1°comma del R.D. 29 luglio 1927, n. 1443 e non previsti nel precedente comma ”.

Ne consegue che correttamente nella sentenza impugnata è stato escluso il rapporto pertinenziale con la fonte di acqua minerale, dello stabilimento destinato ad imbottigliamento e del capannone usato per deposito e uffici, non rilevando, ai fini del rapporto pertinenziale, il collegamento che il titolare della concessione mineraria abbia creato tra detti immobili con la concessione per lo sfruttamento delle acque.

10.3- Assume, invero, la Regione appellante di non aver mai contestato la natura non pertinenziale del capannone destinato a deposito e uffici, individuato con la lettera B) nella planimetria allegata alla relazione del geometra B, sicché erroneamente in sentenza sarebbe stato considerato tra quelli oggetto degli obblighi restitutori.

La verificazione disposta da questa sezione sulla specifica questione ha accertato che dal mese di maggio del 2002, l’amministrazione regionale ha appreso i beni di proprietà della s.r.l. S rientranti nel comparto interessato dalla concessione mineraria per lo sfruttamento della sorgente d’acqua “Madonna della Guardia” ed in particolare i due edifici l’uno destinato all’imbottigliamento, l’altro un capannone utilizzato come deposito che sono, come detto, di piena ed esclusiva proprietà della società S ed estranei al rapporto di concessione mineraria.

La Regione, infatti, ha chiuso l’unico cancello di ingresso al comparto industriale, ha conservato le chiavi presso la propria sede e condizionato l’accesso del concessionario decaduto al previo assenso della Regione e all’accompagnamento da parte di propri organi di volta in volta incaricati.

Tanto risulta dal verbale di immissione coattiva in possesso depositato in giudizio.

Ne consegue che la circostanza evidenziata dalla Regione, circa la mancata apprensione del capannone come bene pertinenziale perde ogni consistenza, poiché al di là della effettiva volontà di acquisire o meno tale unità immobiliare come bene pertinenziale, sta di fatto che la chiusura dell’unico cancello che consentiva l’accesso all’intero comparto industriale impediva alla società di godere liberamente dell’immobile del quale anche la Regione concorda nella mancanza di rapporto pertinenziale con la concessione mineraria.

10.4- Assume la Regione, di aver avvisato S della custodia delle chiavi presso di sé e della disponibilità a far accedere la stessa al complesso, anche a mezzo fax e raccomandate allegate alla memoria inviata al verificatore.

La circostanza rappresentata non fa che rafforzare il convincimento che S aveva perso la disponibilità dei suddetti beni, non essendo in possesso delle chiavi e potendo accedervi solo tramite la disponibilità della Regione.

10.5- E’ al contrario significativa al fine di escludere la mora del debitore e limitare la misura del danno lamentato da S, l’offerta formale e reale delle chiavi per accedere al capannone avvenuta con nota del 16 luglio 2004, non rilevando in contrario che la società non le abbia ritirate, opponendo che non avrebbe potuto accedervi se non attraversando i beni pertinenziali del complesso minerario, non essendole stato in alcun modo precluso il passaggio per accedere al capannone.

10.6- Non ha pregio la tesi della Regione, secondo la quale, in corso di causa, sarebbe mutata la domanda di S, che a mezzo lo strumento dei motivi aggiunti, avrebbe sostanzialmente modificato il petitum e la causa petendi rispetto alla domanda introduttiva volta alla declaratoria di illegittimità dell’apprensione dello stabilimento e al pagamento dell’indennità di esproprio, introducendo la domanda restitutoria.

La domanda restitutoria e quella risarcitoria sono, infatti, la normale conseguenza della declaratoria della domanda di illegittimità dell’apprensione dei beni non pertinenziali.

Per le ragioni esposte l’appello n. 8658 del 2010 deve essere respinto.

11.- Il ricorso di appello n. 1933 del 2011 è parzialmente fondato, nei sensi e nei limiti di cui di seguito.

11.1- In via generale quanto alle contestazioni della regione appellante sulla infondatezza della domanda risarcitoria di S, non può che confermarsi quanto affermato in sentenza sulla fondatezza della domanda risarcitoria relativamente ai danni derivanti dall’accertata illegittima sottrazione alla società degli immobili (manufatto destinato all’imbottigliamento e capannone destinato a deposito e uffici) di cui non sussisteva rapporto pertinenziale con la concessione mineraria.

11.2- E, invece, fondata la doglianza della Regione in relazione alla liquidazione del danno.

Nella sentenza impugnata, nel fissare i criteri di liquidazione del danno ed in particolare il periodo di illegittima detenzione dei beni da parte della Regione cui è commisurato l’utile risarcito, non si considera che tale periodo per l’immobile destinato a deposito e uffici è cessato con la formale consegna delle chiavi avvenuta con nota del 16 luglio 2004, non rilevando in contrario che la società non abbia ritirato le chiavi.

Infatti, ai sensi dell’articolo 1206 e seguenti del codice civile, il creditore che senza motivo legittimo non riceva il pagamento offertogli nei modi di legge è in mora e non gli spettano né gli interessi, né i frutti della cosa.

Quanto agli effetti della mora, essi si verificano dal giorno dell’offerta.

Per il resto, relativamente alla consegna dello stabile utilizzato per l’imbottigliamento, la cui restituzione è avvenuta nel 2010, dopo la sentenza parziale del TAR, la sentenza impugnata va confermata.

11.3- In ordine al metodo di liquidazione del danno, il percorso motivazionale del TAR che ha fatto riferimento alla normale redditività degli immobili calcolata attraverso il tasso di interesse legale prendendo a base il valore di mercato come stimato dall’Agenzia del Territorio nel 2004 e attualizzato, deve ritenersi corretto, essendo mancata una più puntuale dimostrazione dei frutti e di altra utilità perduta.

11.4- Pretestuose sono le ulteriori doglianze della Regione sulla duplicazione della consistenza dell’immobile sub B) che – ad avviso dell’appellante, in parte sarebbe stato conteggiato in uno con l’immobile sub A) e per non essere stati presi in considerazione gli esborsi che in via di compensazione vanno riconosciuti ai possessori.

Di tali doglianze non vi sono elementi probatori, sicché vanno ritenute inammissibili per genericità.

In conclusione l’appello n. 1933 del 2011, salvo quanto detto in ordine al criterio di liquidazione del danno, per il resto è infondato.

12.- Sono infondati e vanno respinti gli appelli incidentali proposti dalla s.r.l. S in entrambi i giudizi di appello, con i quali lamenta in sostanza che:

a) con riferimento ai beni pertinenziali, il TAR avrebbe erroneamente rigettato la domanda, ritenendo che la protratta apprensione di detti beni sarebbe scelta riservata alla discrezionalità dell’ente e alla sue valutazioni tecniche circa la residua utilità, non accordando di conseguenza né tutela restitutoria, né tutela risarcitoria;

b) con riferimento alla liquidazione del danno non si sarebbe tenuto conto del valore locatizio degli immobili e dei danni subiti dagli immobili medesimi durante l’illegittima detenzione.

12.1- In ordine ai criteri adottati dal TAR per la liquidazione del danno, essi sono corretti, salvo quanto detto sopra.

Il criterio prospettato da S con l’appello incidentale, secondo cui ai fini del calcolo si dovrebbe fare riferimento al valore locatizio degli immobili, non può essere accolto, non essendo stata fornita alcuna prova di concrete possibilità di locazione dei suddetti immobili e dei correnti canoni locatizi per immobili identici.

Quindi correttamente in sentenza il calcolo è stato effettuato in base al valore di mercato e sulla redditività attraverso il tasso di interesse legale che rappresenta la commisurazione equitativa dei frutti civili.

12.2 - La domanda risarcitoria per difetto di custodia - riproposta con appello incidentale – va respinta sia perché non è stata fornita prova di tali danni, sia perché vi è la prova che gli immobili furono idoneamente custoditi mediante serrature e lucchetti.

12.3- Quanto al ritardo nella restituzione alla società dei beni pertinenziali alla concessione mineraria, la società non può dolersi, come correttamente evidenziato nella sentenza impugnata, della asserita lentezza della Regione nel disporre l’assegnazione ad altri del giacimento, atteso il comportamento tenuto dalla società che ha ostacolato ogni iniziativa della Regione, danneggiando anche se stessa, in quanto ove la concessione fosse stata assegnata a terzi, avrebbe percepito l’indennità dovutale dall’eventuale nuovo concessionario per l’uso dei beni pertinenziali di sua proprietà.

12.4- La circostanza che la sorgente abbia perso le qualità e non sia più suscettibile di sfruttamento, è questione estranea al presente giudizio, fermo restando il potere della società di provocare nelle forme rituali l’accertamento della estinzione per fatto naturale del giacimento minerario che le consenta di rientrare in possesso anche dei beni pertinenziali.

13.- In conclusione, quanto agli appelli principali, l’appello n. 8658 del 2010 deve essere respinto mentre l’appello n. 1933 del 2011 deve essere accolto limitatamente ai criteri per la liquidazione del danno dovuto alla s.r.l. S per il subito spoglio da parte della Regione Liguria di beni estranei al rapporto pertinenziale con il giacimento minerario, che va commisurato per quanto riguarda il capannone per uso deposito e uffici al periodo che va dalla immissione in possesso all’offerta formale delle chiavi avvenuta in data 16 luglio 2004.

Vanno respinti gli appelli incidentali della s.r.l. S.

Il compenso per la verificazione disposta da questa sezione con l’ordinanza n. 2428 del 1°aprile 2014 va posto a carico della Regione Liguria e va liquidato in euro 3.000,00.

Le spese di questo grado di giudizio vanno compensate tra le parti.

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