Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-12-20, n. 202311060

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-12-20, n. 202311060
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202311060
Data del deposito : 20 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 20/12/2023

N. 11060/2023REG.PROV.COLL.

N. 08587/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8587 del 2022, proposto da
G G, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Vetro', con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Luigi Bellotti Bon 10;

contro

Comune di Fasano (Br), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato O C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Regione Puglia, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione staccata di Lecce (Sezione Prima) n. 00523/2022, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Fasano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 novembre 2023 il Cons. Marco Valentini e uditi per le parti gli Avv.ti Francesco Vetrò e Gianfranco Torino, per delega dell'Avv. O C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Avanti il giudice di prime cure l’originario ricorrente, odierno appellante, ha chiesto l’annullamento:

-dell'atto del Comune di Fasano prot. n. 65475 del 29 novembre 2021;

-ove occorra, della nota prot. n. 2082 del 1 febbraio 2021 della Regione Puglia;

-ove occorra, della nota prot. n. 70704 del 24 dicembre 2021 del Comune di Fasano;

-di ogni altro atto presupposto, consequenziale o comunque connesso, nonché per l'accertamento del diritto del ricorrente ad ottenere il formale rilascio del titolo demaniale sino al 31 dicembre 2033.

Come si evince dagli atti di causa e dalla sentenza impugnata, l’originario ricorrente risultava titolare della concessione demaniale marittima n. 1/2017, avente ad oggetto “ un’area demaniale della superficie di mq. 56,95 […] allo scopo di mantenere un locale su due livelli di mq. 30,50 ed un’area asservita di mq 26,45, ad uso diverso dal turistico ricreativo, ovvero per deposito attrezzi da pesca” .

rilasciata dal Comune di Fasano in data 7 marzo 2017 e i cui effetti sono cessati in data 31 dicembre 2020.

Con atto di subingresso n. 3 del 30 aprile 2008, il Comune di Fasano ‘volturava’ la concessione demaniale, in precedenza data in concessione al sig. A C, che svolgeva attività di pescatore amatoriale non in forma imprenditoriale, in favore dell’odierno ricorrente, esercitante la medesima attività.

Con la concessione n. 1/2017 l’amministrazione comunale prorogava la predetta concessione demaniale, ad uso diverso dal turistico-ricreativo, sino al 31 dicembre 2020, ai sensi dell’art. 1, comma 18, del d. l. n. 194/2009.

A fronte della richiesta del ricorrente di applicare l’art. 1, comma 682, della legge n. 145/2018, il Comune di Fasano ha ritenuto che sarebbe stato necessario essere titolare di un’attività produttiva quale condizione ineludibile per accedere alle previsioni di proroga previste nella predetta norma.

In sede di impugnazione, il ricorrente ha dedotto plurimi motivi.

Il TAR adito, nel respingere il ricorso, ha escluso che la concessione demaniale marittima oggetto della controversia possa farsi rientrare nell’ambito di applicazione della legge n. 145 del 2018.

Secondo il TAR, deve essere pure esclusa l’applicabilità dell’art. 100, comma 1, del d.l. n. 104/2020, riguardante la proroga di tutt’altra tipologia di concessioni demaniali marittime diversa da quella per cui è causa, che concerne un immobile per mero uso deposito attrezzi da pesca.

In giudice di prime cure ha anche ritenuto insussistente la lamentata lesione del legittimo affidamento, nonché la pure asserita violazione, da parte dell’amministrazione comunale, dell’art. 97 Cost.. Per converso, il TAR ha ritenuto sul punto che l’evocata norma costituzionale sarebbe violata proprio dalla proroga automatica della concessione, sia per il difetto, in capo al ricorrente, del requisito soggettivo, sia perché il rinnovo delle concessioni secondo principi di competitività è senz’altro più conforme al principio di buon andamento.

Con riferimento, infine, al motivo di ricorso che investe la diffida al concessionario uscente di rilasciare l’immobile, il TAR ha statuito che, una volta legittimamente dichiarata la decadenza della concessione demaniale marittima per licenza n. 1/2017, poiché scaduta di validità il 31/12/2020, come detto non rinnovabile a causa della mancanza dei necessari requisiti in capo al richiedente, trova piena applicazione l’art. 49 Cod. Nav., nella parte in cui prevede che “ quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili costruite sulla zona demaniale restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione, con restituzione del bene demaniale al pristino stato”.

Il ricorso è stato pertanto, come detto, respinto.

DIRITTO

In sede di appello, sono stati dedotti due motivi:

- Error in iudicando;
Error in procedendo;
Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 682 e ss., della l. n. 145/’18. Violazione dell’art. 3 l. n. 241/’90;
Eccesso di potere per difetto di motivazione;
travisamento dei fatti;
illogicità;
difetto di istruttoria;
violazione del principio di legalità;
violazione del principio di proporzionalità;
violazione del principio di leale collaborazione;
contraddittorietà;
violazione dell’art. 97 Cost.;
violazione e falsa
applicazione degli artt. 42, 47 e 48 Cod. Nav.;
violazione dell’art. 8 della l. r. n. 17/2015

-Error in iudicando;
Violazione dell’art. 3 l. n. 241/’90;
Eccesso di potere per violazione del principio del legittimo affidamento;
travisamento dei fatti
illogicità;
difetto di istruttoria;
violazione del principio di legalità;
violazione del principio di proporzionalità;
violazione del principio di leale collaborazione;
contraddittorietà;
violazione dell’art. 97 Cost.;
violazione e falsa applicazione degli artt. 42, 47 e 48 Cod. Nav.;
violazione dell’art. 8 della l. r. n. 17/2015

In particolare, con il primo motivo è stato rilevato che l’atto impugnato in primo grado non ha mai indicato come motivo di diniego/decadenza la circostanza che la concessione dell’appellante non rientrerebbe nell’ambito dell’applicazione della normativa di settore.

Tale affermazione, argomenta l’appellante, è stata effettuata per la prima volta dal giudice di prime cure che, inoltre, in sentenza non si è espresso sulla motivazione posta alla base dell’atto gravato.

Soggiunge l’appellante che il Comune ha disposto il diniego/decadenza per carenza di un requisito soggettivo in capo all’appellante, ossia il mancato svolgimento dell’attività produttiva, mentre il TAR ha ritenuto che le concessioni aventi ad oggetto “deposito di attrezzi da pesca” non sarebbero state prorogate dalla normativa di settore.

Secondo l’appellante, il giudice nel caso di specie si è sostituito all’Amministrazione ed ha illegittimamente integrato la motivazione dell’atto con la sentenza.

Quanto ritenuto dal TAR è comunque per l’appellante erroneo, tenuto conto del comportamento delle amministrazioni che hanno sempre prorogato il titolo concessorio in forza delle leggi che si sono susseguite nel corso del tempo.

In particolare, afferma l’appellante che nonostante la legge n. 145/2018 non abbia previsto testualmente la proroga delle concessioni demaniali marittime aventi ad oggetto “deposito di attrezzi da pesca”, la concessione di cui si tratta è stata prorogata in forza di tale disposizione legislativa.

La sentenza impugnata non si sarebbe espressa, ad avviso dell’appellante, circa la rilevanza del requisito soggettivo posto alla base del diniego e non ha tenuto in alcuna considerazione il macroscopico travisamento del Comune che ha interpretato erroneamente le norme da cui emerge l’intenzione del Legislatore di disporre la proroga anche per le concessioni de quibus.

Il primo giudice si sarebbe limitato ad indicare le norme che non sarebbero conferenti al caso de quo senza, tuttavia, chiarire in base a quale norma sarebbe stata prima rilasciata e poi prorogata la concessione.

Con il secondo motivo, l’appellante fa presente che in passato né la Capitaneria di Porto, né la Regione, né il Comune hanno mai richiesto lo svolgimento della “attività produttiva”, bensì ritenuto requisito sufficiente il possesso dell’attestato di iscrizione nel registro dei pescatori.

Pertanto, secondo l’appellante, è palesemente illegittimo quanto disposto per la prima volta dal Comune di Fasano con l’atto impugnato, che introdurrebbe arbitrariamente un requisito soggettivo mai indicato nei precedenti atti concessori.

In data 7 settembre 2023, ha presentato memoria il Comune appellato.

L’amministrazione comunale ribadisce preliminarmente che, proprio perché trattasi di concessione di un immobile per mero uso deposito attrezzi da pesca, deve escludersi l’applicabilità dell’art.100, comma 1, del d.l. n.104/2020, riguardante la proroga di tutt’altra tipologia di concessioni demaniali marittime per stabilimenti balneari (attività turistico-ricreative).

Tale considerazione investe il primo motivo di appello ed è desumibile dall’interpretazione letterale della norma, peraltro correttamente interpretata dal TAR.

La concessione demaniale marittima della quale si controverte non può farsi rientrare neppure nelle previsioni di proroga di cui alla legge n. 145/2018 (art. 1), che elenca tassativamente le tipologie di concessioni interessate, tra cui non è presenta quella oggetto di causa.

Sul secondo motivo di appello, l’amministrazione appellata lo ritiene infondato e, per altro verso, inammissibile per difetto di legittimazione ad agire, in quanto la normativa sull’evidenza pubblica mentre vede le imprese o i concessionari partecipanti alla gara certamente titolari di un interesse legittimo al corretto svolgimento della stessa, non prende affatto in considerazione l’interesse dell’impresa e/o del concessionario ad ottenere una proroga, circostanza, anzi, che – concretandosi di fatto, per il periodo di prorogatio , in un affidamento senza gara – tende proprio ad essere evitata.

Secondo l’amministrazione appellata, non può poi dirsi - come infondatamente afferma l’appellante - che, nella specie, sia stato leso un legittimo affidamento di quest’ultimo nel perpetrarsi degli effetti e/o nella proroga della concessione demaniale marittima della quale si controverte.

L’appellato chiede pertanto la conferma della decisione impugnata e di rigettare integralmente l’appello.

In data 26 settembre 2023 ha presentato memoria di replica l’odierno appellante, sostanzialmente ripropositiva degli argomenti resi nell’atto di appello, tuttavia, più in particolare, specificando che:

-l’appellante ha interesse alla definizione del giudizio in quanto, in caso di accoglimento dell’appello, si chiarirebbe che l’assenza del requisito riguardante lo svolgimento di attività produttiva, che il Comune ritiene essere essenziale (anche se non sussistente sin dal rilascio della prima concessione demaniale, risalente agli anni ‘80), non può essere posto alla base del diniego gravato in primo grado;

-il Comune appellato non ha indicato la circostanza escludente a fondamento del diniego e, pertanto, si è in presenza di una illegittima integrazione della motivazione dell’atto in corso di causa.

Soggiunge l’appellante che non corrisponde al vero che la legge n. 145/2018 ha disposto la proroga delle sole concessioni demaniali ad uso turistico ricreativo;
a titolo esemplificativo, cita il comma 684 che ha disposto la proroga delle “concessioni delle aree di demanio marittimo per finalità residenziali e abitative”.

Ritenuto dunque che la voluntas del Legislatore fosse quella di prorogare tutte le concessioni demaniali marittime, qualora si ritenesse che le predette norme abbiano provveduto alla proroga di tutte le concessioni, fatta eccezione di quella dell’appellante, sarebbe evidente l’illegittimità costituzionale delle stesse.

L’appello è infondato.

Osserva il Collegio, preliminarmente, che il provvedimento impugnato è stato motivato con il mancato possesso, da parte del richiedente, del requisito soggettivo di essere titolare di un’attività produttiva, quale condizione sine qua non per l’estensione della durata della concessione ai sensi della normativa allora vigente, avvalendosi, al riguardo, dei pareri acquisiti dal Comune presso la locale Capitaneria di Porto e presso l’Avvocatura dello Stato.

Alla luce di tale motivazione, è stata pronunciata la decadenza dalla concessione demaniale venuta a scadenza il 31/12/2020, con la conseguente diffida al rilascio dell’immobile entro trenta giorni.

La concessione venuta a scadenza aveva ad oggetto un mero depositi di attrezzi da pesca, per esercizio di attività non in forma imprenditoriale.

La circostanza rende inaccoglibile, come correttamente statuito dalla sentenza di prime cure, l’applicazione dell’art 3, comma 682 della legge 145/2018, come richiesto dall’appellante.

Tale disposizione, infatti, quanto all’ambito applicativo, richiama testualmente le concessioni disciplinate dall’art. 01, comma 1 del d.l. n. 400/1993, convertito con modificazioni dalla legge n. 494/1993, le cui previsioni non contemplano, come analiticamente descritto nella sentenza impugnata, la tipologia di concessione di cui è causa, con conseguente inapplicabilità della proroga richiesta.

Del pari, e per analoghe ragioni, è esclusa anche l’applicabilità dell’art. 100, comma 1, del d.l. n. 104/2020, che non contempla la tipologia di concessione di cui è causa.

Ciò posto, ne consegue l’infondatezza del primo motivo di appello, essendo evidente la piena sovrapponibilità tra la motivazione del provvedimento impugnato e quanto statuito in sentenza, poiché il requisito soggettivo carente è espressamente riconducibile alla circostanza di non essere titolare di una attività produttiva e dunque, come rilevato dal giudice senza alcuna integrazione motivazionale, escluso dalla tassativa elencazione delle concessioni prorogabili.

Infatti, l’art. 01, comma 1, del citato d.l. n. 400/1993, richiamato dall’art. 1, comma 682, della legge n. 145/2018, fa riferimento a tutte attività produttive e solo in presenza di una attività produttiva si sarebbe posto il problema della applicabilità della proroga, comunque limitata al 2023.

Il mancato possesso, da parte del richiedente, del requisito soggettivo di essere titolare di un’attività produttiva costituisce quindi, per le anzidette ragioni, legittima motivazione del provvedimento contestato.

Quanto al secondo motivo di appello, non si ravvisa alcuna illegittimità o violazione del principio di buon andamento nell’azione dell’amministrazione, che risulta aver applicato le vigenti disposizioni normative in modo puntuale, a nulla rilevando, sotto il profilo dell’affidamento, le asserite condotte di altri organi o precedenti amministrazioni, tenuto conto di quanto condivisibilmente argomentato dal primo giudice sul punto, che ha evidenziato come la norma primaria applicata (2018) è sopravvenuta al precedente rinnovo (2017).

L’appello, pertanto, va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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