Consiglio di Stato, sez. III, sentenza breve 2018-02-06, n. 201800769

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza breve 2018-02-06, n. 201800769
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800769
Data del deposito : 6 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/02/2018

N. 00769/2018REG.PROV.COLL.

N. 09267/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ai sensi degli artt. 38 e 60 c.p.a.
sul ricorso numero di registro generale 9267 del 2017, proposto da DO CE, rappresentato e difeso dall’Avvocato Maria Beatrice CE e dall’Avvocato Guido Corso, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso Avvocato Maria Beatrice CE in Roma, via Antonio Stoppani, n. 1;



contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore , Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore , nonché Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore , tutti rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;



nei confronti di

CEEPS – Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie presso il Ministero della Salute, non costituita in giudizio;
Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Agrigento, non costituito in giudizio;
dott. Giovanni Leonardi, non costituito in giudizio;
dott. Vito Gaudiano, non costituito in giudizio;
dott. Cosimo Nume, non costituito in giudizio;
dott. Giuseppe Celotto, non costituito in giudizio;



per la riforma

della sentenza breve n. 11271 del 3 novembre 2017 del T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, sez. I, resa tra le parti ai sensi dell’art. 60 c.p.a., concernente l’annullamento, previa sospensione, del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 dicembre 2016, vistato dalla Corte dei conti nel febbraio 2017, con il quale è stata nominata per un quadriennio la Commissione Centrale per gli esercenti le professioni sanitarie prevista dall’art. 17 del d. lgs. C.p.S. n. 233 del 13 settembre 1946

visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti gli atti di costituzione in giudizio di Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero della Giustizia e del Ministero della Salute;

viste le memorie difensive;

visti tutti gli atti della causa;

relatore nella camera di consiglio del giorno 25 gennaio 2018 il Consigliere Massimiliano Noccelli e uditi per l’odierno appellante, DO CE, l’Avvocato Guido Corso e l’Avvocato Maria Beatrice CE e per le Amministrazioni appellate, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Giustizia e il Ministero della Salute, l’Avvocato dello Stato Attilio Barbieri;

sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 c.p.a.;

ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. L’odierno appellante DO CE, un medico chirurgo iscritto all’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri della provincia di Agrigento, è stato prima sospeso e poi radiato dall’albo in dipendenza di un procedimento penale che si è concluso con la condanna definitiva dell’imputato.

1.1. Il provvedimento di radiazione del 6 marzo 2013, comunicato il 15 marzo successivo, è stato impugnato dall’interessato con ricorso alla Commissione centrale per gli esercenti delle professioni sanitarie (di qui in avanti, per brevità, la Commissione), competente a norma dell’art. 18, lett. a), del d. lgs. C.p.S. n. 233 del 13 settembre 1946.

1.2. Con la decisione n. 74 del 6 ottobre 2014, depositata il 22 settembre 2015, la Commissione ha respinto il ricorso.

1.3. Contro la decisione è stato proposto ricorso alla Corte di Cassazione che, con l’ordinanza n. 15852 del 26 giugno 2017, lo ha accolto, cassando la decisione impugnata e rinviando la causa alla Commissione in diversa composizione.

1.4. La causa è stata riassunta dall’interessato avanti alla Commissione con ricorso notificato il 30 giugno 2017.

1.5. Il ricorso dell’odierno appellante è stato accolto dalla Corte di Cassazione, al pari di numerosi altri medici colpiti da provvedimenti disciplinari, in applicazione della sentenza n. 215 del 7 ottobre 2016 della Corte costituzionale.

1.6. Con tale pronuncia il giudice delle leggi ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, primo e secondo comma, lettere a), b), c), d) ed e) del d. lgs. C.p.S. n. 233 del 1946 per via della illegittima composizione della Commissione.

1.7. La composizione della Commissione è stata ritenuta illegittima dalla Corte perché fanno parte dell’organo supremo disciplinare due dirigenti del Ministero della Salute, Ministero che è, a sua volta, parte necessaria del procedimento davanti alla Commissione, come tale legittimato ad impugnarne le decisioni.

1.8. Parimenti, secondo la Corte di Cassazione che ha accolto il ricorso di DO CE, la decisione assunta dalla Commissione nei suoi riguardi è nulla perché assunta da un organo che, per scelta legislativa legata alla sua costituzione e composizione, è privo dei requisiti di indipendenza e di imparzialità necessari all’esercizio della funzione giurisdizionale e tale assenza di indipendenza e di imparzialità in alcuni dei suoi componenti si riverbera all’organo nel suo complesso, con la conseguente cassazione della decisione e rinvio della causa « alla Commissione centrale, diversamente composta ».

2. Frattanto con un diverso provvedimento e, precisamente, con il d.P.C.M. del 27 dicembre 2016 il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della Salute, di concerto con il Ministro della Giustizia, ha proceduto al rinnovo della Commissione centrale nel dichiarato intento di adeguarne la composizione alla sentenza n. 215 del 7 ottobre 2016 della Corte costituzionale.

2.1. Tale provvedimento, una volta depositata, il 26 giugno 2017, l’ordinanza della Corte che ha annullato la destituzione dell’odierno appellante e ha rinviato la causa alla Commissione in diversa composizione, è stato dall’interessato impugnato avanti al T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, sull’assunto che anche la nuova composizione della Commissione, quale risultante dal d.P.C.M. del 27 dicembre 2016, sarebbe sostanzialmente afflitto dai medesimi vizî che avevano indotto la Corte costituzionale a pronunciare la parziale incostituzionalità dell’art. 17 del d. lgs. C.p.S. n. 233 del 1946 con la sentenza n. 215 del 7 ottobre 2016.

2.2. Nel primo grado del giudizio si sono costituiti la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero della Giustizia e il Ministero della Salute per resistere al ricorso, di cui hanno chiesto la reiezione.

2.3. Il T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, con la sentenza n. 11271 del 13 novembre 2017 resa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a., ha respinto il ricorso di DO CE e ha compensato le spese di lite.

3. Avverso tale sentenza ha proposto DO CE, articolando quattro motivi di ricorso che saranno qui di seguito distintamente esaminati, e ne ha chiesto, previa sospensione, la riforma, con il conseguente annullamento del d.P.C.M. del 27 dicembre 2016.

3.1. Si sono costituiti gli appellati Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Giustizia e Ministero della Salute per resistere al ricorso, di cui hanno chiesto la reiezione nell’articolata memoria difensiva depositata il 18 gennaio 2018.

3.2. Nella camera di consiglio del 25 gennaio 2018, fissata per l’esame della domanda cautelare proposta dall’appellante, il Collegio, ritenuto di poter decidere la causa in forma semplificata, ai sensi dell’art. 60 c.p.a., e sentiti i difensori delle parti, che sul punto nulla hanno osservato, ha trattenuto la causa in decisione.

4. L’appello di DO CE è fondato quanto al secondo motivo e, in riferimento ad esso, merita accoglimento per le ragioni che meglio si vedranno.

5. Con il primo motivo di ricorso (pp. 3-6 del ricorso), anzitutto, l’odierno appellante censura la sentenza impugnata per avere respinto il primo motivo dell’originario ricorso, con il quale egli aveva denunciato l’illegittimità del provvedimento impugnato, in relazione agli artt. 108 e 97 Cost., in quanto a suo avviso, una volta annullata dalla Corte costituzionale la disposizione che regolava la composizione della Commissione, per la presenza, all’interno di questa, di due dirigenti del Ministero della Salute e, cioè, di quello stesso Ministero che è parte del giudizio avanti alla Commissione, sarebbe dovuto intervenire il legislatore a dare un seguito alla declaratoria di illegittimità costituzionale e non il Governo, come invece non è accaduto nel caso di specie.

5.1. L’annullamento disposto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 215 del 7 ottobre 2016, ad avviso della sentenza impugnata (che, al riguardo, ha richiamato un precedente dello stesso T.A.R. per il Lazio, sede di Roma, e cioè la sentenza n. 6839 del 30 maggio 2017), sarebbe stato parziale, sicché la Commissione, organo originariamente composto da nove membri (un consigliere di Stato, con funzioni di Presidente, un membro designato dal Consiglio Superiore di Sanità, due dirigenti del Ministero della Salute, cinque sanitari liveri professionisti), sarebbe stata ridotta a sette membri, con la eliminazione dei due dirigenti ministeriali e il provvedimento impugnato in primo grado, disponendo il rinnovo della Commissione limitatamente a sette membri, sarebbe perfettamente in linea con la pronuncia del giudice delle leggi.

5.2. Questa motivazione è tuttavia contestata dall’odierno appellante che, in senso contrario, deduce che spetterebbe al legislatore decidere se mantenere in vita, con un’apposita legge, la Commissione, riducendo i suoi membri da nove a sette (sicché solo dopo una legge siffatta, secondo tale tesi, il Governo avrebbe potuto procedere al rinnovo della Commissione), ovvero sopprimere la Commissione, trasferendo la giurisdizione al giudice ordinario o a quello amministrativo, come del resto era avvenuto, in passato, per analoghi casi (come, ad esempio, dopo la sentenza n. 30 del 1967 della Corte costituzionale sulle Giunte provinciali amministrative, alle quali era seguita

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