Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-01-17, n. 201400231

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-01-17, n. 201400231
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201400231
Data del deposito : 17 gennaio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00814/2013 REG.RIC.

N. 00231/2014REG.PROV.COLL.

N. 00814/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 814 del 2013, proposto dall’Ente Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

C P, rappresentata e difesa dagli avvocati M F, R G e A T, con domicilio eletto presso il signor G L in Roma, via XX Settembre, 98/E;

nei confronti di

Comune di Castellabate, non costituito in questo grado di giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – Sezione di SALERNO: SEZIONE I n. 1476/2012, resa tra le parti, concernente diniego condono edilizio;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della signora C P;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2013, il consigliere di Stato Giulio Castriota Scanderbeg e uditi per le parti l’avvocato Fortunato e l’avvocato dello Stato Urbani Neri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- L’Ente Parco del Cilento e del Vallo di Diano impugna la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Campania, sez. di Salerno, 1° ottobre 2012 n. 1476 che ha accolto il ricorso della signora Clemetina Pentone avverso il diniego di nulla-osta opposto dallo stesso Ente parco sull’istanza di sanatoria edilizia proposta dall’interessata, ai sensi della legge n. 47 del 1985, nonché avverso la nota del Comune di Castellabate n. 9918 del 24 maggio 2011 recante la comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda di condono edilizio, in relazione ad un albergo a due piani realizzato nel 1982 nel Comune di Castellabate.

L’ente appellante si duole della erroneità della impugnata sentenza che, sulla base di una non condivisa lettura diacronica della legislazione in materia di “condono edilizio”, ha ritenuto inapplicabile alla fattispecie oggetto di causa l’art. 32 della legge n. 47 del 1985 ( nel testo risultante dalla modifica introdotta dal comma 43 dell’art. 32 del decreto legge n. 296 del 2003), nella parte in cui tale disposizione impone, anche in caso di vincoli sopravvenuti all’intervento edilizio abusivo, l’acquisizione del parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo, nel procedimento di sanatoria del titolo edilizio.

L’ente appellante deduce che l’interpretazione della richiamata disposizione, per come fatta propria dal giudice di primo grado, sarebbe erronea in quanto contrastante con quella seguita ( quantomeno a far data dalla sentenza della Adunanza plenaria n. 20 del 1999) dalla costante giurisprudenza amministrativa, secondo cui dovrebbe in ogni caso tenersi conto del regime vincolistico esistente al momento in cui viene esaminata la domanda di condono, a prescindere dall’epoca di introduzione del vincolo stesso.

Da tanto l’appellante fa discendere la piena legittimità degli atti gravati in primo grado in quanto assunti sull’assorbente rilievo dell’incompatibilità dell’intervento edilizio realizzato con le previsioni del piano del parco medio tempore intervenuto, di tal che conclude per l’accoglimento dell’appello e per il rigetto del ricorso di primo grado, in riforma della impugnata sentenza.

Si è costituita la parte appellata per resistere all’appello e per chiederne la reiezione.

All’udienza del 17 dicembre 2013 la causa è stata trattenuta per la sentenza.

2.- L’appello è infondato e va respinto.

La causa ripropone la vexata quaestio della disciplina giuridica applicabile alle aree gravate da un regime vincolistico, sul piano della tutela dei valori paesaggistici, sopravvenuto rispetto all’ intervento edilizio, già eseguito ed oggetto di domanda di sanatoria.

3.- La questione pone due distinte problematiche interpretative: a) se la sopravvenienza del vincolo imponga, nel procedimento di sanatoria non ancora concluso, il coinvolgimento dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo stesso;
b) se detta Autorità, in presenza di un vincolo sopravvenuto a contenuto assolutamente preclusivo dell’intervento, sia tenuta a far valere semplicemente il carattere ostativo del nuovo regime vincolistico ovvero se debba compiere una valutazione più ampia e articolata, che tenga conto della compatibilità in concreto dell’intervento già realizzato in rapporto al vincolo sopravvenuto.

3.1.- Il giudice di primo grado ha ritenuto, in via assorbente, che nel caso qui dato, in cui l’area è stata ricompresa nel Parco Nazionale del Cilento e del Vallo di Diano, ed assoggettata conseguentemente alle relative prescrizioni, in epoca successiva alla edificazione del fabbricato da sanare ( avvenuta nel 1982), non ci fosse spazio per lo stesso intervento dell’Ente parco, e ciò in quanto la reintroduzione (ad opera dell’art. 32, comma 43, d.l. cit.) dell’obbligo di interpellare l’autorità preposta alla tutela del vincolo anche nel caso di sopravvenuta imposizione del vincolo non troverebbe applicazione nelle ipotesi di domande di sanatoria già presentate ( ai sensi del comma 43 bis dello stesso art. 32 d.l. n. 269/03).

La soluzione del Tar non appare tuttavia condivisibile sul piano motivazionale.

In particolare, non convince la tesi secondo cui la soluzione del caso concreto, in ordine al coinvolgimento o meno dell’autorità preposta alla tutela del vincolo nel procedimento di sanatoria edilizia, possa fondarsi sulla scelta della normativa da applicare ratione temporis .

In disparte il rilievo che anche l’applicazione della regola tempus regit actum avrebbe imposto di fare riferimento, a regolazione della fattispecie, all’art. 32 della legge n. 47 del 1985 nella sua originaria formulazione (e non in quella successivamente modificata dalla legge n. 662 del 1996), posto che nel caso qui in esame l’abuso edilizio risale al 1982 e la domanda di condono risulta presentata nel 1986, il Collegio rileva, in ogni caso, che anche in base alla pregressa disciplina della legge sul condono era controversa la rilevanza dei vincoli sopravvenuti nei procedimenti di sanatoria edilizia.

Con la già richiamata sentenza n. 20 del 1999, l’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, dopo aver passato in rassegna i contrastanti orientamenti all’epoca emersi in sede giurisprudenziale, ha rilevato come il vincolo paesaggistico su un’area, ancorché sopravvenuto all’intervento edilizio, non possa restare senza conseguenze sul piano giuridico, con la conseguenza che deve ritenersi sussistente l’onere procedimentale di acquisire il prescritto parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo in ordine alla assentibilità della domanda di sanatoria, a prescindere dall'epoca d'introduzione del vincolo, tale valutazione essendo funzionale all’esigenza di vagliare l'attuale compatibilità dei manufatti realizzati abusivamente con lo speciale regime di tutela del bene compendiato nel vincolo.

Il Collegio ritiene che non vi siano ragioni per discostarsi da tale condivisibile orientamento anche nella fattispecie in esame in cui le particolari ragioni di tutela paesaggistica consistono nella disciplina speciale adottata per l’area in oggetto dall’Ente parco.

Non par dubbio, infatti, che anche nel caso di specie, in cui l’area ove si trova l’immobile oggetto di domanda di sanatoria è assoggettata alle particolari prescrizioni del Piano del parco adottato nel 2010, l’Ente appellante avrebbe dovuto essere coinvolto ( contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale di primo grado) nel procedimento di sanatoria dell’abuso edilizio, ai fini del rilascio del prescritto parere. Non si vede, infatti, come un provvedimento di sanatoria di un immobile che ricade in un’area rientrante nei confini di un Parco nazionale possa prescindere, nel momento in cui viene reso, dal previo pare dell’Ente preposto alla tutela dell’area sottoposta alle speciali prescrizioni di tutela.

Per questa parte va pertanto riformata, nella sola motivazione, la sentenza impugnata, laddove in particolare la stessa ha ravvisato la insussistenza, nella fattispecie data, dello stesso potere dell’Ente parco di rilasciare il prescritto parere.

3.2- Quanto alla seconda problematica interpretativa, relativa al quomodo dell’intervento valutativo, nel caso specifico, dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, il Collegio ritiene che lo scrutinio della fattispecie, da parte di tale Autorità, non possa prescindere dal considerare, anche per le intuibili implicazioni sul piano della logica e della ragionevolezza, che le prescrizioni di tutela sono sopraggiunte alla realizzazione dell’intervento edilizio, di tal che la valutazione del caso concreto non potrebbe compiersi come se l’intervento fosse ancora da realizzare. E ciò è tanto più vero nei casi, quale quello di specie, in cui le prescrizioni di tutela successivamente sopraggiunte ad integrare la disciplina dell’area risultino tutt’affatto incompatibili con la tipologia dell’intervento già realizzato, dato che in zona B1, sono esclusi - in base all’art. 8 delle norme tecniche attuative - interventi diversi da quelli previsti alle lett. a),b) e c) dell’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001.

3.3- Per questa parte, il ricorso di primo grado si appalesa pertanto fondato ove evidenzia la carenza motivazionale che inficia il diniego di nulla-osta opposto dall’Ente parco nonché il pedissequo provvedimento negativo promanante dal Comune di Castellabate.

Ed invero, nella situazione qui data, in cui l’intervento oggetto di sanatoria è stato realizzato nel lontano 1982 ed il procedimento di condono risale al 1986 ( epoca della domanda della parte interessata), l’inibitoria alla edificabilità correlata al sopraggiunto Piano del parco dovrebbe considerarsi ex se inidonea ad assurgere a condizione preclusiva del perfezionamento del procedimento di sanatoria edilizia (per un caso simile, cfr. Cons. St.,V, 5 dicembre 2007 n. 6177).

In altri termini, il diniego dell’Ente parco non avrebbe potuto far perno esclusivamente sulla contrarietà dell’intervento edilizio realizzato rispetto alle nuove previsioni del piano del parco, che evidentemente hanno valenza vincolante pro futuro senza incidere, in senso draconianamente ostativo, in ordine alle costruzioni già realizzate e già oggetto di domanda di sanatoria straordinaria. Sotto tale profilo, appare apprezzabile e meritevole di accoglimento il motivo di ricorso di primo grado che ha stigmatizzato il carattere irragionevole ed insufficiente della motivazione addotta dall’Ente parco, esclusivamente su tale questione, a sostegno del diniego di nulla-osta.

D’altra parte, anche nella legge fondamentale sul condono edilizio ( legge n. 47 del 1985), il vincolo paesistico implicante inedificabilità dell’area ( art. 33, comma 1 lett. a)) in tanto è ostativo al rilascio del titolo in sanatoria in quanto sia preesistente all’intervento edilizio, con ciò restando dimostrata per tabulas l’irragionevolezza del rilievo formale del sopravvenuto regime di inedificabilità dell’area quale limite insuperabile alla condonabilità degli edifici già realizzati.

4.- In definitiva, alla luce dei rilievi che precedono, l’appello va respinto dovendosi confermare, sia pur con diversa motivazione, la gravata sentenza.

5.- Quanto alle spese del presente grado di giudizio, può disporsene la compensazione tra le parti, ricorrendo giusti motivi.

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