Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-01-14, n. 202000359

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2020-01-14, n. 202000359
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202000359
Data del deposito : 14 gennaio 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/01/2020

N. 00359/2020REG.PROV.COLL.

N. 05681/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5681 del 2008, proposto da A S.r.l., in persona del suo legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati C R, E R e D V, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Lungotevere Marzio, n. 3,

contro

il Comune di Arese, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G M M, G M e G P, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14a/4,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) n. 1802/2008, resa tra le parti, concernente diffida a realizzare abusi edilizi e diniego di condono.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Arese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 1 ottobre 2019, il Consigliere Fulvio Rocco e uditi per le parti gli avvocati E R e G M M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.1. L’attuale appellante, A S.r.l., espone di aver acquistato dal fallimento della Geom. Lovagnini &
Frassinelli S.n.c., mediante incanto, un immobile ubicato nel Comune di Arese (MI) in viale Sempione n. 22 consistente in un interrato individuato in catasto al Foglio 3, mappale 1163, e che, secondo quanto attesta la perizia depositata avanti al Tribunale ordinario di Milano in data 18 marzo 1993 ed eseguita dal consulente tecnico d’ufficio arch. Giuseppe Agresta, nominato nella procedura fallimentare, aveva destinazione a magazzino-deposito (doc. 3 del fascicolo di primo grado).

In data 18 aprile 2002 la A presentava al Comune di Arese una denuncia d’inizio di attività a’ sensi dell’art. 2, comma 60, della l. 23 dicembre 1993, n. 662, relativa all’esecuzione di un intervento di manutenzione straordinaria, consistente nella realizzazione di alcuni tramezzi interni e nell’applicazione di rivestimenti di servizi e di apparecchi sanitari, con conferma della destinazione dei locali a deposito (cfr. ibidem , doc. 2;
con relativi allegati).

1.2.1. Con provvedimento Prot. n. 13670 dd. 14 maggio 2002 il Responsabile del Settore Gestione del Territorio e Attività Produttive del Comune di Arese ha diffidato la A alla realizzazione di tali opere in quanto la destinazione d’uso dell’immobile dichiarata da A nel proprio atto (magazzino) risultava difforme da quanto approvato dall’amministrazione comunale mediante la concessione edilizia in sanatoria rilasciata in data 23 ottobre 1990 (autorimessa), e a’ sensi dell’art. 37 del vigente Piano regolatore generale del Comune non erano ammessi l’aumento della superficie lorda e destinazioni d’uso produttive e commerciali.

1.2.2. Avverso tale provvedimento, nonché avverso ogni altro atto presupposto e conseguente A ha proposto ricorso sub R.G. 2319 del 2002 innanzi al T.A.R. per la Lombardia, sede di Milano, deducendo al riguardo i seguenti ordini di censure:

1) violazione di legge ed eccesso di potere per travisamento e difetto dei presupposti, in quanto la denuncia d’inizio di attività non risulterebbe preordinata a modificare la destinazione d’uso, bensì a mantenere la destinazione concretamente in atto, ossia quella di magazzino;
inoltre l’attività dichiarata nella denuncia medesima sarebbe configurabile come manutenzione straordinaria e, quindi, non potrebbe essere impedita dall’amministrazione comunale;
ovvero potrebbe configurarsi quale mutamento di destinazione d’uso senza opere, che a sua volta per essere realizzata non necessiterebbe il rilascio di un titolo edilizio;

2) violazione di legge ed eccesso di potere per violazione dei principi di buon andamento della pubblica amministrazione, in quanto il provvedimento interdittivo dell’attività risulterebbe intervenuto successivamente alla scadenza del termine di 20 giorni a quel tempo contemplato dall’art. 4, commi 11 e 15, del d.l. 5 ottobre 1993, n. 398, convertito con modificazioni in l. 4 dicembre 1993, n. 493, e modificato dall’art. 2, comma 60, della l. 23 dicembre 1996, n. 662.

1.2.3. Si è costituito in tale primo grado di giudizio il Comune di Arese, eccependo in via preliminare l’irricevibilità del ricorso proposto da A in quanto il provvedimento impugnato risulterebbe datato e protocollato entro il termine di 30 giorni decorrenti dalla presentazione della denuncia d’inizio di attività, nel mentre la medesima A sostiene di averlo ricevuto ben più tardi, ma senza comprovare tale circostanza.

Nel merito l’Amministrazione comunale ha sostenuto che la destinazione dell’immobile a deposito, affermata da A, riguarderebbe soltanto una parte dell’immobile medesimo, diversa da quella acquistata dalla ricorrente: circostanza, questa, comprovata dalla domanda di mutamento di destinazione d’uso assentita dal Comune nel 1988.

In conseguenza di ciò, secondo l’Amministrazione comunale la relazione del consulente tecnico d’ufficio del Tribunale di Milano risulterebbe imprecisa al riguardo;
e - peraltro - la stessa A potrebbe dedurre tale errore soltanto nei confronti del consulente predetto, e non già nei riguardi dell’Amministrazione comunale, posto che la perizia non potrebbe prevalere sui provvedimenti edilizio-urbanistici del Comune.

1.3.1. A questo punto A ha presentato all’amministrazione comunale una domanda di condono edilizio a’ sensi dell’allora vigente art. 40, ultimo comma, della l. 29 febbraio 1985, n. 47, come aggiunto dall’art. 8- bis , comma 4, del d.l. 23 aprile 1985, n. 146, convertito con modificazioni dalla L. 21 giugno 1985, n. 298, e, successivamente, sostituito dall’art. 7, comma 2, del d.l. 12 gennaio 1988, n. 2, a sua volta convertito con modificazioni dalla l. 13 marzo 1988, n. 68, in forza del quale “nella ipotesi in cui l’immobile rientri nelle previsioni di sanabilità di cui al capo IV della presente legge e sia oggetto di trasferimento derivante da procedure esecutive, la domanda di sanatoria può essere presentata entro centoventi giorni dall’atto di trasferimento dell'immobile purché le ragioni di credito per cui si interviene o procede siano di data anteriore all’entrata in vigore della presente legge” .

Tale domanda è stata assunta dal Comune di Arese al proprio protocollo n.21818 dd. 30 luglio 2002. (cfr. ibidem , doc. 7).

Soltanto con provvedimento Prot. n. 9099/07 dd. 3 aprile 2007 (ossia dopo quasi 5 anni) sottoscritto congiuntamente dal Responsabile del Servizio Sportello Unico per l’Edilizia e dal Responsabile Settore Gestione del Territorio e previa integrazione istruttoria della pratica il Comune di Arese ha riscontrato tale domanda, respingendola “con particolare riferimento all’ultima integrazione del 21 marzo 2007 Prot. 7696 e a seguito della verifica degli atti in ns. possesso e nello specifico il condono edilizio 934 del 23 ottobre 1990” , posto che da ciò “si evince che la destinazione d’uso della zona oggetto di richiesta di sanatoria risulta ‘ricovero per autovetture e per automezzi pesanti’ . Dalla documentazione allegata alla domanda di sanatoria (in particolare dalla documentazione fotografica) non risulta essere stata eseguita alcuna modifica edilizia o impiantistica, né si evince la presenza di una qualsiasi attività che faccia presupporre una modifica della destinazione d’uso del locale. A tal proposito non si ritiene sussista titolo a tale richiesta di sanatoria sulla base di una perizia estimativa redatta ai fini di vendita ad asta pubblica e non supportata da alcuna documentazione che attesti la variazione della destinazione originaria, anzi da una lettura di detto documento non emerge che la destinazione d’uso dichiarata sia in contrasto con i titoli abilitativi e, pertanto, sembrerebbe che in tale sede non sia stata verificata la conformità di detta destinazione. Per quanto sopra si comunica la reiezione della domanda di sanatoria e l’archiviazione della pratica.… Cordiali saluti” (cfr. ibidem , doc. 6).

1.3.2. In dipendenza di ciò, con un primo ordine di motivi aggiunti di ricorso A ha chiesto l’annullamento di tale ulteriore provvedimento, nonché di ogni altro atto presupposto e conseguente.

A tale riguardo A ha dedotto i seguenti ordini di censure:

1) violazione di legge ed eccesso di potere per difetto dei presupposti e contraddittorietà, in quanto il diniego sarebbe stato emesso in violazione dell’art. 35, comma 12, della l. n. 47 del 1985, il quale dispone che dopo il decorso del termine di 24 mesi dalla presentazione della domanda di condono senza che l’amministrazione comunale si sia pronunciata al riguardo, la domanda medesima si intende accolta;

2) violazione di legge ed eccesso di potere per difetto dei presupposti, in quanto il diniego non è stato preceduto dall’inoltro del preavviso di rigetto a’ sensi dell’art. 10- bis della l. 7 agosto 1990, n. 241;

3) violazione di legge ed eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione e travisamento, laddove si nega che l’immobile avesse, già al momento della presentazione della domanda di condono, una destinazione ad archivio, competendo infatti all’Amministrazione comunale dimostrare che la situazione dichiarata nella domanda di condono è differente da quella di fatto, ed essendo oltre a tutto la destinazione ad archivio nella specie comprovata non soltanto dalla perizia del consulente tecnico d’ufficio nominato dal Tribunale ordinario di Milano ma anche dalla certificazione catastale;
inoltre la sanatoria risalente al 1990 non proverebbe – di per sé – l’effettività della destinazione dell’immobile ad autorimessa in quanto l’abuso potrebbe essere stato compiuto successivamente;
e, del resto, la destinazione dell’immobile ad autorimessa risulterebbe contraddetta dalla presenza di un quadro elettrico ad uso industriale, di un allacciamento del gas e dall’avvenuto pagamento al Comune dell’imposta comunale sugli immobili (I.C.I.) in rapporto alla destinazione dell’immobile medesimo ad archivio;

4) in subordine, violazione di legge ed eccesso di potere per violazione dei principi di equo e giusto procedimento, posto che prima di negare tardivamente il condono presentato nel 2002, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto verificare la sussistenza dei presupposti per esprimere il proprio assenso all’ulteriore condono edilizio medio tempore introdotto per effetto dell’art. 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 260, convertito con modificazioni con la l. 24 novembre 2003, n. 326.

A ha pure contestualmente proposto la domanda giudiziale per il risarcimento dei danni discendenti dagli atti impugnati.

1.3.3. Il Comune di Arese ha aderito anche a tale ulteriore contraddittorio, rilevando che la domanda di condono edilizio presentata da A fa riferimento ad opere ultimate nell’anno 1990 e che, pertanto, soltanto a tale data l’amministrazione comunale avrebbe dovuto verificare lo stato di fatto e accertare se l’immobile fosse destinato ad autorimessa ovvero fosse già stato trasformato in deposito.

Il Comune ha pure eccepito che il termine di 24 mesi per la formazione del silenzio-assenso non poteva ritenersi trascorso al momento dell’adozione del provvedimento di diniego del condono edilizio in quanto solo in data 19 giugno 2006 A aveva presentato un’integrazione documentale;
né l’assenza del preavviso di diniego vizierebbe il provvedimento impugnato in quanto i motivi ostativi al rilascio del condono edilizio risultavano già conosciuti da A in quanto identici a quelli che erano stati in precedenza addotti a fondamento del provvedimento inibitorio della denuncia d’inizio di attività.

1.4.1. Successivamente, a seguito del diniego del condono edilizio, l’amministrazione comunale ha effettuato in data 18 settembre 2007 un sopralluogo nell’immobile in questione, nel corso del quale la Polizia Municipale ha complessivamente riscontrato con processi verbali n. 0639 e n. 0640 di pari data l’esistenza delle seguenti opere: “1. Realizzazione, attraverso la formazione di nuovi tavolati, di un locale avente dimensione pari a m. 5,60 x m. 7,82 comunicante attraverso un vano largo m. 1,10 con un altro locale destinato anch’esso a deposito di materiale scatolato e di una cassaforte, avente dimensioni di m. 8,70 x 5,17 e altezza di m. 3,40. I locali risultano pavimentati con la predisposizione dell’impianto elettrico e di condizionamento – riscaldamento;
dalle dichiarazioni della proprietà e sulla base di quanto rilevato in luogo si desume una destinazione di deposito.

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