Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2017-03-22, n. 201701303
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Pubblicato il 22/03/2017
N. 01303/2017REG.PROV.COLL.
N. 07626/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7626 del 2016, proposto dalla Np Service Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati S D G (C.F. DGRSRG71M08L419U)ed E S D (C.F. STCRST41E16D862W), con domicilio eletto presso il secondo, in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina, 26;
M V, rappresentato e difeso dall'avvocato E S D (C.F. STCRST41E16D862W), con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina, 26;
contro
U.T.G. - Prefettura di Foggia, Questura di Foggia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale Dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
e con l'intervento di
ad opponendum
:
Metropol, rappresentato e difeso dall'avvocato Massimo Malena (C.F. MLNMSM63E26A662Z), con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Ovidio 32;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. per la Puglia, Sede di Bari, Sez. II, n. 1108/2016, resa tra le parti, concernente la revoca delle autorizzazioni all'esercizio dell'attività di vigilanza e trasporto di valori;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’ U.T.G. - Prefettura di Foggia e della Questura di Foggia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2017 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati S D G per sé e su delega di E S D, Massimo Malena e l'Avvocato dello Stato Mario Antonio Scino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. L’istituto di vigilanza NP SERVICE SRL e il sig. V, quale Consigliere Delegato e titolare della licenza di esercizio di attività, hanno chiesto al Tar Puglia, con quattro distinti ricorsi, l’annullamento:
- del decreto prot. n. 1654/AREA I del 25.2.2010, notificato il 5.3.2010, con il quale il Prefetto della Provincia di Foggia ha disposto l'incameramento della cauzione prestata a garanzia della corretta gestione dell'Istituto di Vigilanza nonché l’obbligo del sig. V di ricostituire la cauzione fino all'importo originariamente fissato, a pena di revoca della licenza (ricorso n.R.G. 968/2014);
- del decreto prot. n. 21675 del 15.7.2014, con il quale è stata sospesa, per la durata di due mesi, l'autorizzazione, ad espletare l'attività di vigilanza, ex art. 134 TULPS, rilasciata al sig. M V, a decorrere dallo spirare del periodo di sospensione disposto con provvedimento n. 8146/2014/Area I bis del 17.3.2014 (ricorso n.R.G. 1052/2014);
- del decreto prot. n. 33435 del 6.11.2014, notificato il successivo 8.11.2014, con il quale il Prefetto della Provincia di Foggia ha revocato le autorizzazioni di polizia relative all’esercizio dell’attività di trasporto e scorta valori a mezzo di guardie giurate particolari nonché dell’attività di vigilanza generica (ricorso n.R.G. 1458/2014);
- della nota n. 1120 del 18.1.2016 con cui la Prefettura di Foggia ha disposto, nelle more dei giudizi relativi ai precedenti ricorsi e in costanza della sospensione cautelare dell’efficacia dei precedenti provvedimenti di sospensione e di revoca, la sospensione ex art. 134 del TULPS, per la durata pari ad un mese, delle autorizzazioni all'esercizio dell'attività di vigilanza e trasporto valori (ricorso n.R.G. 165/2016).
Il Tar adito, riunite le cause, ha così provveduto: ha rigettato i ricorsi nn. 968 e 1052 del 2014;ha in parte rigettato e in parte dichiarato inammissibile per carenza d’interesse il ricorso n. 1458/2014;infine, ha dichiarato improcedibile il ricorso n. 165/2016.
2. Quanto al ricorso n. 968/2014, l’incameramento della cauzione è stato disposto sul presupposto, incontestato tra le parti, che in occasione di un furto di circa cinque milioni di euro realizzato nel 2009 ai danni del caveau di proprietà della società appellante, la vigilanza era stata affidata a un solo operatore di sala. Tale circostanza integrava una violazione del regolamento questorile concernente lo svolgimento dell’attività di vigilanza privata, che, in relazione all’ingente somma depositata nel caveau, pari a circa quattordici milioni di euro, prescriveva la presenza fissa di almeno quattro guardie giurate particolari.
In proposito, i ricorrenti hanno prospettato di non essere tenuti al rispetto del regolamento del Questore, atteso che la Società al tempo era autorizzata a svolgere soltanto attività di trasporto di valori e non di vigilanza, attività che era stata infatti affidata a un soggetto terzo. Si sono inoltre lamentati del fatto che, in realtà, la presenza della quattro guardie giurate non avrebbe in alcun modo impedito la verificazione del furto.
Al riguardo, Il Tar ha rilevato che “ a) la violazione delle prescrizioni del Questore, a prescindere dall’epilogo concreto cui l’inosservanza delle stesse abbia condotto (nella fattispecie l’effettivo furto dei valori oggetti di custodia), rileva nell’ottica della discrezionale valutazione dell’affidabilità del soggetto titolare di autorizzazione di polizia, rimessa all’autorità competente;b) la violazione di disposizioni dettate a presidio della sicurezza pubblica nello svolgimento di attività soggette ad autorizzazioni di polizia costituisce idoneo presupposto motivazionale per l’esercizio del potere sanzionatorio ”. Inoltre, il giudice di prime cure ha precisato che “ la peculiare qualificazione giuridica dell’attività all’epoca espletata dall’Istituto ricorrente si rivela secondaria a fronte delle prestazioni in concreto assicurate dall’Istituto stesso, rispetto alle quali è stata elevata la contestazione in questione, consistenti proprio nella custodia temporanea di valori in apposito caveau preventivamente autorizzato.
Le disposizioni regolamentari rimaste inosservate sono infatti dirette a disciplinare il “rimessaggio anche temporaneo dei valori ” (cfr. dato testuale contenuto nel regolamento questorile in questione, pag. 5, 5° cpv.) attraverso la prescrizione di particolari cautele;ciò che ne avrebbe dovuto indurre la rigorosa osservanza da parte dell’Istituto ricorrente nell’espletamento delle funzioni in contestazione.
Tanto più che, come parte ricorrente stessa evidenzia, l’Istituto era stato in effetti autorizzato a svolgere anche “..la custodia valori e (il) trattamento (di) denaro” (cfr. il motivo 1.1 in esame)”.
3. Per quanto concerne il ricorso n. 1052/2014, la sospensione dell’attività di vigilanza della NP SERVICE SRL è stata determinata dal riscontro del mancato possesso in capo al sig. V, titolare della licenza di polizia sospesa, della qualità di legale rappresentante della Società.
In proposito, il Tar, respingendo le censure dei ricorrenti, ha rilevato che “ l’assenza di tale qualità e, dunque, l’esercizio dell’attività assentita con autorizzazione n. 1720/P.A. del 15.10.2003, pur in assenza dei necessari pieni poteri di rappresentanza, è nella fattispecie dimostrato per tabulas proprio dal tenore del verbale esibito dall’Istituto stesso, dal quale si evince l’attribuzione con efficacia ex tunc dei “poteri di rappresentanza e gestione autonoma della società” al sig. V, datato 1.4.2014;delega evidentemente successiva al rilascio della menzionata autorizzazione ”.
4. Con riguardo al ricorso n. 1458/2014, la revoca delle licenze di polizia del sig. V, aventi ad oggetto l’espletamento del servizio di trasporto di valori e del servizio di vigilanza, è stata adottata sulla scorta di una valutazione complessiva circa l’inaffidabilità della Società, desunta dalle gravi irregolarità commesse dall’Istituto di Vigilanza nell’esercizio delle sue attività.
In proposito, il Tar ha rilevato che il rigetto delle doglianze relative alle singole infrazioni contestate all’Istituto di Vigilanza consente di ritenere infondate anche le censure rivolte dalla ricorrente avverso il provvedimento di revoca.
Il giudice di prime cure ha, inoltre, stabilito, con riferimento all’asserita illegittimità del già richiamato regolamento del Questore sullo svolgimento dell’attività di vigilanza, che la censura è intempestiva e, comunque, inammissibile per carenza di interesse. Invero, si legge nella sentenza, “ l’eventuale apprezzamento favorevole della stessa non determinerebbe la caducazione ex post del provvedimento sanzionatorio gravato con ricorso n. 968/2014, fondato sulla violazione di quelle prescrizioni e sul quale si fonda a sua volta –si ribadisce ancora- la revoca di cui si discute, posto che in quel giudizio non è stata tempestivamente proposta analoga impugnazione ”.
5. Infine, con riferimento al ricorso n. 165/2016, trattandosi di provvedimento di sospensione delle licenze, che era stato adottato per alcune irregolarità commesse successivamente all’ottenimento, da parte della Società, della sospensione degli effetti del gravato atto di revoca, il Tar ne ha rilevato l’improcedibilità, in quanto “ tale ultimo ricorso è invero diretto a contestare un’ulteriore sospensione delle licenze ormai revocate, il cui accoglimento non apporterebbe alla parte ricorrente alcun’utilità ”.
6. Avverso la sentenza hanno proposto appello la società NP SERVICE SRL e il sig. V.
7. E’ intervenuta ad opponendum la società METROPOL SRL sul presupposto che dalla conferma della revoca delle licenze di polizia del sig. V deriverebbe la revoca dell’aggiudicazione a NP SERVICE SRL del servizio di vigilanza presso gli Ospedali Riuniti di Foggia, con automatico subentro dell’interventore nel contratto per scorrimento della graduatoria.
La causa è stata trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 23 febbraio 2017.
DIRITTO
1. Deve essere preliminarmente valutata l’ammissibilità dell’intervento ad opponendum spiegato dalla società METROPOL SRL.
1.1. L’intervento è ammissibile.
1.2. Secondo la consolidata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato per l’ammissibilità dell’intervento ad opponendum è sufficiente che l’interventore possa vantare un interesse di fatto rispetto alla controversia, che sia avvinto da un nesso di dipendenza o accessorietà rispetto a quello azionato in via principale e che gli consenta di ritrarre un vantaggio indiretto e riflesso dall’accoglimento del ricorso (da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 23 febbraio 2017, n. 849;già, Ad. Plen., 28 gennaio 2015, n. 1).
La società METROPOL SRL, in caso di conferma del provvedimento di revoca delle licenze di polizia del Sig. V, potrebbe subentrare, per scorrimento della graduatoria, nel contratto di vigilanza presso gli Ospedali Riuniti di Foggia, stipulato dall’Amministrazione con NP SERVICE SRL.
Sussiste, pertanto, un’utilità riflessa che l’interventore potrebbe ottenere in caso di rigetto dell’appello.
2. Con il primo motivo, relativo all’oggetto del ricorso che in primo grado aveva assunto n.R.G. 968/2014, gli appellanti deducono l’erroneità della sentenza nella parte in cui non avrebbe tenuto conto del fatto che la NP SERVICE SRL si era sempre avvalsa dell’attività di vigilanza di un soggetto terzo e che, pertanto, l’assenza di quattro guardie giurate a vigilanza del caveau non fosse ad essa imputabile. Prospettano, inoltre, che la Società non poteva dirsi soggetta al regolamento questorile che imponeva la presenza di un determinato numero di guardie giurate particolari, atteso che destinatari del regolamento erano esclusivamente gli istituti esercenti attività di vigilanza, mentre la Società era al tempo autorizzata a svolgere esclusivamente i servizi di trasporto e commessa scorta valori nonché la custodia valori e trattamento denaro. Gli appellanti deducono, infine, di aver sempre informato mediante rapporti giornalieri la Questura di Foggia circa le modalità di svolgimento del servizio, comunicando altresì l’organico impiegato e le rispettive assegnazioni nei luoghi di osservazione e sorveglianza, senza che la Questura avesse mai sollevato alcuna obiezione. Si sarebbe, pertanto, formato un vero e proprio diritto vivente o, comunque, un affidamento legittimo della NP SERVICE SRL circa la correttezza della procedura impiegata a sorveglianza del deposito temporaneo di valori.
2.1. Il motivo non è fondato.
2.2. Risulta pacifico fra le parti che il furto del maggio 2009, di circa cinque milioni di euro, sia avvenuto presso il caveau di proprietà della Società, dove era depositata l’ingente somma di circa quattordici milioni di euro.
Il regolamento di servizio della Società, approvato dal Questore di Foggia con decreto del 22.4.2003, espressamente prevedeva (pag. 5 delle disposizioni integrative) che “L’istituto qualora effettui anche il rimessaggio temporaneo dei valori, deve essere munito di idoneo caveau, preventivamente autorizzato, conforme agli standard di sicurezza degli analoghi locali degli Istituti bancari. Per la custodia di somme … occorre la vigilanza fissa …. fino a euro 5.000.000,00, a mezzo di 4 (quattro) gg.pp.gg.”.
La NP SERVICE SRL, giusta decreto del Prefetto di Foggia prot. N. 1720 del 15.10.2003, era stata autorizzata, non solo “ad effettuare in tutto il territorio della Provincia di Foggia il servizio di trasporto e scorta valori per conto di privati ed enti”, bensì anche “la “custodia valori” e “trattamento denaro” nel caveau ubicato nella sede operativa di Apricena al Corso Garibaldi n. 2”, là dove appunto si è verificato il furto.
Non vi può dunque essere alcun dubbio che l’Istituto ricorrente fosse soggetto alla scrupolosa osservanza del regolamento all’uopo adottato dal Questore di Foggia, giacché non è affatto sostenibile, come invece vorrebbero gli appellanti, che corra una sostanziale differenza fra l’attività di “custodia valori” e “trattamento denaro” presso il caveau di proprietà della Società, oggetto della licenza di polizia rilasciata nel 2003, e l’attività di “rimessaggio temporaneo di valori” presso idoneo caveau, disciplinata dal regolamento questorile anche quanto alle modalità di assolvimento del relativo obbligo di vigilanza.
2.3. Al riguardo, a nulla vale prospettare che, in realtà, il servizio di vigilanza del deposito temporaneo era stato affidato dalla Società a un terzo soggetto. Infatti, anche a voler ammettere che ciò fosse consentito dal regolamento questorile e non contrastasse col superiore principio di personalità delle licenze di polizia, non si vede come un aspetto organizzativo dell’attività offerta dalla NP SERVICE SRL, proprietaria del caveau ed espressamente autorizzata alla custodia e al trattamento dei valori ivi contenuti, possa assumere rilevanza nei confronti dell’Amministrazione. Che il servizio in questione fosse stato appaltato a un terzo può al più rilevare nei rapporti interni fra le due società. Tale circostanza, invece, non può in alcun modo far venir meno gli obblighi, di pregnante rilevanza pubblicistica, che incombevano sulla Società nello svolgimento dell’attività di rimessaggio dei valori.
2.4. Né si può in alcun modo ritenere che tali obblighi, espressamente enucleati nel regolamento di servizio, possano essere venuti meno in ragione della presunta formazione, ad opera della Questura di Foggia, di un “diritto vivente” di segno contrario, che avrebbe persuaso la NP SERVICE SRL della correttezza delle modalità di espletamento del servizio.
Anzitutto, dalla documentazione versata in atti non emerge che la Questura fosse stata messa espressamente al corrente dell’assenza del prescritto numero di guardie giurate particolari presso il caveau. Infatti, nelle comunicazioni indirizzate alla Questura, contenute nell’allegato n. 28 dell’atto di appello, si dà indicazione del personale in servizio presso la “centrale operativa” ovvero presso la “sala contazione”, nonché del personale “in ferie e/o permesso” e quello “in malattia e/o infortunio”. Ora, considerato che il caveau era situato presso la sede operativa e che nelle comunicazioni viene dato conto di una pluralità di guardie giurate presenti presso la centrale operativa e la sala contazione, non sembra affatto che possa desumersi, come vorrebbero gli appellanti, che la Questura fosse effettivamente al corrente delle mancanze della NP SERVICE SRL in tema di corretta vigilanza del caveau.
In ogni modo, anche ad ammettere che la Questura fosse effettivamente a conoscenza di tale circostanza, non si può certo discorrere di “diritto vivente”;locuzione che, come noto, indica la consolidata e diffusa interpretazione fra gli operatori del diritto, specialmente ad opera della giurisprudenza, di determinate disposizioni normative.
2.5. Né si potrebbe sostenere che, comunque, si sarebbe formata una prassi della Questura, abrogatrice del regolamento più volte richiamato. Nell’attuale assetto delle fonti del diritto non è, infatti, attribuita una siffatta forza attiva alla prassi. Dunque, non si vede come l’affidamento eventualmente riposto dalla Società nella correttezza del proprio operato, in virtù della presunta prassi questorile, possa comportare l’illegittimità della sanzione irrogata dal Prefetto, a fronte della chiara violazione del regolamento.
3. Con il secondo motivo, relativo all'oggetto del ricorso che in primo grado ha assunto n.R.G. 1052/2014, gli appellanti deducono l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto che il sig. V non fosse munito, in violazione di quanto prescritto dal punto 2.3 dell’Allegato A al D.M. n. 269/2010, del potere di rappresentanza legale dell’Istituto, circostanza che è alla base del provvedimento prefettizio n. 21675 del 15.7.2014 di sospensione della licenza.
Al riguardo, gli appellanti prospettano che, già prima dell’avvio del procedimento sanzionatorio, il sig. V ricopriva la carica di consigliere delegato della NP SERVICE SRL;delega avente ad oggetto i rapporti con le autorità pubbliche e con gli utenti per l’esecuzione del servizio di vigilanza. Di talché, il sig. V avrebbe dovuto considerarsi munito anche della rappresentanza legale dell’ente. Alla luce di ciò, la delibera dell’Assemblea dei soci del 1.4.2014 doveva essere interpretata, non nel senso di aver attribuito al sig. V il potere di rappresentanza legale e di gestione autonoma, ma più semplicemente come atto teso ad assecondare i desiderata della Pubblica Amministrazione. Si aggiunge che, comunque, Prefettura e Questura erano a piena conoscenza dei poteri attribuiti al sig. V nella compagine societaria e che, in proposito, mai alcuna obiezione era stata sollevata, neanche in sede di rilascio della licenza di polizia per l’attività di vigilanza nel 2011, quindi in data successiva all’adozione del D.M. n. 269/2010. Infine, l’appellante deduce che, a tutto voler concedere, la violazione del D.M. citato non avrebbe in alcun modo potuto giustificare l’automatica adozione del decreto di sospensione. Ciò perché, il D.M. n. 269/2010 non prevede tale sanzione in caso di sua violazione, mentre il generale potere di sospensione della licenza di cui al secondo comma dell’art. 257-quater del regolamento di esecuzione del TULPS è esercitabile solo a fronte di gravi violazioni delle disposizioni che regolano le attività assentite o delle prescrizioni imposte nel pubblico interesse, ovvero per altri motivi di ordine e sicurezza pubblica;ambiti cui non sarebbe riconducibile la prescrizione circa la necessaria coincidenza fra persona titolare della licenza di polizia e persona che gestisce l’impresa.
3.1. Le censure svolte dalla parte appellante non sono condivisibili.
3.2. Giova premettere che il principio di personalità rappresenta una caratteristica immanente al sistema delle licenze di polizia. In tal senso, l'articolo 8, r.d. 18 giugno 1931 n. 773, è inequivocabile: “ Le autorizzazioni di polizia sono personali: non possono in alcun modo essere trasmesse né dar luogo a rapporti di rappresentanza, salvi i casi espressamente preveduti dalla legge ”.
Di qui il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo cui “anche quando l'istituto di vigilanza sia organizzato in forma societaria, la licenza deve essere comunque intestata ad un persona fisica, la quale deve essere investita di poteri di rappresentanza organica della società stessa” (Cons. Stato, sez. VI, 20 ottobre 2005, n. 5902;in senso analogo, già la circolare del Ministero dell'Interno 11 luglio 1988, n. 599/C. 21581. 10089.D).
Se ne desume che il D.M. n. 269/2010, nella parte in cui stabilisce che “ il titolare di licenza deve essere munito della rappresentanza legale della società e di gestione autonoma dell'istituto ” (Allegato A;2.3), non costituisce, come si allude nell’atto di appello, una sopravvenienza normativa, quanto, piuttosto, la specificazione di una regola già desumibile dal tradizionale principio di personalità delle autorizzazioni di polizia.
La prescrizione del D.M. n. 269/2010 non rappresenta, quindi, un mero requisito organizzativo avulso dagli aspetti di ordine pubblico e sicurezza sottesi alla materia della polizia privata, ma ripete, giova ribadirlo, quanto già desumibile dal fondamentale principio di personalità delle autorizzazioni di polizia. Tale principio guarda con chiaro disfavore alla frammentazione dei poteri di gestione e rappresentanza degli istituti di vigilanza perché essa costituirebbe una minaccia a quella relazione diretta e di fiducia che deve necessariamente sussistere tra la pubblica amministrazione e chi voglia offrire sul mercato, anche mediante un’organizzazione societaria, attività di polizia privata.
3.3. Tanto premesso, come ha correttamente rilevato il giudice di primo grado, emerge per tabulas che il sig. V non fosse titolare dei necessari poteri nella compagine societaria fino al verbale di assemblea dei soci del 1° aprile 2014. Vi si legge, infatti, che “L’assemblea dei soci nonché il Consiglio di Amministrazione, dopo breve discussione, all’unanimità delibera quanto segue: - che al Rag. M V, già consigliere delegato, in aggiunta ai poteri attuali, venga conferita la rappresentanza legale della società e la gestione autonoma della società fino a revoca” (s.n.). Ne consegue che è del tutto irrilevante il passaggio riportato dall’appellante secondo cui la deliberazione assembleare è avvenuta “nello spirito di adesione ed obbedienza ai voleri degli Uffici della Prefettura di Foggia”. A parte il fatto che tale specificazione può essere letta, più plausibilmente, come mera formula di stile, considerato che il verbale sarebbe dovuto confluire nel procedimento diretto alla irrogazione della sanzione prefettizia;in ogni modo, ciò che più conta è il contenuto della deliberazione, ossia quello di attribuire ulteriori poteri al sig. V per rendere la sua posizione nella compagine societaria conforme alle prescrizioni di legge.
Dunque, per quanto suggestiva, la tesi degli appellanti, secondo cui la qualifica di amministratore del sig. V con delega “ai rapporti con gli uffici pubblici amministrativi, con gli organi di polizia e prefettura, nonché ai rapporti commerciali con gli utenti delle prestazioni aziendali” fosse già rispondente ai requisiti normativi, non ha pregio. Un conto, infatti, è il potere di rappresentanza legale e di gestione autonoma della società;ben altro è la qualifica di amministratore delegato con delega che, peraltro, copre solo parzialmente l’oggetto dell’attività esercitata dall’Istituto di vigilanza.
3.4. Né la mancata contestazione del difetto dei necessari poteri in capo al sig. V da parte della Prefettura prima dell’avvio del procedimento sanzionatorio nel 2014 può comportare l’illegittimità del provvedimento di sospensione, come se il potere sanzionatorio, di fronte all’integrazione dei presupposti per il suo legittimo esercizio, possa considerarsi consumato, in assenza di un termine perentorio, a causa di un asserito contegno inerte da parte degli organi della Prefettura.
Vero è, invece, come osservato anche nella memoria dell’Avvocatura dello Stato, che l’attività di verifica ad opera della Conferenza dei Servizi in merito all’adeguamento degli Istituti di Vigilanza all’intero D.M. n. 269/2010 ha rappresentato soltanto l’occasione in cui, compiuto un approfondito esame dei presupposti legittimanti le licenze, è emersa la violazione del principio di personalità delle autorizzazioni di polizia.
3.5. Le considerazioni che precedono consentono, infine, di rigettare l’assunto dell’appellante secondo cui la violazione della prescrizione circa la necessaria coincidenza fra persona titolare della licenza e persona avente il potere di rappresentanza legale e di gestione autonoma della società non potrebbe comportare la sospensione della licenza. Sia perché, come sopra rilevato, non è affatto vero che tale prescrizione non sia riconducibile agli aspetti di ordine pubblico e sicurezza sottesi al regime delle autorizzazioni di polizia. Sia perché il rispetto della surriferita regola è uno dei presupposti stessi per il rilascio della licenza, per cui non si vede come la sua violazione possa dirsi non grave e, quindi, inidonea a integrare i presupposti per l’esercizio del potere sanzionatorio di cui al secondo comma dell’art. 257-quater del regolamento di esecuzione del TULPS.
4. Con il terzo motivo, relativo all’oggetto del ricorso che in primo grado ha assunto n.R.G. 1458/2014, l’appellante deduce l’erroneità della sentenza del Tar nella parte in cui: a) ha giudicato inammissibili per carenza di interesse le contestazioni avverso il regolamento questorile, là dove specifica il numero di guardie giurate particolari che devono sorvegliare i caveau;b) ha ritenuto che la revoca delle licenze sia maturata esclusivamente in conseguenza delle pregresse sanzioni e sia quindi svincolata dalla contestazioni di inadempimento delle prescrizioni tecniche gravate in occasione del tentativo di rapina con omessa adeguata presenza di guardie giurate.
4.1. Anche tale motivo non è fondato.
4.2. Il rigetto dell’appello nella parte relativa al giudizio sulla legittimità del provvedimento di incameramento della cauzione, adottato proprio sul presupposto della violazione del numero minimo di guardie giurate particolari necessarie per la sorveglianza del caveau, preclude al Collegio l’esame della censura di illegittimità del regolamento questorile. Infatti, una volta che si è consolidata la legittimità del provvedimento di escussione della cauzione, che costituisce uno degli elementi fondanti il provvedimento di revoca, a nulla porterebbe un’eventuale pronuncia di illegittimità del regolamento nella parte in cui prevede un numero minimo di guardie giurate particolari necessarie per il presidio dei caveau. Tale questione avrebbe semmai dovuto essere proposta nel giudizio di impugnazione della sanzione di incameramento, adottata, giova ribadirlo, proprio sul presupposto della violazione della suindicata prescrizione del regolamento questorile.
4.3. In ogni modo, la tesi sostenuta dagli appellanti, secondo cui il Questore non avrebbe potuto specificare il numero minimo di guardie giurate perché nulla prevedono in proposito né il TULPS né il relativo regolamento di esecuzione, non persuade. Infatti, l’art. 9 del TULPS dispone che, “ oltre le condizioni stabilite dalla Legge, chiunque ottenga un'autorizzazione di polizia deve osservare le prescrizioni, che l'autorità di pubblica sicurezza ritenga di imporgli nel pubblico interesse ”.
Ebbene, come già rilevato dal Consiglio di Stato, peraltro in una sentenza resa tra le parti, “la funzione del regolamento di servizio è proprio quella di fornire un analitico parametro di riferimento per la corretta utilizzazione del titolo di p.s., per orientare l’esercizio dell’attività autorizzata (ed anche ai fini dell’applicazione delle sanzioni previste dall’art. 257-quater)” (Cons. Stato, sez. III, 3 agosto 2015, n. 3804).
4.4. Infine, mette conto osservare che, come correttamente rilevato dal Tar, la sanzione della revoca è stata disposta all’esito di una valutazione complessiva di tutte le violazioni fino ad allora commesse dall’Istituto di vigilanza;violazioni che hanno indotto il Prefetto a rinvenire, nelle concrete modalità di svolgimento delle attività da parte della NP SERVICE SRL, un grave pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza.
5. Il quarto motivo di appello concerne l’asserita illegittimità del provvedimento di sospensione delle licenze adottato dalla Prefettura per violazioni compiute successivamente alla sospensione cautelare dell’efficacia dei precedenti provvedimenti prefettizi di sospensione e di revoca della autorizzazioni di polizia del sig. V.
5.1. Il motivo non è sorretto dal necessario interesse.
5.2. Infatti, il rigetto delle censure relative al provvedimento di revoca delle licenze rende del tutto inutile esaminare la legittimità dell’ulteriore sospensione delle stesse, atteso che le licenze hanno ormai cessato di produrre i loro effetti.
6. L’appello è pertanto respinto.
7. Avuto riguardo alla peculiarità in fatto ed in diritto della questione trattata, appare equo compensare le spese di questo giudizio.