Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-07-27, n. 201004902

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-07-27, n. 201004902
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201004902
Data del deposito : 27 luglio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02030/2009 REG.RIC.

N. 04902/2010 REG.DEC.

N. 02030/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 2030 del 2009, proposto da:
A Spa, in proprio e quale capogruppo mandataria dell’Ati con le società Immobilgi Federici Stirling Spa, Fondazioni Speciali Spa e Lesi Spa, rappresentata e difesa dagli avv. V C M, B G C, A C, con domicilio eletto presso A C in Roma, via Principessa Clotilde, 2;

contro

Ministero delle infrastrutture e C.I.P.E. (Comitato interministeriale programmazione economica), rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Rete Ferroviaria Italiana s.p.a. rappresentata e difesa dall'avv. Francesco Saverio Mussari, con domicilio eletto presso Francesco Saverio Mussari in Roma, Lungotevere dei Mellini, 24;
Ferrovial Agroman s.a;
Italferr s.p.a.;
Salvatore Matarrese s.p.a;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III TER n. 10941/2008, resa tra le parti, concernente AFFIDAMENTO LAVORI DI RADDOPPIO LINEA FERROVIARIA CASERTA – FOGGIA (TRATTA BOVINO-ORSARA).


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero delle Infrastrutture e di Cipe - Comitato interministeriale programmazione economica, di R.F.I. s.p.a.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2010 il Consigliere Marcella Colombati e uditi per le parti gli avvocati Capece Minutolo, Carbone, Clarizia, Fantola per delega dell'Avv. Mussari e l'avvocato dello Stato Biagini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Una impresa (ATI tra Ferrovial Agroman s.a. e Salvatore Matarrese s.p.a.), avendo partecipato alla gara indetta nel 2005 dalla Italferr s.p.a., per conto della Rete ferroviaria italiana s.p.a., per l’affidamento dell’appalto integrato di progettazione esecutiva e realizzazione dei lavori di raddoppio della linea ferroviaria Caserta-Foggia (tratto Bovino-Orsara), ed essendosi in un primo tempo qualificata come prima impresa non anomala, ha impugnato innanzi al Tar del Lazio l’aggiudicazione provvisoria dei lavori all’ATI ADANTI s.p.a. la cui offerta era stata dichiarata non anomala dalla Commissione di gara a seguito di successivi accertamenti.

Nel corso di quel giudizio l’ATI A s.p.a. proponeva ricorso incidentale, sostenendo che la ricorrente era stata illegittimamente ammessa alla gara, non avendo nell’offerta indicato le quote di partecipazione al raggruppamento di mandataria e mandante, con impossibilità di verificare la sussistenza dei requisiti in capo alla mandataria e la rispondenza tra la quota di qualificazione, quota di partecipazione e quota di esecuzione dei lavori.

2. L’adito Tar con la sentenza n. 3959 del 29.5.2006 ha respinto il ricorso incidentale e accolto il ricorso principale, con conseguente annullamento dell’ aggiudicazione provvisoria della gara all’ATI A, ritenendo assorbente la censura relativa alla falsità di documenti giustificativi dell’offerta presentata dalla stessa A.

3. La sentenza è stata appellata dall’originaria aggiudicataria ATI A, la quale ha sostenuto che l’ATI Ferrovial Agroman-Matarrese non era in possesso di un requisito di ammissione alla gara, non avendo indicato le quote di partecipazione dell’ATI stessa;
pertanto il suo ricorso incidentale (da esaminare per primo) doveva essere accolto e, di conseguenza, era improcedibile il ricorso principale dell’ATI Ferrovial.

4. Nelle more dell’appello di A, la stazione appaltante Italferr (ora Rete ferroviaria italiana) ha revocato in data 28.6.2006 l’aggiudicazione provvisoria, prendendo esplicitamente atto della sentenza del Tar Lazio n. 3959 del 2006 e cioè in dichiarata esecuzione di quella pronuncia.

5. Il Consiglio di Stato con la sentenza n. 1001 del 1.3.2007 ha capovolto la situazione in quanto, in accoglimento dell’appello di A, ha ritenuto fondato il ricorso incidentale in primo grado dell’ ATI A da esaminare per primo, con conseguente inammissibilità dell’originario ricorso principale di ATI Ferrovial;
nel riformare la sentenza del Tar, il giudice di secondo grado infatti ha precisato che era fondata la censura della ricorrente incidentale circa la mancata indicazione delle quote di partecipazione dell’ATI Ferrovial (la quale andava quindi esclusa dalla gara e non aveva più la legittimazione ad impugnare l’aggiudicazione provvisoria all’ATI A) , e che per effetto della sua decisione, riemergeva “il potere rinnovatorio della p.a.”, tranne l’esclusione dalla gara di Ferrovial-Matarrese, che non era più in discussione.

6. Intanto, contro la revoca dell’aggiudicazione provvisoria in suo favore aveva ricorso l’ATI A (con un primo ricorso n. 7804 del 2006), sostenendo che, nelle more dell’appello, la R.F.I. s.p.a. non doveva procedere alla revoca e che in ogni caso l’atto di autotutela era privo di qualsiasi motivazione;
in più era mancato il previo avviso della procedura.

Con altro ricorso (n. 4764 del 2008) l’ATI A ha poi impugnato la successiva determinazione della stazione appaltante del 21.3.2008 “di non dare ulteriore corso alla procedura per l’affidamento dell’appalto…” per essere venuta meno la copertura finanziaria della spesa, sostenendo che detta determinazione non aveva tenuto conto della sentenza (nel frattempo intervenuta) del Consiglio di Stato n. 1001 del 2007 che aveva dato ragione alla stessa ATI A.

Inoltre ha negato che sia venuta a mancare la copertura della spesa, perché in realtà vi era stata una mera riallocazione delle risorse da parte della stazione appaltante, con conseguente sacrificio della tratta per la quale A aveva ottenuto l’aggiudicazione provvisoria.

In tal modo l’Amministrazione si era sottratta all’ottemperanza del giudicato del Consiglio di Stato e non aveva nemmeno valutato le osservazioni fatte pervenire dalla società.

7. 1. La situazione attuale è ora la seguente.

Il Tar del Lazio, con la sentenza n. 10941 del 2008 (ora appellata), riuniti i due ricorsi, ha accolto l’eccezione di improcedibilità del primo ricorso, perché l’accoglimento del precedente appello da parte del Consiglio di Stato ha fatto rivivere l’aggiudicazione provvisoria ad A e questa non aveva più interesse a coltivare il ricorso contro la revoca a suo danno.

Comunque ha esaminato nel merito il medesimo primo ricorso e lo ha ritenuto infondato, valutando che, al di là del nomen iuris, non si era trattato di revoca ma di annullamento di ufficio dell’aggiudicazione provvisoria, per il quale non ricorrevano i requisiti della revoca;
il reale contenuto del provvedimento della p.a. era quello di dare esecuzione alla prima decisione del Tar del Lazio n. 3959 del 2006, che non era stata sospesa (anzi l’ATI A aveva rinunciato alla sospensiva in cambio di un merito a breve) ed era quindi esecutiva;
inoltre quella prima decisione del Tar (sent. n. 3959 del 2006), avendo disposto l’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria, doveva considerarsi autoesecutiva e la p.a. non doveva nemmeno adottare atti dovuti (all’infuori della restituzione della cauzione);
né c’era bisogno dell’avviso preventivo perché comunque l’aggiudicazione era stata annullata, quale effetto diretto della sentenza del Tar.

7. 2. Quanto al secondo ricorso, il Tar con la medesima sentenza n. 10941 del 2008, prescindendo dalle eccezioni, lo ha ritenuto infondato e lo ha respinto, rilevando che la decisione di non procedere più all’appalto derivava legittimamente dalle nuove regole fissate nel Contratto di programma delle ferrovie.

Ripercorrendo la vicenda processuale, in primo luogo il Tar ha osservato che la sentenza del Consiglio di Stato n. 1001del 2007 non aveva imposto l’aggiudicazione definitiva ad A e il giudicato si era formato solo sull’esclusione dalla gara dell’ATI Ferrovial-Matarrese per mancanza di requisiti per l’ammissione (omessa dichiarazione della ripartizione delle quote) e quindi per mancanza dell’interesse a ricorrere, e non aveva invece trattato la posizione sostanziale dell’A accusata di aver presentato documenti falsi;
questo avrebbe dovuto essere accertato dalla p.a. alla ripresa della procedura.

In realtà RFI aveva deciso di non procedere nell’affidamento dei lavori per sopravvenuta mancanza di fondi, che erano stati drasticamente ridotti dall’art. 2 del d.l. n. 159 del 2007 (convertito nella legge n. 222 del 2007) e a seguito di ciò il Ministero infrastrutture (nemmeno evocato in giudizio) e RFI dovevano necessariamente procedere ad aggiustamenti del programma e le risorse erano state utilizzate sia per completare le opere in corso già cantierizzate, sia per la manutenzione straordinaria della rete ordinaria. Poiché la tratta in questione, oggetto dell’appalto, era stata correttamente inserita tra le “nuove” opere, non vi è stato nessun dirottamento fraudolento di fondi da un’opera ad un’altra.

Conseguentemente il Tar ha respinto anche la domanda di risarcimento del danno.

8. 1. Questa seconda sentenza del Tar del Lazio (n. 10941 del 2008) è ora appellata dall’ATI A,a la quale in primo luogo contesta la dichiarazione di improcedibilità del suo primo ricorso contro la revoca, perché la sentenza del Consiglio di Stato n. 1001 del 2007, pur avendo fatto rivivere l’aggiudicazione provvisoria, non ha privato di effetti la intervenuta revoca, che la A aveva interesse ad impugnare poiché l’atto lesivo continuava ad esistere fino a che in autotutela o ad opera del Tar non fosse stato annullato.

Inoltre, avendo il Tar comunque esaminato nel merito le doglianze ritenendole infondate, la motivazione della sentenza è errata perché Italferr non era affatto tenuta ad adottare il provvedimento di revoca in dichiarata esecuzione della sentenza del Tar, perché quella sentenza era già autoesecutiva, e l’adozione del provvedimento lesivo è stata una scelta consapevole e non condizionata dal Tar, mentre si sarebbe dovuto correttamente attendere l’esito dell’appello sul primo ricorso. Una volta accertato che la revoca è un atto non dovuto, ma ampiamente discrezionale, era necessario il previo avviso.

8. 2. Con riferimento alla decisione del Tar sul suo secondo ricorso, l’appellante A sostiene che la determinazione di non dar più corso alla procedura per mancanza di fondi è palesemente preordinata a privarla del contratto per l’esecuzione delle opere;
le risorse finanziarie c’erano e il Ministero infrastrutture e RFI le hanno riallocate per altre opere al fine di non ottemperare alla decisione del Consiglio di Stato n. 1001 del 2007 e senza offrire nessun riscontro alle osservazioni di A.

L’appellante insiste per il risarcimento del danno nella misura del 10% del valore del contratto ovvero per il ristoro di somme a titolo di responsabilità precontrattuale.

9. 1. Si sono costituite nel presente appello le Amministrazioni dello Stato (Ministero delle infrastrutture e CIPE, non evocate nel giudizio di primo grado), sostenendo il loro difetto di legittimazione passiva in quanto la stessa appellante non deduce nessun vizio circa il loro operato (accordo di programma 2001, 2005, 2007-2011, aggiornamento 2008);
l’accordo è del 22.5.2007 con aggiornamento nel marzo 2008);

9. 2. Le appellate nel merito sostengono l’infondatezza dell’impugnativa. Il primo ricorso era improcedibile come ha correttamente deciso il Tar;
poiché la revoca si basava solo sulla sentenza del Tar del Lazio n. 3959 del 2006 e l’annullamento dell’aggiudicazione provvisoria derivava dalla stessa sentenza di primo grado, una volta ottenuta la riforma di tale sentenza da parte del giudice di secondo grado, si applica l’art. 336 c.p.c. che disciplina l’effetto espansivo esterno della riforma della sentenza impugnata;
la revoca è pertanto venuta meno, mentre prima c’era l’obbligo di dare esecuzione alla sentenza Tar;
in ogni caso erano venute meno le risorse finanziarie;
infondata è la domanda di risarcimento del danno.

10. 1. Si è costituita in appello anche Rete Ferroviaria italiana s.p.a., rilevando che è corretta la pronuncia di improcedibilità del primo ricorso, in quanto A avrebbe avuto interesse a impugnare la revoca nel caso che in secondo grado fosse stata confermata la prima sentenza del Tar, ma tale interesse è venuto meno quando il Consiglio di Stato ha annullato la sentenza del giudice di prime cure.

Nel merito il ricorso contro la revoca è comunque infondato ed è corretta la sentenza che ha pure esaminato tutte le censure.

10. 2. Sul secondo ricorso (contro la determinazione di non dare più corso all’appalto), R.F.I. riproduce le eccezioni di inammissibilità per mancata impugnazione dell’accordo di programma e mancata notifica del gravame al Ministero delle infrastrutture, in quanto quello che individua gli investimenti e la copertura finanziaria è il contratto di programma tra il Ministero e RFI.

Formula poi altra eccezione di inammissibilità per mancata impugnazione della clausola 22 del bando di gara, che riservava a RFI la facoltà di procedere o meno all’aggiudicazione (e nell’atto impugnato il riferimento c’è).

Nel merito sostiene che la sentenza è corretta anche per il secondo ricorso perché non vi è stato nessun intento persecutorio nei confronti dell’A, ma solo una diminuzione di risorse finanziarie e un’accurata scelta degli interventi da realizzare;
né è sostenibile che bisognava tenere conto delle osservazioni della A, perché diversamente RFI sarebbe stata comunque tenuta a adottare altro atto con identico contenuto.

E’ infondata infine la domanda di risarcimento del danno e la sentenza del Tar va confermata.

11. 1. Con successive memorie tutte le parti hanno ulteriormente illustrato le proprie tesi difensive.

11. 2. In particolare l’appellante A ribadisce che il suo primo ricorso non doveva essere dichiarato improcedibile, perché la revoca era stata adottata, nonostante la pendenza dell’appello della sentenza Tar che era pure autoesecutiva, proprio per sovrapporre alla pronuncia annullatoria del Tar la misura della revoca, che presenta quindi un carattere autonomo e direttamente lesivo. Poiché la posizione dell’aggiudicataria era compromessa prima ancora che si stabilizzasse l’effetto annullatorio del Tar, c’era l’interesse ad impugnare la revoca.

Quanto poi all’eccezione di mancata impugnazione dell’accordo di programma, l’appellante osserva che non vi era necessità di alcun gravame, perché è stata RFI a disporre l’utilizzazione in concreto di risorse che erano ancora esistenti, così ledendo la sua posizione giuridica soggettiva.

11. 3. Dal canto suo RFI ribadisce le eccezioni e le tesi di merito, e dichiara che la tratta ferroviaria in questione non è stata ancora riappaltata per indisponibilità di mezzi finanziari a quasi 4 anni di distanza dalla revoca.

14. All’udienza del 20 aprile 2010 la causa è passata in decisione.

15. In pari data, con atto n. 266 del 2010, è stato emanato il dispositivo della presente decisione.

DIRITTO

La controversia, diffusamente illustrata in fatto, allo stato deve essere ricondotta alla sentenza del Tar n. 10941 del 2008, ora appellata, che:

a) ha dichiarato improcedibile il ricorso dell’ATI A avverso la revoca dell’aggiudicazione provvisoria in suo favore, disposta a causa del suo annullamento operato dal Tar con precedente decisione;
la revoca (unitamente alla restituzione della cauzione) era infatti avvenuta in dichiarata osservanza della sentenza del Tar n. 3959 del 2006 e non per sopravvenuti motivi di pubblico interesse o per mutamento della situazione di fatto;
il Tar ha quindi ritenuto che l’accoglimento dell’appello avverso la prima sentenza del Tar, annullatoria della aggiudicazione provvisoria, aveva fatto rivivere detto ultimo provvedimento con il conseguente venir meno dell’interesse ad impugnare il provvedimento di revoca dell’aggiudicazione medesima;
in ogni caso ha esaminato anche le censure nel merito, ritenendole infondate;

b) ha respinto il secondo ricorso dell’ATI A avverso la dichiarazione della stazione appaltante di non procedere più alla definizione della gara, per sopravvenuta carenza dei mezzi finanziari necessari all’esecuzione dell’opera consistente nel raddoppio di un tratto di ferrovia.

L’appellante A contesta con diffuse argomentazioni entrambe le statuizioni del Tar, ma l’appello è da respingere, potendosi prescindere dall’esame delle eccezioni preliminari sollevata dalle parti appellate.

Quanto alla decisione sul ricorso sub a), correttamente il Tar ha dichiarato l’improcedibilità dell’impugnativa per la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione;
ciò per l’effetto autoesecutivo della precedente decisione del Consiglio di Stato che, annullando la prima sentenza del Tar, aveva fatto rivivere la situazione esistente al momento dell’aggiudicazione “provvisoria” della gara alla A, disponendo espressamente che da quel momento “riemergeva” il potere rinnovatorio dell’Amministrazione nella prosecuzione della gara, ad esclusione dell’ammissione aslla gara dell’originaria ricorrente Ferrovial.

La questione è quella della determinazione dei presupposti e dei limiti per l’applicazione, al giudizio amministrativo, del principio di cui all’art. 336, comma 2, c.p.c., a norma del quale “la riforma o la cassazione estende i suoi effetti ai provvedimenti e agli atti dipendenti dalla sentenza riformata o cassata”.

E’ noto che di solito gli atti adottati dalla p.a. per sostituire il provvedimento annullato, al dichiarato fine di dare provvisoria esecuzione ad una pronuncia del Tar avverso la quale è contestualmente proposto gravame, non esprimono acquiescenza alla decisione del Tribunale amministrativo.

E, come sempre affermato dalla giurisprudenza, gli atti amministrativi vanno interpretati non solo in base al loro tenore letterale, ma anche risalendo all’effettiva volontà della p.a. e al potere in concreto esercitato, così che occorre prescindere dal nomen iuris ad essi attribuito al momento dell’adozione (Cons. di Stato, ad. pl. n. 3 del 2003.

L’efficacia di tali atti di esecuzione di sentenze di primo grado non sospese dovrebbe, quindi, venir meno nel caso di eventuale riforma della decisione all’esito del giudizio di appello, tranne l’ipotesi in cui emerga un’esplicita volontà contraria della p.a.

Nel caso in esame la revoca dell’aggiudicazione provvisoria all’A, in quanto adottata in esecuzione della sentenza del Tar del Lazio n. 3959 del 2006, è venuta meno in seguito all’effetto espansivo prodotto dal passaggio in giudicato della sentenza del Consiglio di Stato che ha riformato la pronuncia. Ciò, senza considerare che il provvedimento di revoca era addirittura inutile, per effetto dell’autoesecutività della sentenza del giudice di primo grado che aveva annullato l’aggiudicazione provvisoria alla stessa A.

Diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, non vi è nessun obbligo per la p.a. di attendere l’esito di un precedente appello prima di procedere oltre nell’esercizio delle sue funzioni, a meno che la sentenza non sia stata sospesa in sede cautelare dal giudice amministrativo;
il che nella specie non è avvenuto, avendo l’A rinunciato alla sospensiva in primo grado.

D’altra parte, la declaratoria di improcedibilità di un ricorso giurisdizionale per sopravvenuta carenza di interesse può derivare o da un mutamento della situazione di fatto o di diritto presente al momento della presentazione del ricorso, che faccia venir meno l’effetto logico del provvedimento impugnato, ovvero dall’adozione da parte della p.a. di un provvedimento che, idoneo a ridefinire l’assetto degli interessi in gioco, pur senza avere alcun effetto satisfattivo nei confronti del ricorrente, sia tale da rendere certa e definitiva l’inutilità della sentenza.

Nel nostro caso si è verificata la prima ipotesi: per effetto della decisione del Consiglio di Stato che ha riformato la prima sentenza del Tar, sfavorevole alla ricorrente incidentale, si è ripristinata la posizione giuridica soggettiva vantata dalla stessa, quale aggiudicataria provvisoria della gara, e quindi vi è stato un mutamento della situazione di diritto quale esisteva al momento della decisione del ricorso incidentale della A in primo grado.

Va ribadito che l’ ultima sentenza del giudice di secondo grado (n. 1001 del 12007) non può essere intesa come affermativa del diritto della A a conseguire l’aggiudicazione “definitiva” della gara, perché ciò era estraneo alla materia del contendere cristallizzata al momento della decisione, il cui giudicato si era formato soltanto sulla riforma della sentenza del Tar che aveva annullato la aggiudicazione provvisoria alla stessa A;
da quel momento la p.a. doveva soltanto riprendere la procedura, valutando i requisiti soggettivi della aggiudicataria provvisoria (in relazione alla quale erano state addirittura presentate due denunce alla Procura della Repubblica, da parte della stazione appaltante e dell’altra impresa Ferrovial, per falsità dei documenti) e l’inesistenza di obiettivi elementi ostativi alla definizione della procedura.

Quest’ultima evenienza è in concreto accaduta, in quanto le disponibilità finanziarie per l’esecuzione dell’opera pubblica erano venute a mancare per effetto delle varie leggi finanziarie (anni 2004-2006) e perché i finanziamenti esistenti e quelli recati dal d.l. n. 159 del 2007 erano stati destinati, per la ristrettezza delle somme disponibili, soltanto al completamento di opere già avviate e alla ristrutturazione della rete ferroviaria generale, secondo una scelta plausibile e pertanto non sindacabile.

Di tale decisione si duole l’A, che denuncia in appello l’illegittimo comportamento della stazione appaltante, che si sarebbe così volontariamente e consapevolmente sottratta all’obbligo di aggiudicare a sé medesima la gara in via definitiva, con ciò violando il giudicato del Consiglio di Stato n. 1001 del 2007.

La censura è palesemente infondata, sia perché nessun giudicato si era formato sulla aggiudicazione definitiva della gara in favore dell’A, sia perché è plausibile l’operato della p.a. che ha ritenuto di disporre diversamente delle ridotte disponibilità finanziarie, come stabilito nell’accordo di programma per le ferrovie per gli anni successivi a quello dell’indizione della gara in esame.

E’ giurisprudenza pacifica che gli atti di programmazione, pur essendo ampiamente discrezionali, non si sottraggono al sindacato del giudice amministrativo;
ma tale sindacato non può impingere nel merito delle scelte effettuate dalla p.a. e può riguardare solo vizi che ictu oculi appaiano di eccesso di potere in alcune figure sintomatiche, quali l’illogicità, la contraddittorietà, l’ingiustizia manifesta, l’arbitrarietà o l’irragionevolezza della determinazione;
ciò in quanto si tratta di provvedimenti assunti all’esito di complesse procedure nel corso delle quali sono di norma acquisite, discusse e definite tutte le valutazioni connesse con la realizzazione dell’opera pubblica. In questo ambito acquista valore l’adeguatezza della motivazione, consentita anche per relationem a tutti gli atti del procedimento, ma, stante la natura ampiamente discrezionale del provvedimento, è ovvio che essa non deve convincere della “opportunità” della scelta effettuata, bensì solo dell’assenza dei vizi su elencati;
in altre parole non è richiesto, in questi casi, che l’amministrazione dia contezza delle ragioni che, nel suo apprezzamento di merito, l’hanno indotta a preferire l’una o l’altra delle diverse soluzioni valutate e confrontate nelle diverse sedi.

In concreto la riduzione delle disponibilità finanziarie non ha consentito la realizzazione di tutte le opere ferroviarie “progettate” ed è stato necessario disporre aggiustamenti e correttivi rispetto alle originarie previsioni in sede di redazione del contratto di programma 2007-20011, con aggiornamento al 2008, e non compete al giudice amministrativo stabilire quali delle opere programmate dovessero essere eseguite e a discapito di quali altre opere pur eventualmente già iniziate.

Nelle premesse del secondo provvedimento impugnato (quello di non dar corso all’appalto per carenza di fondi – delibera Italferr n. 8 del 20.3.2008) è opportunamente esplicitato che la RFI , in data 11 luglio 2007, ha informato che “l’intervento” di cui si tratta è stato “incluso tra le opere attualmente prive di copertura finanziaria nel Contratto di programma 2007-2011, siglato il 22 maggio scorso” e che di ciò l’ATI A è stata preavvertita il 25.7.2007.

L’appellante sostiene che, diversamente da quanto affermato dalla p.a., l’opera che interessa la specifica tratta ferroviaria oggetto dell’appalto gode “di copertura finanziaria più che adeguata”, il che confermerebbe che la p.a. abbia volutamente omesso di ottemperare al giudicato del Consiglio di stato n. 1001 del 2007.

La censura è palesemente infondata in quanto si basa su un presupposto inesistente, e cioè che in conseguenza della sentenza del Consiglio di Stato prima richiamata l’A, aggiudicataria provvisoria, dovesse divenire necessariamente aggiudicataria definitiva.

Come è stato già dimostrato e motivato anche dal giudice di primo grado, l’ambito di quella controversia era circoscritto al momento in cui la p.a. aveva aggiudicato l’appalto in via provvisoria alla A;
nessuna ulteriore conseguenza è possibile trarre da quella pronuncia;
nessuna valutazione definitiva era stata compiuta dalla p.a. sulla dedotta falsità della documentazione presentata dalla A in sede di gara.

Per il resto la censura è addirittura inammissibile in quanto non sono stati impugnati in primo grado né il contratto di programma 2007-2011, né il suo aggiornamento al 2008, ed inoltre non sono stati evocati in giudizio il Ministero delle infrastrutture, firmatario dell’accordo con la RFI, e il CIPE che ha espresso il suo parere sulle proposte dell’accordo.

In ogni caso non sembra opportunamente dimostrata l’asserita copertura finanziaria, perché la conferma di 550 milioni di euro nel contratto 2007-2001 per l’intervento strutturale “raddoppio della linea ferroviaria Caserta-Foggia” non esclude che la p.a. abbia ritenuto di introdurre correttivi alle originarie previsioni preferendo, anche in ragione del plausibile aumento dei costi nel frattempo intervenuto, di completare le opere in corso e la manutenzione straordinaria della rete ferroviaria, e inserendo invece la tratta Bovino-Orsara tra le opere ancora da realizzare. E l’affermazione della RFI (v. memoria) che a distanza di molti anni l’opera in questione non sia stata riappaltata dimostra la scarsezza dei mezzi finanziari per realizzarla e la plausibilità della scelta effettuata.

Ancora va ricordato come nella delibera di non proseguire più nell’appalto per mancanza di finanziamento si precisa, quale ulteriore ragione della scelta, che la clausola 22 del bando consente alla pa. di procedere o meno all’aggiudicazione della gara, e sullo specifico punto non vi è nessuna censura.

Da ultimo, non può essere seguita la tesi dell’appellante, che in ogni caso le spetterebbe il risarcimento del danno, perché la possibilità che ad un’aggiudicazione provvisoria non segua quella definitiva del contratto di appalto è un evento del tutto fisiologico, disciplinato dagli artt. 11, comma 11, 12 e 48, comma 2, del d. lgs. n. 163 del 2006, inidoneo di per sé a ingenerare qualunque affidamento tutelabile con conseguente obbligo risarcitorio, qualora non sussista, come nella specie, nessuna illegittimità nell’operato della p.a. (cfr: Cons. di Stato, VI, n. 1907 del 2010).

Quanto al preteso ristoro dell’interesse negativo per le spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative (danno emergente) e per la perdita di ulteriori occasioni di stipula di contratti con altri soggetti (lucro cessante), è giurisprudenza pacifica che i costi sostenuti per partecipare alla gara non sono risarcibili all’impresa che lamenti la mancata aggiudicazione dell’appalto (o anche solo la perdita della chance di aggiudicarselo), ma costituiscono danno emergente solo qualora l’impresa subisca un’illegittima esclusione, perché solo in questo caso viene in considerazione la pretesa del contraente a non essere coinvolto in trattative inutili (Cons. di Stato, VI, n. 2751 del 2008).

Senza ripetere che nel caso concreto non è ravvisabile nessuna colpa della p.a., in ogni caso manca qualsiasi elemento di prova dell’asserito danno subito.

Conclusivamente l’appello non può essere accolto, ma le spese processuali possono essere interamente compensate in considerazione della complessità della vicenda contenziosa.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi