Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-01-18, n. 202300634

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-01-18, n. 202300634
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202300634
Data del deposito : 18 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/01/2023

N. 00634/2023REG.PROV.COLL.

N. 04587/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 4587 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Luigi D’Ambrosio e F L T, con domicilio digitale p.e.c. in registri di giustizia;

contro

Comune di -OMISSIS-, in persona del sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato G L, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M A G in Roma, via Tazzoli 2;

nei confronti

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato Fabrizio Cecinato, con domicilio digitale p.e.c. in registri di giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per -OMISSIS- n. -OMISSIS-


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS- e della -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 29 novembre 2022 il consigliere F F e uditi per le parti gli avvocati F L T, G L e Fabrizio Cecinato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per -OMISSIS- - sezione -OMISSIS- la -OMISSIS-, esercente attività di itticoltura in un’area affidatale in concessione dal Comune di -OMISSIS-, dell’estensione di 25.225 mq, comprensiva di specchio acqueo antistante, sita in località -OMISSIS-- -OMISSIS- (censita a catasto al-OMISSIS-), impugnava il diniego di proroga della concessione oppostole dall’amministrazione comunale con provvedimento di prot. n. -OMISSIS-, emesso sull’istanza della concessionaria -OMISSIS--. Con successivi motivi aggiunti quest’ultima impugnava lo sgombero dell’area successivamente ordinato dal Comune di -OMISSIS- (con ordinanza -OMISSIS--).

2. La pretesa alla proroga della società ricorrente successivamente alla scadenza del 28 maggio 2018 prevista per quella precedentemente rilasciata, di cui al provvedimento -OMISSIS--, era fondata sugli artt. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 ( Proroga di termini previsti da disposizioni legislative ;
convertito dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25), e 1, commi 682 e 683, della legge 30 dicembre 2018, n. 145 ( Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021 ). In vista del rilascio del nuovo titolo la medesima istante proponeva di sanare la morosità precedentemente accumulata nel pagamento dei canoni di concessione.

3. Con il diniego impugnato il Comune di -OMISSIS- opponeva che le disposizioni di legge richiamate dalla concessionaria « sono in contrasto con l’ordinamento comunitario », e comunque non applicabili a favore di quest’ultima, in ragione dell’intervenuta scadenza del rapporto al 28 maggio 2018.

4. Le censure contro le ragioni così sintetizzate del provvedimento impugnato sono state considerate infondate dall’adito Tribunale amministrativo regionale per -OMISSIS- - sezione -OMISSIS- con la sentenza indicata in epigrafe, e sono riproposte con il presente appello dalla -OMISSIS-.

5. Si sono costituiti in resistenza il Comune di -OMISSIS- e la -OMISSIS-, società titolare di una concessione di un’area confinante a quella affidata alla ricorrente, ed interveniente ad opponendum nel giudizio di primo grado.

DIRITTO

1. L’appello ripropone le censure dirette a sostenere che al rapporto concessorio controverso sarebbero applicabili le sopra richiamate disposizioni di legge, comportanti la proroga automatica in successione delle concessioni demaniali.

2. Con un primo motivo si ribadisce che la concessione avrebbe dapprima beneficiato della proroga delle concessioni demaniali marittime prevista dal sopra citato art. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, che nella versione vigente all’epoca dei fatti di causa, prevede(va), per quanto di interesse, che « nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi (…) ad uso pesca, acquacoltura ed attività produttive ad essa connesse (…) il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 è prorogato fino al 31 dicembre 2020 ». Si censura la sentenza di primo grado, che ha invece escluso l’applicabilità al caso di specie della proroga legale sul presupposto che prima -OMISSIS-- data in cui il Comune di -OMISSIS- ha rilasciato la concessione alla società ricorrente, quest’ultima non era titolare di alcun rapporto con l’amministrazione concedente relativo all’area demaniale, ma era solo affittuaria dal 1998 « della struttura denominata “-OMISSIS-” al -OMISSIS- », a sua volta realizzata per la produzione delle specie ittiche dall’amministrazione comunale dopo essere stata immessa nel possesso dell’area medesima dall’amministrazione marittima (con atto di sottomissione -OMISSIS--). In contrario si sottolinea che la disponibilità dell’area in capo alla società ricorrente va fatta risalire « fin dal 1998 », e che da quell’epoca la stessa ha sostenuto cospicui investimenti per l’adeguamento funzionale delle strutture produttive ivi presenti, nell’ambito di un rapporto finalizzato al subingresso di quest’ultima al Comune di -OMISSIS- nella concessione dell’area.

Si aggiunge che per effetto di ciò il rapporto concessorio rientrerebbe nell’ambito di applicazione dell’ulteriore proroga legale previsto dal parimenti sopra richiamato art. 1, commi 682 e 683, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, che secondo quanto statuito dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato nelle sentenze del -OMISSIS-, opererebbe fino a tutto il 2023.

3. Nel ritenere non applicabili le due proroghe la sentenza sarebbe invece incorsa in violazione dell’art. 73, comma 3, cod. proc. amm. ed in ultrapetizione, nell’escludere che al 30 dicembre 2009, data di entrata in vigore della prima proroga, non era in essere alcun rapporto concessorio, sulla base della circostanza, non ex adverso dedotta, che il contratto del 1998 « fa riferimento all’ “uso a titolo oneroso di un’area di mq 18.350”, inferiore, e quindi non coincidente, rispetto all’area demaniale successivamente data in concessione ». L’assunto sarebbe in ogni caso errato, posto che sulla base di quanto emergente dagli atti vi sarebbe « piena coincidenza tra le aree demaniali marittime dapprima affidate in gestione e poi date in concessione alla società ricorrente ».

4. Con un ulteriore motivo l’appello censura la sentenza per non avere riconosciuto tutelabile l’affidamento alla continuità del rapporto, per nell’ambito dei principi di concorrenzialità e trasparenza che in sede sovranazionale presiedono all’affidamento di concessioni demaniali, e che nel caso di specie sarebbe predicabile « in considerazione del contratto di affitto e gestione dell’area demaniale risalente al 1998 e dell’enorme lasso di tempo impiegato per il rilascio del titolo concessorio (circa 15 anni) ».

5. L’appello contesta inoltre che non sarebbero applicabili le modifiche introdotte all’art. 1, comma 18 del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194, dall’art. 1, comma 670, della legge 30 dicembre 2020, n. 178 ( Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023 ), in base alle quali la disposizione è stata riformulata nei seguenti termini: « il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonché esclusivamente di quelle ad uso pesca e acquacoltura, rilasciate successivamente a tale data a seguito di una procedura amministrativa attivata prima del 31 dicembre 2009, e in scadenza entro il 31 dicembre 2018 è prorogato fino al 31 dicembre 2020 ». Si sottolinea al riguardo che la modifica avrebbe « una portata interpretativa vincolante », perché « emanata per risolvere la confusione e la disparità di trattamento » rispetto alla proroga ex art. 1, commi 682 e 683, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, riferita tra l’altro alle concessioni « vigenti alla data di entrata in vigore del decreto-legge 31 dicembre 2009, n. 194 » e a quelle « rilasciate successivamente a tale data a seguito di una procedura amministrativa attivata anteriormente al 31 dicembre 2009 ».

6. La sentenza sarebbe inoltre errata nella parte in cui non ha riconosciuto applicabile la proroga ai sensi dell’art. 1, commi 682 e 683, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ora richiamato, alle concessioni diverse da quelle per finalità turistico-ricreative;
ed inoltre per averla esclusa per ragioni di ordine cronologico, avuto riguardo al fatto che la proroga legale in questione è riferita alle concessioni vigenti al 1° gennaio 2019, data di entrata in vigore della legge 30 dicembre 2018, n. 145, senza considerare che la ricorrente aveva comunque beneficiato della proroga di cui all’art. 1, comma 18, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194.

7. Ulteriori censure nei confronti della sentenza di primo grado sono rivolte alla ricostruzione dei fatti, ed in particolare per avere attribuito rilievo, per un verso, alla domanda di concessione presentata dalla ricorrente, che invece era motivata che quella risalente al 2013 non era ancora censita nel sistema informativo del demanio marittimo;
e per altro verso al subaffitto alla -OMISSIS-., il quale è tuttavia « rimasto immediatamente sospeso e privo di efficacia in virtù delle difficoltà amministrative incontrate in ordine alla concessione demaniale marittima », e che non ha dato luogo a contestazioni da parte del Comune di -OMISSIS-.

8. Viene inoltre ritenuto incongruo il termine di 60 giorni assegnato dalla sentenza di primo grado per l’esecuzione dello sgombero.

9. Infine si ripropone la censura di disparità di trattamento rispetto ad altri concessionari che hanno beneficiato delle più volte richiamate proroghe legali.

10. Le censure così sintetizzate sono infondate.

11. La sentenza di primo grado va confermata innanzitutto nella parte in cui ha escluso l’operatività alla concessione a suo tempo rilasciata a favore della società ricorrente della proroga prevista dal più volte citato art. 1, comma 18, della legge 30 dicembre 2009, n. 194, per la dirimente ragione che alla data in cui questa è entrata in vigore, 30 dicembre 2009, la -OMISSIS- non era titolare di alcuna concessione dal Comune di -OMISSIS-. A quella data i rapporti tra le due parti erano regolati dal contratto di « Affidamento in gestione (dell’) impianto di depurazione di molluschi in località -OMISSIS-– -OMISSIS- », -OMISSIS--, stipulato dall’amministrazione comunale nella sua dichiarata qualità di « titolare della concessione Demaniale Marittima di cui in premessa » (art. 7 del contratto), e cioè dell’area all’epoca catastalmente individuata al foglio -OMISSIS-, « data in concessione al -OMISSIS- dal Ministero della Marina Mercantile (…) giusta atto di sottomissione -OMISSIS- », sulla quale l’amministrazione comunale aveva realizzato un impianto di depurazione di molluschi.

12. La società ricorrente è invece divenuta concessionaria della medesima area sita nel Comune di -OMISSIS- solo con il provvedimento di quest’ultima amministrazione -OMISSIS--. Nelle premesse dell’atto si precisa che in base all’avviso espresso dalla competente Capitaneria di porto il perfezionamento della concessione, mediante subingresso ex art. 46 cod. nav. della ricorrente al Comune di -OMISSIS-, avrebbe richiesto un atto di sottomissione aggiuntivo con il Ministero dei trasporti, titolare dell’area in questione, necessario per « la modifica dello scopo della concessione (sempre in materia di pesca) da impianto di stabulazione di molluschi eduli lamellibranchi a produzione di specie ittiche pregiate ». Nelle stesse premesse viene quindi dato atto che in seguito la Regione, subentrata nelle competenze amministrative in materia, ha delegato il Comune di -OMISSIS- per la definizione del procedimento, con l’emissione dell’atto di concessione.

13. La stessa ricorrente si mostra consapevole di non essere stata titolare di alcun rapporto di concessione prima del provvedimento in questione, ed in particolare alla data di entrata in vigore della norma di legge di proroga, la cui finalità, una volta abrogato il diritto di insistenza del concessionario ex art. 37, comma 2, del codice della navigazione, consisteva nel mantenere per un periodo transitorio nell’uso speciale del demanio marittimo in precedenza assentito i concessionari che in buona fede avevano confidato nell’istituto abrogato, nelle more della « nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo » in materia. Nel presente appello si riconosce infatti che il procedimento finalizzato alla concessione, risalente al 2002, si è protratto per molti anni a causa della necessità di definire le competenze in materia e che fino all’emissione del provvedimento concessorio del 2013 la società ricorrente poteva vantare la « disponibilità dell’area fin dal 1998 in virtù di un titolo legittimante la realizzazione degli investimenti effettuati », con l’ulteriore precisazione che « tale contratto di gestione era finalizzato al subingresso della -OMISSIS-al Comune di -OMISSIS- nel rapporto concessorio ». Dalla descrizione degli eventi fornita dalla medesima ricorrente si ricava quindi che prima del provvedimento -OMISSIS--, dell’amministrazione comunale nessun rapporto concessorio era stato costituito.

14. Viene dunque meno la base giuridica per invocare l’ulteriore proroga legale previsto dall’art. 1, coma 682, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, parimenti già richiamato, che peraltro è riferita alle concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative ed assimilate, ovvero a quelle « disciplinate dal comma 1 dell’articolo 01 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494 », nelle quali non rientra l’itticoltura.

15. La ricorrente non può nemmeno giovarsi delle modifiche introdotte all’art. 1, comma 18 del decreto legge 30 dicembre 2009, n. 194, dall’art. 1, comma 670, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, in precedenza richiamato, che ha esteso l’ambito di applicazione della proroga legale del 2009 alle concessioni ad uso pesca e acquacoltura rilasciate anche successivamente alla data di entrata in vigore del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194, purché in forza di « una procedura amministrativa attivata prima del 31 dicembre 2009, e in scadenza entro il 31 dicembre 2018 ». Contrariamente a quanto si suppone nell’appello, la modifica non ha natura di norma interpretativa, ma ha carattere innovativo della previgente disciplina e precisamente. Come infatti si riconosce nello stesso appello, l’intervento normativo del 2020 era inteso ad allineare il trattamento normativo delle concessioni demaniali per finalità diverse da quelle turistico-ricreative a queste ultime, in relazione alla proroga per esse prevista dall’art. 1, commi 682 e 683, della legge 30 dicembre 2018, n. 145. Sennonché, alla data di entrata in vigore delle modifiche in esame il rapporto di concessione tra il Comune di -OMISSIS- e l’odierna ricorrente era già cessato, per intervenuta scadenza al 28 maggio 2018, come previsto nell’atto di concessione di cui al più volte richiamato provvedimento -OMISSIS--, dell’amministrazione comunale resistente.

16. Esclusa dunque l’ipotesi della proroga legale su cui si fondano le censure della società ricorrente contro i provvedimenti da questa impugnati nel presente giudizio ogni ulteriore questione è assorbita, salvo per quanto riguarda il termine di 60 giorni assegnato per lo sgombero dell’area, che tuttavia è superato dal tempo nel frattempo trascorso.

17. L’appello deve quindi essere respinto, per cui va confermata la sentenza di primo grado, ma pera la natura delle questioni controverse le spese di causa possono essere compensate tra tutte le parti.

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