Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-12-13, n. 202410068

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-12-13, n. 202410068
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202410068
Data del deposito : 13 dicembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/12/2024

N. 10068/2024REG.PROV.COLL.

N. 05183/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5183 del 2024, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Aristide De Vivo, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;



contro

Ministero dell'interno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;



per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di ER, sezione terza, in data -OMISSIS-, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 novembre 2024 il consigliere ST Filippini;

Udito l’avvocato Aristide De Vivo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Oggetto del presente giudizio è costituito dal decreto del Capo della Polizia n. 333/SAA/I/56119 del 16.6.2023 con cui il Ministero dell’interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Direttore Generale della Pubblica Sicurezza ha dichiarato estinto il rapporto di impiego del sovrintendente della Polizia di Stato -OMISSIS- a decorrere dal 29.11.2013, a norma dell’art.32- quinquies c.p., provvedendo altresì a regolare gli effetti dei pregressi periodi di sospensione cautelare dal servizio ai fini giuridici, di quiescenza, assistenza e previdenza.

2. Con il ricorso al Ta.r. il sig. -OMISSIS- ha esposto:

a) di essere stato prima indagato e poi condannato per i delitti di cui agli artt. 317 e 319 quater c.p. riportando la pena di 3 anni e 10 mesi di reclusione oltre alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per anni 5;

b) che, ai sensi dell’art. 32 quinquies c.p., la detta condanna importa altresì l'estinzione del rapporto di lavoro o di impiego nei confronti del dipendente di amministrazioni pubbliche;

c) che il decreto impugnato ha dato attuazione a quest’ultima previsione fissando la decorrenza dell’estinzione del rapporto di lavoro al 29.11.2013 e regolando la valenza dei periodi di sospensione e di servizio medio tempore prestati.

Ciò premesso, nella sostanza ha lamentato:

a) l’automatismo del provvedimento di estinzione (al di fuori di qualunque valutazione autonoma - quanto ai profili di impiego e disciplinari – sulla gravità della condotta e sulla proporzionalità e gradualità della sanzione), in relazione ai fatti accertati in sede penale;

b) in relazione a tale profilo, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 32 quinquies c.p., per contrasto con gli artt. 3, 4, 25, 27, 35 e 97 della Costituzione e per violazione dei sottesi principi di proporzionalità delle pene e di gradualità delle sanzioni, nonché di ragionevolezza, non discriminazione e rieducazione della pena e, altresì, di tutela del diritto al lavoro e di difesa;

c) l’efficacia retroattiva della sanzione applicata, a far data dal 29.11.2013, (il decreto prevede che i periodi di sospensione cautelare dal servizio sofferti dipendente non sono validi né ai fini giuridici né a quelli di quiescenza, assistenza e previdenza), di tal che non avrebbe maturato il diritto alla pensione.

3. Il T.a.r. della Campania, sezione staccata di ER (sezione terza), con sentenza in data -OMISSIS-, ha rigettato il ricorso affermando:

i) che l’estinzione del rapporto pronunciata dall’amministrazione, in applicazione dell’art. 32 quinquies c.p., non costituisca autonomo esercizio di un ulteriore potere disciplinare ma unicamente un atto vincolato che integra l'effetto indiretto della condanna penale e che, dunque, non sia richiesta l'intermediazione valutativa dell'amministrazione;

ii) che la prospettata questione di legittimità costituzionale dovesse ritenersi manifestamente infondata;

iii) quanto alla censurata retrodatazione degli effetti del provvedimento estintivo, che il provvedimento impugnato aveva correttamente ricostruito i periodi lavorativi effettivamente prestati, espungendo i periodi di sospensione cautelare; una volta intervenuto il provvedimento di destituzione, il rapporto di impiego deve ritenersi estinto a tutti gli effetti, compreso quello del trattamento di quiescenza, con decorrenza coincidente con l’inizio della sospensione cautelare, essendo, quest’ultima, un’anticipazione dell'allontanamento dal servizio, poi, definitivamente confermata dal provvedimento di decadenza; sicchè l’atto che dispone la cessazione dal servizio, in ottemperanza al dettato dell’art 32 quinquies