Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-02-01, n. 201000401

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2010-02-01, n. 201000401
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201000401
Data del deposito : 1 febbraio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03827/2009 REG.RIC.

N. 00401/2010 REG.DEC.

N. 03827/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 3827 del 2009, proposto dalla sig.ra M Serenetta, rappresentata e difesa dagli avv. A A e A C, con domicilio eletto presso lo studio dei medesimi in Roma, via Ennio Quirino Visconti, 55;

contro

Comune di Roma, rappresentato e difeso dall'avv. G L, domiciliato nella sede dell’Avvocatura capitolina, in Roma, via del Tempio di Giove 21;

nei confronti di

Z G, rappresentato e difeso dall'avv. G M G, con domicilio eletto presso il medesimo in Roma, via G.G. Belli, 27;

per la riforma

della sentenza del Tar Lazio - Roma :sezione II Bis n. 00646/2009, resa tra le parti, concernente proclamazione eletti al consiglio comunale - elezioni 2008.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Roma e del sig. Z G;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 luglio 2009 il Cons. Cesare Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Alegiani, Lesti e Gentile;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO


1. La signora Serenetta M è stata candidata alle elezioni del Sindaco del Comune di Roma tenutesi il 13 e 14 aprile 2008, in collegamento con la Lista civica Amici B G Roma.

1.1. All’esito delle operazioni elettorali, riportate nel verbale delle operazioni dell’Ufficio Centrale, la Lista civica Amici di B G Roma ha conseguito numero 40.389 voti validi su 1.657.583, pari al 2,4366% dei voti validamente espressi e, ai sensi dell’art. 73, comma 7, del D.Lgs. n. 267 del 2000, non è stata ammessa all’assegnazione dei seggi per non aver superato lo sbarramento del 3% delle preferenze, quantificato dall’Ufficio Centrale in n. 49.727 dei voti validi.

1.2. Sono state, invece, ammesse all’assegnazione, vedendosi attribuire un seggio ciascuno, la Lista civica per Alemanno che ha totalizzato 18.734 voti, ovvero il 1,1301% e la Lista civica per Rutelli che ha totalizzato 41.880 voti, ovvero il 2,5265%.

1.3. Qualora fosse stata ammessa all’assegnazione dei seggi con la cifra elettorale 40.389,00, la Lista civica Amici di B G Roma, avrebbe ottenuto la posizione n. 20 con l’attribuzione di un seggio, in danno del candidato G Z, proclamato eletto nella Lista del Partito Democratico.

2. Nel ricorso introduttivo, la signora M ha affermato che dalla verifica dei singoli verbali di scrutinio del primo turno elettorale effettuata presso l’Ufficio Elettorale del Comune di Roma, sarebbe emersa una lunga serie di incongruenze e di omissioni nella compilazione dei verbali di numerose sezioni, evidenziate nelle numerose tabelle allegate al ricorso e raggruppabili in tre tipologie:

A) in alcuni casi il contenuto del verbale sarebbe contraddittorio, differendo tra di loro cifre che invece dovrebbero risultare identiche;

B) in altri numerosi casi i verbali sarebbero risultati incompleti, rendendo impossibile la verifica della correttezza dei dati inseriti;

C) in altri casi ancora, pur potendo sembrare coerente quanto verbalizzato, il numero dei voti ottenuti dal candidato sindaco Simonetta M, esclusi i voti non contenenti preferenze di lista, si differenzierebbe in modo eccessivo dai voti ottenuti dalla lista collegata alla stessa.

2.1. La presenza di asseriti errori nello spoglio si rinverrebbe dall’ulteriore elemento significativo consistente nella grande differenza di voti ottenuti dalla Lista civica Amici B G Roma nelle stesse sezioni in cui concorreva sia per il Comune che per il Municipio. Nei quattordici Municipi, su diciotto in cui si è presentata, la Lista avrebbe totalizzato 32.636 preferenze per le elezioni comunali e 46.323 per le elezioni municipali, con una differenza di 13.597 preferenze nelle stesse identiche sezioni.

2.2. Dai 385 verbali di scrutinio contenenti dati incongrui e dai 516 verbali di scrutinio incompleti, emergerebbe che il risultato concreto delle consultazioni elettorali potrebbe essere diverso da quello contenuto nell’atto della proclamazione degli eletti, con conseguente interesse alla verifica dei verbali delle sezioni indicate ed eventualmente delle schede elettorali.

3. La signora M ha poi sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art.73, comma 7 della Legge 18.8.2000, n. 267 per violazione degli art. 3, 49 e 97 della Costituzione, nella parte in cui distingue tra liste che appartengono ad un gruppo di liste e liste che non vi appartengono: la Lista civica Amici B G Roma non ha partecipato all’assegnazione dei seggi al Consiglio comunale di Roma, pur avendo ottenuto un numero di voti tale che, con l’applicazione del metodo d’Hondt previsto dal successivo comma 8 dello stesso articolo, le avrebbe riconosciuto un seggio consiliare. La norma provoca l’astratta disparità di trattamento in quanto gli elettori della Lista civica per Alemanno e gli elettori della Lista civica per Rutelli hanno un loro rappresentante in seno al Consiglio comunale a differenza degli oltre quarantamila elettori della Lista civica Amici B G Roma, penalizzata per il solo fatto di non appartenere ad un gruppo di liste, incidendo ciò sul principio di uguaglianza. L’art. 73, co. 7 del D.Lgs. n. 267 del 2000 risponde alla finalità politica di costituire due grandi blocchi contrapposti, uno di governo e uno di opposizione, introducendo un innominato sistema bipolare che non assurge a principio di natura costituzionale e contrasta con i valori del pluralismo politico riconosciuto dall’art.49 Cost., in danno della partecipazione democratica e della corretta amministrazione dell’ente, in contrasto con l’art. 97, primo comma Cost..

3.1. Nel merito, la signora M ha censurato la violazione dell’art. 68 del DPR 23 giugno 1960, n. 152, nella parte in cui prescrive l’accertamento in seno alla Commissione scrutinante della verifica della congruità delle cifre riportate nei verbali ai fini della corrispondenza numerica con gli altri dati quali, ad esempio, il numero degli iscritti, dei votanti, dei voti validi assegnati, delle schede nulle, bianche, contestate. In quanto la mancata compilazione dei verbali o la loro incongruità non sarebbe causa di nullità del procedimento elettorale, essendo possibile verificare l’effettiva volontà tramite le schede elettorali, la ricorrente chiede il controllo delle schede elettorali delle sezioni i cui verbali asserisce che risultano incompleti o contraddittori nonché delle tabelle di scrutinio.

3.2. Innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio si costituito il Comune di Roma affermando che la ricorrente, pur impugnando i verbali di scrutinio degli Uffici elettorali di sezione non avrebbe proposto alcuna impugnazione o eccezione nei confronti del verbale dell’Ufficio Centrale, sulla base del quale avviene la proclamazione degli eletti, con riferimento all’assegnazione dei voti ai candidati e alle liste, in relazione ai rilievi circa la lamentata incongruenza dei dati.

3.3. Anche il controinteressato G Z si è costituito in giudizio ed ha eccepito l’inammissibilità del ricorso in considerazione del suo carattere esplorativo per la genericità delle censure.

4. Con la sentenza in epigrafe, il ricorso è stato dichiarato inammissibile considerato che:

- la ricorrente, pur impugnando i verbali di scrutinio degli Uffici elettorali di Sezione, non svolge alcuna censura nei confronti del verbale dell’Ufficio elettorale centrale nella parte relativa all’assegnazione dei voti ai candidati e alle liste;

- la prospettazione attorea si sostanzia in censure generiche di violazione del DPR n. 570 del 1960 con riferimento a non circostanziate irregolarità nella attribuzione dei voti alla candidata nonché a una non provata e imprecisata errata trascrizione di voti in varie sezioni nei confronti della ricorrente e della Lista ad essa collegata;

- la genericità delle contestazioni, anche se descritte in lunghi elenchi, è da ascrivere all’assenza dell’oggettiva obiettività, non essendo possibile un riscontro immediato dai verbali delle numerose sezioni contestate o da altra documentazione allegata;

- le incongruenze dei voti fanno riferimento ad un numero di suffragi che non può mai raggiungere quello necessario per il conseguimento del quorum, cioè 49.722 (quorum necessario per garantire la governabilità negli enti locali): i voti mancanti per il raggiungimento del quorum sarebbero 9.333 e le incongruenze riscontrate in ricorso, semmai valide, appaiono astratte in quanto non possono raggiungere tale cifra.

5. La sentenza è appellata sulla scorta di tre distinte censure, di errore nella valutazione delle contestazioni, di apoditticità nel mancato superamento della prova di resistenza e di omessa pronuncia in merito all’eccezione d’incostituzionalità.

5.1. Nel presente giudizio si sono costituiti il Comune di Roma che ha insistito per il rigetto dell’appello e il sig. G Z, candidato proclamato eletto nella Lista del Partito Democratico, che ha eccepito l’inammissibilità dell’appello per non avere impugnato l’affermazione, contenuta nella sentenza, che il ricorso avrebbe dovuto essere diretto anche conto il verbale dell’Ufficio elettorale centrale.

6. La causa viene in decisione all’udienza del 29 luglio 2009.

DIRITTO

1. Con la decisione in epigrafe, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso della signora Serenetta M, candidata alla carica di Sindaco di Roma, in collegamento con la Lista civica Amici B G Roma nelle consultazioni svoltesi il 13 e 14 aprile 2008, avverso il verbale dell’Ufficio elettorale centrale, nel quale sono stati attribuiti alla Lista un numero di 40.389 su 1.657.583 voti validi, pari al 2,4366% dei voti validamente espressi.

1.1. Ai sensi dell’art. 73, comma 7, del D.Lgs. n. 267 del 2000, la Lista civica Amici di B G Roma non è stata ammessa all’assegnazione dei seggi, non avendo superato lo sbarramento del 3% delle preferenze, quantificato dall’Ufficio Centrale in n. 49.727 dei voti validi. Sono state, invece, ammesse all’assegnazione, con un seggio ciascuno, la Lista civica per Alemanno che ha totalizzato 18.734 voti, ovvero il 1,1301% e la Lista civica per Rutelli che ha totalizzato 41.880 voti, ovvero il 2,5265%, perché apparentate con altre liste. La Lista civica Amici di B G Roma, non apparentata con nessuna altra lista, qualora fosse stata ammessa all’assegnazione dei seggi con la cifra elettorale 40.389,00, avrebbe ottenuto l’attribuzione di un seggio, in danno del candidato G Z, proclamato eletto nella Lista del Partito Democratico.

1.2. L’inammissibilità del ricorso è stata ritenuta dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio, per l’assenza di censure specifiche nei confronti del verbale dell’Ufficio elettorale centrale in relazione all’assegnazione dei voti ai candidati e alle liste, sostanziandosi i motivi proposti in doglianze generiche e non in circostanziate irregolarità attinenti all’attribuzione dei voti alla candidata e alla trascrizione di voti nelle sezioni. La sentenza ha altresì rilevato che il numero di suffragi, di cui è censurata l’incongruenza, non è tale da raggiungere il quorum di 49.722 voti validi come stabilito dall’art. 73, co. 7 del D.Lgs. n. 267/2000.

2. L’appello è articolato sui tre distinti motivi (errore nella valutazione delle contestazioni – apoditticità del mancato superamento della prova di resistenza - omessa pronunzia sull’eccezione di incostituzionalità del cd. “sistema bipolare” introdotto dal’art. 73, co. 7 del D.Lgs. n. 267 del 2000), la cui infondatezza esime il Collegio dall’esaminare le eccezioni pregiudiziali.

3. Nel primo motivo, si afferma l’incongruenza e la contraddittorietà del verbale di proclamazione degli eletti per le omissioni e le inesattezze riscontrate nella compilazione dei verbali di scrutinio del primo turno elettorale, raggruppate in tre tipologie: (A) talune cifre differiscono mentre dovrebbero risultare identiche;
(B) taluni verbali sono incompleti e rendono in tal modo impossibile la verifica della correttezza dei dati inseriti;
(C) il numero dei voti ottenuto dalla candidato sindaco Serenetta M, esclusi i voti che non contengono preferenze di lista, si differenziano eccessivamente dai voti ottenuti dalla lista allegata allo stessa, facendo sorgere dubbi sulla correttezza dello scrutinio.

Ad ogni profilo di censura è allegata una tabella.

Per quello che riguarda i primi due profili, la tabella consta di dieci colonne: nelle prime quattro colonne sono riportati il numero delle sezioni (col. A), quello dei votanti per ogni sezione (col. B), il numero delle schede bianche (col. C) e quello delle schede nulle (col. D);
la quinta colonna (col. E) riporta il numero dei voti validi e la settima (col. G) il numero totale dei voti espressi per tutti i sindaci;
nella sesta colonna (col. F) è riportata la differenza fra il numero dei voti validi (col. E) e il numero totale dei voti espressi per tutti i sindaci (col. G).

3.1. Sul presupposto che non è possibile esprimere un voto valido senza indicare la preferenza per il sindaco, la ricorrente afferma nel primo aspetto di censura (sub A1) che i numeri delle colonne E e G dovrebbero essere identici. Non essendo ciò avvenuto per una grande quantità di casi, i risultati riportati nei verbali sono incongruenti. Nel secondo aspetto (sub A2) si afferma l’incongruenza di quanto contenuto nella decima colonna (col J) che mostra la differenza tra la totalità dei voti espressi per tutti i candidati sindaco (col. G) e la totalità dei voti espressi per tutte le liste riportati nella nona colonna (col. I) detratta la totalità dei voti espressi per i soli candidati sindaco riportati nell’ottava colonna (col. H). L’operazione in questione non da un risultato pari a zero come dovrebbe. E ciò rappresenta, secondo l’appellante, un’altra incongruenza del risultato elettorale, non adeguatamente apprezzato dalla sentenza impugnata.

3.2. Entrambi gli aspetti di censura si fondano sul presupposto che l’elettore voti congiuntamente sia il candidato sindaco che la lista, una o più, presentate per l'elezione del consiglio comunale con la quale ciascun candidato alla carica di sindaco è tenuto a dichiarare di volersi collegare al momento della presentazione della candidatura, a norma dell’art. 72, co. 2 del D.Lgs. n. 267/2000.

3.2.1. Il presupposto non è veritiero alla luce dell’art. 72, co. 3, D.Lgs. n. 267/2000, che consente all’elettore di votare per un candidato alla carica di sindaco e per una delle liste ad esso collegate, tracciando un segno sul contrassegno di una delle liste alla quale il candidato alla carica di sindaco ha dichiarato di volersi collegare senza anche tracciare il segno sul nominativo del sindaco, ma consente anche di votare il solo nominativo del sindaco tracciando il segno sul relativo rettangolo, con ciò escludendo che il voto vada attribuito alla lista con la quale il sindaco è collegato.

3.2.2. In sostanza, il segno tracciato sul riquadro contenente la lista (o gruppo di liste) cui il sindaco è collegato vale ad attribuire il voto automaticamente al candidato sindaco. Non è vero però l’inverso, nel senso che il segno tracciato sul nominativo del candidato sindaco vada attribuito anche alla lista o al gruppo di liste cui il candidato sindaco è collegato.

3.2.3. Il principio, caratteristico del voto disgiunto nei comuni con oltre quindicimila abitanti, si ricava dall’ultimo inciso dell’art. 72, co. 3 D.Lgs. n. 267/2000, secondo cui “ciascun elettore può altresì votare per un candidato alla carica di sindaco, anche non collegato alla lista prescelta, tracciando un segno sul relativo rettangolo”.

3.2.3. Stante il necessario collegamento del candidato sindaco con almeno una lista o con un gruppo di liste, nelle elezioni dei comuni con popolazione superiore ai quindicimila abitanti, il voto dato alla lista o al gruppo si considera assegnato anche al candidato sindaco, posto che l'elezione di questi dipende dai risultati elettorali conseguiti dal gruppo o dai gruppi collegati oltre che dal voto a lui specificamente diretto: la contestualità dell'elezione dei due organi (consiglio comunale e sindaco) comporta la contemporaneità delle relative operazioni - ben potendo l'elettore disgiungere il voto al candidato sindaco da quello per la lista o le liste a lui collegate- senza che ciò implichi alcuna antinomia.

3.2.4. E ciò a causa del peso attribuito dalla l. n. 81 del 1993 alla figura del sindaco, espressione sia delle liste ad esso collegate che delle preferenze sue personali: ai sensi dell'art. 6 co. 3 della legge n. 81/1993, nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti il voto espresso mediante un segno su una lista comporta la votazione anche per il nominativo del candidato a sindaco ad essa collegato, a meno che non sia stato espressamente votato come sindaco un diverso candidato (T.A.R. Lazio Latina, 20 ottobre 1993, n. 1208).

3.2.5. Diversamente, nelle elezioni ove non opera il sistema di voto disgiunto, quelle dei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti e quelle delle province, il voto attribuito al candidato sindaco è considerato attribuito anche alla lista di consiglieri cui egli è collegato (salva la possibilità dell’elettore di esprimere voto di preferenza per un candidato alla carica di consigliere comunale compreso nella lista collegata al candidato alla carica di sindaco prescelto- art. 71 commi 5 e 7 D.Lgs. n. 267/2000) e, per i consigli provinciali, il voto dato al gruppo di candidati consiglieri si considera assegnato anche al candidato presidente, posto che l'elezione di questi dipende non da un voto a lui specificamente diretto, ma dai risultati elettorali conseguiti dai gruppi collegati (art 8, della legge n. 81/1993 e art. 6 co. 4, D.P.R. n. 132/1993;
Cons. Stato, V, 17 maggio 1996, n. 573).

3.2.6. Le discrepanze rilevate nel profilo di censura in esame (sub A del primo motivo) sono perciò fisiologiche del sistema elettorale nei comuni con popolazione superiore ai quindicimila abitanti, basato sul sistema del voto disgiunto, nel quale l’espressione del voto sul rettangolo contenente il nome del candidato alla carica di sindaco non produce l'effetto automatico per cui il voto stesso è del pari assegnato alla lista o al gruppo di liste con il quale il candidato sindaco è collegato (collocato a fianco del rettangolo col nome del candidato sindaco, nell’apposito spazio della scheda contenente la lista o le liste apparentate).

3.2.7. Che conseguentemente il numero dei voti validi (col. E) sia diverso dal numero totale di voti espressi per tutti i sindaci (col. G) e non vi sia alcuna identità fra di essi, non è simbolo di incongruenza o di errori di calcolo o di scrutinio, ma è dovuto alla sola circostanza che in talune sezioni sia stato votato il sindaco ma non la lista o il gruppo di liste allo stesso collegate, avendo gli elettori disgiunto il voto attribuito al sindaco da quello attribuito alle liste.

Conclusivamente, la col. F dimostra che in un certo numero di casi è stato votato il sindaco ma non la lista o il gruppo di liste allo stesso collegate, senza che ciò sia indice di alcuna incongruenza idonea ad inficiare il risultato della consultazione come dedotto nel profilo sub A1.

3.2.8. Il principio per cui l'espressione di voto al candidato a sindaco, essendo possibile il voto disgiunto, non si comunica automaticamente alla lista (T.A.R. Sicilia Catania, sez. III, 29 novembre 2002, n. 2328), comporta poi che la differenza tra la totalità dei voti espressi per tutti i candidati sindaco (col. G) e la totalità dei voti espressi per tutte le liste (col. I) detratta la totalità dei voti espressi per i soli candidati sindaco riportati nell’ottava colonna (col. H) non dia necessariamente un risultato pari a zero, ma un risultato di segno positivo o negativo a seconda del numero degli elettori che, nelle singole sezioni, si siano avvalsi della possibilità di votare congiuntamente per la lista e per il sindaco oppure che abbiano disgiunto le loro preferenza, votando per un sindaco diverso dalla lista prescelta e a seconda che non vi siano state contestazioni sulla validità di una delle preferenze, come anche può avvenire nel caso di voto disgiunto.

In sostanza, il risultato pari a zero nella col J del prospetto comporta che tutti i voti attribuiti alla lista siano stati attribuiti al candidato sindaco ad essa collegato e che per tutti i voti attribuiti al solo sindaco e ad una lista diversa da quella ad esso collegata non vi siano state contestazioni. Il sistema della preferenza disgiunta implica infatti che, qualora intenda avvalersene, l’elettore tracci due segni (uno sul rettangolo del sindaco e uno su una lista ad esso non collegata). Sicchè un risultato positivo o negativo nella differenza fra i voti espressi per tutti i candidati sindaco (che non si sono propagati alla lista o ai gruppi di liste collegati) e quelli espressi per le liste (che si sono propagati al candidato sindaco collegato alle liste) non implica di per sé incongruenza del risultato elettorale, come affermato nel profilo sub A1, salvo specifici errori nei verbali di scrutinio di cui però l’appellante non fa menzione.

3.3. Neppure è indice di incongruenza la circostanza che taluni verbali di sezione siano incompleti e che la ricorrente non sia stata in grado di effettuare la verifica di congruità per tutte le sezioni riportate nelle colonne F e J del prospetto, come si afferma nel profilo sub B della censura in esame.

3.3.1. Quel che la ricorrente denuncia nella censura è la discordanza tra il verbale dell'ufficio elettorale centrale e quelli delle singole sezioni elettorali. E, invero, l'Ufficio elettorale centrale opera esclusivamente sulla base dei verbali delle singole sezioni e procede al computo della somma dei voti ottenuti da ciascun candidato nelle singole sezioni sulla base di ciò che risulta dai verbali delle stesse, giusta gli artt. 69-70 del DPR n. 570/1960.

3.3.2. Al proposito la giurisprudenza è ferma nel ritenere che, nel caso di contrasto fra il verbale dell’Ufficio centrale e quello delle singole Sezioni, deve darsi prevalenza alle attribuzioni contenute in tale ultimo verbale, ove i relativi dati siano corrispondenti a quelli riportati nelle citate tabelle di scrutinio, costituendo queste ultime un obiettivo elemento di riscontro (T.A.R. Liguria Genova, sez. II, 31 agosto 2006, n. 947). Solo se il ricorrente fornisce prova della mancata compilazione del verbale della sezione e dell'effettiva esistenza (o inesistenza) dei voti riportati in quella sezione, è da ritenere fondata la doglianza che non siano stati inclusi nel computo complessivo dei voti quelli della sezione cui si riferisce il riscontro probatorio fornito dall'interessato (o, naturalmente, viceversa T.A.R. Campania Salerno, sez. I, 12 maggio 2006, n. 653).

3.3.3. La ricorrente non indica né nella censura di primo grado né nel presente appello le ragioni - da ascrivere allo scrutinio avvenuto nelle singole sezioni ed a quanto riportato nei relativi verbali - per cui non sarebbero verificabili i risultati contenuti nella colonna F del prospetto (ove è riportata la differenza fra il numero dei voti validi (col. E) e il numero totale dei voti espressi per tutti i sindaci (col. G)). Analogamente, la ricorrente non indica le regioni per le quali non è verificabile il contenuto della colonna J (che mostra la differenza tra la totalità dei voti espressi per tutti i candidati sindaco (col. G) e la totalità dei voti espressi per tutte le liste riportati nella nona colonna (col. I) detratta la totalità dei voti espressi per i soli candidati sindaco riportati nell’ottava colonna (col. H)).

3.3.3. La semplice dizione “non verificabile” contenuta nelle relative colonne (F e J) non costituisce neppure quel minimo principio di prova tale da rappresentare il riscontro oggettivo che sorregge la censura di irregolarità sostanziale nella valutazione della reale volontà espressa dall’elettore, come necessario per dare luogo all’attività istruttoria da parte del giudice amministrativo (T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 12 novembre 2007, n. 1818).

3.3.4. Il profilo di censura in esame va, con ciò, respinto.

3.4. Il terzo profilo del motivo in esame è una ripetizione di taluni aspetti del primo.

3.4.1. Vi si afferma che nella Sezione n. 1425 mancherebbero 25 voti attribuiti alla Lista civica Amici B G Roma e che casi analoghi si sarebbero manifestati in un’ampia serie di Sezioni, riportata a pag. 43 dell’atto introduttivo. La discrepanza è riportata nella colonna B relativa ai voti espressi a favore della candidata sindaco Serenetta M confrontata con la colonna D relativa ai voti ottenuti dalla lista a lei collegata.

3.4.2. A dire della ricorrente, i voti espressi nella colonna D dovrebbero essere tendenzialmente identici ai voti ottenuti dal candidato sindaco, detratti i voti per il solo candidato sindaco, riportati nella colonna C.. Invece, come si evincerebbe nella colonna E, sia nella sezione n. 1425 che nelle altre sezioni si evidenziano dei voti mancanti alla lista.

3.4.3. La differenza è, anche in questo caso, da ascrivere al sistema del voto disgiunto ex art. 72, co. 3, D.Lgs. n. 267/2000, per cui il voto alla lista (o alle liste) collegate al candidato alla carica di sindaco si propaga anche a quest’ultimo mentre così non è per il voto dato al solo sindaco anche non collegato alla lista prescelta. È perciò possibile che sulla scheda siano rinvenuti due contrassegni, uno relativo alla lista (che si propaga anche al sindaco) ed uno relativo al solo sindaco (che non si propaga alla lista ad esso collegata ma può essere espresso con apposito segno ad altra lista non collegata). È altresì possibile che sulla medesima scheda sia contenuto il nome di un candidato consigliere comunale appartenente alla lista collegata al sindaco oppure appartenente alla lista non collegata, per la cui preferenza è necessaria l’indicazione del nominativo nell’apposito rigo collocato a fianco di ciascuna lista. Secondo l’art. 73, co. 3, D.Lgs. n. 267/2000, infatti;
ciascun elettore può esprimere inoltre un voto di preferenza per un candidato della lista da lui votata, scrivendone il cognome sull'apposita riga posta a fianco del contrassegno.

3.4.4. Nella sezione n. 1425, che la Lista civica Amici B G non abbia ottenuto alcun voto mentre la candidata sindaco Serenetta M ha ottenuti 28 voti validi, è agevolmente da ascrivere alla volontà degli elettori di votarla per candidato sindaco ma non votare la lista a lei collegata.

3.4.5. Allo stesso modo, nelle altre sezioni indicate a pag. 43 dell’appello, i voti alla Lista civica Amici B G che si affermano mancanti sono semplicemente quelli attribuiti alla sola candidata sindaco Serenetta M e non alla Lista civica ad essa collegata, come correttamente previsto dal sistema del voti disgiunto.

3.4.6. Le cinque preferenze attribuite ad una lista che non avrebbe preso voti è sicuramente da ascrivere ad un errore di calcolo in sede di scrutinio, dato che, secondo l’art. 73, co. 3, D.Lgs. n. 267/2000, è possibile esprimere un voto di preferenza per un candidato della lista votata dall’elettore, ma non votare un candidato senza votare contemporaneamente la relativa lista.

3.4.7. E’, infatti, inficiata di nullità la preferenza attribuita ad un candidato appartenente ad una lista diversa da quella votata, come si verifica quando l’elettore, nell’apposito rigo accanto al simbolo, indichi un candidato appartenente ad una lista diversa da quella cui il simbolo si riferisce.

3.4.8. Il motivo è però da dichiarare inammissibile in quanto generico, non avendo la ricorrente indicato né la lista né il candidato consigliere comunale il cui nome sarebbe stato apposto accanto al simbolo della lista cui il candidato stesso non apparteneva.

3.4.9. Anche il profilo sub C deve essere disatteso e va pertanto rigettato il primo motivo nel suo insieme.

4. Oltre che generiche, come ha affermato il Tribunale territoriale, le contestazioni dell’appellante sono perciò infondate.

4.1. Da questa conclusione trova conforto, a maggior ragione, l’affermazione della sentenza impugnata circa l’impossibilità per la Lista civica ricorrente di colmare la lacuna di 9.333 voti validi necessari per il raggiungimento dei 49.727 dei voti validi, pari al 3% delle preferenze, quantificato dall’Ufficio Centrale, perché la liste fossero ammesse all’assegnazione dei seggi.

4.2. Trova altresì fondamento l’analoga affermazione della sentenza in esame circa l’irrilevanza ai fini del decidere, della questione di legittimità costituzionale prospettata con riferimento all’art.73, comma 7, del D.Lgs. n. 267/2000 che, a dire della ricorrente penalizzerebbe ingiustamente, ai fini della soglia del 3%, le liste non apparentate, alle quali non è attribuibile alcun seggio anche quando il numero dei voti conseguiti è superiore a quelli ottenuti da altre liste apparentale fra di loro. Si tratta in ogni caso di disposizione che trova fondamento nella esigenza di evitare una frammentazione del voto e le conseguenti difficoltà operative degli organi eletti, in sintonia con i principi costituzionali.

5. L’appello deve essere conclusivamente respinto e va confermata la sentenza impugnata.

5.1. La particolarità della materia inerente l’esercizio di diritti fondamentali giustifica la compensazione delle spese del grado nei confronti di tutte le parti del giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi