Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-03-31, n. 201201900
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Testo completo
N. 01900/2012REG.PROV.COLL.
N. 00599/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 599 del 2009, proposto da:
STV De Noia Massimiliano, rappresentato e difeso dall'avv. N P, con domicilio eletto presso lo studio legale D'Ercole in Roma, largo del Teatro Valle, n. 6;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Lazio - Roma - Sezione I^ bis - n. 14126 del 27 dicembre 2007, resa tra le parti, concernente la determinazione del congedo, nonché risarcimento del danno;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive delle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 gennaio 2012 il Cons. Guido Romano e uditi per le parti gli avvocati N P e Federica Varrone dell’Avvocatura generale dello Stato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - Con ricorso al TAR del Lazio il STV Massimiliano De Noia impugnava la determinazione di congedo di cui al messaggio n. UGP/01120/II/3 del 28 marzo 2007, prot. 2545, nonché ogni altro atto ad esso presupposto, connesso e/o conseguente, deducendone l’illegittimità sotto molteplici profili.
2. - Con sentenza n. 14126 del 27 dicembre 2007 il Giudice adito ha respinto il ricorso -invero fondato sulla considerazione che le Forze Armate siano destinatarie della disposizione del comma 519 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006- avendo ritenuto, anche alla luce del processo di professionalizzazione delle Forze Armate previsto dalla legge n. 331 del 2000, dal d.lgs. n. 215 del 2001 e dalla legge n. 226 del 2004, non del tutto applicabile all’Amministrazione Militare quanto disposto dal comma 519 citato, posto che la stabilizzazione disciplinata da detta disposizione è solamente “…quella finanziabile con una quota del Fondo di cui al comma 96, art. 1, della legge n. 311 del 2004 del quale le Forze Armate, con la sola eccezione dell’Arma dei Carabinieri, non sono destinatarie, in coerenza, peraltro, con le disposizioni del d.P.R. 28 aprile 2006 con il quale si è provveduto a ripartire, per l’anno 2006, le risorse finanziarie di tale Fondo tra le varie Amministrazioni, nel cui novero non sono ricomprese le Forze Armate…” .
3. - Con l’appello in epigrafe il STV De Noia Massimiliano ha chiesto la riforma integrale di detta sentenza articolando un unico e complesso motivo di impugnazione con il quale ha affermato che detta sentenza sarebbe ingiusta ed illegittima per violazione e/o falsa applicazione della legge n. 296 del 2006, art. 1, commi 417, 418, 419, 420, 519, 523 e 526;per eccesso di potere per sviamento, ingiustizia manifesta, contraddittorietà, disparità di trattamento, illogicità, erronea valutazione dei presupposti fattuali e giuridici;violazione e/o falsa applicazione della legge n. 296 del 2006, art. 1, commi 417, 418, 419, 420, 519, 523 e 526 in combinato disposto con l’art. 1, commi 95 e 96 della legge n. 311 del 2004 e l’art. 23, comma 1, del d.lgs, n. 215 del 2001;falsa applicazione della direttiva n. 7 del 30 aprile 2007 a firma del Ministro per le Riforme N e della nota circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica n. 10 del 20 luglio 2007;per eccesso di potere per sviamento, difetto assoluto di motivazione o perlomeno illogicità, perplessità e contraddittorietà della stessa, illogicità, disparità di trattamento, erronea valutazione dei presupposti di fatto e giuridici.
Più in particolare ha svolto deduzioni illustrative di detti vizi con riguardo ai profili dell’ammissibilità della c.d. stabilizzazione degli Ufficiali ausiliari delle FF.AA., compreso il Corpo delle Capitanerie di Porto, dei requisiti richiesti per la stabilizzazione e del possesso del requisito dei 36 mesi, nonché del fondo per la stabilizzazione.
4. - Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa senza svolgere alcuna difesa scritta.
5. - All’udienza del 10 gennaio 2011 l’appello è assegnato in decisione.
6. - L’appello è infondato.
Questa Sezione, con avviso ormai consolidato, ha escluso, in particolare anche per gli Ufficiali ausiliari in ferma prefissata delle Capitanerie di Porto ( cfr. in particolare, sentenze n. 5964 del 2008 e n. 9266 del 2010 ), l’applicabilità dell’istituto della c.d. stabilizzazione e cioè di quella forma particolare di straordinario reclutamento prevista dall’art. 1, comma 519, della legge 27 dicembre 2006 n. 296.
Da tale indirizzo questo Collegio non ha motivo di discostarsi essendo condivisibili le argomentazioni già espresse con dette pronunzie, che qui vanno ribadite, volte ad affermare che il beneficio in questione non poteva e non può trovare applicazione per il personale delle Forze Armate poiché queste ultime erano e sono sottratte, per quel che qui rileva, al blocco delle assunzioni ed al meccanismo dell’autorizzazione in deroga al blocco stesso.
In particolare, giova ribadire, quanto alla individuazione dei destinatari delle norme sulla professionalizzazione delle Forze Armate, che certamente vi rientra il personale delle Capitanerie di Porto, non essendo revocabile in dubbio che il relativo Corpo costituisca una delle articolazioni della Marina Militare e che gli Ufficiali di dette Capitanerie siano iscritti nei ruoli della stessa Marina Militare e, dunque, ricadano sotto il nuovo regime di professionalizzazione citato.
Giova, altresì, ribadire, ancor più in particolare, che la norma del comma 519 dell’art. 1 della legge n. 296 del 2006 non è applicabile a dette FF.AA. in quanto la stabilizzazione disciplinata dalla citata disposizione è solamente quella finanziabile con una quota del Fondo istituito dalla norma del comma 96 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004 del quale le stesse FF.AA. non sono destinatarie, tenuto conto del seguente reticolo normativo che è costituito:
- dall’art. 1, comma 95, della legge n. 311 del 2004 che ha vietato alle Amministrazioni statali di assumere personale a tempo indeterminato nel triennio 2005-2007, con l’eccezione, però, delle assunzioni connesse con la professionalizzazione delle Forze Armate;
- dall’art.1, comma 96, della stessa legge n. 311 che, contemporaneamente, ha istituito un apposito Fondo con cui finanziare le assunzioni che, in deroga al divieto e previa autorizzazione da rilasciarsi con d.P.R. ex art. 39, comma 3 ter, della legge n. 449 del 1997, si rendevano necessarie per fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza;
- dall’art. 1, coma 519, della già citata legge n. 296 del 2006 che ha destinato il 20% del Fondo anzidetto alla stabilizzazione del personale precario, in possesso dei requisiti all’uopo indicati, che ne facesse domanda.
Né sono eventualmente invocabili differenze di trattamento con altri Corpi, in ragione di compiti assimilabili esercitati dalla Capitanerie di Porto, poiché per le ragioni esposte ha natura speciale la norma che in taluni casi ha escluso la c.d stabilizzazione.
In breve, può affermarsi che le FF.AA. (e le Capitanerie di Porto che ne costituiscono Corpo interno), in quanto interessate dal processo di riforma c.d. di “professionalizzazione” , sono sottratte al blocco delle assunzioni e, specularmente, anche al meccanismo delle autorizzazioni all’assunzione in deroga ed a quello della stabilizzazione dei precari, che del primo costituisce una sorta di variante interna.
Né sono conferenti le critiche mosse alla sentenza impugnata sulla scorta della direttiva CE 28 giugno 1999, n. 70, relativa all’Accordo Quadro sul Lavoro a tempo determinato e recepita nel nostro ordinamento interno con il d.lgs. n. 368 del 2001, in quanto, se è vero che non esiste nel citato Accordo allegato alla direttiva, né nel preambolo di quest’ultima, né negli articoli che la compongono, una clausola espressa che esoneri il personale militare dall’applicazione della direttiva medesima, è però altrettanto vero e particolarmente significativo, a fini interpretativi, che l’Accordo stesso è stato stipulato dalle Organizzazioni Sindacali Europee dei datori di lavoro e dei lavoratori e si riferisce al lavoro nell’impresa e non contiene clausole espresse di applicazione anche al personale in regime di diritto pubblico, in particolare militare.
Inoltre, è pure significativo che il Legislatore Nazionale, pur avendo un ampio margine di discrezionalità nell’adattare gli obblighi discendenti dall’Accordo al lavoro nel settore pubblico (in particolare, quelli sanzionatori discendenti dalla clausola dell’art. 5), non abbia inserito, nell’ultima versione di recepimento di detto Accordo di cui al d.lgs. n. 368 del 2011, alcuna clausola di applicazione di quest’ultimo anche al personale militare o in generale a quello in regime di diritto pubblico, nonché il fatto che le più recenti sentenze della Corte di Giustizia UE abbiano condiviso la possibilità di limitata applicazione dell’Accordo Quadro al settore pubblico ( cfr., sez. IV^, 1° ottobre 2010, C-3/10;23 aprile 2009, C-378/07;4 luglio 2006, C-212/04 ).
Infine, neppure é ipotizzabile un’interpretazione estensiva della norma in esame, oltre i confini suoi propri, atteso che la stabilizzazione del personale precario della pubblica amministrazione può essere operata soltanto se abilitata da leggi emanate ad hoc, come tali di stretta interpretazione, secondo quanto ha chiarito più volte la giurisprudenza sia del Giudice costituzionale sia dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio.
In conclusione, può ritenersi ormai fermo che l’Accordo Quadro trova applicazione per il settore pubblico nei rigorosi limiti sanciti dall’art. 36 del d.lgs. n. 165 del 2001 in tema di utilizzo di contratti di lavoro flessibile, con esclusione, per quel che qui rileva, di quello militare, anche tenuto conto, in particolare, della norma di recente introdotta dell’art. 625 del d.lgs. n. 66 del 2010 che disciplina i rapporti dell’ordinamento militare con l’ordinamento generale del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e con altri ordinamenti speciali.
7. - Consegue che tutte le critiche mosse con l’appello in epigrafe alla sentenza impugnata non possono non ritenersi infondate alla stregua delle considerazioni svolte e non può, quindi, non disporsi il rigetto di detto appello.
8. - Circa le spese del presente grado di giudizio, ritiene il Collegio che sussistono i presupposti per derogare nel caso in esame dall’applicazione dei criteri recepiti dall’art. 26 del CPA potendo ricondursi la materia trattata a quella del lavoro dipendente e tenuto conto del lungo tempo intercorso dalla data di proposizione del ricorso di prime cure.