Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-07-05, n. 202306582

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-07-05, n. 202306582
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202306582
Data del deposito : 5 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/07/2023

N. 06582/2023REG.PROV.COLL.

N. 06752/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6752 del 2022, proposto da
Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A A e A C, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L L in Roma, alla via Appennini, n. 46;

contro

Consorzio Edilpartenope, in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Assunta Attanasio, B C e F C, con domicilio digitale come da registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania – Napoli, sez. III, n. 4145/2022, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Consorzio Edilpartenope;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 marzo 2023 il Cons. Giovanni Grasso e dato atto della richiesta di passaggio in decisione, senza la preventiva discussione, formalizzata dagli avvocati Cuomo e Cimadomo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.- Con ricorso proposto dinanzi al TAR per la Campania, il Consorzio Edilpartenope, in liquidazione, sollecitava, nei confronti del Sindaco di Napoli – nella qualità di Commissario delegato, in forza dell’art. 3 della l. 9 agosto 1004, n. 496 ed ai sensi dell’ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri 26 giugno 1995, n. 218, alla realizzazione delle opere di edilizia scolastica relative al Comune capoluogo – l’ottemperanza del provvedimento monitorio n. 6245 del 19 ottobre 2020, munito di formula esecutiva in data 21 dicembre 2020, con il quale il Tribunale di Napoli aveva ingiunto il pagamento della somma di € 19.189,20, oltre accessori.

2.- Nel rituale contraddittorio delle parti, l’adito Tribunale – disattesa l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, formulata dal Comune di Napoli e ritenuto che, in ragione del fatto che l’azione esecutiva fosse attivata nei confronti del Sindaco, nella qualità di Commissario straordinario di Governo, non sussistessero i prospettati profili di inammissibilità e/o di improcedibilità ai sensi dell’art. 243 bis del TUEL, in ragione perdurante pendenza, nei confronti dell’Amministrazione comunale, della procedura di riformulazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale, ex art. 1, commi 888 ss. della l. n. 205/2017 – accoglieva, con sentenza n. 4145/2022, il ricorso e, per l’effetto: a ) ordinava al Comune di Napoli, nella qualità, di di procedere al pagamento delle somme dovute, una alla corresponsione delle penalità di mora, nella misura specificata; b ) nomina, per l’eventualità di perdurante inerzia, il Prefetto di Napoli quale organo commissariale sostitutivo, quantificando il compenso eventualmente spettante;
c) condannava il Comune di Napoli al pagamento delle spese di lite.

3.- Con atto di appello, notificato nei tempi e nelle forme di rito, il Comune di Napoli impugnava la ridetta statuizione, lamentando: a ) in via principale, l’erronea individuazione del soggetto passivamente legittimato, che non era il Comune, ma il Sindaco, nella qualità di organo statale e non di rappresentante dell’ente locale; b ) in via gradata, l’omessa declaratoria di improcedibilità (o di inammissibilità), formalmente eccepita in ragione della pendenza, a carico del Comune, della procedura di riequilibrio finanziario; c ) l’ingiusta comminatoria delle spese di lite.

4.- Nella resistenza del Consorzio Edilpartenope, alla camera di consiglio del 2 marzo 2023 la causa è stata riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- L’appello è, nei sensi delle considerazioni che seguono, fondato.

2.- Importa, premettere, avuto riguardo al regime delle competenze in materia di edilizia scolastica e di allocazione delle relative risorse finanziarie (anche nei contesti in cui, come in quello in esame, sono state attivate misure straordinarie di commissariamento degli enti locali), che, nell’articolo 117 della Costituzione, l’” edilizia scolastica ” non è menzionata come autonoma materia. Peraltro, la Corte costituzionale ha reiteratamente evidenziato che, nella relativa disciplina, “ si intersecano più materie, quali il ‘governo del territorio’, ‘l'energia’ e la ‘protezione civile’, tutte rientranti nella competenza concorrente ” (cfr. Corte cost. nn. 62/2013, 284/2016 e 71/2018).

Con riferimento alla realizzazione, fornitura e manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici, la l. 23/1996 (all’art. 3) ha stabilito che la relativa competenza spetti ai Comuni, per quelli da destinare a sede di scuole dell'infanzia, primaria e secondaria di primo grado, e alle Province, per quelli da destinare a sede di scuole di istruzione secondaria di secondo grado.

Peraltro, come è noto, la l. 56/2014 ha previsto, fra l'altro, l'istituzione e la disciplina delle Città metropolitane e la ridefinizione del sistema delle Province: le funzioni fondamentali di queste ultime sono state, in particolari, attribuite alle Città metropolitane. Inoltre, con d.l.1/2020, convertito dalla l. n. 12/2020) – che ha istituito il Ministero dell'istruzione (oggi Ministero dell'istruzione e del merito) e il Ministero dell'università e della ricerca, sopprimendo il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca – le attività connesse alla sicurezza delle scuole e all'edilizia scolastica rientrano nelle aree funzionali del Ministero dell'istruzione.

In tale contesto, l’accertamento di numerosi e significativi ritardi maturati nell’adeguamento e nella rinnovazione delle strutture esistenti ha visto l’adozione di numerosi interventi di commissariamento, in via straordinaria, di taluni enti locali.

In particolare, per quanto concerne la vicenda in esame, la legge 8 agosto 1994, n. 496, di conversione, con modificazioni, del d.l. n. 370/94, recante interventi urgenti in materia di prevenzione e rimozione dei fenomeni di dispersione scolastica, ha dettato disposizioni urgenti dirette, tra l'altro, a consentire l'attuazione di opere di edilizia scolastica nel Comune e nella Provincia di Napoli.

In particolare: a ) l'art. 3, comma 5 qualificava di “ preminente interesse nazionale ” e di “ somma urgenza ” le opere di edilizia scolastica da effettuarsi nel territorio interessato; b ) l'art. 3, comma 6, prevedeva che il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione, sentiti il Presidente della giunta della Regione Campania, il Sindaco di Napoli ed il Presidente della Provincia di Napoli, provvedesse agli interventi “anche in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle sulla contabilità generale dello Stato, nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento e delle norme comunitarie, avvalendosi di commissari delegati.

Sulla base della ridetta normativa, con ordinanza n. 218 del 26 giugno 1995, oggetto di successive proroghe, il Presidente del Consiglio dei Ministri individuava il Sindaco di Napoli quale commissario delegato alla attuazione degli interventi.

Nondimeno, la strumentale erogazione delle relative risorse economiche – a valere anzitutto sul Fondo unico per l'edilizia scolastica istituito dal d.l. 179/2012, convertito dalla l. n.221/2012, destinato a recepire le risorse iscritte nel bilancio dello Stato comunque destinate a finanziare interventi di edilizia scolastica – non subiva modificazioni di rilievo, nel senso che i finanziamenti previsti erano destinati a refluire sui bilanci comunali, per essere all’uopo destinati alla attuazione degli interventi programmati.

2.1.- Tale circostanza appare decisiva ai fini della controversia in esame. Nella quale, come già il Collegio ha avuto occasione di puntualizzare in relazione ad analoga vicenda intercorsa tra le stesse parti, sia pure esitata in una misura di sospensione del processo (cfr. Cons. Stato, sez. V, 7 aprile 2023, n. 3614), trattandosi di garantire l’esatta ottemperanza al provvedimento monitorio azionato, non viene tanto in considerazione un profilo di attribuzione competenziale (fermo restando che la posizione debitoria è indubbiamente assunta non dal Comune di Napoli in proprio, ma dal Sindaco, nella qualità di organo commissariale straordinario, dovendosi sotto questo limitato profilo emendare il tenore del provvedimento impugnato), quanto l’individuazione delle risorse suscettibili di aggressione sotto il profilo esecutivo.

2.2.- Ne discende che – trattandosi di risorse economiche comunque refluite, nel senso chiarito, nel bilancio del Comune di Napoli, interessato dalla complessiva procedura di riequilibrio finanziario – il primo giudice avrebbe dovuto fare applicazione dell’art. 243 bis , comma 4 del d. lgs. n. 267/2000, che preclude temporaneamente la prosecuzione di iniziative esecutive, disponendo la sospensione del procedimento.

Invero, come importa rammentare, la procedura in questione è preordinata ad evitare che gli enti locali, che versino in una situazione di squilibrio strutturale del bilancio, subiscano le conseguenze, gravi ed impattanti, del dissesto finanziario: la deliberazione di un piano di riequilibrio – rimesso alla approvazione e al controllo della Corte dei conti ex art. 243 quater d. lgs. cit. – è infatti finalizzata a responsabilizzare gli organi dell’ente territoriale ai fini della definizione e della assunzione di ogni iniziativa utile al risanamento, così da evitare il ricorso alla gestione commissariale

L'istituto è destinato ad operare nei casi in cui in cui gli strumenti ordinari di riequilibrio, di cui agli articoli 193 (deliberazione di “ salvaguardia degli equilibri di bilancio ”) e 194 (“ riconoscimento di legittimità dei debiti fuori bilancio ”) del d. lgs. n. 267 cit. non siano sufficienti a superare le condizioni di squilibrio, correlato alla incapacità di adempiere alle proprie obbligazioni esigibili a causa della mancanza di risorse effettive a copertura delle spese e, solitamente, della correlata mancanza o grave carenza di liquidità disponibile;
squilibrio che assume connotazione “ strutturale ” quando il deficit – da disavanzo di amministrazione o da debiti fuori bilancio – esorbita le ordinarie capacità di bilancio e di ripristino degli equilibri e richiede mezzi ulteriori, extra ordinem (in termini di fonti di finanziamento, dilazione passività, ecc.).

La procedura di riequilibrio – che può essere avviata fino a quando non siano stati assegnati dalla Corte dei conti i termini per l'adozione delle misure correttive, con cui ha inizio il dissesto guidato, di cui all'articolo 6, comma 2, del d. lgs. n. 149 del 2011 – prevede che la relativa deliberazione sia trasmessa, entro cinque giorni, alla competente sezione regionale della Corte dei conti e al Ministero dell'interno (art. 243 bis , comma 2 cit.).

Dalla data di esecutività della deliberazione (e fino alla data di approvazione o di diniego di approvazione del piano da parte della sezione regionale per il controllo della Corte dei Conti), sono sospese ( ex lege ) le “ procedure esecutive ” intraprese nei confronti dell'ente (art. 243 bis , comma 4).

Per consolidato intendimento, del resto, nel novero delle “ procedure esecutive ” assoggettate al regime di sospensione rientra anche il giudizio di ottemperanza, in quanto risulti attivato ai fini della esecuzione “ delle sentenze passate o degli altri provvedimenti ad esse equiparati del giudice ordinario ” (cfr. art. 112, comma 2 lett. c ) c.p.a.).

Si è, infatti, chiarito che in tal caso il giudice amministrativo deve svolgere un’attività di “ pura esecuzione ”, senza possibilità di integrare sotto alcun profilo la sentenza (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 22 marzo 2023, n. 2932;
nonché, tra le molte, Cons. Stato, sez. V, 20 dicembre 2018, n. 7182, che richiama il risalente e consolidato insegnamento di Cons. Stato, ad. plen. 9 marzo 1973, n. 1 e Id., ad. plen., 24 giugno 1998, n. 4), dovendosi, in sostanza, limitare all’accertamento dell’esistenza di un comportamento in tutto o in parte omissivo e all’attuazione del disposto della pronuncia del giudice civile.

Per questo rispetto, l’applicazione dell’art. 243 bis , comma 2 cit. al giudizio di ottemperanza deve riguardarsi quale frutto di una opzione esegetica semplicemente estensiva, e dunque di ordine strettamente letterale, prima che propriamente analogica.

3.- Importa, a questo punto, scrutinare le conseguenze dell’argomentato accoglimento dell’appello.

In effetti – a fronte della (necessaria) sospensione di ogni iniziativa esecutiva in danno dell’Amministrazione – non sussiste concordia di opinioni sulla sorte del giudizio di ottemperanza, atteso che:

a ) una parte della giurisprudenza (in tal senso, da ultimo, Cons. Stato, sez. IV, 9 febbraio 2022, n. 920) ne prefigura (escludendo una misura di ordine soprassessorio, cioè a dire di una improcedibilità temporanea , destinata ad essere superata con la riassunzione del giudizio) un autonomo esito decisorio in rito, nel senso, auspicato dal Comune appellante, della inammissibilità ovvero della improcedibilità (secondo che l’attivazione della procedura di riequilibrio sia temporalmente antecedente o successiva alla lite), ferma beninteso la riproponibilità della domanda a valle della approvazione del piano di riequilibrio: e ciò in ragione del rilievo che la sospensione del processo esecutivo dinanzi al giudice ordinario si giustifichi nella prospettiva della salvezza degli atti esecutivi già compiuti (tipicamente, il pignoramento effettuato, che rimane fermo anche nella pendenza della causa), laddove una simile esigenza non ricorre nel giudizio di ottemperanza, la cui sospensione “ servirebbe solo a mantenere pendente un processo privo di contenuto ”;

b ) in diversa prospettiva (cfr., ancora di recente, CGARS, 13 febbraio 2023, n. 127 e, nello stesso senso, Id., 15 febbraio 2022, n. 202, con riferimento alla possibilità di interinale designazione di organo commissariale ad acta , peraltro con limitato compito di “ vigilare in ordine all’adempimento del debito […] rispetto alle vicende che poss [a] no seguire l’approvazione o il diniego del piano di riequilibrio autonomamente elaborato ”) si è ritenuta operante una causa di automatica sospensione del giudizio di ottemperanza, a disporsi anche (e direttamente) in fase di gravame , ove non sia accaduto in prime cure.

Sicché, nella prima prospettiva, all’accoglimento delle formalizzate ragioni di doglianza dovrebbe seguire, in riforma della sentenza appellata, la declaratoria di improcedibilità (o, in alternativa, di inammissibilità) del ricorso di prime cure;
laddove, nella seconda prospettiva, occorrerebbe per contro disporre, con ordinanza, la sospensione del presente giudizio.

4.- Il Collegio non condivide nessuna delle due opzioni.

4.1.- Non la prima, in ragione del fatto che – a fronte della temporanea improcedibilità del processo esecutivo, imposta dalla mera sospensione ex lege – la postulata definizione in mero rito appare ingiustificata, sproporzionata e violativa del canone di efficienza e di effettività dei rimedi giurisdizionali a disposizione del privato (cfr. art. 24 Cost.), perché costringe la parte, che vanta una pretesa fondata alla riscossione del proprio credito giudizialmente accertato, a riproporre la domanda, in un nuovo giudizio, all’esito della procedura di riequilibrio finanziario attivata dall’ente locale, accollandosene senza ragione i relativi oneri, anche economici.

In tale prospettiva, il distinguo che si è inteso marcare rispetto al processo esecutivo civile (per il quale opererebbe, a differenza del giudizio di ottemperanza, una specifica ragione conservativa degli effetti degli atti di pignoramento) finisce per provare troppo, o troppo poco: giacché, in ogni caso, anche nel giudizio di ottemperanza non c’è ragione per non preservare quanto meno gli effetti della domanda proposta, senza imporne la non necessaria rinnovazione.

4.2.- La seconda opzione, per contro, non sembra (del tutto) plausibile, laddove ammette che – le quante volte il primo giudice abbia omesso, come nella vicenda in esame, di dichiarare la necessaria sospensione del giudizio – possa provvedervi direttamente il giudice dell’impugnazione.

L’effetto indesiderabile di tale soluzione sta nella circostanza che, in tal modo, la riassunzione del processo, all’esito del venir meno della causa di sospensione, dovrebbe essere effettuata direttamente nella fase di appello, saltando implausibilmente un grado di giudizio.

Appare perciò più congruo, sia pure nella assenza di una puntuale disposizione processuale (tale non essendo quella di cui all’art. 105 cod. proc. amm., che si riferisce a fattispecie tipiche), far seguire all’annullamento della sentenza (che si è pronunziata nel merito senza disporre la sospensione del processo) la rimessione della causa al primo giudice, che provvederà – ove perdurino le relative ragioni – a disporre, con ordinanza, la sospensione del processo.

5.- Le peculiarità della vicenda giustificano, ad avviso, l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi