Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-05-02, n. 202304387
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Testo completo
Pubblicato il 02/05/2023
N. 04387/2023REG.PROV.COLL.
N. 09536/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9536 del 2019, proposto dalla signora R C, rappresentata e difesa dagli avvocati S M e Fiorella D’Ettorre, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
contro
Terme di Santa Cesarea S.p.a., rappresentata e difesa dall’avvocato A M, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, Sezione III, n. 757 del 9 maggio 2019, resa inter partes , concernente una revoca in autotutela del bando di gara per la concessione/locazione di immobile ad uso esercizio di somministrazione di alimenti e bevande e conseguente risarcimento del danno.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Terme di Santa Cesarea S.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4- bis , c.p.a.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 28 febbraio 2023 il consigliere G S e uditi per le parti in collegamento da remoto gli avvocati D’Ettore e Mangione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso n. 723/2016, proposto innanzi al T.a.r. Lecce, la signora R C aveva chiesto quanto segue:
a ) l’annullamento del provvedimento, emesso da Santa Cesarea Terme S.p.a. (di seguito anche la società), di revoca in autotutela del bando di gara dell’8 giugno 2015 per la concessione in locazione di un immobile di proprietà della società medesima, a partecipazione pubblica, ad uso esercizio di somministrazione di alimenti e bevande;
b ) la condanna della società al risarcimento del danno precontrattuale nella misura di almeno euro 50.000;
c ) in subordine, la condanna della società al pagamento di una somma a titolo di indennizzo pari ad almeno euro 2.000;
d ) la condanna della società ex art. 26 c.p.a. al pagamento di una somma da determinarsi in via equitativa.
2. Per una migliore comprensione della vicenda di causa, occorre precisarne i seguenti elementi fattuali.
2.1 Con bando di gara, pubblicato in data 8 giugno 2015, Terme di Santa Cesarea S.p.a., società soggetta ad attività di direzione e coordinamento della Regione Puglia, avviava la selezione pubblica di un soggetto a cui concedere in locazione, per la durata di sei anni rinnovabili per altri sei, un locale di proprietà delle Terme da adibire a bar-ristorante, ponendo a base d’asta un canone di locazione pari ad euro 12.000,00 e riportando, nel dettaglio, le condizioni alle quali si sarebbe realizzata l’aggiudicazione del bene. La signora R C, in qualità di titolare dell’omonima ditta, presentava un’offerta in tal senso producendo in un plico sigillato, in ossequio alle modalità stabilite dal Bando, tutta la documentazione richiesta. Decorsa la data del 19 giugno 2015, termine ultimo per la partecipazione alla selezione, non pervenivano alla stazione appaltante altre offerte e pertanto la signora C risultava l’unica offerente in gara per l’aggiudicazione del locale. In data 2 luglio 2015, alle ore 17.35, la Commissione di gara si riuniva e dava atto che al protocollo aziendale era pervenuta nei termini regolamentari previsti dal bando una proposta di locazione dell’immobile di proprietà della società Terme da parte della signora C. Dava atto, altresì, che quella presentata dalla C era l’unica proposta di partecipazione al Bando, e che la stessa era integra in tutte le sue parti. La seduta veniva così rinviata all’8 luglio 2015, ore 15.30, per l’apertura dei plichi presso la sede sociale (cfr. Verbale Commissione di gara del 3 luglio 2015). In data 8 luglio 2015 la Commissione di Gara, nuovamente riunitasi, non procedeva all’apertura delle buste, rilevando l’emersione di “ circostanze limitative, non precedentemente riscontrate, che attengono l’utilizzabilità dei locali medesimi ”, tali fa giustificare una sospensione della procedura di concessione ed un rinvio a data da destinarsi (cfr, Verbale Commissione di gara dell'8 luglio 2015). Con nota del 7 marzo 2016 la ricorrente diffidava la Società Terme a comunicare l’esito del Bando di gara in parola. In riscontro alla suddetta nota, in data 10 marzo 2016, Terme di Santa Cesarea S.p.a. comunicava alla C di aver proceduto alla revoca in autotutela del Bando di gara per la concessione in locazione dell’immobile di sua proprietà cui la ricorrente aveva partecipato. Tale provvedimento di revoca, adottato nella seduta del Consiglio di Amministrazione del 26 febbraio 2016, si basava sulle seguenti circostanze:
- la presenza di “ discrasie ” negli elaborati planimetrici rispetto allo stato dei luoghi in particolare per la presenza di servitù di passaggio in favore di soggetti terzi che inciderebbero “ pregiudizievolmente ” sulla “ piena fruibilità delle aree in esame ”;
- “ l’indisponibilità dei locali di che trattasi, interessati da un complesso contenzioso civilistico instaurato con la ditta Creti Adriano, quale concessionario uscente ”, la quale inficerebbe la “ legittimità della procedura in violazione dei principi di speditezza e continuità delle gare ”;
- la partecipazione di una sola impresa che non garantirebbe alcun margine di concorrenza.
Alla luce di tali deduzioni, la società Terme revocava in autotutela il bando di gara in oggetto e i relativi allegati, rilasciava la cauzione provvisoria presentata dalla signora C e si riservava la facoltà di indire una nuova procedura di evidenza pubblica per la concessione dei locali ovvero di procedere in proprio alla conduzione degli stessi.
3. A sostegno del gravame la ricorrente aveva dedotto, nell’ambito di un unico motivo di ricorso, quanto di seguito specificato:
1. Invalidità del provvedimento amministrativo ex art. 21 octies L.241 del 1990:
- Violazione di legge per il mancato rispetto dei presupposti del provvedimento di revoca in autotutela previsti dall’art. 21 quinquies L. n. 241/1990 nonché per l’inottemperanza al combinato disposto di cui agli artt. 55 e 81 D. Lgs. n. 162/2006.
- Eccesso di potere per la presenza di una motivazione insufficiente, incongrua e contraddittoria;
- Eccesso di potere per difetto o incompletezza di istruttoria, disparità di trattamento, erronea valutazione dei fatti, violazione del principio di proporzionalità.
3.1 La ricorrente osservava che la revoca in parola non sarebbe giustificata da alcun sopravvenuto motivo di interesse pubblico e, tantomeno, da nuovi presupposti di fatto, atteso che le deduzioni svolte nella parte motiva dell’impugnato provvedimento si riferiscono a circostanze tutte antecedenti alla stesura del bando di gara e, soprattutto, tutte ampiamente note all’Amministrazione appaltante. Inoltre deduceva che: - il provvedimento di revoca emanato si baserebbe su una motivazione carente che non dà atto delle ragioni di interesse pubblico che lo hanno determinato; - la motivazione risulterebbe illogica e contraddittoria nella parte in cui deduce l’esistenza di un oggettivo impedimento derivante dalla perdurante indisponibilità dei locali di che trattasi, non essendo riportate le specifiche ragioni per le quali la momentanea indisponibilità dei locali in parola costituirebbe un ostacolo alla aggiudicazione degli stessi in favore di un terzo soggetto che ne abbia i requisiti previsti dal bando di gara. In sede motivazionale, inoltre, non si darebbe atto del perché una preesistente servitù di passaggio possa incidere sulla piena fruibilità delle aree in concessione ed arrecare pregiudizio alle operazioni di gara. La ricorrente altresì contestava l’applicazione, da parte della Commissione di gara, del “ combinato disposto degli artt. 55 e 81 D. Lgs. n. 163/2006 ” (art. 55: “ il bando