Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-04-12, n. 202102919

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-04-12, n. 202102919
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202102919
Data del deposito : 12 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/04/2021

N. 02919/2021REG.PROV.COLL.

N. 02262/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2262 del 2013, proposto dall’
Azienda Agricola Mazzocco Virginio, in persona del legale rappresentante pro tempore , signor V M, e dai signori G M, C S, A R e M M, rappresentati e difesi dagli avvocati D L L e A A, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via Golametto, n. 2

contro

il Comune di Bressanvido, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati D M e O S, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, via Cosseria, n. 5

nei confronti

i signori Claudio Roitero e Manuela Lucchini, rappresentati e difesi dall’avvocato Rocco Giacobbe Vaccari, con domicilio eletto presso lo studio Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 30, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda) n. 1179/2012


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bressanvido e dei signori Claudio Roitero e Manuela Lucchini;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 febbraio 2021, svolta con modalità telematica ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con legge 18 dicembre 2020, n. 176, il Cons. Carla Ciuffetti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe il T per il Veneto ha dichiarato irricevibile per tardività il ricorso di primo grado, notificato in data 5 giugno 2012, depositato in data 25 giugno 2012, e integrato da motivi aggiunti in data 21 giugno 2012, con riferimento a due degli interessati: il proprietario del fondo rustico confinante con il terreno per il quale il Comune di Bressanvido aveva rilasciato in data 23 marzo 2011 un permesso di costruire ai controinteressati e il conduttore dello stesso fondo, rappresentante legale dell’omonima azienda agricola. Dalla documentazione in atti, il primo giudice ha desunto che la portata lesiva del permesso di costruire fosse già da tempo nota ad entrambi, deponendo in tal senso due note, l’una in data 4 novembre 2011 e l’altra in data 19 marzo 2012, da essi indirizzate al Comune di Bressanvido.

Il T ha dichiarato il ricorso inammissibile con riferimento agli altri ricorrenti, dei quali ha ritenuto non sussistente l’interesse a ricorrere.

2. Riferiscono gli appellanti di aver presentato un’istanza di accesso agli atti in data 14 marzo 2012 e di aver inviato una comunicazione all’Amministrazione, ricevuta in data 20 marzo 2012, con cui, “ sulla base di sommarie informazioni ricevute ” si chiedeva la verifica della legittimità del titolo edilizio e “ l’annullamento dello stesso nel caso fosse viziato ”. Tale comunicazione sarebbe rimasta inevasa, mentre la richiesta di accesso agli atti sarebbe stata riscontrata dal Comune solo in data 21 maggio 2012. La successiva istanza, in data 23 aprile 2012, nonché la comunicazione del difensore dei ricorrenti in data 26 aprile 2012, sarebbe stata riscontrata dal Comune di Bressanvido con nota prot. n. 2165 in data 26 aprile 2012. Solo in data 9 maggio 2012, presa visione di alcuni degli atti del procedimento, i ricorrenti avrebbero appreso che il suddetto titolo edilizio avrebbe consentito, oltre ad un ampliamento di costruzione esistente, anche l’edificazione di due unità immobiliari, in deroga alle distanze prescritte dagli strumenti urbanistici.

2.1. Con un primo motivo di gravame, gli appellanti avversano la statuizione di irricevibilità del ricorso per tardività, deducendo che il T non avrebbe potuto trarre “ elementi a favore della tesi della conoscenza, tantomeno piena, dell’intervento edilizio ” dalla nota scritta dagli interessati all’Amministrazione in data 4 novembre 2011, in quanto essa si limitava ad evidenziare l’esigenza di rispetto delle distanze dai confini previste dal vigente regolamento edilizio comunale. Inoltre, nella lettera protocollata dal Comune in data 20 marzo 2012, i medesimi appellanti, rivolgendosi all’Amministrazione per comprendere l’entità dell’intervento edilizio, avevano dichiarato di essere venuti a conoscenza del permesso di costruire gravato “ per mezzo di copia parziale del PdC rilasciata brevi manu dall’UTC in data 18.10.2011 ”, evidenziando di non aver avuto ancora risposta alla richiesta di accesso effettuata in data 14 marzo 2012;
tale lettera avrebbe inoltre sottolineato che i ricorrenti avevano appreso che, in base alla normativa vigente, non si sarebbero potuti costruire edifici residenziali a distanza inferiore a 30,00 ml da stalle attive, divieto che invece sarebbe stato superato come emerso “ in base a quanto constatato dalla visione degli elaborati grafico-progettuali ”. Quindi si sarebbe al più potuto desumere che ai ricorrenti fosse stato “ consegnato il frontespizio del permesso di costruire ” e “ data in visione la planimetria del progetto dalla quale essi hanno potuto ricavare la presumibile violazione del distacco dalle stalle ”, ma ciò avrebbe dimostrato che gli appellanti “ non erano a piena conoscenza di quanto si sarebbe realizzato nel fondo contermine (o forse erano a tutto concedere a conoscenza della loro riferita violazione del distacco di m 30, ma non certamente di tutti gli altri elementi del PdC necessari per articolare gli altri motivi di gravame): infatti, anche condividendo l’assunto che gli stessi conoscevano gli elementi essenziali dell’intervento, non si comprende perché questi si siano attivati con numerose istanze di accesso e solo in seguito alla presa visione degli atti d’ufficio abbiano agito a tutela del proprio bene della vita ”. Dalla visione degli allegati progettuali i ricorrenti avrebbero al più potuto desumere la violazione delle norme sulle distanze, ma non acquisire la conoscenza dell’entità della violazione o del contenuto specifico del progetto edilizio, cui la giurisprudenza riconduce l’acquisizione della conoscenza idonea a far decorrere il termine di decadenza per la proposizione dell’azione di annullamento. Una tale conoscenza non trasparirebbe da alcuna delle note inviate al Comune appellato, perciò, erroneamente il T avrebbe considerato: sia che il tenore delle stesse note potesse evidenziare che “ la lesività costituisse oramai un dato di fatto oggettivo, in quanto strettamente correlato ad un dato ictu oculi verificabile e, in quanto tale, riconducibile alla presunta violazione delle regole sulle distanze ”;
sia che la lesività fosse verificabile, in quanto i lavori sarebbero iniziati “ quasi contestualmente ” alla presentazione dell’istanza di accesso agli atti e, comunque, dai lavori di sbancamento e di costruzione del porticato di collegamento tra l’edificio preesistente e le nuove unità residenziali, non sarebbe stato possibile comprendere la portata effettiva dell’intervento edilizio in questione.

2.2. Con un secondo motivo di gravame viene avversata la statuizione di inammissibilità del ricorso di primo grado in ragione del difetto di interesse degli altri ricorrenti. Dalla documentazione in atti si desumerebbe, anche tali ricorrenti sarebbero proprietari dell’area confinante con quest’ultimo fondo e, quindi, sarebbero legittimati ad agire a tutela di un interesse definito in ragione della vicinitas .

2.3. Gli appellanti ripropongono quindi i motivi del ricorso del primo grado, con cui si asseriva: la violazione dell’art. 38 NTA del PRG in materia di rispetto delle distanze, il contrasto con la prescrizione della distanza di 30 m tra le opere cui si riferiva il titolo edilizio impugnato e la stalla degli interessati, anche in relazione alle disposizioni della l.r. n.14/2009 circa l’aumento volumetrico massimo assentibile che avrebbe potuto consentire la deroga alle norme sulle distanze;
la violazione della medesima legge sia laddove consentiva ampliamenti di edifici esistenti solo su aree aventi destinazione compatibile con la destinazione d’uso dell’edificio da ampliare, dato che l’edificio in questione si trovava in zona agricola e l’ampliamento era diretto alla costruzione di due nuove unità abitative;
sia la violazione della l.r. n. 11/2004, sotto il profilo del volume massimo che il titolo edilizio controverso avrebbe potuto consentire, con riferimento alla previsione dell’art. 38 NTA del PRG circa la computabilità di un’eventuale parte rustica dell’edificio da ampliare, nella specie non esistente;
la violazione delle due l.r. citate in quanto l’assentito ampliamento avrebbe in realtà consentito di non costruire in aderenza, realizzando due unità residenziali autonome per un volume complessivo superiore a quello del fabbricato già esistente.

3. I controinteressati, costituiti in giudizio con atto depositato in data 25 novembre 2014, oltre a riproporre l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, già avanzata davanti al T, per difetto di impugnazione della delibera del Consiglio comunale n. 52/2009 - che aveva previsto la derogabilità dell’art. 38 NTA del PRG in sede di applicazione della l.r. n. 14/2009 per gli interventi edilizi in ampliamento di edifici da destinare a prima casa - in quanto atto presupposto dell’impugnato permesso di costruire, hanno ulteriormente eccepito il sopravvenuto difetto di interesse degli appellanti, in quanto il progetto edilizio controverso sarebbe stato ridotto della metà, essendo stata prevista, con successiva variante edilizia, la costruzione di una sola unità abitativa. Nel merito, i controinteressati hanno chiesto il rigetto dell’appello.

4. Il Comune di Bressanvido, costituito in giudizio con atto depositato in data 20 gennaio 2016, ha preliminarmente sollevato l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, già avanzata davanti al T, per difetto di impugnazione della citata delibera del Consiglio comunale n. 52/2009, nonché della delibera n.57/2011, in quanto atti presupposti del titolo edilizio impugnato. Nel merito, l’Ente ha chiesto il rigetto dell’appello.

5. La causa, chiamata all’udienza di discussione del 23 febbraio 2021, è stata trattenuta in decisione.

6. Il Collegio ritiene di poter prescindere dalle eccezioni proposte dai controinteressati e dal Comune di Bressanvido in quanto l’appello è infondato.

6.1. Il primo motivo d’appello deve essere respinto.

Il Collegio condivide il convincimento del T in ordine alla possibilità di fare riferimento, ai fini della determinazione della tempestività dell’impugnazione, ad una verifica in concreto del momento in cui l’interessato possa aver acquisito un’effettiva consapevolezza del pregiudizio dei propri interessi derivante dal titolo edilizio impugnato, nell’accezione, non di una integrale conoscenza dei provvedimenti che si intende impugnare, bensì della percezione dell’esistenza di un provvedimento amministrativo e dei relativi profili che ne rendano percepibile la potenzialità lesiva e l’attualità dell’interesse ad avversarlo in giudizio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 14 maggio 2014, n. 2467;
id. 6 ottobre 2015 n. 4642;
id., 23 maggio 2018, n. 3075;
id. 22 gennaio 2019, n. 534). La tesi degli appellanti secondo la quale la percezione della lesività del titolo edilizio rilasciato ai controinteressati sarebbe stata raggiunta solo dopo l’accesso agli atti del procedimento che ha messo capo al titolo edilizio impugnato non trova conferma nella documentazione in atti, che, invece, evidenzia che, ben prima dell’accesso agli atti, agli interessati fosse noto il rilascio del titolo edilizio controverso e ne avessero percepito la lesività.

Infatti, con la nota in data 4 novembre 2011, protocollata in arrivo dal Comune di Bressanvido in data 15 novembre 2011, il proprietario e il conduttore del fondo limitrofo avevano reso noto di “ essere venuti a conoscenza dell’esistenza di un Permesso di Costruire rilasciato dall’Ufficio Tecnico del Comune di Bressanvido relativo alla costruzione di un edificio residenziale sullo stesso m.n. 209 ” e avevano fatto presente che “ la distanza del fabbricato oggetto del Permesso di Costruire di cui sopra dovrà rispettare le distanze dai confini previste dal Regolamento Edilizio Comunale vigente, e cioè di 5,00 ml, a partire dalla reale linea di confine rappresentata in mappa catastale e non dalla recinzione esistente ”.

Inoltre, con la successiva nota in data 19 marzo 2012, protocollata in arrivo dal Comune di Bressanvido in data 20 marzo 2012 - avente ad oggetto “ PdC n.10P/17 del 23 marzo 2011 per l’ampliamento di un fabbricato residenziale con ricavo di due nuove unità ai sensi della Legge Regionale 14/2009 ”, i ricorrenti avevano rappresentato: di aver “ acquisito copia parziale del PdC rilasciata brevi manu dall’Ufficio Tecnico Comunale 18.11.2011 ”;
che “ in base a quanto constatato dalla visione degli elaborati grafico-progettuali, si è riscontrato che la costruzione delle unità residenziali in ampliamento costruende nel m. n. 209 (…), in forza del PdC sopra menzionato, sono a distanze ben inferiori a quelle di 30,00 ml ”;
che “ tale costruzione potrebbe arrecare un condizionamento futuro allo sviluppo della nostra azienda, sia dal punto di vista igienico-sanitario (odori, rumori, attività di allevamento) che organizzativo ”, concludendo con la richiesta della “ verifica della legittimità dell’atto autorizzativo citato in oggetto e l’annullamento dello stesso nel caso fosse viziato ”.

Dunque tale seconda nota dimostra che gli interessati, già prima del 19 marzo 2012 - in momento collocabile alla data del 18 ottobre 2011, secondo quanto si riporta nell’atto d’appello - erano a conoscenza del rilascio del titolo edilizio, ne avevano visto gli allegati progettuali e avevano potuto percepire il pregiudizio dei propri interessi che ne sarebbe derivato, tanto da rappresentarlo all’Amministrazione.

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