Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-08-31, n. 202308089

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2023-08-31, n. 202308089
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202308089
Data del deposito : 31 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/08/2023

N. 08089/2023REG.PROV.COLL.

N. 03695/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3695 del 2022, proposto da Impresa Edile e Stradale di Longobardi Leonardo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato B M, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

contro

Agenzia per Lo Sviluppo del Sistema Territoriale della Valle del Sarno Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato C A, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
Comune di Scafati, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Arcangelo D'Avino, A Orefice, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sezione staccata di Salerno, Sezione seconda, n. 2201 del 22 ottobre 2021.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Agenzia per Lo Sviluppo del Sistema Territoriale della Valle del Sarno Spa e del Comune di Scafati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 giugno 2023 il Cons. Luigi Furno e uditi per le parti gli avvocati come da verbale.


FATTO

I fatti rilevanti ai fini del decidere possono essere ricostruiti come segue.

L’Impresa Edile di Leonardo Longobardi:

- partecipava al bando indetto dal Comune di Scafati per l’assegnazione di un lotto di terreno nell’ambito del Piano di Insediamenti Produttivi relativo al sito di via S. Antonio Abate;

- risultava assegnataria di un lotto di terreno di mq.

1.500 circa;

- rinunciava successivamente all’assegnazione a causa della rilevante modifica del quadro economico di riferimento;

-assumendo di essere creditrice delle somme versate all’atto della sottoscrizione della convenzione per l’assegnazione del predetto lotto, otteneva in proprio favore l’emissione di un decreto ingiuntivo.

2. Il T.A.R di Salerno, con la sentenza n. 2201 del 2021, ha, tuttavia, accolto l’opposizione al decreto ingiuntivo proposta da Agenzia per lo Sviluppo del Sistema Territoriale della Valle del Sarno.

Nel merito, l’opposizione è stata accolta perché, ad avviso del Giudice di prime cure, la Convenzione per l’assegnazione dei lotti non consente il recesso unilaterale e la restituzione di acconti a semplice richiesta.

3. Tale decisione è oggetto del presente giudizio di appello.

3.1. In particolare, l’appello proposto da Impresa Edile e Stradale di Longobardi Leonardo è articolato in un unico motivo, a sua volta composto dalle seguenti sub-censure:

i) erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che “ La restituzione integrale delle somme anticipate dalle imprese rinunciatarie e/o decadute è stata espressamente subordinata all’assegnazione del rispettivo lotto ad altra impresa. …senza che risulti che una simile determinazione ostativa sia stata giammai impugnata dall’opponente ”, in quanto la delibera comunale n. 21/2008, con la quale si è stabilito che la restituzione integrale delle somme anticipate dalle imprese rinunciatarie e/o decadute è subordinata all’assegnazione del rispettivo lotto ad altra impresa, non sarebbe mai stata notificata alla società appellante.

Di qui l’erroneità anche della successiva affermazione del T.a.r. secondo cui “ La restituzione integrale delle somme anticipate dalle imprese rinunciatarie e/o decadute è stata espressamente subordinata all’assegnazione del rispettivo lotto ad altra impresa. …senza che risulti che una simile determinazione ostativa sia stata giammai impugnata dall’opponente ”;

ii) erroneità della sentenza per non aver rilevato che, nell’atto di integrazione alla convenzione sottoscritto dalla appellante nel 2009, non è menzionata la clausola di restituzione condizionata delle somme anticipate dalle imprese rinunciatarie e/o decadute;

iii) erroneità della sentenza per la ritenuta infondatezza del motivo col quale in primo grado era stata invocata la legittimità del recesso in conseguenza del rilevante aumento del corrispettivo pattuito per l’acquisto del lotto oggetto di assegnazione.

4. Si sono costituite in giudizio l’Agenzia per lo Sviluppo del Sistema Territoriale della Valle del Sarno (già Agro Invest) e il Comune di Scafati, che, a loro volta, hanno proposto appelli incidentali condizionati con i quali hanno chiesto di riformare la sentenza impugnata nella parte in cui non ha accolto le rispettive eccezioni di carenza di legittimazione passiva.

5. In vista dell’udienza dell’8 giugno 2023 le parti hanno depositato memorie con le quali hanno chiarito e ulteriormente argomentato le rispettive posizioni difensive.

6. All’udienza pubblica dell’8 giugno 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. La questione all’esame del Collegio attiene alla verifica della legittimità del recesso della impresa Edile di Leonardo Longobardi dalla convenzione sottoscritta con il Comune di Scafati.

2. L’appello principale è infondato.

3. Occorre premettere all’esame del merito delle questioni prospettate una breve ricostruzione del quadro delle fonti di regolazione della Convenzione per la disciplina dei rapporti con le Imprese assegnatarie delle aree ricadenti nel P.I.P. del Comune di Scafati in via S. Antonio Abate per attività industriali ed artigianali ” stipulata, in data 29 maggio 2008, tra il Comune di Scafati e l’Impresa Edile di Leonardo Longobardi “

3.1. Nella convenzione di che trattasi sono espressamente richiamati, quali fonti etero-integrative del suo contenuto:

- l’art. 27 della legge n.865 del 22.10.1971 sui Piani di Insediamento Produttivo;

- la delibera del Consiglio Comunale di Scafati n. 76 del 24.06.1998, con la quale è stato approvato il Piano di Insediamento Produttivo di via S. Antonio Abate;

- il Regolamento per la cessione delle aree del P.I.P., approvato con delibera del Consiglio Comunale di Scafati n. 57 del 29.11.2004.

L’art.

2.9 della Convenzione stabilisce l’obbligo per l’Impresa Assegnataria di pagare un conguaglio qualora il costo definitivo di esproprio dei terreni ed il costo definitivo di realizzazione delle opere di urbanizzazione risultino maggiori del corrispettivo pattuito ai sensi dell’art.

2.3 della convenzione stessa.

L’art. 4 della Convenzione, conformemente a quanto stabilito nel Regolamento n.57/2004, prevede l’obbligo, per le imprese assegnatarie dei lotti, di presentazione di una fideiussione a garanzia dell’obbligazione di pagamento del corrispettivo.

L’art. 11 della convenzione espressamente rinvia, per tutto quanto da essa non previsto, al Regolamento n.57/2004.

Da quanto indicato emerge, pertanto, che in nessuna clausola della convenzione originaria si prevede la possibilità di recesso da parte della impresa assegnataria.

Con delibera del Consiglio Comunale di Scafati n.21 del 4 luglio 2008 è stato modificato il comma 4 dell’art. 5 del Regolamento n.57/2004, mediante l’inserimento di un nuovo capoverso, identificato con la lettera g3, con il quale è stata introdotta la previsione dell’obbligo, in capo all’impresa assegnataria, di conferimento di una somma a titolo di caparra confirmatoria, di importo pari alla somma in precedenza prevista a titolo di fideiussione.

Con la medesima delibera si è stabilito, inoltre, che “...Il Comune provvederà alla restituzione di quanto versato a titolo di caparra confirmatoria al momento in cui subentrerà il nuovo assegnatario e senza corresponsione di interessi sulle somme in questione ”.

In data 11.06.2009, è stato stipulato tra le parti un “ Atto integrativo alla disciplina dei rapporti con le imprese assegnatarie delle aree ricadenti nel P.I.P. del Comune di Scafati in via S. Antonio Abate per attività industriali ”.

In particolare, nell’atto integrativo della convenzione si dà espressamente atto della circostanza per cui, con nota del 27.08.2008 n. 3866, l’impresa assegnataria è stata resa edotta della delibera del consiglio comunale n. 21 del 4.07.2008, con la quale, come anticipato, si è previsto che “ Il Comune provvederà alla restituzione di quanto versato a titolo di caparra confirmatoria al momento in cui subentrerà il nuovo assegnatario e senza corresponsione di interessi sulle somme in questione ”.

4. Così ricostruito il quadro regolamentare in cui s’inserisce la presente controversia, la prima questione sollevata dall’appello principale attiene al tema della c.d. relatio formale.

L’impresa appellante assume, infatti, l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che la delibera comunale n. 21/2008, con la quale si è stabilito che la restituzione integrale delle somme anticipate dalle imprese rinunciatarie e/o decadute è subordinata all’assegnazione del rispettivo lotto ad altra impresa, non le sarebbe mai stata notificata e, in ogni caso, non sarebbe prevista espressamente dall’atto integrativo della convenzione.

4.1.Nel diritto civile si discute se il contenuto di un negozio solenne, ai sensi degli artt. 1325 e 1351 c.c., possa ricavarsi da una fonte diversa dalla dichiarazione negoziale, se cioè sia consentito un negozio solenne per relationem .

La c.d relatio consiste, invero, nel richiamo, nel corpo del contratto, a un dato esterno, che si risolve in una integrazione ab extra del contenuto del contratto stesso.

La fonte esterna, oltre a poter consistere in un altro accordo formale già raggiunto dalle parti, può anche consistere in un rinvio alla legge, ovvero ad atti amministrativi o a dichiarazioni contenute in atti ufficiali ovvero ancora a semplici fatti e circostanze obiettive.

Muovendo dalla disposizione di cui all’art. 1346, c.c, che ammette la determinabilità dell'oggetto del contratto, un orientamento consolidato, sia in dottrina sia in giurisprudenza, sostiene che le parti potrebbero individuare nel contratto tutti gli aspetti del suo contenuto, ma potrebbero anche limitarsi a fissarvi i criteri per la determinazione aliunde del contenuto stesso.

Il vero problema nasce quando non si tratta solo di soddisfare il contenuto della determinabilità dell'oggetto del contratto di cui all'art. 1346 c.c., ma anche quello della forma scritta ad substantiam previsto dall'art. 1350 c.c., ovvero quando la dichiarazione contrattuale soggetta al requisito formale rinvia ad un'altra dichiarazione.

Si parla in tal caso di relatio formale.

Ad avviso di autorevole dottrina, dovrebbero essere contenuti direttamente nella dichiarazione contrattuale « quegli elementi che attengono al contenuto minimo necessario, destinato a individuare l'effetto in ordine al quale è prevista la necessità della documentazione »..

In tale prospettiva, si evidenzia che sarebbe eccessivo ritenere che il requisito formale debba investire l'interno contenuto dell'atto, comprensivo sia delle clausole essenziali che di quelle secondarie e/o meglio di quelle che non sono dirette a individuare l'operazione che le parti intendo realizzare.

Sulla base di questo indirizzo è stata elaborata la distinzione tra relatio formale e sostanziale.

La prima sarebbe ammissibile, purché il contenuto minimo o essenziale, individuato in relazione agli effetti che le parti intendono realizzare (oggetto e causa), risulti dal documento, con la conseguenza che il contenuto "ulteriore" può anche essere fissato da una fonte esterna, specie quando la clausola contenente la relatio (la quale deve essere oggetto dell’accordo) rispetta il requisito formale.

La seconda, invece, non sarebbe consentita in quanto si tradurrebbe nell’attribuzione alla fonte esterna della definizione del contenuto essenziale del contratto e della funzione economico-individuale del contrattto stesso.

Parte minoritaria della dottrina non ammette la relatio formale osservando che “ non appare conforme ai principi che elementi in concreto essenziali di un dato regolamento contrattuale possano pattuirsi o modificarsi senza rispetto della forma prescritta per l'intero contratto, [...] essendo [...] opportuno che la medesima regola venga estesa a tutti gli elementi del contratto, data la difficoltà di distinguere, fra essi, quelli che siano in concreto essenziali ”.

Alla stregua di tale rigorosa impostazione, tutte le determinazioni contrattuali devono risultare direttamente dall’atto formale, escludendo il rinvio a determinazioni estranee.

La giurisprudenza aderisce al primo degli orientamenti suesposti, affermando il principio che dall'atto scritto deve emergere l'accordo dei contraenti sugli elementi essenziali ovvero sul c.d. contenuto minimo del contratto.

Alla stregua di tale orientamento, il contenuto minimo si rapporta agli effetti tipici che le parti intendono conseguire (cfr. Corte di Cassazione n 5197/08).

Questa soluzione appare preferibile, ad avviso del Collegio, in quanto più conforme alla disciplina normativa del contratto la quale richiede:

a) in relazione all’oggetto, che esso sia determinato o determinabile(1346c.c.);

b) in relazione alla forma, che determinati atti devono farsi per iscritto(1350c.c.) senza tuttavia esigere che la forma scritta debba essere rivestita da tutti gli elementi del contratto, bene potendo le parti prevedere una clausola formale che rinvia ad una fonte esterna di determinazione del contenuto del contratto.

Alla luce delle considerazioni che precedono, deve pertanto ammettersi che le parti possano rinviare ad atti dell'autorità, a dichiarazioni contenute in atti ufficiali e, più in generale, a dichiarazioni contenuti in fonti esterne.

4.2. Questo è proprio quello che è accaduto nella fattispecie in esame.

Se è vero, infatti, che né la convenzione originaria né l’atto integrativo contengono un espresso riferimento alla clausola che condiziona la restituzione integrale delle somme anticipate dalle imprese rinunciatarie e/o decadute all’assegnazione del rispettivo lotto ad altra impresa, è anche vero che l’art. 11 della convenzione espressamente rinvia, per tutto quanto da essa non previsto, al Regolamento n.57/2004 con una formula omnicomprensiva che sottende un rinvio mobile o alla fonte, da cui discende il conseguente adeguamento automatico a tutte le modifiche apportate alla fonte richiamata, e quindi, per quanto di rilievo, alle modifiche introdotte con la delibera comunale n. 21/2008.

La delibera comunale n. 21/2008 (Regolamento n.57/2004) soddisfa, inoltre, il requisito della forma scritta postulato dalla convenzione di che trattasi.

Né può sostenersi che la clausola di cui l’appellante si duole integri il c.d. contenuto minimo della convenzione, venendo in rilievo una condizione che disciplina le modalità esecutive di restituzione delle somme anticipate e non certo gli effetti essenziali prefigurati dalle parti con la convenzione stessa.

Ma anche prescindendo da quanto finora osservato in relazione al tema della c.d. relatio formale e alla conseguente integrazione del contenuto della convenzione, la prospettazione dell’appellante principale urta contro una ulteriore assorbente obiezione.

Contrariamente a quanto si assume nell’atto di appello, nell’atto integrativo della convenzione si dà espressamente atto della circostanza per cui la delibera n. 21/2008 è stata notificata alle imprese assegnatarie dei lotti.

Risulta pertanto documentalmente smentito l’assunto secondo cui l’appellante non avrebbe avuto una completa conoscenza delle modifiche apportate al Regolamento per la cessione delle aree del P.I.P (e quindi, per il suo tramite, alla convenzione) dalla citata delibera del Consiglio Comunale di Scafati n.57/2004.

Da ciò discende che, in ogni caso, anche a prescindere della legittimità sotto il profilo civilistico della predetta relatio formale, l’appellante aveva l’onere di impugnare la predetta delibera, che ha modificato il Regolamento per la cessione delle aree del P.I.P in senso a lui sfavorevole.

Di qui la correttezza della conclusione cui è giunto il giudice di primo grado laddove ha affermato che “ ...Il Comune provvederà alla restituzione di quanto versato a titolo di caparra confirmatoria al momento in cui subentrerà il nuovo assegnatario, senza corresponsione di interessi sulla somma in questione.” Per tale ragione un eventuale diritto alla restituzione delle somme già versate in acconto, a norma del regolamento comunale vigente, così come modificato dalla delibera del Consiglio Comunale di Scafati n.21/2008, è esplicitamente limitato dalla condizione che il lotto venga assegnato ad un’altra impresa. Fino alla data del 31 dicembre 2015, data di cessazione dei rapporti tra l’Agenzia per lo Sviluppo ( ex Agro Invest spa ) , nessun provvedimento di assegnazione del lotto in questione è stato adottato .”

4.3. Né, per giungere a diverse conclusioni, è possibile sostenere, come fa l’appellante, in pendenza della condizione sospensiva, che la parte pubblica abbia violato le regole di buona fede, rendendo impossibile il verificarsi della condizione stessa, ad esempio ostacolando il subentro di nuovo assegnatario, con conseguente applicazione della regola sulla finzione di avveramento della condizione prevista dall’art. 1359 del c.c.

E ciò in quanto siffatta prospettazione non trova alcuna corrispondenza nelle risultanze istruttorie acquisite nel presente giudizio.

4.5. Sulla base di quanto in precedenza affermato, reputa il Collegio che la clausola con cui si è stabilito che la restituzione integrale delle somme anticipate dalle imprese rinunciatarie e/o decadute è subordinata alla condizione dell’assegnazione del rispettivo lotto ad altra impresa è di per sé legittima ed è stata regolarmente apposta alla convenzione di che trattasi.

Da quanto rilevato consegue l’infondatezza dei primi due motivi di appello.

Cionondimeno reputa il Collegio che, al fine di rispettare il principio di buona fede nella fase esecutiva del rapporto , il Comune ha l’obbligo di procedere alla individuazione di una nuova impresa entro un termine ragionevole, al fine di salvaguardare l’utilità della controparte, senza che ciò possa comportare, in ragione della natura del dovere che viene in rilievo, un apprezzabile sacrificio per il Comune stesso.

5. Destituito di fondamento appare anche il motivo di appello con il quale si assume che il rilevante aumento del corrispettivo, pattuito per l’acquisto del lotto oggetto di assegnazione (quasi del 100%), avrebbe giustificato il recesso dell’odierna appellante dalla convenzione di che trattasi, e la conseguente restituzione delle somme versate.

5.1 L’argomentazione della parte non è idonea a sostenere la tesi che intenderebbe fare valere.

Con essa impropriamente si sovrappongo i diversi istituti del recesso e della risoluzione per eccessività sopravvenuta che, come noto, rispondono a diverse ragioni di fondo e sono governati da regimi normativi (e di operatività) opposti.

La parte gravata dall'eccessiva onerosità sopravvenuta della prestazione può domandare la risoluzione del contratto, in via di azione o in via riconvenzionale. La risoluzione del contratto è un rimedio riservato alla parte e, in particolare, un diritto potestativo giudiziale. L'effetto risolutivo discende dalla sentenza, che ha carattere costitutivo.

Il contratto non può invece essere di regola sciolto unilateralmente dalla parte in forza del principio della vincolatività dell’accordo. Il contratto può tuttavia accordare ad una delle parti o ad entrambe il potere di sciogliersi unilateralmente dal vincolo contrattuale.

Tuttavia, per le ragioni in precedenza riportate, la convenzione, stipulata dalla appellante principale, non prevede siffatto potere di scioglimento unilaterale.

5.2. Semmai nel caso di specie si sarebbe potuto porre la diversa questione (che l’appellante non ha tuttavia sollevato, ed è quindi estranea al perimetro del presente giudizio) dell’obbligo di rinegoziazione ex fide bona.

6.Sono infondati anche gli appelli incidentali dell’agenzia per lo sviluppo e del Comune con i quali si chiede (specularmente) di accertare il proprio difetto di legittimazione passiva.

Pienamente condivisibili al riguardo sono le seguenti considerazioni effettuate dal giudice di prime cure: “ … tale legittimazione sussiste in virtù di un duplice ordine di considerazioni: - i penetranti poteri para-pubblicistici che connotano l’operato della società di trasformazione urbana, in ordine all’affidamento dell’attuazione del PIP, come ad esempio tra cui in particolare quello, ex art. 4, lett. f, della convenzione n. 9/2005 tra il Comune di Scafati e A. I. di procedere “alla gestione di tutte le attività amministrative, economiche e (…) tecniche relative ai rapporti con le imprese assegnatarie del P. I. P. (…) alla consegna dei lotti e al pagamento dei corrispettivi previsti”;
- i risultati dell’attività di acquisizione e di assegnazione delle aree PIP devono essere riversati nella sfera giuridica del Comune di Scafati, “in nome e per conto” del quale l’Agenzia agiva (art. 4, lett. f, della citata convenzione)
”.

Da tanto consegue il rigetto anche degli appelli incidentali.

7. Per le ragioni esposte gli appelli principale e incidentali devono essere rigettati.

8.. In ragione della parziale novità delle questioni sottese al gravame in esame, il Collegio ravvisa eccezionali ragioni, ex artt. 26 comma 1, c.p.a, e 92, c.p.c, per compensare integralmente le spese di giudizio.

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