Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-01-31, n. 202301074

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2023-01-31, n. 202301074
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202301074
Data del deposito : 31 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/01/2023

N. 01074/2023REG.PROV.COLL.

N. 10108/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 10108 del 2015, proposto da
F C, rappresentato e difeso dall'avvocato N P, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Principessa Clotilde n. 2;



contro

Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati A R e A C, domiciliataria ex lege in Roma, via del Tempio di Giove n. 21;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), 30 luglio 2015, n. 10486, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 22 novembre 2022 il Cons. Giorgio Manca e uditi per le parti gli avvocati Paolantonio Nino e Ciavarella Antonio in collegamento da remoto;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.




FATTO e DIRITTO

1. La ditta individuale C Fabio ha partecipato alla procedura indetta da Roma Capitale per la dotazione di servizi, la riqualificazione e la manutenzione del verde pubblico nelle aree denominate “Punti verde ristoro”. Con la determinazione dirigenziale del 23 dicembre 2014 Roma Capitale ha annullato d’ufficio la predetta procedura.

Il provvedimento è stato impugnato con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio che, con la sentenza in epigrafe, lo ha respinto.

L’amministrazione aveva motivato l’annullamento in autotutela con particolare riferimento al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 e al D.P.R. n. 554/99, vigenti ratione temporis , in quanto l’amministrazione non aveva posto a base di gara un preventivo studio di fattibilità, come disposto dall’art. 143, comma 5, del d.lgs. n.163 del 2006 in materia di concessione di lavori pubblici, non essendo così possibile svolgere una valutazione dei vincoli ambientali, storico – archeologici e paesaggistici eventualmente interferenti sulle aree e sugli immobili interessati dagli interventi.

Inoltre, l’avviso pubblico risultava carente del disciplinare di gara e dei contenuti per l’individuazione e descrizione dell’intervento necessari a garantire l’omogeneità e la comparabilità nella valutazione delle offerte più vantaggiose per l’amministrazione.

Infine non sarebbe stata osservata la procedura autorizzativa di cui all’art. 52 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 nonché della delibera del Commissario del Comune di Roma n. 50 del 2008 la quale prevedeva che i progetti di riqualificazione delle aree verdi e dei manufatti eventualmente esistenti nelle ville e nei parchi giochi dovessero ottemperare alle normative specifiche derivanti dai vincoli monumentali e paesistici che vi insistono e che, previo parere della Soprintendenza, per tutte le aree vincolate dovessero essere inseriti nel bando di gara chiari riferimento guida per la progettazione delle strutture dei punti di ristoro.

2. Il giudice di primo grado ha motivato la decisione di rigetto sull’assunto che, nell’ipotesi in cui i lavori siano strumentali ad una concessione di servizi (quale definita dall’art. 30 del d.lgs. 163 del 2006) e siano quindi diretti a realizzare opere pubbliche che diventano di proprietà dell’amministrazione aggiudicatrice, il codice dei contratti pubblici trovi integrale applicazione, non solo nell’ipotesi in cui i lavori siano eseguiti dagli stessi concessionari ma anche in quella in cui questi ultimi operino quale stazione appaltante.

2.1. Ha rilevato, inoltre, che lo studio di fattibilità non è previsto esclusivamente nell’ambito della concessione di lavori, costituendo lo stesso il primo stadio della programmazione di tutte le opere pubbliche, indipendentemente dalla modalità di affidamento. Anche la progettazione preliminare sarebbe necessaria poiché diversamente verrebbe attribuita al concessionario un’inammissibile discrezionalità nel definire i caratteri tecnico-economici della prestazione.

2.2. Infine, per quanto attiene alle carenze relative all’inquadramento storico – archeologico, ambientale e paesaggistico degli interventi, il giudice di primo grado ha ritenuto che le stesse non potessero essere sanate mediate l’inserimento di un rappresentate del Ministero dei beni culturali nella commissione giudicatrice, ovvero mediante l’espressione postuma del parere del medesimo Ministero in ordine ai progetti presentati dai concorrenti: è infatti in sede di studio di fattibilità, così come espressamente previsto dall’art. 14 del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207, che l’amministrazione è tenuta a descrivere ed analizzare “ai fini della valutazione preventiva della sostenibilità ambientale e della compatibilità paesaggistica dell'intervento” i “requisiti dell'opera da progettare” , le “caratteristiche” e i “collegamenti con il contesto nel quale l'intervento si inserisce, con particolare riferimento alla verifica dei vincoli ambientali, storici, archeologici, paesaggistici interferenti sulle aree o sugli immobili interessati dall'intervento” nonché ad individuare “le misure idonee a salvaguardare la tutela ambientale e i valori culturali e paesaggistici” . Nel caso di specie sarebbe mancato del tutto l’indispensabile approfondimento tecnico propedeutico all’approvazione del progetto preliminare di un’opera pubblica.

2.3. Relativamente al risarcimento del danno il T.a.r. ha ritenuto fondata la domanda relativa al risarcimento del danno precontrattuale data la condotta colposa dell’amministrazione che aveva indetto una gara contra legem e indotto così i partecipanti a confidare nel fisiologico sviluppo della gara e dei suoi esiti finali. Ha riconosciuto il danno emergente costituito dalle spese inutilmente sostenute per la partecipazione alla gara, non essendo stato provato il danno da lucro cessante.

3. Ha proposto appello il sig. C Fabio, articolato in otto motivi di ricorso con i quali vengono riproposti i motivi di primo grado relativi alla qualificazione della concessione e alla responsabilità aquiliana dell’amministrazione.

4. Si è costituita in giudizio Roma Capitale concludendo per il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado.

5. All’udienza straordinaria del 22 novembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione

6. Con l’appello il sig. C ripropone i motivi di ricorso di primo grado con i quali assume che la concessione in oggetto si qualifica come concessione di servizio pubblico, e non come concessione di lavori disciplinata dall’art. 142 del codice dei contratti (di cui al d.lgs. n. 163 del 2006).

6.1. La realizzazione dei chioschi e degli altri manufatti sopra descritti avrebbe un rilievo del tutto accessorio e servente rispetto alla manutenzione del verde e ai servizi da rendere al pubblico. Da tale qualificazione discenderebbe l’inapplicabilità delle disposizioni del codice dei contratti pubblici del 2006 poste alla base dell’annullamento d’ufficio adottato da Roma Capitale.

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