Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-03-28, n. 202202251

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-03-28, n. 202202251
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202202251
Data del deposito : 28 marzo 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/03/2022

N. 02251/2022REG.PROV.COLL.

N. 02109/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2109 del 2021, proposto proposto dalla Wwf Italia Ong Onlus e dalla Onlus Ente Nazionale Protezione Animali - E.n.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato T R, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia,

contro

la Regione Marche, in persona del legale rappresentante legale, rappresentata e difesa dagli avvocati P C e C M S, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;

nei confronti

della Federazione italiana della caccia e della Federcaccia Marche, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall’avvocato Alberto Maria Bruni, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
dell’Ambito territoriale di Caccia Ancona 2, in persona del proprio legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Daniele Carmenati, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
dell’Associazione Nazionale Libera Caccia, la Cia Marche e la Coopagri Marche, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituite in giudizio,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche 31 luglio 2020, n. 494, che ha respinto il ricorso, proposto avverso la deliberazione della Giunta Regionale n. 1068 del 30 luglio 2018, avente ad oggetto "l. reg. n. 7 del 1995, art. 30 - Calendario venatorio regionale 2018/2019” e della deliberazione della Giunta Regionale n. 1468 dell’8 novembre 2018, avente ad oggetto "Attuazione art. 3, comma 2, l. reg. n. 44 del 2018".


Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Federazione italiana della caccia e della Federcaccia Marche;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Marche;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Ambito territoriale di Caccia Ancona 2;

Viste le memorie depositate dalla Regione Marche in date 21 febbraio 2022 e 2 marzo 2022;

Viste le memorie depositate dalla Federazione italiana della caccia e dalla Federcaccia Marche in date 18 febbraio 2022;

Viste le memorie depositate dalla Wwf Italia Ong Onlus e dalla Onlus Ente Nazionale Protezione Animali - E.n.p.a. in date 21 febbraio 2022 e 2 marzo 2022;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore all’udienza pubblica del 24 marzo 2022 il Cons. Giulia Ferrari ed uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;

Considerato, in fatto e in diritto, quanto segue:


FATTO

1. Il Wwf Italia Onlus e Onlus Ente Nazionale Protezione Animali - E.N.P.A. sono enti morali, individuati dagli artt. 13 e 18, comma 5, l. n. 349 dell’8 luglio 1986, quali associazioni che perseguono finalità di protezione ambientale mediante decreto del Ministero dell’Ambiente del 7 luglio 2004.

Hanno impugnato (ricorsi nn. 394/2018 e 537/2018) la deliberazione della Giunta Regionale n. 1068 del 30 luglio 2018, avente ad oggetto il Calendario venatorio regionale 2018/2019 e la deliberazione della Giunta Regionale n. 1468 dell’8 novembre 2018, avente ad oggetto "Attuazione art. 3, comma 2, l. reg. n. 44 del 2018". L’illegittimità è da riconnettere alla mancata previa disposizione di un piano faunistico generale, nonostante i precedenti piani, regionali e provinciali, avessero superato il loro termine quinquennale di efficacia.

2. Con sentenza 31 luglio 2020, n. 494 il Tar Marche, previa reiezione dell’eccezione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse stante il decorso del termine di efficacia del Calendario Venatorio, ha respinto ii ricorsi riuniti nn. 394/2018 e 537/2018.

Il primo giudice ha ritenuto, rifacendosi anche al proprio precedente n. 271 del 2017, che il piano regionale, anche a seguito della scadenza del proprio termine di efficacia, possa produrre effetti, senza che ciò si ponga in contrasto con la legge nazionale e le fonti sovranazionali che regolano la materia.

La presenza di un meccanismo troppo rigido, infatti, determinerebbe la preclusione per la Regione di modificare il piano prima dei cinque anni, a dimostrazione del fatto che il termine quinquennale non debba essere letto in maniera troppo formale.

Il Tar ha inoltre rilevato come l’onere probatorio di dimostrare l’inadeguatezza dell’attuale piano faunistico spettasse alle associazioni attrici che, invece, si erano limitate a richiamare genericamente la mancanza di attualità e di aggiornamento dello stesso.

Anche le contestate preaperture della stagione di alcune specie di uccelli sono state ritenute legittime, essendo errato il presupposto della mancanza di una pianificazione regionale alla base di queste scelte.

3. La sentenza del Tar Marche 31 luglio 2020, n. 494 è stata impugnata con appello notificato in data 26 febbraio 2021 e depositato il successivo 9 marzo 2021.

4. Si è costituita in giudizio la Regione Marche, che ha preliminarmente eccepito l’improcedibilità del ricorso per essere stato medio tempore approvato il calendario venatorio 2020-2021 ed il calendario venatorio 2021-2022;
nel merito, ha sostenuto l’infondatezza dell’appello.

5. Si è costituito in giudizio l’Ambito territoriale di caccia Ancona 2, sostenendo l’infondatezza dell’appello.

6. Si sono costituite in giudizio, intervenendo ad opponendum, la Federazione italiana della caccia e la Federcaccia Marche.

7. Non si sono costituite in giudizio l’Associazione Nazionale Libera Caccia, la Cia Marche e la Coopagri Marche.

8. All’udienza pubblica del 24 marzo 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, è appellata la sentenza del Tar Marche che ha accolto in parte il ricorso, proposto da alcune associazioni venatorie avverso la delibera di Giunta che ha approvato il Calendario venatorio regionale 2018/2019.

Preliminarmente il Collegio dà atto, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a, del tardivo deposito – avvenuto solo in data 20 marzo 2022 – della memoria da parte della Ambito Territoriale di Caccia Ancona 2, oltre i termini previsti dal comma 1 del citato art. 73 c.p.a., a nulla valendo che detto scritto difensivo sia stato definito “brevi note difensive” ai fini della trattazione da remoto dell’udienza, atteso che da un lato l’istituto delle note di udienza, da depositare alla vigilia dell’udienza di merito, era legato alla normativa del periodo emergenziale;
dall’altro, che nel regime introdotto dall’art. 7 bis, d.l. n. 105 del 2021 non è possibile la discussione della causa da remoto se non ricorrono i casi eccezionali previsti dalla stessa norma.

2. Sia la Federazione italiana della caccia che la Regione Marche sollevano l’eccezione di improcedibilità del ricorso di primo grado sul rilievo che il Calendario venatorio (2018/2019) impugnato ha ormai perso efficacia per essere stato approvato il Calendario venatorio 2019/2020, impugnato dalle Associazioni appellanti, il cui ricorso è stato respinto in primo grado e dichiarato improcedibile in appello (sentenza 3 agosto 2021, n. 5732).

Sull’eccezione si è difesa parte appellante, che ha affermato l’inammissibilità del motivo che avrebbe dovuto essere sollevato come vizio del capo della sentenza del Tar Marche che aveva respinto l’eccezione sollevata in primo grado.

La difesa delle Associazioni si fonda su una costante giurisprudenza del giudice amministrativo, secondo cui la pura e semplice riproposizione nel giudizio di appello, mediante memoria, delle eccezioni in rito già espressamente disattese dal primo giudice è inammissibile, in difetto del necessario appello incidentale avverso i capi di sentenza che le hanno respinte, atteso che la facoltà di mera riproposizione dell’eccezione è accordata, dall’art. 101, comma 2, c.p.a., solo rispetto alle eccezioni assorbite o comunque non esaminate, e non anche per quelle esplicitamente respinte, che possono essere sottoposte al giudice di secondo grado solo proponendo un formale atto di appello avverso la pronuncia reiettiva (Cons. St., sez. V, 17 luglio 2013, n. 3888;
id. 24 gennaio 2013, n. 456).

Tale assunto, ex se condivisibile, non è però pertinente al caso in esame nel quale l’eccezione sollevata dinanzi al Collegio è di improcedibilità dell’appello e non del ricorso di primo grado, per essere medio tempore intervenuto il nuovo Calendario venatorio 2020-2021.

Nella specie, il Calendario venatorio 2020-2021 è stato adottato con delibera di Giunta 28 luglio 2020, quindi in data antecedente alla pubblicazione della impugnata sentenza del Tar (che ha esaminato l’eccezione di improcedibilità solo con riferimento al sopravvenuto calendario venatorio 2019/2020), avvenuta il 31 luglio 2020, ma successiva alla camera di consiglio decisoria dell’8 luglio 2020.

Gli eventi successivi alla camera di consiglio nella quale il Collegio decide la controversia non entrano nella decisione, salvo che non sia convocata una nuova camera di consiglio per esaminare la sopravvenienza. Ma della doverosa indicazione di una seconda camera di consiglio non c’è traccia nella sentenza impugnata.

Corollario obbligato di tale premessa è che il giudice di primo grado ha valutato l’interesse alla decisione solo in considerazione della circostanza che il calendario avesse esaurito i suoi effetti. Ben diversa – e nuova – è dunque l’eccezione della Regione Marche dinanzi al giudice di appello, con la quale ha affermato l’improcedibilità dell’impugnazione per essere stato pubblicato il nuovo calendario venatorio, che ha sostituito quello del 2019-2020.

Non è, quindi, dedotta in parte qua l’erroneità della pronuncia del Tar quanto, piuttosto, un fatto sopravvenuto che rende inutile la statuizione, nel merito, del giudice di appello.

3. L’eccezione, oltre ad essere ammissibile, è fondata, alla luce dei principi più volte espressi in materia dalla Sezione (3 agosto 2021, n. 5732;
3 maggio 2021, n. 3487;
23 marzo 2021, n. 2484).

Questo Consiglio di Stato ha avuto modo di tornare sul dibattuto tema della natura e dello scopo del processo amministrativo, e quindi sulla portata dell’art. 100 c.p.c., espressione di un principio generale valido anche nel processo amministrativo, secondo il quale costituisce condizione per l’ammissibilità dell’azione, oltre alla titolarità di una situazione giuridica sostanziale di diritto soggettivo o di interesse legittimo, anche la sussistenza dell’interesse a ricorrere, inteso quest’ultimo non come idoneità astratta dell’azione a realizzare il risultato perseguito ma, più specificamente, come interesse proprio e concreto del ricorrente al conseguimento di un’utilità o di un vantaggio (materiale o, in certi casi, morale) a mezzo del processo amministrativo;
vale a dire, nell’ottica di un processo di stampo impugnatorio – annullatorio che assume come suo presupposto la sussistenza di un interesse all’eliminazione del provvedimento che il ricorrente ritiene lesivo della propria sfera giuridica (Cons. St., sez. III, 2 settembre 2019, n. 6014).

Orbene, nel caso di specie è all’esame di questo Collegio un provvedimento (il Calendario Venatorio per l’annualità 2019/2020) che è venuto meno, perché spirato il suo termine annuale di efficacia e, soprattutto, perché sostituito integralmente da una nuova delibera con il medesimo oggetto (Delibera 18 maggio 2020, n. 625, recante il Calendario venatorio regionale 2020-2021).

Non varrebbe rilevare che il Calendario venatorio è adottato ciclicamente, con cadenza annuale, con la conseguente configurabilità di un interesse di parte ricorrente a una pronuncia di merito, i cui contenuti siano in grado di produrre effetti sull’attività amministrativa che dovrà svolgersi per l’anno successivo. All’accoglimento di questa tesi costituisce ostacolo insuperabile il chiaro disposto dell’art. 34, comma 2, c.p.a. a tenore del quale “in nessun caso il giudice può pronunciare con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati” (C.g.a. 21 dicembre 2015, n. 709).

Il Collegio esclude altresì che, nonostante l’approvazione del nuovo Piano, permanga l’interesse ad ottenere dal giudice una pronuncia di principio che regoli la futura attività della Regione.

In ordine all’effetto conformativo che avrebbe una eventuale pronuncia nel merito, vale ricordare che non è possibile adire il giudice amministrativo per il mero accertamento della legalità violata ove poi dalla pronuncia non derivi un vantaggio concreto ed immeditato per il ricorrente.

Né, infine, può ritenersi utile una pronuncia di questo giudice con riferimento alle disposizioni del Calendario 2019/2020 riproposte con il successivo Calendario 2020/2021 atteso che, delle due l’una: se tale ultimo calendario è stato impugnato (come pare essere stato), sarà il Tar Marche a doversi pronunciare sulla legittimità della relative previsioni, con la conseguenza che una pronuncia di questo Collegio anticiperebbe quella del giudice naturale;
se, invece, non è stato impugnato, le suddetti previsioni sono divenute intangibile perchè non impugnate e non più impugnabili.

Infine, l’appellante per ottenere una decisione di merito ha richiamato il comma 3 dell’art. 34 c.p.a. senza però fornire alcuna prova di tale solo asserito danno subito di cui vorrebbe chiedere il ristoro con una successiva azione.

Ma tale mera affermazione non è sufficiente a fondare l’obbligo del Collegio di accertare la legittimità del provvedimento impugnato dinanzi al Tar Marche.

L'art. 34, comma 3, c.p.a. non può, infatti, essere interpretato nel senso che, in seguito ad una semplice, generica indicazione della parte, il giudice debba verificare la sussistenza di un interesse a fini risarcitori, anche perché, sul piano sistematico, diversamente opinando, perderebbe di senso il principio dell'autonomia dell'azione risarcitoria enucleato dall'art. 30 dello stesso c.p.a. (Cons. St., Ad. plen., 13 aprile 2015, n. 4;
id., sez. III, 23 agosto 2018, n. 5034).

Ne consegue l’inapplicabilità, nel caso in esame, della regola introdotto dal comma 3 dell’art. 34 c.p.a., secondo cui quale “quando, nel corso del giudizio, l’annullamento del provvedimento impugnato non risulta più utile per il ricorrente, il giudice accerta l’illegittimità dell’atto se sussiste l’interesse ai fini risarcitori”.

4. Per le ragioni sopra esposte l’appello deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse alla decisione.

In ragione della natura della decisione in rito sussistono giusti motivi per compensare le spese tra le parti.

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