Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2010-01-19, n. 201000189
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N. 00189/2010 REG.DEC.
N. 07673/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
DECISIONE
Sul ricorso numero di registro generale 7673 del 2009, proposto da C S, S M, G T, A B, A D G, rappresentati e difesi dall'avv. G R, con domicilio eletto presso il medesimo, in Roma, via Cipro, n. 77;
contro
Poste Italiane s.p.a., rappresentata e difesa dall'avv. Anna Maria Ursino, con domicilio eletto presso Area Legale Territ. Centro Poste Italiane in Roma, viale Europa, n. 190;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, sez. V, n. 4077/2009.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Poste Italiane s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 dicembre 2009 il Cons. R D N e udito l’avvocato Lo Calzo per delega di Russillo.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Gli odierni appellanti, dipendenti di Poste Italiane s.p.a., con il ricorso di primo grado impugnavano il silenzio-rigetto formatosi sulla loro richiesta di accesso al datore di lavoro, avente ad oggetto i Modelli 70 P ovvero i c.d. cartellini orologio attestanti l’orario di lavoro svolto, con indicazione delle ore di lavoro ordinario, straordinario e notturno per gli anni 1999, 2000, 2001, 2002, per i mesi di gennaio e febbraio 2003, per l’anno 2004, documenti formati e detenuti presso il centro di meccanizzazione postale sito in Napoli.
Tanto in vista di un contenzioso giudiziario finalizzato ad accertare di non aver fruito dei riposi compensativi e del compenso per lavoro straordinario.
2. Il Tar adito, con la sentenza in epigrafe, ha respinto il ricorso, dichiarando di volersi discostare dal prevalente orientamento giurisprudenziale che in siffatte ipotesi consente l’accesso, e ritenendo che:
a) l’accesso avrebbe una funzione di verifica della correttezza e buon andamento della funzione pubblica, e non potrebbe essere puro e semplice mezzo precontenzioso, volto ad acquisire le prove da utilizzare in un futuro giudizio;
b) nei rapporti di pubblico impiego privatizzato la p.a. non potrebbe subire l’accesso, perché esso la porrebbe in una posizione deteriore rispetto ai datori di lavoro privati.
3. Hanno interposto appello gli originari ricorrenti, invocando il contrario prevalente orientamento che consente l’accesso, da parte dei dipendenti di Poste Italiane s.p.a., agli atti del rapporto di impiego privatizzato, e contestando che non possa consentirsi l’accesso al fine di acquisire prove da utilizzare in un futuro giudizio.
4. L’appello è da accogliere.
4.1. Giova anzitutto osservare che l’accesso è normativamente subordinato alla titolarità di un interesse alla visione degli atti, che si connetta ad una situazione giuridicamente tutelata, e che è sempre consentito l’accesso a documenti la cui conoscenza sia necessaria per curare o difendere i propri interessi giuridicamente tutelati (artt. 22 e 24, l. Tar).
Terreno di elezione dell’accesso è proprio l’esigenza di conoscere gli atti per verificare se vi siano vizi tali da consentire la instaurazione di un contenzioso giudiziario.
Sicché, l’accesso non è negato, ma al contrario rafforzato, quando sia necessario al fine di intraprendere un contenzioso giudiziario.
4.2. Quanto alla ulteriore questione dell’accesso agli atti del rapporto di impiego privatizzato con Poste Italiane s.p.a., il Collegio ritiene di non doversi discostare dal già espresso orientamento, secondo cui l'attività amministrativa, cui gli artt. 22 e 23 l. n. 241/1990 correlano il diritto d'accesso, ricomprende non solo quella di diritto amministrativo, ma anche quella di diritto privato posta in essere dai soggetti gestori di pubblici servizi che, pur non costituendo direttamente gestione del servizio stesso, sia collegata a quest'ultima da un nesso di strumentalità derivante anche, sul versante soggettivo, dalla intensa conformazione pubblicistica (Cons. St., sez. VI, 2 ottobre 2009 n. 7273;Id., 26 gennaio 2006 n. 229;Id., 30 dicembre 2005 n. 7624;Id., 7 agosto 2002 n. 4152;Id., 8 gennaio 2002 n. 67).
Con le citate decisioni, il Consiglio di Stato ha ritenuto che i dipendenti di Poste Italiane s.p.a., anche cessati dal rapporto, avessero diritto ad accedere ad alcuni atti relativi all’organizzazione interna della società, quali gli atti di un procedimento privatistico per la selezione dei dirigenti o i fogli firma delle presenze giornaliere, a nulla rilevando che l’attività di Poste si svolga in parte in regime di concorrenza.
In tali casi l’attività di Poste Italiane, relativa alla gestione del rapporto di lavoro con i propri dipendenti, è stata ritenuta strumentale al servizio gestito da Poste ed incidente potenzialmente sulla qualità di un servizio, il cui rilievo pubblicistico va valutato tenendo conto non solo della dimensione oggettiva, ma anche di quella propriamente soggettiva di Poste Italiane.
Deve, di conseguenza, ritenersi che Poste Italiane è soggetta alla disciplina in tema di accesso nei limiti già precisati con i citati precedenti del Consiglio di Stato e che lo è nel caso di specie, in cui appunto l’accesso è stato richiesto in relazione alla predetta attività di organizzazione delle forze lavorative e quindi del servizio postale.
5. In conclusione l’appello va accolto.
Le spese di lite, per entrambi i gradi di giudizio, seguono la soccombenza e vengono liquidate in euro 4.000 (quattromila).