Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-02-04, n. 202101062
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Pubblicato il 04/02/2021
N. 01062/2021REG.PROV.COLL.
N. 08542/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 8542 del 2019, proposto da
G A, P R, D’Alessandro Marco, T F, S M, rappresentati e difesi dagli avvocati F L V, A S e F T, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 02800/2019, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 novembre 2020 il Cons. Federico Di Matteo;nessuno è comparso per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’organizzazione giudiziaria del personale e dei servizi – Direzione generale dei magistrati con circolare 18 gennaio 2018, n. 11799 disponeva il ritiro, a cura degli uffici competenti, dei tesserini di riconoscimento in corso di validità dei giudici ausiliari di Corte d’Appello, dei giudici onorari di pace e dei vice procuratori onorari al fine della loro sostituzione con nuovi modelli non recanti la dicitura “ valido ai fini del porto d’arma senza licenza – art. 7 legge 21.2.1990, n. 36 ”.
2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, i dott. Antonino Galatolo, Raffaella Piro e Maria Spagnolo, giudici onorari di pace presso il Tribunale di Palermo, e i dott. Alberto Ferro, Diego Vallone, Carlo Di Rosa, Marco D’Alessandro e F T impugnavano detta circolare sulla base di diversi motivi, alcuni dei quali diretti a far valere ragioni di illegittimità costituzionale di numerose disposizioni del d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116 ( Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace ), indicata dalla stessa circolare quale suo fondamento normativo.
2.1. Precisamente, le disposizioni del decreto legislativo n. 116 del 2017 tacciate di incostituzionalità erano: a) l’art. 3, comma 3, nella parte in cui prevede che « l’incarico di magistrato onorario (non determina) in nessun caso un rapporto di pubblico impiego» ;b) l’art. 21 nella parte in cui non prevede quanto riportato nell’art. 2, comma 11, lett. a) , b) e c) della legge delega 28 aprile 2016, n. 57;c) l’art. 23, commi 2, 3, 4 e 5 nella parte in cui stabilisce che « ai magistrati onorari che esercitano funzioni giudiziarie è corrisposta con cadenza trimestrale, un’indennità annuale lorda in misura fissa, pari ad euro 16.140,0 comprensiva degli oneri previdenziali e assistenziali» ;d) l’art. 25, commi 1 e 2, nella parte in cui prevede che durante la malattia, l’infortunio o lo stato di gravidanza del magistrato onorario l’esecuzione dell’incarico è sospesa « senza diritto all’indennità prevista dall’articolo 23 »;e) l’art. 25, comma 3, nella parte in cui prevede che «ai fini della tutela previdenziale e assistenziale, i giudici onorari di pace e i vici procuratori onorari sono iscritti alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26 della legge 8 agosto 1995, n. 335» , senza porre a carico dell’Amministrazione l’onere di versare i relativi contributi;f) l’art. 26, comma 1, lett. b) , nella misura in cui prevede «modifiche al testo unico delle imposte sui redditi» stabilendo che « all’art. 53, comma 2, dopo la lettera f) è aggiunta la seguente: “f bis) le indennità corrisposte ai giudici onorari di pace e ai vice procuratori onorari » ;g) gli articoli 27 e 28 nella parte in cui ampliano le materie di competenza del giudice di pace estendendole a settori che esulano dai limiti di cui all’art. 15, comma 2, della legge delega n. 57 del 2016.
I ricorrenti sostenevano l’incostituzionalità delle richiamate disposizioni, in taluni casi, per eccesso di delega ex art. 76 Cost., in altri, per contrasto con il diritto di ogni lavoratore alla previdenza e assistenza sociale come previsto dagli articoli 2, 3, 38, 41 e 53 Cost. e, per altre ancora, per violazione degli art. 10 e 11 Cost. e della Raccomandazione della Commissione europea Rec. 12 nella parte in cui ingiunge agli Stati membri di assicurare ai giudici onorari una remunerazione ragionevole in caso di malattia, maternità o paternità, così come il pagamento di una pensione correlata al livello di retribuzione.
Per altro verso, era evocato il contrasto con la decisione del Comitato europeo per i diritti sociali del 5 luglio 2016, con l’art. 12, par. 2 lett. b) , della Carta sociale europea del 1961 e con l’art. 7 della l. n. 36 del 1990.
2.2. Con unico motivo, invece, era impugnata la circolare per violazione del principio di equiparazione funzionale di cui all’art. 106 Cost., del principio di non discriminazione posto dalla decisione del Comitato europeo per i diritti sociali del 5 luglio 2016, del principio generale di tutela dei diritti acquisiti – al rilascio di un tesserino personale recante la dicitura “ valido ai fini del porto d’armi senza licenza ” – leso da una lettura formalistica delle norme, non coerente con il dato reale e sostanziale del rischio del magistrato (sia onorario che ordinario) nell’esercizio delle sue funzioni.
2.3. Nella resistenza del Ministero della Giustizia, il giudice di primo grado, con la sentenza della Sezione prima, 4 marzo 2019, n. 2800, respingeva il ricorso compensando le spese del giudizio.
Il Tribunale amministrativo, con la sentenza qui impugnata:
- respingeva l’eccezione di inammissibilità del ricorso formulata dal Ministero resistente per contenere la circolare impugnata prescrizioni immediatamente e direttamente lesive delle situazioni giuridiche dei destinatari ed essere così suscettibile di immediata impugnazione senza necessità di attendere l’adozione di atti applicativi (nel caso di specie, peraltro, non richiesti, dovendo seguire all’emanazione della circolare, la consegna dei tesserini);
- riteneva insussistente il contrasto con un “diritto acquisito al porto d’armi” maturato in ragione delle precedenti circolari interpretative che tale diritto riconoscevano ai magistrati onorari poiché previsto da normativa primaria e, dunque, spettante solo in presenza delle condizioni ivi stabilite;
- giudicava irrilevante la comparazione con i giudici popolari poiché effettuata al solo scopo di definire il diverso inquadramento della magistratura onoraria rispetto a quella “di professione”, per giungere, in questa linea di ragionamento, ad affermare in maniera condivisibile che “ i magistrati ordinari costituiscono l’ordine giudiziario, mentre i magistrati onorari vi appartengono ” come si ricava dall’art. 4 della legge sull’ordinamento giudiziario;
- stimava ineccepibile l’inquadramento sistematico delle norme riguardanti la magistratura onoraria riportato dalla circolare impugnata, prevista come “meramente eventuale” ed assimilata alla magistratura professionale sotto un profilo funzionale e non anche per lo status in conformità alla regola derivante dai principi costituzionali per i quali l’esercizio delle funzioni giurisdizionali è svolta in via istituzionale da magistrati di professione, istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario e la cui nomina avviene per concorso (art. 102, comma primo, e art. 106 comma primo, Cost.);
- confermava la qualificazione dell’art. 7 l. n. 36 del 1990 nella parte in cui prevede il porto d’armi senza licenza per i “magistrati dell’ordine giudiziario” come norma eccezionale alla regola che fa divieto di portare armi e, come tale insuscettibile di applicazione analogica, tanto più che la predetta locuzione risultava adoperata dal legislatore anche in altre disposizioni sempre con solo riferimento alla magistratura ordinaria;
- riteneva applicabile ai soli magistrati professionali il richiamato art. 7 della l. n. 36 del 1990 anche per una sua lettura teleologica: la norma intende attribuire in via eccezionale un beneficio a coloro che esercitano professionalmente e stabilmente le funzioni giurisdizionali;essa, dunque, è collegata allo status di magistrato e non anche all’esercizio concreto delle funzioni come dimostrato dalla esplicita previsione della sua applicazione anche a coloro che sono temporaneamente collocati fuori ruolo;
- giudicava irrilevanti ai fini della decisione della controversie le questioni di legittimità costituzionale sollevate in relazione alle disposizioni del d.lgs. n. 116 del 2017 riguardanti l’esclusione della costituzione di un rapporto di pubblico impiego, l’indennità riconosciuta ai magistrati onorari, la disciplina degli oneri previdenziali, le sanzioni disciplinari e l’ambito di competenza dei giudici di pace.
3. I magistrati onorari ricorrenti propongono appello;si è costituito in giudizio il Ministero della Giustizia.
Le parti hanno depositato memorie ex art. 73, comma 1, Cod. proc. amm..
All’udienza dell’11 novembre 2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. E’ proposto un unico motivo di appello con critiche rivolte ai diversi passaggi in cui è articolato il ragionamento della sentenza di primo grado.
Questa sarebbe viziata in primo luogo per “ difetto assoluto di motivazione in relazione alla dedotta violazione di un diritto acquisito e del principio di non discriminazione funzionale affermato dal Consiglio di Europa con decisione del 15/07/16. Motivazione erronea, insufficiente, carente, illogica, contraddittoria;omesso esame di un motivo di impugnazione;violazione dell’art. 7 della L. 36/1990” nonché per “violazione del D.M. 371/94 ”: il giudice di primo grado avrebbe risposto con motivazione “ meramente tautologica e/o assertiva espressa attraverso formule di stile ” alla lamentata violazione del diritto quesito al porto d’armi senza licenza, già riconosciuto da precedenti circolari interpretative e ora negato nonostante l’art. 7 l. n. 36 del 1990 continui a riconoscerlo ai “magistrati dell’ordine giudiziario”, così collegando il beneficio allo svolgimento in concreto della “funzione magistratuale”, senza distinzioni solo formali fondate sull’appartenenza all’una o all’altra categoria, onoraria e ordinaria, in coerenza con la sua finalità di “difesa personale” per il rischio proprio della funzione giurisdizionale identicamente avvertito dai magistrati onorari e dai magistrati ordinari.
Una simile interpretazione introdurrebbe una illogica disparità di trattamento a parità di funzioni;parità di funzioni ingiustamente negata dalla circolare come dimostrato, peraltro, dall’assimilazione delle funzioni dei giudici onorari a quelle dei giudici “popolari” i quali, però, sono privi di competenze tecnico – giuridiche per redigere la sentenza e partecipano ai collegi giudicanti al solo fine di riferire la propria opinione ai magistrati ordinari in maniera affatto diversa dai magistrati onorari che istituiscono interamente il processo e decidono la causa.
1.1. Per altro verso la sentenza è impugnata per “ Erroneità, illogicità manifesta, contraddittorietà, insufficienza, carenza della motivazione anche in relazione alla preliminare questione di incostituzionalità delle parti indicate della riforma della magistratura onoraria ”: il giudice di primo grado avrebbe omesso di esaminare i motivi diretti a far valere la sussistenza di un rapporto di lavoro e di pubblico impiego dei magistrati onorari, comunque escluso in maniera illogica e contraddittoria per la sola assenza del requisito concorsuale, sebbene sia noto che anche i magistrati onorari instaurano il loro rapporto con l’amministrazione in seguito al superamento di un concorso per titoli (in passato previsto dagli articoli 4 e 4- bis l. n. 374 del 1991).
Gli appellanti ripropongono, pertanto, le argomentazioni che indurrebbero a qualificare il loro rapporto come di pubblico impiego: le indicazioni della legge delega (che peraltro sarebbero violate dall’art. 1, comma 3, d.lgs. n. 116 del 2017 laddove è stabilito che « l’incarico di magistrato onorario …non determina in nessun caso un rapporto di pubblico impiego» ) segnatamente nella parte in cui è richiamato l’art. 17, comma 7, l. n. 196 del 2009 ovvero le disposizioni in materia pensionistica e di pubblico impiego con la implicita volontà di mantenere il giudice onorario nel sistema del pubblico impiego;le indicazioni provenienti dagli organi dell’Unione europea e, in particolare, la comunicazione della Commissione nel caso EU Pilot 7779/15/EMPL in cui era preannunciata l’apertura di una procedura di infrazione a danno dell’Italia per contrasto con la disciplina euro – unitaria della disciplina nazionale sul servizio prestato dai magistrati onorari, la comunicazione della Presidente della Commissione per le petizioni del Parlamento europeo che invitava l’Italia a trovare un equo compromesso sulla “situazione lavorativa” dei giudici di pace, la Raccomandazione CM/Rec (2010)12 del Comitato europeo per i diritti sociali in punto di remunerazione dei giudici in caso di malattia, maternità o paternità e a seguito del pensionamento.
1.2. Sono riproposte, infine, le questioni di legittimità costituzionale del decreto legislativo 13 luglio 2017, n. 116 delle quali si è detto nella parte in fatto ritenute rilevanti, contrariamente a quanto affermato dal giudice di primo grado, per aver la circolare ministeriale ancorato la decisione di procedere al riesame della questione alla ragione dell’entrata in vigore della riforma organica della magistratura onoraria e della ivi ribadita appartenenza meramente funzionale all’ordine giudiziario.
1.3. Nella memoria depositata in vista dell’udienza pubblica gli appellanti aggiungono alle argomentazioni spese nell’atto di appello il richiamo alla recente pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione europea 16 luglio 2020 che, nella causa C-658/18, affrontando la questione della conformità al diritto eurounitario della normativa nazionale nella parte in cui non prevede(va) il diritto per un giudice di pace a beneficiare di ferie annuali retribuite di trenta giorni come i magistrati ordinari, avrebbe dettato un principio di carattere generale per il quale non possono ammettersi disparità di trattamento dei magistrati onorari che non siano motivate da ragioni oggettive;la circolare impugnata, privando i magistrati onorari del tesserino ex art. 7 l. n. 36 del 1990 introdurrebbe una disparità di trattamento irragionevole considerato che, al pari dei magistrati ordinari, i magistrati onorari, appartengono all’ordine giudiziario italiano ed esercitano la giurisdizione in materia civile e penale alle medesime condizioni (in quanto tenuti rispetto delle tabelle indicanti la composizione dell’ufficio e degli ordini di servizio del Capo dell’Ufficio e dei provvedimenti organizzativi del C.S.M., giudicati sulla base dei medesi criteri di valutazione di professionalità, tenuti alla costante reperibilità, soggetti, sotto il profilo disciplinare ad obblighi analoghi a quelli dei magistrati professionali).
2. Il motivo, ritiene il Collegio, è infondato.
2.1. E’ riproposta nel presente grado d’appello la questione della legittimità della circolare del Ministero della giustizia che assume che l’art. 7 l. 21 febbraio 1990, n. 36 ( Nuove norme sulla detenzione delle armi, delle munizioni, degli esplosivi e dei congegni assimilati ), nella parte in cui consente il porto d’armi senza la licenza ai «magistrati dell’ordine giudiziario» , si riferisca ai soli magistrati ordinari e non anche ai magistrati onorari.
Più esattamente, la circolare impugnata precisa la lettura del dato normativo visto che in precedenti circolari (del 1994 e del 1996) il Ministero aveva, invece, ritenuto che l’attribuzione spettasse anche ai magistrati onorari.
È affermato, infatti, che in seguito all’entrata in vigore del d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116, di riforma organica della magistratura onoraria, è ora fuori di dubbio l’appartenenza “meramente funzionale” dei soggetti della magistratura onoraria all’ ordine giudiziario e che, dunque, delle due categorie di magistrati – i gli ordinari, o meglio i professionali, e gli onorari – con la locuzione utilizzata la legge faccia riferimento soltanto ai primi ed esclusa i secondi.
A tale condiviso ragionamento – condotto in stretta adesione alla formulazione letterale del citato articolo 7 l. n. 36 del 1990 – la sentenza appellata aggiunge l’ulteriore considerazione che l’attribuzione della facoltà di porto d’armi, siccome riconosciuta anche ai magistrati collocati temporaneamente fuori del ruolo organico, è connessa allo status del magistrato professionale piuttosto che alle funzioni in concreto esercitate.
2.2. Entrambi gli assunti postulano che tra magistrati professionali e magistrati onorari vi sia differenza di status prima che di funzioni. Dal che consegue che attribuzioni inerenti allo status del magistrato professionale non necessariamente si estendono ai magistrati onorari.
L’assunto della sentenza è corretto e coerente con l’ordinamento costituzionale. Il magistrato onorario esercita funzioni giurisdizionali non a titolo di professione, perché non viene reclutato attraverso il concorso di accesso in magistratura. In un ordinamento il cui assetto della giurisdizione si incentra sulla figura del magistrato-funzionario (immanente a tutto il Titolo IV, La Magistratura , della Parte seconda della Costituzione), ha primario rilievo il principio dell’art. 106, primo comma, Cost., per il quale «le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso» : dal concorso soltanto consegue la costituzione pleno iure di un rapporto di servizio incondizionatamente utile per la provvista di ufficio nell’organizzazione della giurisdizione;e il concorso assicura in condizioni di par condicio il vaglio tecnico della professionalità: per queste ragioni la formula è più rigida di quella dell’art. 97, quarto comma, Cost. ( «agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge» ).
Vero è che per l’art. 106, secondo comma, Cost., «la legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli» . Ma si tratta (come anche nei casi dell’art. 102, secondo e terzo comma, Cost.) di deroga all’ipotesi del primo comma, il che marca la differenza essenziale tra le due categorie.
Tutto questo vale anche dopo la formazione del c.d. statuto unico del magistrato onorario, ai sensi del d.lgs. 13 luglio 2017, n. 116 ( Riforma organica della magistratura onoraria e altre disposizioni sui giudici di pace, nonché disciplina transitoria relativa ai magistrati onorari in servizio, a norma della legge 28 aprile 2016, n. 57 ). Il metodo di reclutamento “inderogabilmente temporaneo” e non esclusivo ivi configurato da quel Capo II ( Del conferimento dell'incarico di magistrato onorario, del tirocinio e delle incompatibilità ) e in particolare dall’art. 7 ( Tirocinio e conferimento dell'incarico ), per quanto presenti tratti selettivo-valutativi, non è infatti assimilabile al concorso in magistratura, oltre ad esserne patentemente distinto.
2.3. Del resto, l’art. 4 ( Ordine giudiziario ) r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 ( Ordinamento giudiziario ) afferma al comma 1: « L’ordine giudiziario è costituito dagli uditori, dai giudici di ogni grado dei tribunali e delle corti e dai magistrati del pubblico ministero» ;al comma 2 aggiunge : « Appartengono all’ordine giudiziario come magistrati onorari, i giudici conciliatori, i vice conciliatori, i giudici onorari di tribunale, i vice procuratori, gli esperti del tribunale e della sezione di corte di appello per i minorenni ed, inoltre, gli assessori della corte di cassazione e gli esperti della magistratura del lavoro nell’esercizio delle loro funzioni giudiziarie» ). Con ciò l’articolo differenzia un’appartenenza all’ ordine giudiziario strutturale, cioè in ragione del rapporto di servizio (comma 1) e un’appartenenza meramente funzionale, vale a dire in occasione delle funzioni giudiziarie in concreto svolte, cioè soltanto per quanto concerne lo svolgimento concreto del rapporto d’ufficio e in occasione di esso (comma 2).
2.4. Che i magistrati si distinguano per lo status , piuttosto che per le funzioni esercitate, è ulteriormente mostrato dall’art. 1, comma 3, d.lgs. n. 116 del 2017 che stabilisce: « L’incarico di magistrato onorario […] non determina in nessun caso un rapporto di pubblico impiego» ;il che è in coerenza con il tradizionale inquadramento del funzionario onorario, tale per cui l’atto di nomina comporta solo l’instaurazione del rapporto d’ufficio, o organico, ma non un rapporto di servizio con l’amministrazione, ossia non comporta l’insorgenza di un rapporto di lavoro qualificabile come di pubblico impiego (né subordinato né autonomo;cfr. Cass., sez. lav., 5 giugno 2020, n. 10774;sez. lav., 9 settembre 2016, n. 17862);con le ulteriori peculiarità indicate dall’art. 1, comma 3, d.lgs. n. 116 del 2017: « L’incarico di magistrato onorario ha natura inderogabilmente temporanea , si svolge in modo da assicurare la compatibilità con lo svolgimento di attività lavorative o professionali» (per assicurare tale compatibilità “« a ciascun magistrato onorario non può essere richiesto un impegno complessivamente superiore a due giorni a settimana» e “« ai magistrati onorari sono assegnati affari, compiti e attività, da svolgere sia in udienza che fuori udienza, in misura tale da assicurare il rispetto di quanto previsto dal presente comma» ) e dall’art. 23 d.lgs. n. 116 del 2017 che prevede la corresponsione di un compenso di natura indennitaria (e non una retribuzione corrispettiva all’attività lavorativa svolta).
2.5. Già in passato, stante l’assenza di un rapporto di un rapporto di lavoro, è stata esclusa l’applicabilità al magistrato onorario (come ad ogni altro funzionario onorario previsto dall’ordinamento) dello statuto del pubblico impiego con riguardo agli istituti della sospensione del rapporto di lavoro per infortunio, malattia, gravidanza e puerperio, come pure di previdenza alla sua cessazione.
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con la sentenza della sez. II, 16 luglio 2020, nella causa C-658/18, ha ritenuto che questo non fosse compatibile con il diritto eurounitario: per il quale unica è la nozione di “lavoratore” quale che sia la modalità di costituzione del rapporto con l’amministrazione, senza distinzioni dovute al tempo determinato o indeterminato di svolgimento, e non è consentito un differente trattamento con altro pubblico dipendente a parità di funzioni, salvo differenziazioni derivanti da ragioni oggettive attinenti all’impiego che deve essere ricoperto;da qui il contrasto della normativa nazionale con il diritto euro – unitario nella parte in cui non prevedeva il diritto del giudice di pace a beneficiare di ferie annuali retribuite per trenta giorni come previsto, invece, per i magistrati ordinari.
Siffatte disparità sono ora superate dagli articoli 24, 25 e 26 d.lgs. n. 116 del 2017, i quali, rispettivamente in materia di ferie, di gravidanza, malattia e infortunio, e di trattamento previdenziale, configurano analoghi istituti per i magistrati onorari, seppure con le dovute specificazioni.
2.6. In definitiva, a differenza del magistrato professionale, il magistrato onorario è tale solo in quanto e nei termini in cui viene chiamato a svolgere funzioni giurisdizionali: il che avviene comunque per una durata limitata e in maniera non esclusiva, ma compatibile con altre attività lavorative e professionali e per scelta volontaria di partecipare all’amministrazione della giustizia gratis rei pubblicae servire ;caratteristiche che ne qualificano in maniera distinta lo status rispetto a quella del magistrato professionale.
Posta una tale differenza essenziale di condizione giuridica, sono del tutto coerenti trattamenti, giuridici ed economici, differenziati (cfr. Corte cost., 8 novembre 2000, n. 479: “… la posizione dei magistrati che svolgono professionalmente e in via esclusiva funzioni giurisdizionali e quella dei magistrati onorari non sono fra loro raffrontabili ai fini della valutazione della lesione del principio di eguaglianza, in quanto per i secondi il compenso è previsto per un'attività che essi (come riconosce lo stesso tribunale rimettente) non esercitano professionalmente ma, di regola, in aggiunta ad altre attività, per cui non deve agli stessi essere riconosciuto il medesimo trattamento economico, sia pure per la sola indennità giudiziaria, di cui beneficiano i primi;che ugualmente nessun raffronto, ai fini del prospettato giudizio di eguaglianza, può essere fatto tra le posizioni delle varie categorie di magistrati onorari che svolgono a diverso titolo e in diversi uffici funzioni giurisdizionali, trattandosi di una pluralità di situazioni, differenti tra loro, per le quali il legislatore nella sua discrezionalità ben può stabilire trattamenti economici differenziati ”).
A questo punto si tratta qui di verificare se, con gli atti impugnati, il Ministero della giustizia abbia legittimamente identificato il perimetro legale di abilitazione dei magistrati a portare armi pur senza l’ordinaria licenza. Tale, infatti, è il bene della vita di cui qui si controverte, i ricorrenti assumendo di aver titolo a portare le armi senza licenza per il fatto di svolgere funzioni di magistrato onorario (ed, evidentemente, anche al di fuori di queste).
2.7. Qui in particolare si disputa della facoltà, di cui all’art. 7, comma 1, l. 21 febbraio 1990, n. 36 ( Nuove norme sulla detenzione delle armi, delle munizioni, degli esplosivi e dei congegni assimilati ) che così dispone: « Ai soli fini della difesa personale è consentito il porto d'armi senza la licenza di cui all'articolo 42 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 , oltre che alle persone contemplate dall'articolo 73 del regio decreto 6 maggio 1940, n. 635, recante regolamento di esecuzione del citato testo unico, ai magistrati dell'ordine giudiziario, anche se temporaneamente collocati fuori del ruolo organico, al personale dirigente e direttivo dell'Amministrazione penitenziaria» .
La norma – posta in tempi di particolare esposizione dei magistrati all’aggressione terroristica o della criminalità organizzata - estende a tutti i magistrati dell’ordine giudiziario la facoltà a suo tempo attribuita ai soli magistrati con funzioni requirenti o istruttorie (i «Pretori e i magistrati addetti al pubblico Ministero o all'ufficio di istruzione» ) dal menzionato art. 73 r.d. n. 635 del 1940 (Regolamento per l'esecuzione del T.U.L.P.S.).
Il riferimento normativo ai «magistrati dell'ordine giudiziario» va intenso nel senso dei soli soggetti di cui al ricordato art. 4, comma 1, r.d. n. 12 del 1941. A ciò porta sia la ratio legis (l’attribuzione della facoltà è in ragione della potenziale esposizione a pericolo per l’esercizio delle funzioni giudiziarie: circostanza che normalmente non si realizza per gli affari minori cui sono addetti i magistrati onorari), sia la rivelatrice precisazione per la quale la facoltà permane anche nel periodo eventualmente trascorso in posizione di fuori ruolo, cioè indipendentemente dal rapporto organico in un ufficio giudiziario, dunque con radicamento piuttosto nel rapporto di servizio. Del resto, solo il magistrato professionale può essere collocato in posizione di fuori ruolo senza con questo perdere la collocazione nell’ordine giudiziario.
La norma è di stretta interpretazione perché fa eccezione al generale divieto di porto delle armi (art. 699 Cod. pen. e art. 4, primo comma, l. n. 110 del 1975).
Da tutto questo consegue che, per volontà della legge, è consentito il porto d’armi senza licenza ai soli magistrati di professione (cfr. Cass. pen., I, 28 maggio 2015, n. 22567, secondo cui l’esonero dall’obbligo di denuncia di detenzione e l’autorizzazione al porto d’armi non si riferisce ai magistrati onorari), a coloro cioè che stabilmente e istituzionalmente esercitano funzioni giurisdizionali.
Diversamente, bene rileva il Ministero, in pratica sarebbe consentito il porto d’armi senza licenza a chi svolge in via principale non l’attività di magistrato (onorario) ma un’altra attività lavorativa e professionale.
2.8. Alla luce delle considerazioni sinora svolte può darsi risposta alle censure prospettate dagli appellanti:
- la circolare impugnata non viola un diritto quesito : non vi è una norma sopravvenuta che, limitando l’applicazione di una precedente disposizione estensiva, abbia ristretto situazioni consolidate corrispondenti a incomprimibili diritti umani: vi è semmai un beneficio in passato attribuito per incongrua lettura del dato normativo (ad opera di precedenti circolari del 1994 e del 1996): al quale, l’obbligo dell’amministrazione di far costantemente corretta applicazione della legge, impone di rimediare;
- anche a voler ipotizzare che un analogo esercizio di funzioni giudiziarie possa esporre i magistrati onorari ai medesimi rischi per aggressioni dei magistrati ordinari (il che nella media non è), non v’è un’illogica disparità di trattamento perché il diverso statuto professionale degli uni e degli altri legittima trattamenti differenziati nei termini indicati: tanto più che, contrariamente a quanto sostenuto dagli appellanti, il porto d’armi senza licenza non è correlato in via diretta allo svolgimento in concreto della “funzione magistratuale”;
- l’accostamento dei magistrati onorari ai giudici popolari è effettuato al solo scopo di marcare la differenza tra i magistrati che compongono l’ordine giudiziario e quelli che vi appartengono per le funzioni temporaneamente svolte e, in questi termini, non è illogica: entrambi, pur con competenze diverse, sono in funzione della partecipazione popolare all’amministrazione della giustizia (cfr. art. 102, comma 3, Cost.).
2.9. Restano da esaminare le questioni di costituzionalità riproposte dagli appellanti in relazione a diverse disposizioni del d.lgs. n. 116 del 2017;la prima delle quali riguarda l’art. 1, comma 3, nella parte in cui esclude che l’incarico di magistrato onorario determini la costituzione di un rapporto di pubblico impiego.
La questione – che, pur astrattamente, potrebbe essere rilevante in quanto, se fondata, porterebbe a definire uno statuto giuridico del magistrato onorario differente da quello in precedenza delineato – appare, però, manifestamente infondata.
Il servizio onorario – del magistrato, come di ogni altro funzionario pubblico – ha caratteri propri che valgono a distinguere la condizione di chi l’esercita dal dipendente pubblico;questi – con una scelta di vita tendenzialmente permanente fino al collocamento a riposo - impegna in via continuativa, integrale ed esclusiva le proprie energie lavorative, fisiche ed intellettuali, nel rapporto di servizio con l’amministrazione ricevendone la retribuzione adeguata (art. 36 Cost.);invece il funzionario onorario esercita temporaneamente e in maniera parziaria e limitata funzioni pubbliche e per questo riceve un compenso indennitario (cfr. Cass., sez. lav., 18 marzo 2008, n. 7290).
La diversa modalità di svolgimento del lavoro, poi, è direttamente consequenziale alle modalità di costituzione del rapporto: il dipendente pubblico è selezionato all’esito di un concorso (art. 106, primo comma, e art. 97, quarto comma, Cost.: cfr. Cons. Stato, comm. spec., 7 aprile 2017, n. 854/17 e 464/17) particolarmente selettivo in ragione della complessità e delicatezza delle funzioni da svolgere;invece il funzionario onorario è reclutato con procedura meramente idoneativa, anche se mediante una graduatoria elaborata sulla base di titoli di preferenza (art. 6 d.lgs. n. 116 del 2017, cfr. Cons. Stato, V, 16 ottobre 2017, n. 4782, che rammenta come “… esula dal procedimento di nomina e di conferma dei giudici di pace qualsivoglia giudizio comparativo in merito ai requisiti ed alle situazioni soggettive di ciascuno degli aspiranti ”). Tutto questo, dal punto di vista delle scelte personali, è coerente con il principio di autoresponsabilità: perciò preferire, anziché il selettivo concorso in magistratura e quell’esclusivo impiego, il diverso metodo di reclutamento temporaneo e, soprattutto, un incarico compatibile con altra attività lavorativa, non può avere per conseguenza che un trattamento proporzionatamente diversificato. Del resto, nulla impedisce a chi svolge funzioni di giudice onorario di domandare la normale licenza di porto d’armi ove stimi avere necessità di portarne, immaginabilmente rinnovabile anche quando sarà cessato dall’ufficio.
2.10. In conclusione, l’appello va respinto e la sentenza di primo grado integralmente confermata.
3. La particolarità delle questioni esaminate giustifica la compensazione tra le parti in causa delle spese del presente grado del giudizio.