Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-02-23, n. 201500869

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-02-23, n. 201500869
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201500869
Data del deposito : 23 febbraio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03118/2012 REG.RIC.

N. 00869/2015REG.PROV.COLL.

N. 03118/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3118 del 2012, proposto da:
Comune di Andria, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G D C, con domicilio eletto presso Enzo Augusto in Roma, viale Mazzini, n. 73 Sc. B Int. 2.;

contro

Società Italiana Per il Gas P.A. - Italgas, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dagli avvocati M R, G C, con domicilio eletto presso Mario Sanino in Roma, viale Parioli, n. 180;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA – BARI, SEZIONE I, n. 575/2012, resa tra le parti, concernente affidamento servizio gestione impianto distribuzione gas metano.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Società Italiana Per il Gas P.A. - Italgas;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 gennaio 2015 il Cons. L M T e uditi per le parti gli avvocati G D C e Mario Sanino su delega dell'avv. G C;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. In primo grado il TAR per la Puglia dichiarava in parte in inammissibile l’impugnazione di alcuni atti, ritenuti a contenuto non provvedimentale, ed in parte accoglieva il ricorso proposto dall’odierna appellata, annullando, per l’effetto, la determina dirigenziale del Comune di Andria n. 472 del 20 marzo 2009 e la lettera inviata alla società ricorrente dal Comune di Andria in data 10 agosto 2011.

2. Il primo giudice rilevava, in particolare, che il lodo intervenuto tra le parti in data 1 giugno 2004 e reso esecutivo con decreto del Tribunale di Trani in data 5 ottobre 2005, nel risolvere la controversia avente ad oggetto l’individuazione della scadenza temporale e del trasferimento al patrimonio comunale degli impianti realizzati dalla società nel corso del rapporto concessorio, aveva sì stabilito, con effetto vincolante per le parti dell’odierno giudizio, i momenti (coincidenti) della scadenza del rapporto concessorio e del passaggio della proprietà delle reti, individuando per entrambi la data del 31 dicembre 2005, ma lo aveva fatto in diretta ed esplicita applicazione della disciplina transitoria dettata, all’epoca, dall’art. 15 del d.lgs. n. 164 del 2000, sopravvenuto rispetto alla regolamentazione convenzionale intervenuta tra Italgas s.p.a. ed il Comune di Andria.

Pertanto, la proroga del termine in questione disposta con l’art. 23, quarto comma, del d.l. n. 273 del 2005, che aveva stabilito che i termini di durata delle concessioni e degli affidamenti rientranti nel piano di metanizzazione del Mezzogiorno venivano prorogati fino al dodicesimo anno decorrente dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 164 del 2000 oppure, se successiva, dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di approvazione delle risultanze finali dell’intervento, aveva impedito il passaggio di proprietà degli impianti in data 1 gennaio 2006, come preteso dal Comune di Andria in asserita applicazione del lodo arbitrale emesso nel 2004, posticipandola al 21 giugno 2012. Allo stesso tempo il TAR riteneva che il Comune di Andria non avesse titolo per esigere l’incremento del canone con decorrenza 1 gennaio 2006. Inoltre, il giudice di prime cure riteneva fondato il motivo con il quale l’originaria ricorrente lamentava la violazione dell’art. 46-bis del d.l. n. 159 del 2007, come quelli con tesi ad ottenere l’annullamento della nota del Comune di Andria del 10 agosto 2011, sia nella parte in cui aveva disposto la cessazione dalla gestione del servizio e la riconsegna dell’intera rete distributiva per la data del 21 giugno 2012, sia nella parte in cui aveva disposto il pagamento di euro 700.000,00 annui a titolo di canone, con decorrenza 1 gennaio 2006.

3. Avverso la pronuncia indicata in epigrafe è insorta l’amministrazione comunale di Andria, chiedendone la riforma per le seguenti ragioni: a) non vi sarebbe giurisdizione del g.a.;
b) il lodo arbitrale avrebbe consacrato la data del 1 gennaio 2006, quale quella del passaggio di proprietà delle opere realizzate dalla concessionaria, circostanza questa che si sarebbe consolidata anche in ragione della trascrizione del trasferimento del diritto dominicale operata dall’amministrazione comunale in data 9 maggio 2007;
c) violazione e falsa applicazione dell’art. 46– bis , d.l. 159/2007, il nuovo corrispettivo si comporrebbe di due voci: I) aggiornamento del canone concessorio;
II) introduzione del canone per l’uso degli impianti. Quanto alla prima voce nella versione modificata e vigente della norma si dovrebbe dare il giusto rilievo all’intenzione del legislatore di favorire i comuni interessati alle nuove gare che avevano optato per attendere la definizione degli ambiti ottimali, poiché l’aggregazione potrebbe non intervenire immediatamente l’aggiornamento del canone vale quale compensazione in attesa della suddetta definizione degli ambiti. Quanto alla seconda voce sarebbe dovuta in ragione del fatto che gli impianti sarebbero di proprietà del comune.

4. Con sentenza del 16 gennaio 2013, n. 253, questo Consiglio ha accolto l’appello, dichiarando il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a favore della giurisdizione del giudice ordinario. Le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 13881/2014, non condividendo le conclusioni del Consiglio hanno affermato la giurisdizione del g.a.

5. La società appellata ha quindi provveduto a riassumere tempestivamente il giudizio ed entrambe le parti hanno reiterato le proprie difese.

6. All’udienza del 20 gennaio 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.

7. L’appello è infondato e non può, pertanto, essere accolto. Il lodo arbitrale intervenuto tra le parti contrariamente a quanto sostenuto dall’amministrazione comunale non si è limitato ad individuare il momento nel quale sarebbe intervenuto il passaggio di proprietà delle opere realizzate dalla società concessionaria, ma ha acclarato l’esistenza di un meccanismo convenzionale (art. 12, comma secondo, della convenzione originaria) di coincidenza del passaggio di proprietà delle opere in questione con la scadenza della concessione. Il collegio arbitrale, in particolare, pone in evidenza come le parti avessero previsto il termine di trent’anni di durata della concessione, in coincidenza con la data di inizio dell’esercizio della distribuzione del gas, avvenuto il 18 luglio 1977, cosicché il termine convenzionale sarebbe scaduto il 18 luglio 2007, ma il legislatore con l’art. 15, quinto comma, del d.lgs. 23 maggio 2000 n. 164, aveva disposto la scadenza della concessione in questione al 31 dicembre 2005, così di fatto anticipando il passaggio di proprietà delle opere. Ciò che accerta, quindi, il lodo arbitrale è la presenza di un meccanismo convenzionale che prevede che allo scadere della concessione le opere passino nella proprietà del comune, potendo però sul termine in questione intervenire, come di fatto già avvenuto al tempo del lodo, il legislatore, attraverso una modifica ex lege del termine di durata della concessione. Pertanto, l’intervento dell’art. 23, quarto comma, del d.l. n. 273 del 2005, che ha stabilito che i termini di durata delle concessioni e degli affidamenti rientranti nel piano di metanizzazione del Mezzogiorno sono prorogati fino al dodicesimo anno decorrente dalla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 164 del 2000, incide sul meccanismo convenzionale previsto dalle parti attraverso un’eterointegrazione che impedisce di ritenere che le opere in questione siano passate nella proprietà del comune in data 1 gennaio 2006, invece che in data 21 giugno 2012.

Sotto questo profilo inoltre nessun rilievo può assegnarsi alla trascrizione operata dall’amministrazione comunale, avendo quest’ultima mera efficacia dichiarativa.

8. Una simile conclusione incide inevitabilmente anche sulla possibilità dell’amministrazione comunale di intervenire sul canone, che deve essere esclusa. Infatti, l’art. 46- bis , d.l. 159/2007, prevede la possibilità di incrementare il canone delle concessioni di distribuzione, quale incentivo per procedere ad affidamenti in ambito sovra comunale. Ma ciò suppone che la concessione sia arrivata a scadenza, circostanza che nella fattispecie non si era verificata al tempo dell’adozione degli atti contestati con il giudizio di prime cure. Pertanto, non può che trovare anche su questo punto conferma la sentenza di primo grado.

9. L’appello deve, quindi, essere respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

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