Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-01-29, n. 201500405

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2015-01-29, n. 201500405
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201500405
Data del deposito : 29 gennaio 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 04487/2012 REG.RIC.

N. 00405/2015REG.PROV.COLL.

N. 04487/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4487 del 2012, proposto dalla
Lea Costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G V e M B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G M, in Roma, via F. Corridoni, 4;

contro

Provincia autonoma di Bolzano, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati M C, M L, R v G, S B e C B, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Bassano del Grappa, 24;

nei confronti di

Unionbau s.r.l., non costituita in giudizio nel presente grado;

per la riforma

della sentenza del T.R.G.A. - SEZIONE AUTONOMA DELLA PROVINCIA DI BOLZANO, n. 91/2012, resa tra le parti e concernente: affidamento lavori di ristrutturazione della palestra di un centro scolastico in Bressanone - risarcimento danni;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia autonoma di Bolzano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 16 dicembre 2014, il Cons. Bernhard Lageder e uditi, per le parti, gli avvocati Verdirame e Costa;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza in epigrafe, il T.r.g.a. - Sezione autonoma di Bolzano respingeva il ricorso n. 4 del 2011, proposto dalla Lea Costruzioni s.r.l. avverso gli atti della gara di appalto (sotto soglia comunitaria) indetta dalla Provincia autonoma di Bolzano con bando del 15 settembre 2010, avente ad oggetto l’affidamento dei lavori di ristrutturazione della palestra di un centro scolastico in Bressanone, secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ed al prezzo base d’asta di euro 2.285.721,77 (IVA esclusa), al cui esito era risultata prima classificata la controinteressata Unionbau s.r.l. , aggiudicataria (con complessivi 74,13 punti, di cui 34,13 punti per l’offerta tecnica e 40,00 punti per l’offerta economica di euro 2.098.498,30), mentre la ricorrente si era collocata al secondo posto della graduatoria (conseguendo 72,48 punti, di cui 32,48 punti per l’offerta tecnica e 40,00 punti per l’offerta economica di euro 2.010.772,30).

L’adìto T.r.g.a., in particolare, respingeva l’unico, complesso motivo con cui la ricorrente aveva dedotto l’illegittimità del metodo aggregativo-compensatore applicato per l’attribuzione del punteggio all’elemento ‘prezzo’ – sotto il profilo che la previsione, nella lex specialis , dell’attribuzione del massimo punteggio a tutte le offerte economiche che presentassero un ribasso maggiore e/o uguale alla media dei ribassi effettuati dalle ditte concorrenti, avrebbe di fatto annichilito il criterio di assegnazione secondo l’offerta economicamente più vantaggiosa, connotato dalla valutazione di due elementi, quello tecnico e quello economico, venendo a comprimere, in modo illogico ed irragionevole, quest’ultimo a vantaggio del primo –, affermando la legittima applicazione del metodo aggregativo-compensatore, in aderenza alla disciplina di cui all’allegato ‘B’ del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554.

Il T.r.g.a respingeva, di conseguenza, anche la proposta domanda risarcitoria, condannando la ricorrente a rifondere alle controparti le spese di causa.

2. Avverso tale sentenza interponeva appello la soccombente Lea Costruzioni s.r.l. (con ricorso notificato il 4 giugno 2012 e depositato il 15 giugno 2012), sostanzialmente riproponendo il motivo di primo grado, seppur adattato all’impianto motivazionale dell’impugnata sentenza, e chiedendo, in sua riforma, l’accoglimento del ricorso di prima istanza.

3. Si costituiva in giudizio l’appellata Amministrazione provinciale, contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone la reiezione.

4. Con nota depositata il 19 dicembre 2013, la difesa della Provincia autonoma di Bolzano produceva copia della sentenza del Tribunale di Bolzano, Sezione fallimentare, del 10-15 gennaio 2013, con cui era stato dichiarato il fallimento dell’odierna appellante LEA Costruzioni s.r.l. .

5. Dopo il passaggio in decisione della causa all’udienza del 21 gennaio 2014, questa Sezione con ordinanza n. 521/2014 del 4 febbraio 2014 dava atto dell’interruzione del processo ex art. 43, comma 3, r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (introdotto dall’art. 41 d.lgs. 9 gennaio 2006, n. 5), ai sensi dell’art. 79, comma 2, cod. proc. amm., a far tempo dal verificarsi dell’evento interruttivo.

6. In esito ad istanza di fissazione dell’udienza in prosecuzione del giudizio, presentata dalla difesa della curatela fallimentare il 31 marzo 2014, la causa all’udienza pubblica del 16 dicembre 2014 è stata trattenuta di nuovo in decisione, previo rilievo, da parte dell’appellata Provincia, nella memoria conclusionale, dell’eccezione di estinzione del giudizio per mancata tempestiva prosecuzione entro il termine di legge (dimidiato) di un mese e mezzo dalla data dell’evento interruttivo.

7. Prima di affrontare il merito del giudizio, occorre vagliare l’eccezione di estinzione del giudizio d’appello, sollevata dalla Provincia appellata sotto il profilo della mancata tempestiva prosecuzione/riassunzione del processo in esito all’evento interruttivo della dichiarazione di fallimento della società appellante, intervenuta con sentenza del Tribunale di Bolzano del 10-15 gennaio 2013.

7.1. In primo luogo, occorre rilevare in linea di diritto che un’interpretazione sistematica dell’art. 80, comma 2, cod. proc. amm. – secondo cui la prosecuzione del processo interrotto può avvenire su iniziativa della parte, nei cui confronti si è verificato l’evento interruttivo, mediante nuova istanza di fissazione dell’udienza, senza tuttavia prevedere espressamente un correlativo specifico termine di decadenza (a differenza dall’ipotesi della riassunzione del processo interrotto a cura delle altre parti non colpite dall’evento interruttivo, disciplinata dal successivo comma 3 che, a tal fine, stabilisce il termine perentorio di novanta giorni dalla conoscenza legale dell’evento interruttivo) –, impone di ritenere che la facoltà di prosecuzione debba essere esercitata entro il termine perentorio di tre mesi previsto dall’art. 305 cod. proc. civ., applicabile anche al processo amministrativo in virtù del rinvio operato dall’art. 79, comma 2, cod. proc. amm. al diritto processuale comune in tema di disciplina dell’istituto dell’interruzione del processo.

L’esistenza di un termine legale per la prosecuzione del giudizio interrotto, su iniziativa della parte colpita dall’evento interruttivo (rispettivamente del successore universale), si desume, in via interpretativa, anche dall’art. 35, comma 2, lett. a), cod. proc. amm., che considera causa di estinzione del giudizio la mancata prosecuzione o riassunzione nel termine fissato dalla legge o assegnato dal giudice.

L’unica discrasia che, nell’ordinamento processuale amministrativo, resta tra prosecuzione e riassunzione del processo interrotto è quella che, per la prosecuzione del giudizio, il termine è di tre mesi (secondo il combinato disposto degli artt. 80, comma 2, 79, comma 2, cod. proc. amm. e 305 cod. proc. civ.), mentre il termine per la riassunzione è di novanta giorni (secondo l’art. 80, comma 3, cod. proc. amm.), con correlativi riflessi sul diverso metodo di computo del termine.

Non può, invece, accogliersi la tesi, sostenuta dall’odierna appellante, secondo cui la prosecuzione del giudizio interrotto sia assoggettata al termine annuale di perenzione, in quanto si determinerebbe una violazione del principio della parità delle armi tra la parte colpita dall’evento interruttiva e le altre parti, per l’irragionevole sovrapposizione tra i due termini, sotto il profilo che alla parte colpita dall’evento interruttivo sarebbe consentito di chiedere la fissazione dell’udienza nel termine annuale, a fronte del termine sensibilmente più breve assegnato alle altre parti per la riassunzione, senza che una siffatta diversità di disciplina sia sorretta da un’adeguata ratio iuris , a prescindere dal rilievo che una tale soluzione contrasterebbe con il canone della ragionevole durata del processo.

Nel caso di specie, poi, versandosi in fattispecie di controversia in materia di procedure di affidamento di lavori pubblici, il termine deve essere dimidiato ai sensi degli artt. 120, comma 3, e 119, comma 2, cod. proc. amm., sicché il processo interrotto doveva essere proseguito entro un mese e mezzo dal dies a quo , da individuarsi secondo i criteri di cui al successivo § 7.2.

7.2. Per quanto concerne quest’ultimo aspetto (l’individuazione del dies a quo del termine in esame) – esclusa, a tal fine, la rilevanza della data in cui è intervenuto il provvedimento giudiziale dichiarativo dell’intervento interruttivo, avente natura meramente ricognitiva –, si osserva che, secondo orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità (v., ex plurimis , Cass. Civ., Sez. lav., 7 marzo 2013, n. 5650;
Cass. Civ., Sez. lav., 13 marzo 2013, n. 6331), formatosi con specifico con riferimento alla ipotesi dell’interruzione del processo determinata dall’apertura del fallimento ai sensi del novellato art. 43, comma 3, l. fall., condiviso da questo Collegio, al fine del decorso del termine di riassunzione non è sufficiente la sola conoscenza, da parte del curatore, dell’evento interruttivo rappresentato dalla dichiarazione di fallimento, ma è necessaria anche la conoscenza dello specifico giudizio, sul quale il detto effetto interruttivo è in concreto destinato ad operare, con la precisazione che deve trattarsi di ‘conoscenza legale’, nel senso che la conoscenza deve essere stata acquisita non in via di mero fatto, ma per il tramite di una dichiarazione, notificazione o certificazione rappresentativa dell’evento interruttivo, assistita da fede privilegiata. Infatti, tale soluzione risulta quella più idonea a garantire le esigenza di tutela del diritto di difesa e di effettività del contraddittorio evitando che – come affermato dalla Corte Cost. nelle note sentenze n. 139 del 1967, n. 178 del 1970, n. 159 del 1971, n. 36 del 1976 e n. 17 del 2010 – la parte colpita dall’evento (nel caso di specie la società poi dichiarata fallita e per essa la curatela) possa essere esposta al pericolo del maturare di preclusioni a suo danno in base ad una conoscenza acquisita non per il tramite di atti assistiti da fede privilegiata, gli unici idonei ad offrire compiuta certezza dell’evento (e del processo sul quale l’evento è destinato a spiegare l’effetto interruttivo). La necessità di garantire l’effettività del diritto di difesa risulta ancor più avvertita, se si considerano le esigenze che la procedura fallimentare è preordinata ad assicurare, nonché la particolare posizione del curatore quale portatore di un interesse che non coincide con quello del fallito e che nel procedimento di verifica gli fa assumere una posizione di terzietà, quale espressione dell’interesse della massa alla conservazione del patrimonio fallimentare, sia nei confronti dei creditori concorsuali sia nei confronti del medesimo fallito.

Sotto il profilo del regime probatorio, in applicazione dei principi generali che presiedono alla disciplina della distribuzione dell’onere della prova, la parte che eccepisce la decadenza della controparte da un termine (processuale o sostanziale) è tenuta a dimostrare tutti gli elementi costitutivi dell’eccepito fatto estintivo, tra cui la data di decorrenza del termine medesimo (ossia, nel caso de quo , la data della ‘conoscenza legale’, nel senso sopra delineato, da parte del curatore fallimentare, della pendenza del giudizio colpito dall’evento interruttivo).

7.3. Nella specie, la curatela fallimentare, dopo l’evento interruttivo della dichiarazione di fallimento intervenuta con sentenza pubblicata il 15 gennaio 2013, ha depositato (per il tramite del difensore) la prima istanza di prosecuzione del giudizio in data 15 aprile 2013.

Non avendo l’appellata Provincia fornito prova alcuna circa la data esatta in cui il curatore sia venuto a ‘conoscenza legale’ della pendenza del presente giudizio d’appello, e non avendo la stessa, in particolare, provato l’avvenuta conoscenza in data anteriore ad un mese e mezzo precedente il deposito dell’istanza di prosecuzione del giudizio, quest’ultima deve ritenersi tempestiva e idonea ad impedire l’estinzione del giudizio interrotto.

8. Posto con ciò il rituale svolgimento del rapporto processuale, si rileva nel merito che l’appello è infondato.

8.1. Premesso, in linea di fatto, che la gara in oggetto è improntata al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, con previsione di un punteggio di 40 punti (su cento) per l’elemento ‘prezzo’, di 38 punti per l’elemento ‘qualità’, di 12 punti per l’elemento ‘organigramma d’impresa’, di 8 punti per l’elemento ‘proposta per l’organizzazione e lo svolgimento dei lavori’ e di 2 punti per l’elemento ‘forma, completezza del contenuto e chiarezza della documentazione tecnica presentata per la valutazione tecnica’, si osserva che l’odierna appellante ripropone le censure già rigettate in prime cure, deducendo in sostanza e in sintesi che:

- il punteggio massimo di 40 punti, attribuito e riconosciuto al prezzo offerto dall’appellante, ma anche a quello offerto dalle altre imprese concorrenti, costituisce illegittima applicazione del criterio della media dei ribassi;

- l’assegnazione di un identico punteggio a tutte le offerte, che presentano un ribasso uguale o maggiore alla media dei ribassi offerti, viola i principi di economia, parità di trattamento e libera concorrenza, in quanto l’offerta ad un prezzo inferiore è chiaramente più vantaggiosa di quella che presenta un prezzo maggiore;

- è illogico ritenere che uno stesso bene offerto a prezzi diversi sia ugualmente conveniente per l’acquirente;

- è illegittimo l’appiattimento della portata delle differenze economiche tra le diverse offerte.

8.2. Il disciplinare di gara, per quanto qui interessa, con riguardo ai criteri di valutazione dell’offerta economica, recita testualmente:

« Il metodo utilizzato per l’attribuzione del punteggio per l’elemento “prezzo” è quello aggregativo-compensatore previsto dall’allegato B al DPR 554/99.

Il punteggio massimo sarà attribuito all’importo corrispondente alla media dei ribassi. Anche ai ribassi maggiori sarà attribuito il punteggio massimo, mentre per i ribassi minori il punteggio sarà assegnato proporzionalmente, adottando il sistema dell’interpolazione lineare, tra il coefficiente pari ad 1, attribuito alla media dei ribassi e ai ribassi maggiori, e il coefficiente pari a 0, attribuito all’offerta a ribasso zero. Infine, detto punteggio verrà moltiplicato per il relativo peso ».

8.3. Il menzionato criterio di valutazione stabilito nella lex specialis di gara per la valutazione dell’offerta economica deve ritenersi conforme alle previsioni di cui all’allegato ‘B’ del d.P.R. 21 dicembre 1999, n. 554 – applicabile ratione temporis alla gara di cui è controversia –, che, nella disciplina del metodo aggregativo-compensatore (accanto ad altri metodi ivi indicati in via alternativa), prevede, con riferimento agli elementi di valutazione quantitativa, tra cui l’elemento ‘prezzo’, che il coefficiente V(a)i [= coefficiente della prestazione dell’offerta (a) rispetto al requisito (i) variabile tra zero ed uno], da applicare nel contesto della formula matematica ivi indicata per procedere alla valutazione dell’offerta secondo il metodo aggregativo-compensatore, deve essere determinato « attraverso interpolazione lineare tra il coefficiente pari ad uno, attribuito ai valori degli elementi offerti più convenienti per la stazione appaltante, e coefficiente pari a zero, attribuito a quelli posti a base di gara » (v. così, testualmente, il citato allegato).

Infatti, con tale previsione, resta rimessa alla stazione appaltante la determinazione degli elementi offerti « più convenienti » da prendere in considerazione ai fini del calcolo in questione, con l’unico limite, di natura sistematica, che la modulazione dell’incidenza dell’elemento ‘prezzo’, nelle gare improntate al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa – la cui applicazione, nella normalità dei casi e salva la ricorrenza di circostanze eccezionali, si giustifica in ragione della necessità di apprezzare specificamente gli aspetti propriamente qualitativi dell’offerta, sicché, nell’ambito di tale criterio, non potrà attribuirsi al prezzo un ruolo dominante ai fini dell’aggiudicazione, implicando tale criterio per contro la necessità di attribuire un valore ponderale preminente ai menzionati aspetti tecnico-qualitativi –, non può essere effettuata in modo tale da determinarne, in modo irragionevole e discriminatorio, lo svuotamento sostanziale [arg. ex art. 83 d.lgs. n. 163 del 2006;
v. il Considerando 46, terzo periodo, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004, secondo cui: « Le amministrazioni aggiudicatrici, quando scelgono di aggiudicare l’appalto all’offerta economicamente più vantaggiosa, valutano le offerte per determinare quella che presenta il migliore rapporto qualità/prezzo. A tal fine stabiliscono i criteri economici e qualitativi che, nel loro insieme, devono consentire di determinare l’offerta economicamente più vantaggiosa per l’amministrazione aggiudicatrice (…) »].

Nel caso di specie, l’impugnata prescrizione del disciplinare – laddove, per l’attribuzione del punteggio per l’elemento ‘prezzo’, stabilisce l’assegnazione del punteggio massimo sia all’importo corrispondente alla media dei ribassi, sia ai ribassi maggiori alla media, mentre, con riguardo ai ribassi minori, prevede l’assegnazione di un punteggio proporzionale, risultante dall’applicazione del sistema dell’interpolazione lineare, tra il coefficiente pari ad 1, attribuito alla media dei ribassi e ai ribassi maggiori, e il coefficiente pari a 0, attribuito all’offerta a ribasso zero – si muove entro i limiti di ragionevolezza e di non discriminazione posti all’esercizio della discrezionalità tecnica attribuita alla stazione appaltante in sede di determinazione dei criteri valutativi nella lex specialis per le gare improntate al metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, restando con tale previsione affatto svuotato, in modo totale o eccessivo, l’elemento del prezzo nell’economia generale del punteggio, attesa la sua persistente rilevanza per i ribassi inferiori alla media, e comportando le censurate previsioni un aumento del peso ponderale degli elementi qualitativi e tecnico-organizzativi, entro i limiti della ragionevolezza tecnica e nel rispetto dello spirito informatore della disciplina, comunitaria e nazionale (quale delineata dall’art. 83 d.lgs, n. 163 del 2006 e dal d.P.R. n. 54), che presiede alla valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, nel contempo assicurando l’imparzialità nell’attribuzione dei punteggi e la rispondenza del punteggio finale agli obiettivi qualitativi e di prezzo attesi dall’amministrazione appaltante.

8.4. Per le esposte ragioni, l’appello è da respingere, con assorbimento di ogni altra questione (compresa la domanda risarcitoria, presupponente l’antigiuridicità della condotta della stazione appaltante, nella specie da escludersi).

9. In applicazione del criterio della soccombenza, le spese del presente grado di giudizio, come liquidate nella parte dispositiva, devono essere poste a carico dell’appellante.

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