Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-07-27, n. 201204268

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2012-07-27, n. 201204268
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201204268
Data del deposito : 27 luglio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01792/2009 REG.RIC.

N. 04268/2012REG.PROV.COLL.

N. 01792/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1792 del 2009, proposto dalla signora V A M, rappresentata e difesa dall'avv. M S, con domicilio eletto presso l’avv. Salvatore Tangari in Roma, via Dardanelli n.13;

contro

Camera di Commercio, Industria e Artigianato di Frosinone, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dall'avv. L G, con domicilio eletto presso l’avv. Ruggero Frascaroli in Roma, viale Regina Margherita, n. 46;

per la riforma della sentenza del T.A.R. LAZIO - SEZ. STACCATA DI LATINA, SEZ. I, n. 00109/2008, resa tra le parti, concernente mancato inquadramento nella VII qualifica funzionale.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Camera di Commercio, Industria e Artigianato di Frosinone;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2012 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti gli avvocati Sabetta e Gentile;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Attraverso l’atto di appello in esame, notificato il 18.2.2009, si contesta la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sezione staccata di Latina, sez. I, n. 109/08 del 26.2.2008, con la quale è stato respinto il ricorso proposto dalla signora Anna Maria V – già dipendente della Camera di Commercio, Industria e Artigianato di Frosinone ed attuale appellante – al fine di ottenere l’annullamento della delibera della Giunta Camerale n. 2 del 2.4.1998, recante diniego di inquadramento nella settima qualifica funzionale, nonché la declaratoria del diritto ad ottenere detto inquadramento.

Nella citata sentenza le argomentazioni difensive, prospettate a sostegno della pretesa azionata, erano ritenute non condivisibili, sostanzialmente in quanto – in base all’art. 3, comma 8 del D.L. 23.9.1994, n. 547, convertito, con modificazioni, dalla legge 22.11.1994, n. 644, nonché all’art. 108 del regolamento, approvato con decreto del Ministro dell’Industria, in concerto col Ministro del Tesoro, il 12.7.1982 – l’inquadramento definitivo nelle qualifiche funzionali del personale delle Camere di Commercio avrebbe dovuto avere luogo con decorrenza 16.10.1984, in base alle corrispondenze stabilite, per gli impiegati civili dello Stato, dalla Commissione di cui all’art. 10 della legge n. 312/1980;
dopo l’inquadramento provvisorio, effettuato sulla base del citato decreto interministeriale del 12.7.1982, infatti, le norme dettate per l’inquadramento definitivo (d.P.R. n. 665/1984 e d.P.R. n. 333/1990) erano state annullate in sede giurisdizionale, con conseguente solo successiva possibilità di inquadramento definitivo, ai sensi della citata legge n. 644/1994 (che, nella situazione in esame, aveva comportato conferma dell’inquadramento provvisorio a suo tempo effettuato come operatore professionale contabile, di quinto livello retributivo e funzionale).

Avverso la predetta sentenza vengono reiterate le censure prospettate in primo grado di giudizio, riferite a violazione dell’art. 3, comma 8, della legge n. 644/1994 e dell’art. 3 della legge n. 241/1990, nonché ad eccesso di potere per illogicità manifesta, difetto dei presupposti, omesso esame di questioni decisive, travisamento ed ingiustizia manifesta, in quanto l’attuale appellante, in servizio il 16.10.1984 nella posizione apicale della V qualifica funzionale, avrebbe dovuto essere inquadrata nella carriera di concetto, per la cui posizione iniziale era riconosciuto il VII livello, ai sensi della norma sopra citata. Illegittimamente, pertanto, la medesima appellante sarebbe sempre stata inquadrata nella V qualifica funzionale, senza mai usufruire di alcun passaggio di categoria.

La parte appellata, costituitasi in giudizio, sottolinea viceversa l’infondatezza delle tesi difensive da ultimo sintetizzate, secondo cui chi fosse giunto, come l’appellante, al grado apicale della carriera esecutiva avrebbe dovuto essere inquadrato al gradino iniziale della carriera di concetto, corrispondente al VII livello;
nella situazione in esame, infatti, la signora V risultava inquadrata con deliberazione camerale n. 340 del 23.10.1985, a norma dell’art. 18 del d.P.R. n. 665/1984, nella V qualifica funzionale, corrispondente alla ex carriera esecutiva in base all’ordinamento introdotto dal regolamento camerale, approvato con D.I. 12.7.1982, mentre il successivo d.P.R. n. 665/1984, in quanto successivamente annullato, non avrebbe potuto trovare alcuna applicazione. Nella situazione in esame, pertanto, l’inquadramento definitivo aveva luogo con delibera n. 13 del 5.4.1995, ma sulla base delle corrispondenze stabilite, per gli impiegati dello Stato, dalla Commissione di cui all’art. 10 della legge 11.7.1980, n. 312, con necessario riferimento alle posizioni riconosciute all’atto dell’inquadramento provvisorio, senza tenere conto di quanto medio tempore intervenuto, come previsto dall’art. 3, comma 8, del d.l. 23.9.1994, n. 547, convertito, con modificazioni, dalla legge 22.11.1994, n. 644.

Le argomentazioni difensive dell’Amministrazione sono condivise dal Collegio, che intende richiamare anche il principio – pacifico in giurisprudenza – dell’intangibilità degli atti di inquadramento, emessi e non contestati nei termini in sede giurisdizionale.

La signora Anna Maria V – attuale appellante – era stata infatti dipendente della citata Camera di Commercio dal 1962 al 1997, con inquadramento nel ruolo della carriera esecutiva e successivamente – dopo la soppressione del sistema delle carriere e l’introduzione delle “qualifiche funzionali” – nella quinta qualifica, con decorrenza 1.1.1983, a norma dell’art. 18 del d.P.R. n. 665/1984. In base al citato art. 3, comma 8, del d.l. n. 547/1994, la stessa era stata poi confermata nella predetta qualifica con atto di inquadramento definitivo, effettuato con deliberazione n. 2 del 6.4.1995 e consolidato per omessa impugnazione nei termini. La richiesta rivalutazione della pregressa posizione lavorativa, negata con l’impugnata delibera n. 2 del 2.4.1998, corrispondeva pertanto ad inammissibile contestazione di una posizione, già definita con provvedimento autoritativo di carattere auto-organizzatorio, quale è per pacifica giurisprudenza l’atto di inquadramento, cui si contrapponeva una posizione di interesse legittimo, non suscettibile di azione di accertamento ed azionabile entro gli ordinari termini di decadenza (Cons. St., Ad.Plen., 20.3.1989, n. 8 e successiva giurisprudenza pacifica;
cfr., fra le tante, Cons. St., sez. IV, 17.12.1991, n. 1124 e 17.4.1990, n. 279;
sez. VI, 10.4.1997, n. 573).

Fermo restando quanto sopra, il Collegio ritiene che l’appello sia comunque infondato, dovendo ritenersi che l’inquadramento definitivo del personale delle Camere di Commercio, ai sensi del già citato art. 3 d.l. n. 547/1994, dovesse avvenire – in forma vincolata – sulla base delle corrispondenze stabilite per gli impiegati dello Stato dalla Commissione prevista dall’art. 10 della legge 1.7.1980, n. 312, con riferimento – quanto alla qualifica funzionale spettante – alla situazione giuridica del personale antecedente al 1984, ovvero in corrispondenza agli inquadramenti effettuati ai sensi dell’art. 108 del decreto interministeriale del 12.7.1982, senza che potessero sopravvivere gli effetti degli annullati dd.PP.RR. n. 665/1984 e 333/1990 e senza che si potesse tenere conto di quanto avvenuto “medio tempore”, dovendosi necessariamente tenere conto della posizione rivestita all’atto dell’inquadramento provvisorio (cfr. in tal senso Cons. St., sez. VI, 31.3.2006, n. 1640).

Nella situazione in esame, pertanto, doveva ritenersi fatto salvo solo il primo inquadramento dell’appellante, effettuato dalla Camera di Commercio in base al citato decreto interministeriale, essendo venuto meno il presupposto normativo (d.P.R. n. 665/1984) della successiva delibera di inquadramento n. 340 del 23.10.1985.

L’appello non può pertanto che essere respinto;
quanto alle spese giudiziali, tuttavia, la complessità della normativa di riferimento ne rende equa, ad avviso del Collegio, l’integrale compensazione fra le parti.

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