Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-12-23, n. 202211266
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Pubblicato il 23/12/2022
N. 11266/2022REG.PROV.COLL.
N. 07255/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7255 del 2020, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato L M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
contro
il Ministero dell'interno, la Questura di Bergamo e l’Ufficio Territoriale del Governo di Bergamo in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12,
per la riforma
della sentenza, resa in forma semplificata, del Tar Lombardia, sezione staccata di Brescia, sez. II, -OMISSIS- con cui è stato respinto il ricorso proposto avverso il decreto -OMISSIS-^/-OMISSIS- con cui il Questore della Provincia di Bergamo ha revocato il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'interno, della Questura di Bergamo e dell’Ufficio Territoriale del Governo di Bergamo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del 10 novembre 2022 il Cons. G F e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;
Ritenuto in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con decreto -OMISSIS-^/-OMISSIS-, notificato in data 10 marzo 2020, il Questore della provincia di Bergamo ha revocato il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo rilasciato al cittadino -OMISSIS- -OMISSIS- in data 26 giugno 2014.
Il provvedimento ha tratto fondamento dalla circostanza che lo straniero in data 11 novembre 2019, con sentenza del Tribunale di Bergamo, era stato condannato alla pena di anni quattro e mesi due di reclusione ad euro 20.000,00 di multa per detenzione illecita ai fini di spaccio di sostanza stupefacente;in data 2 maggio 2019, con sentenza del Tribunale di Bergamo, era stato condannato alla pena di mesi otto di reclusione per il reato di lesioni aggravate e, in data 26 febbraio 2016, con decreto del G.I.P. del Tribunale di Bergamo, era stato condannato alla pena di giorni dieci di arresto ed euro 400,00 di ammenda per il reato di guida in stato di ebrezza.
Dall’istruttoria effettuata emergeva, inoltre, che il signor -OMISSIS- in data 1 giugno 2016 era stato deferito alla competente Autorità giudiziaria per il reato di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti in concorso e, in data 14 febbraio 2017, per reati di minacce e lesioni personali aggravate. Per le suddette segnalazioni risultavano pendenti i relativi procedimenti penali con fissata udienza.
2. Con ricorso proposto innanzi al Tar Lombardia, sezione staccata di Brescia, il signor -OMISSIS- ha impugnato tale decreto per violazione degli artt. 7 e 8, l. n. 241 del 1990 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento e per violazione degli artt. 4, comma 3 e 5, comma 5 e 6, d.lgs. n. 286 del 1998 per aver la Questura applicato un mero automatismo nella valutazione di pericolosità sociale non tenendo, invece, in debito conto della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell’integrazione sociale, familiare e lavorativa.
3. Il Tar Lombardia, sezione staccata di Bescia, sez. II, con sentenza, resa ex art. 60 c.p.a., -OMISSIS-, ha respinto il ricorso ritenendo immune da censure la valutazione di pericolosità sociale contenuta nel provvedimento impugnato effettuata nel rispetto dell’art. 9 t.u. immigrazione e infondate le doglianze sulla violazione delle garanzie procedimentali considerata l’applicazione del correttivo di cui all’art. 21 octies, comma 2, l. n. 241 del 1990.
4. La citata sentenza -OMISSIS- è stata impugnata dal signor -OMISSIS- con appello notificato il 20 agosto 2020 e depositato il successivo 18 settembre 2020, riproducendo le censure non accolte in primo grado, poste in chiave critica rispetto alla sentenza avversata e chiedendo che, in sua riforma, il ricorso di primo grado sia accolto.
Il signor -OMISSIS-, in particolare, ha evidenziato che, contrariamente a quanto avvenuto nel caso di specie, il provvedimento di revoca del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo deve riportare un’articolata motivazione su tutti gli elementi che hanno contribuito a formulare un giudizio di pericolosità attuale e concreta e deve tenere conto dell’inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero, nonché della durata del soggiorno sul territorio nazionale.
5. Il Ministero dell’Interno, la Questura di Bergamo e l’Ufficio Territoriale del Governo di Bergamo si sono costituiti in giudizio, senza espletare difese scritte.
6. Con ordinanza -OMISSIS-, la Sezione ha respinto la domanda cautelare di sospensione della sentenza di primo grado.
7. Con ordinanza -OMISSIS- sono stati ordinati incombenti istruttori all’amministrazione al fine di acquisire una relazione sui procedimenti penali a carico dell’interessato.
8. Alla pubblica udienza del 10 novembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Come esposto in narrativa, oggetto della controversia è il decreto -OMISSIS-^/-OMISSIS-, notificato in data 10 marzo 2020, con cui il Questore della provincia di Bergamo ha revocato il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo al cittadino -OMISSIS- -OMISSIS-.
L’appello è infondato.
Giova preliminarmente ricordare che, ai sensi dell’art. 9, comma 4, d.lgs. n. 286 del 1998, “il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Nel valutare la pericolosità si tiene conto anche dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie indicate nell'art. 1, l. 27 dicembre 1956, n. 1423, come sostituito dall'art. 2, l. 3 agosto 1988, n. 327, o nell'art. 1, l. 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'art. 13, l. 13 settembre 1982, n. 646, ovvero di eventuali condanne anche non definitive, per i reati previsti dall'art. 380 c.p.p. nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall'art. 381 del medesimo codice. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero”.
In materia di revoca del permesso U.E. per soggiornanti di lungo periodo si è consolidato un indirizzo giurisprudenziale, costantemente seguito anche da questa Sezione (22 luglio 2022, n. 6423;23 luglio 2018, n. 4455;20 ottobre 2016, n. 4401;15 novembre 2016, n. 4708) secondo il quale, ai sensi dell'art. 9, comma 4, d.lgs. n. 286 del 1998, il diniego e la revoca del permesso di soggiorno di lungo periodo non possono essere adottati per il solo fatto che lo straniero abbia riportato sentenze penali di condanna: al contrario, tali misure richiedono un giudizio di pericolosità sociale dello straniero e una motivazione articolata su più elementi, che tenga conto anche della durata del soggiorno sul territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dell'interessato, tale da escludere ogni automatismo tra provvedimento sfavorevole e condanne penali (cd. tutela rafforzata dei soggiornanti di lungo periodo).
La gravità dei precedenti penali riportati dallo straniero e la prevalenza delle esigenze di sicurezza pubblica, di conseguenza, non possono esentare l’amministrazione dal fondare i propri atti su un motivato e non meramente apparente raffronto con gli elementi favorevoli rappresentati dallo straniero e, quindi, su un’effettiva ponderazione comparativa tra l'interesse pubblico al mantenimento dell'ordine e della sicurezza e l'interesse dello straniero ad integrarsi nel tessuto sociale. Tale giudizio di bilanciamento va operato sulla base di una serie di indici, quali l'esistenza di legami familiari, di un lavoro stabile, di un conseguente adeguato reddito, di una dimora fissa, e di tutte le numerose situazioni che possono in vario modo comprovare un effettivo e pacifico radicamento sul territorio italiano in conformità alle regole fondamentali del nostro ordinamento.
Solo all'esito di tale raffronto, adeguatamente motivato, si può pervenire ad una ponderata e sindacabile valutazione di pericolosità sociale dello straniero, espressiva di un corretto esercizio del potere discrezionale rimesso all’autorità amministrativa (Cons. St., sez. III, 22 maggio 2017, n. 2382).
L’obbligo di una articolata motivazione è rafforzata dal fatto che, nel caso di specie, si tratta non di un iniziale diniego della carta di soggiorno UE di lungo periodo, ma di revoca, per la quale la normativa europea di cui alla direttiva 2009/109/CE prevede necessariamente una specifica valutazione in ordine alla minaccia attuale per la sicurezza pubblica. Inoltre, ai fini della valutazione della pericolosità sociale, l’art. 9, d.lgs. n. 286, al comma 7 rinvia al comma 4. Dal combinato disposto di tali norme si ricava che la revoca può essere disposta per gli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato e che a tal fine possano costituire uno, ma non l’unico elemento di valutazione le condanne anche non definitive, per i reati previsti dall'art. 380 c.p.p., nonché, limitatamente ai delitti non colposi, dall'articolo 381 del medesimo (Cons. St., sez. III, 10 dicembre 2014, n. 6064 e 22 luglio 2022, n. 6423).
2. Alla luce del quadro normativo e giurisprudenziale sopra richiamato, nel caso di specie la Questura ha fatto corretta applicazione dell’art. 9, comma 4, d.lgs. n. 286 del 1998 analizzando e bilanciamento adeguatamente gli indici ivi elencati con l’accertata pericolosità sociale del signor -OMISSIS-.
Più nel dettaglio la Questura della Provincia di Bergamo, nel disporre la revoca del permesso di soggiorno UE, ha desunto la pericolosità sociale dell’odierno appellante dalla tipologia e gravità del reato di cui all’art. 73, d.P.R. n. 309 del 1990 che mina la sicurezza ed è sintomatico della pericolosità sociale dello straniero. Quest’ultimo, infatti, è stato condannato in data 11 novembre 2019, con sentenza del Tribunale di Bergamo, era stato condannato alla pena di anni quattro e mesi due di reclusione ad euro 20.000,00 di multa per detenzione illecita ai fini di spaccio di sostanza stupefacente in concorso ai sensi degli artt. 110, 82 c.p. e 73, commi 1 e 6, d.P.R. n. 309 del 1990.
La Questura, proprio valorizzando la gravità del reato ha fatto corretta applicazione del combinato disposto di cui ai commi 7 e 4 dell’art. 9, d.lgs. n. 286 del 1998, alla stregua dei quali “il permesso di soggiorno di cui al comma 1 è revocato:….c) quando mancano o vengano a mancare le condizioni per il rilascio, di cui al comma 4” (comma 7) e “il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo non può essere rilasciato agli stranieri pericolosi per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato…. Ai fini dell'adozione di un provvedimento di diniego di rilascio del permesso di soggiorno di cui al presente comma il questore tiene conto altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e dell'inserimento sociale, familiare e lavorativo dello straniero” (comma 4).
L’amministrazione, peraltro, ha proceduto alla revoca del permesso UE non solo sulla base della condanna per il reato di illecita detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, ma analizzando la complessiva posizione del ricorrente al fine di trarre utili elementi circa la sua effettiva e attuale pericolosità. La Questura, infatti, a tal riguardo, ha rilevato come, a carico dello straniero, alla data di emissione del provvedimento gravato, risultavano due segnalazioni di polizia e altre due recenti condanne: la prima, emessa in data 2 maggio 2019, dal Tribunale di Bergamo, alla pena di mesi otto di reclusione per il reato di lesioni aggravate e la seconda, emessa in data 26 febbraio 2016, dal G.I.P. del Tribunale di Bergamo, alla pena di giorni 10 di arresto ed euro 400,00 di ammenda per il reato di guida in stato di ebrezza.
Con riferimento alla condanna per il reato di lesioni aggravate dalla nota depositata da parte appellata in data 3 ottobre 2022, in adempimento dell’ordinanza istruttoria, emerge che, con sentenza del 22 marzo 2022, il signor -OMISSIS- è stato assolto con la formula per non aver commesso il fatto. Detta circostanza sopravvenuta non è in grado di inficiare la globale valutazione di pericolosità effettuata dalla Questura anche considerata la rilevanza e gravità del reato ostativo in materia di stupefacenti.
Inoltre, dalla lettura dei carichi pendenti depositati da parte appellata, emergono due ulteriori procedimenti penali uno per cui vi è stata udienza il 30 giugno 2022 per il reato di cui all'art. 73, comma 1 e 4, d.P.R. n. 309 del 1990 e l'altro per il reato di cui all'art. 10 bis t.u immigrazione con udienza fissata il 4 maggio 2023. Trattasi di circostanze sopravvenute sfavorevoli che, tuttavia, non sono rilevanti in quanto successive al provvedimento impugnato.
L’amministrazione, poi, ha preso atto dell’assenza di legami familiari rilevanti ai sensi dell’art. 29 t.u. immigrazione nel territorio nazionale, circostanza non smentita da parte appellante, e analizzato l’inserimento lavorativo evidenziato che, come da estratti INPS versati in atti, lo straniero ha svolto attività lavorativa saltuariamente e per brevissimi periodi (nell’anno 2016 solo per due settimane mentre nel 2017 ha prodotto redditi per 469,00 euro) e dal 30 giugno 2017 risulta inoccupato.
In definitiva, la valutazione discrezionale dell’amministrazione avendo dato atto di tutti gli indici dell’art. 9, comma 4, coerentemente con le statuizioni della giurisprudenza consolidata e con la ratio della norma ha fornito una congrua e adeguata motivazione che, come già statuito dal Tar, è esente dalle censure mosse dall’odierno appellante.
Per tali ragioni non può trovare accoglimento neppure la dedotta violazione degli artt. 7 e 8, l. n. 241 del 1990 in quanto la violazione delle disposizioni di legge volte ad assicurare il contraddittorio procedimentale, quale quella relativa alla comunicazione dell’avvio del procedimento, devono essere interpretate alla luce del successivo art. 21 octies, comma 2, primo periodo, l. n. 241 del 1990. Tale norma impone al giudice di valutare il contenuto sostanziale del provvedimento e di non annullare l'atto nel caso in cui le violazioni formali non abbiano inciso sulla legittimità sostanziale del medesimo e ciò nel caso in cui, come nel caso oggetto del presente giudizio, esso non avrebbe potuto avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato.
3. In conclusione, per i motivi suesposti, l’appello va respinto con conseguente conferma della sentenza del Tar Lombardia, sezione staccata di Brescia, sez. II, -OMISSIS-, che ha respinto il ricorso di primo grado.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio, stante la mancanza di difese da parte delle costituite Amministrazioni.