Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-05-31, n. 202204418
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Testo completo
Pubblicato il 31/05/2022
N. 04418/2022REG.PROV.COLL.
N. 00527/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 527 del 2021, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato G G, con domicilio digitale come da pec da registri di Giustizia;;
contro
il Ministero dell’Interno e l’Ufficio territoriale del Governo di Vibo Valentia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, sede di Catanzaro, sez. I -OMISSIS-, che ha respinto il ricorso proposto per l’annullamento del diniego del rinnovo della licenza per il porto di arma per difesa personale opposto dalla Prefettura di Vibo Valentia.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e dell’Ufficio territoriale del Governo di Vibo Valentia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore all’udienza pubblica del 19 maggio 2022 il Cons. Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;
Considerato, in fatto e in diritto, quanto segue.
FATTO
1. Con provvedimento n. -OMISSIS-, la Prefettura di Vibo Valentia ha negato al sig. -OMISSIS- il rinnovo della licenza per il porto di arma per difesa personale, non ravvisando alcuna necessità di protezione personale in capo all’istante.
2. Il diniego è stato impugnato (ricorso n. -OMISSIS-) dinanzi al Tar Calabria, sede di Catanzaro, sul rilievo che l’amministrazione aveva leso l’affidamento legittimo dell’istante che aveva ottenuto per un periodo di oltre venti anni la licenza.
3. Con sentenza -OMISSIS-, la sez. I del Tar Calabria, sede di Catanzaro, ha respinto il ricorso sul rilievo che non esistevano elementi da cui si potesse desumere l’attualità di un rischio, in capo all’appellante, tale da giustificare la licenza per il porto di un’arma per difesa personale.
4. La sentenza del Tar Calabria -OMISSIS- è stata impugnata con appello notificato in data 23 dicembre 2020 e depositato in data 21 gennaio 2021.
Erroneamente il giudice di prime cure ha convalidato l’operato della Prefettura nonostante si risolva in una ingiustificata reformatio in pejus dei precedenti rinnovi. In particolare, il peggioramento della situazione dell’ordine pubblico nel territorio valorizzato dalla Prefettura, avrebbe dovuto indurre l’amministrazione a confermare la licenza, invece che negarla. Così facendo, nessun onesto cittadino potrebbe essere titolare di un’arma. E’, dunque, evidente il difetto di motivazione del diniego.
5. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno e l’Ufficio territoriale del Governo di Vibo Valentia, che ha sostenuto l’infondatezza dell’appello.
6. All’udienza pubblica del 19 maggio 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Oggetto della controversia è il provvedimento del Prefetto di Vibo Valentia del 2 settembre 2015, con il quale è stato negato il rinnovo della licenza di porto di pistola per difesa. L’appellante evidenzia la necessità di avere l’arma perché è titolare di una grande struttura turistica, che genera cospicui ricavi nel periodo estivo e necessita di controllo nel periodo invernale, con conseguente concreto rischio di aggressione personale.
Con i tre motivi, che per ragioni di ordine logico possono essere esaminati congiuntamente, l’appellante afferma di essere già da anni titolare del porto d’armi, con la conseguenza che illegittimamente, senza che fosse intervenuto alcun fatto nuovo, è stato da ultimo negato il rinnovo. Ha aggiunto che è stato del tutto omesso di considerare il rapporto di coniugio con una agente di polizia in servizio a Vibo Valentia. L’appellante invoca altresì la tutela del legittimo affidamento ingenerato nei precedenti rinnovi, messi in risalto dallo stesso giudice di primo grado che, proprio in ragione di tale circostanza, ha ritenuto di compensare le spese di giudizio.
I motivi non sono suscettibili di positiva valutazione.
Giova premettere che, come ha chiarito una costante giurisprudenza del giudice amministrativo, non sussiste una posizione di diritto soggettivo assoluto in relazione all’ottenimento ed alla conservazione del permesso di detenzione e porto di armi in deroga al generale divieto di cui agli artt. 699 c.p. e 4, comma 1, l. 18 aprile 1970, n. 110 (Corte cost. n. 440 del 1993;Cons. Stato, sez. III, n. 2974 del 2018;n. 3502 del 2018),
Come ha rilevato la Corte costituzionale (con la sentenza 16 dicembre 1993, n. 440, § 7, ribadendo quanto già affermato con la precedente sentenza n. 24 del 1981), il potere di rilasciare le licenze per porto d'armi "costituisce una deroga al divieto sancito dall'art. 699 del codice penale e dall'art. 4, primo comma, della legge n. 110 del 1975": "il porto d'armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, invece, eccezione al normale divieto di portare le armi". Regola generale è infatti quella del divieto di detenzione delle armi e l’autorizzazione di polizia è suscettibile di rimuoverla in via di eccezione, in presenza di specifiche ragioni e in assenza di rischi anche solo potenziali, che è compito dell'Autorità di pubblica sicurezza prevenire.
Giova aggiungere che allorchè sia richiesta una licenza per porto di pistola per uso di difesa personale, come nella specie, occorre che l'autorità competente ritenga sussistente il “dimostrato bisogno” dell'arma ex art. 42 del t.u.l.p.s., oltre ai requisiti di affidabilità e di buona condotta, stante il carattere eccezionale dell’autorizzazione all’uso delle armi, in deroga al generale divieto (ex multis, Cons. Stato, sez. III, 7 agosto 2018, n. 4862).
Ed invero, ai sensi dell'art. 42, r.d. n. 773 del 1931, il presupposto, ai fini del rilascio della licenza per porto di pistola per uso difesa personale, dell'esistenza del "dimostrato bisogno" dell'arma, lungi dal poter essere desunto dalla tipologia di attività o professione svolta dal richiedente, deve riposare su specifiche e attuali circostanze, non risalenti nel tempo, che l’Autorità di pubblica sicurezza ritenga integratrici della necessità in concreto del porto di pistola;non può ricavarsi neanche dalla pluralità e consistenza degli interessi patrimoniali del richiedente, o dalla conseguente necessità di movimentare rilevanti somme di denaro (Cons. Stato, sez. III, 11 settembre 2019, n. 6139;id., sez. I, 30 marzo 2020, n. 694).
La prova del “dimostrato bisogno” ricade sul richiedente e la circostanza che il porto sia stato autorizzato in passato non genera una inversione dell’onere probatorio. Chi chiede il rinnovo deve provare l’esistenza di condizioni attuali e concrete di bisogno che giustificano la concessione dello speciale titolo di polizia. L’esigenza di dar corso a questa verifica con frequente periodicità è confermata dal secondo periodo del terzo comma del citato art. 42, r.d. n. 773: “La licenza ha validità annuale” (periodo aggiunto dall’art. 13, comma 1, lettera b), d.l. 9 febbraio 2012, n. 5).
Come si è detto, il richiedente non può addurre, ai fini della dimostrazione del pericolo legittimante il rilascio del porto d’armi per difesa personale, la mera appartenenza ad una categoria professionale.
Il rilascio del titolo di porto d'armi, come deroga al divieto di portare armi, non genera diritti, né legittimi affidamenti sul rinnovo in perpetuo, ma soggiace a un controllo assiduo e continuo, assai penetrante, che si dispiega normalmente proprio all'atto del periodico rinnovo, non solo sull'uso (o non abuso) del titolo e sul permanere attuale di tutti i requisiti e le condizioni che avevano condotto all'autorizzazione, ma che abilita altresì l'Autorità competente a condurre - nonostante i precedenti rinnovi - anche una riconsiderazione discrezionale sulla stessa opportunità del permanere del titolo autorizzatorio, e ciò eventualmente anche alla luce di mutati indirizzi in materia di sicurezza pubblica.
Nella specie, l’appellante non ha dimostrato all’Autorità amministrativa l’esistenza di una attuale situazione di pericolo che giustifichi il rinnovo della licenza del porto d’armi, che non è rilasciata a chiunque sia titolare di una attività commerciale, anche se ben redditizia. Lo stesso appellante riconosce di aver prodotto solo in appello articoli di giornale che attesterebbero una situazione di pericolo, circostanza, questa, che potrebbe al più valere in sede di nuova istanza di rilascio del porto d’armi, quale fattore di novità.
2. La mancanza di prova dell’esistenza del concreto bisogno rende irrilevante accertare le pregresse frequentazioni e le vicende penali in cui l’appellante sarebbe stato coinvolto. Il provvedimento impugnato si fonda, infatti, su due motivi autonomi, con la conseguenza che è sufficiente la fondatezza di uno di essi a supportarlo.
3. Quanto alla denunciata contraddittorietà in cui sarebbe incorsa la Questura nel negare il rinnovo del porto d’armi, in passato autorizzato nonostante i precedenti di rilievo penale dell’appellante, osserva il Collegio che non sussiste contraddittorietà in caso di diniego di autorizzazione precedentemente concessa, mutando annualmente i termini della valutazione che l’Amministrazione è tenuta a compiere.
Ogni singola istanza di rilascio o rinnovo di porto d'armi deve essere valutata in rapporto alla situazione contingente dell'ordine e della sicurezza pubblica, tant’è che l'art. 13, r.d. n. 773 del 1931 attribuisce alle autorizzazioni di polizia, di regola e salvo espressa disposizione legislativa, durata annuale, onde l'autorità di pubblica sicurezza deve, senza riguardo a quanto eventualmente assentito in precedenza, rinnovare anno per anno la propria valutazione in ordine alla sussistenza dei presupposti per concedere eccezionalmente l’uso delle armi ai privati, tenendo conto sia della situazione personale del richiedente aggiornata con informazioni attuali, sia della situazione oggettiva dell'ordine pubblico e dell’idoneità allo scopo di prevenzione e tutela delle forze di polizia della Provincia di controllo.
In conclusione, la circostanza che in passato la licenza di porto d'armi per difesa personale fosse stata rilasciata e poi rinnovata non preclude all'Amministrazione la possibilità di operare opposte valutazioni in sede di un'ulteriore richiesta di rinnovo, sia adducendo il sopravvenire di elementi di novità, sia soltanto sulla base di un ripensamento delle considerazioni svolte originariamente, per una nuova discrezionale valutazione della convenienza e opportunità della scelta originariamente compiuta, anche alla luce di mutati indirizzi di gestione degli interessi generali di settore, purché basato su elementi istruttori adeguati e su una motivazione accurata (Cons. St., sez. III, 25 agosto 2020, n. 5200).
4. In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va respinto e va, dunque, confermata la sentenza del Tar Catanzaro, sez. I, -OMISSIS-, che ha respinto il ricorso di primo grado.
La mancanza di una memoria scritta nel secondo grado da parte dell’Amministrazione giustifica la compensazione delle spese e degli onorari del giudizio.