Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-02-23, n. 201600728

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2016-02-23, n. 201600728
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201600728
Data del deposito : 23 febbraio 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02991/2010 REG.RIC.

N. 00728/2016REG.PROV.COLL.

N. 02991/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2991 del 2010, proposto da:
Inpdap - Istituto Nazionale di Previdenza Per i Dipendenti dell'Amministrazione, rappresentato e difeso per legge dall'avv. P M, domiciliata in Roma, Via S. Croce in Gerusalemme, 55;

contro

A D V, rappresentata e difesa dall'avv. F R, con domicilio eletto presso Maria Luisa Silvestri in Roma, Via Trionfale N. 7130;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE III TER n. 00867/2009, resa tra le parti, concernente diritto alla liquidazione indennità di buonuscita


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di A D V;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 febbraio 2016 il Cons. Francesco Mele e uditi per le parti gli avvocati Massafra, e Silvestri per delega di Rampioni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con sentenza n. 867/2009 del 28-1-2009 il Tribunale Amministrativo per il Lazio (Sezione Terza Ter) accoglieva il ricorso proposto dalla sig.ra di V A, in qualità di erede del dott. Pietro S, diretto all’accertamento del diritto alla liquidazione dell’indennità di anzianità (o buonuscita) spettante a quest’ultimo, previa inclusione, nel suo computo, dell’indennità di funzione prevista dall’articolo 13 della legge n. 88/1989 e riconosciuta ai dirigenti dell’INPDAP con deliberazione del Commissario Straordinario n. 1794/1994, nonché alla condanna dell’INPDAP al pagamento del maggior importo dovuto per effetto della nuova liquidazione come sopra dovuta.

La predetta sentenza esponeva in fatto quanto segue.

…il ricorrente, premesso di essere dirigente dell’INPDAP cessato dal servizio per limiti di età in data 1-2-96, espone di avere sempre percepito, in aggiunta allo stipendio, anche l’indennità mensile di funzione dirigenziale, introdotta dall’art. 13 della legge 9-3-1989, n. 88, ed estesa ai dirigenti dell’INPDAP con delibera del Commissario Straordinario n. 1794 del 2-6-1994. Lamenta come illegittimamente detta indennità non sia stata inclusa nella indennità di buonuscita, deducendo a sostegno del ricorso i seguenti motivi di diritto: 1) Violazione della delibera del Commissario Straordinario dell’INPDAP n. 1794 del 2-6-1994 e violazione dell’art. 13 della legge 9-3-1989, n. 88…..2) Violazione dell’art. 13 della legge 20-3-1975, n. 70…..Con atto depositato in data 21-6-2008 si è costituita in giudizio la sig.ra Di V A, in qualità di erede del dott.S, deceduto nelle more del giudizio. Si è costituito in giudizio l’INPDAP concludendo per la reiezione del ricorso, nell’assunto che solo il

CCNL

1998-2001 ha previsto la rilevanza della retribuzione di posizione dirigenziale –parte fissa ai fini dell’indennità di buonuscita
”.

Avverso la sentenza del Tribunale Amministrativo l’INPDAP ha proposto appello dinanzi a questo Consiglio di Stato, chiedendone la riforma ed il conseguente rigetto delle domande proposte con il ricorso di primo grado.

Con articolata prospettazione ne denunziava l’erroneità, evidenziando che l’articolo 13 della legge n. 70/1975 e la contrattazione collettiva vigente al momento del collocamento a riposo del dott. S non consentivano il computo dell’indennità di posizione dirigenziale nella base di calcolo della buonuscita.

Si è costituita in giudizio la sig.ra Di V A, deducendo l’infondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.

In corso di giudizio le parti depositavano memorie illustrative e di replica.

La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 4-2-2016.

DIRITTO

La sentenza impugnata parte dall’esame dell’articolo 13 della legge n. 70/75, riguardante nello specifico l’indennità di anzianità ( “ All’atto della cessazione del servizio spetta al personale un indennità di anzianità, a totale carico dell’ente, pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo complessivo in godimento, qualunque sia il numero delle mensilità in cui esso è ripartito, quanti sono gli anni di servizio prestato ”).

Afferma che “….nella nozione di “stipendio annuo complessivo, assunto quale base di calcolo dell’indennità di buonuscita, sono ricompresi tutti gli emolumenti corrisposti in via continuativa, e, dunque, anche, per quanto in questa sede rileva, l’indennità di funzione prevista dall’articolo 13 della legge 9-3-1989, n. 88, che ha carattere fisso e continuativo ”, che il dott. S ha percepito fino al momento del collocamento a riposo.

Rileva ancora che “ In particolare, la quota dell’indennità di funzione dirigenziale, consistente in un emolumento fisso, pari al 40% dello stipendio iniziale della qualifica dirigenziale, si configura come un aumento retributivo minimo previsto per la generalità dei dipendenti in ragione della stessa qualifica rivestita, indipendentemente da circostanze variabili, quali possono essere i risultati ottenuti nell’espletamento delle funzioni, il carico di lavoro ed i disagi sopportati (cons. Stato, IV, 4-10-2005, n. 5303), a prescindere dal successivo espresso riconoscimento e regolamentazione in sede di contratto collettivo 1998-2001, avente decorrenza dall’1-1-98 ”.

Di conseguenza, tale indennità andrebbe computata nel calcolo della buonuscita del dott. S, collocato a riposo nel 1996.

Ciò premesso, l’Istituto appellante censura la sentenza impugnata in primo luogo in quanto il termine “stipendio” ha un significato tecnico-giuridico specifico, distinto da quello di retribuzione, che è nozione più ampia comprendente anche le molteplici indennità e gli assegni accessori riconosciuti con carattere di fissità e continuità. Stipendio indica l’emolumento corrisposto come corrispettivo principale, con esclusione di qualsiasi emolumento aggiuntivo. Di conseguenza, l’articolo 13 della legge n. 70/1975, utilizzando il termine “stipendio”in luogo di “retribuzione”, ha voluto riferirsi solo a tale specifica componente della retribuzione e non anche a tutti i compensi comunque erogati in via fissa e continuativa.

Richiamando, poi, i principi espressi dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza n. 3 del 2007), l’Inpdap rileva che l’idoneità di un certo emolumento a costituire base di calcolo dipende dalla sua espressa previsione in tali termini operata dalla legge ovvero dalla contrattazione collettiva, non essendo in sé rilevante né la sua natura retributiva né la sua pensionabilità.

O, la computabilità di tale emolumento non si desume dal CCNL dirigenti enti pubblici non economici 1994/1997, stante la struttura ivi prevista della retribuzione (art. 33) e il dettato in tema di nuovi trattamenti economici (art. 36);
mentre solo con il successivo contratto 1998-2001 è stata prevista l’utilità dell’indennità di funzione dirigenziale ai fini del computo, disciplina, peraltro, non applicabile al dottor S in quanto cesssato dal servizio nel 1996.

La sentenza, di conseguenza, sarebbe errata nella parte in cui ha ritenuto di prescindere dalle previsioni della contrattazione collettiva e nella parte in cui attribuisce natura di aumento retributivo minimo alla quota A della indennità di funzione dirigenziale.

L’appello è fondato per le ragioni che di seguito si espongono.

Rileva in primo luogo la Sezione che non risulta dirimente, ai fini dell’accoglimento della pretesa del dott. S, il richiamo, operato in sentenza, all’articolo 13 della legge n. 70 del 1975.

Tale norma dispone, al primo comma, che “ All’atto della cessazione dal servizio spetta al personale una indennità di anzianità, a totale carico dell’ente, pari a tanti dodicesimi dello stipendio annuo complessivo in godimento, qualunque sia il numero di mensilità in cui esso è ripartito, quanti sono gli anni di servizio prestato ”.

Ritiene il Collegio che nel concetto di “ stipendio annuo complessivo in godimento ” non possa farsi automaticamente rientrare l’indennità di funzione di cui trattasi.

Va, infatti, in primo luogo rilevato che l’articolo 13 è disposizione normativa emanata quando l’indennità di funzione ancora non era stata introdotta nell’ordinamento (essa è, infatti, prevista dall’articolo 13 della legge n. 88/1989), onde è corretto ritenere, già per tale ragione, che la stessa non fosse prevista nel concetto di “ stipendio annuo complessivo in godimento ”.

L’” indennità di funzione ”, per sua qualificazione definitoria e successiva previsione autonoma, è, dunque, istituto diverso rispetto allo “ stipendio ”.

Né, a giudizio della Sezione, può ritenersi che il termine “ stipendio annuo complessivo in godimento ” indichi l’intera retribuzione corrisposta al dipendente (sia pure per la parte fissa e continuativa, diversa dallo stipendio in senso proprio).

Tanto emerge chiaramente dalla lettura complessiva della legge n. 70 del 1975, la quale utilizza anche il termine “ trattamento economico ”, così inducendo a ritenere che lo “ stipendio complessivo ” non comprenda l’intera retribuzione ma costituisca solo parte di essa.

Valga in proposito richiamare l’articolo 26 della legge, rubricato “Disciplina del trattamento economico”, il quale, al primo comma, riferisce del “trattamento economico di attività, ivi compresa la determinazione delle classi di stipendio e gli scatti di anzianità”, ed al terzo comma dispone che “Al personale contemplato dalla presente legge non possono essere attribuiti trattamenti accessori ovvero trattamenti integrativi …al di fuori delle quote di aggiunta di famiglia e dell’indennità integrativa speciale nelle misure e con le forme vigenti per il personale civile dello Stato”.

Di conseguenza, prevedendo espressamente la legge il concetto di “ trattamento economico ”, evidentemente corrispondente a quello di “ trattamento retributivo ” o “ retribuzione ”, risulta chiaro che, laddove essa ha parlato di “ stipendio ”, ha utilizzato tale termine in senso tecnico, come tale riferito ad una componente del trattamento economico e non anche all’intera retribuzione.

La non riconducibilità dell’indennità di posizione al concetto di “ stipendio annuo complessivo in godimento ” di cui all’articolo 13 della legge n. 70/1975 è stata, poi, ribadita dalla Corte di Cassazione ( sez. lav., 22-6-2015, n. 12857), la quale ha chiarito che “ il riferimento, quale base di calcolo allo stipendio complessivo annuo ha valenza tecnico-giuridica, sicchè deve ritenersi esclusa la computabilità di voci retributive diverse dallo stipendio tabellare e dalla sua integrazione mediante scatti di anzianità o componenti retributive similari (nella specie, l’indennità di funzione l. n. 88 del 1989, ex art. 15, comma 2, il salario di professionalità o assegno di garanzia retribuzione e l’indennità particolari compiti di vigilanza per i dipendenti INPS e INAIL) e devono ritenersi abrogate o illegittime, e comunque non applicabili, le disposizioni di regolamenti come quello dell’INPS, prevedenti, ai fini del trattamento di fine rapporto o di quiescenza comunque denominato, il computo in genere delle competenze a carattere fisso e continuativo ”.

Ciò posto in ordine alla non rilevanza, ai fini dell’accoglimento della domanda proposta dal privato, del richiamo all’articolo 13 della legge n. 70 del 1975, ritiene la Sezione che la pronuncia di prime cure non sia corretta neppure quando richiama, a sostegno della fondatezza della domanda del ricorrente, il carattere fisso e continuativo della indennità di funzione di cui trattasi.

Valgano al riguardo i condivisibili principi espressi dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio con la sentenza n. 3 del 16-1-2007, i quali, pur se relativi ad un contenzioso instaurato da dirigenti ministeriali, hanno valenza anche per la presente fattispecie, relativa ad un dirigente del cd. “parastato”.

E’ stato in proposito affermato che:

-la natura retributiva o meno di un’indennità non è sufficiente a che l’indennità medesima possa farsi rientrare nella base retributiva, ai fini dell’indennità di buonuscita;

-il principio di adeguatezza della retribuzione non implica che un emolumento, sebbene pensionabile, debba essere necessariamente incluso nel trattamento di fine servizio;

-per stabilire l’idoneità di un certo compenso a fare parte della base contributiva dell’indennità di buonuscita dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ciò che rileva non è il carattere sostanziale di esso ( natura retributiva o meno) ma il dato formale e cioè il regime impresso dalla legge a ciascun emolumento;

-il riferimento alla disciplina legislativa va inteso nella sua relatività, non escludendo la legge il rinvio alla contrattazione collettiva e, dunque, dovendosi a quest’ultima operare riferimento per verificare la computabilità o meno dello specifico emolumento nel trattamento di fine servizio.

O, osserva la Sezione che la rilevanza della disciplina della contrattazione collettiva nella fattispecie in esame discende dalla circostanza che l’omogeneizzazione dei trattamenti di cui alla legge n. 335/1995 ed il rinvio da essa operato alla contrattazione collettiva opera per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1 del d.lgs. n. 29/1993 e, pertanto, anche per i dipendenti degli enti pubblici non economici.

Escluso, per le ragioni sopra esposte, che la pretesa del dott. S possa trovare fondamento nell’articolo 13 della legge n. 70/75, in regolamenti previgenti ovvero ancora nel mero carattere di fissità e continuità dell’indennità di posizione e nella invocata delibera commissariale che la assoggetta a contribuzione ai fini della pensione e del trattamento di fine servizio, è necessario verificare se la contrattazione collettiva vigente all’atto del suo collocamento a riposo, prevedesse la computabilità della stessa per la determinazione del trattamento di fine servizio.

A tale quesito occorre dare risposta negativa.

L’articolo 33 del

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi