Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-05-30, n. 201302942
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N. 02942/2013REG.PROV.COLL.
N. 08925/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8925 del 2004, proposto da:
Recordati S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli avv. G F F e P Q, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. G F F in Roma, via di Ripetta, 142;
contro
Ministero della Salute, in persona del Ministro pro-tempore,
Commissione Unica del Farmaco, in persona del legale rappresentante pro-tempore,
entrambi rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
Bristol Myers Squibb S.p.a., in persona del legale rappresentante pro-tempore;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE III TER, n. 07740/2003, resa tra le parti, concernente riclassificazione dei medicinali
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Salute e della Commissione Unica del Farmaco;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2013 il Cons. Paola Alba Aurora Puliatti e uditi per le parti gli avvocati Ferrari e dello Stato Lumetti Maria Vittoria;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La controversia in esame verte sul c.d. Prontuario farmaceutico nazionale del 2002.
Con decreto del 27.9.2002, a cui sono seguiti i decreti 21.11.2002 e 20.12.2002 e relativi allegati, il Ministero della Salute, in applicazione dell’art. 9 del decreto-legge 8 luglio 2002 n. 138, convertito in l. 8 agosto 2002, n. 178, ha provveduto, su proposta della Commissione Unica del Farmaco, a redigere un nuovo elenco dei farmaci rimborsabili dal SSN, sulla base di criteri di costo-efficacia su base annua elaborati dalla stessa Commissione.
2. La Recordati S.p.a. ha proposto ricorso al TAR Lazio assumendo la violazione dell’art. 9 del d.l. 138/2002, nonché la violazione delle modalità di determinazione del prezzo per singole categorie terapeutiche, commercializzate dalla ricorrente, che hanno comportato l’imposizione di riduzione dei prezzi secondo meccanismi illogici e disomogenei, e senza adeguata istruttoria, pena l’esclusione integrale di determinati prodotti (quelli aventi prezzo superiore al c.d. prezzo di riferimento) dal regime di totale rimborsabilità.
3. Con la sentenza appellata il ricorso è stato respinto.
4. Con l’appello in esame vengono riproposte le censure disattese.
5. Resistono in giudizio le Amministrazioni intimate.
6. All’udienza dell’8 febbraio 2013, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. L’appello è infondato.
1.2 Col primo motivo di appello, si critica la sentenza appellata nella parte in cui ha ritenuto che il Ministero abbia operato in conformità all’art. 9 d.l. 138/2002 nell’introdurre un meccanismo di cut-off, ossia un criterio atto ad operare una selezione tra i farmaci che lo Stato è disposto a rimborsare, basato su un “prezzo soglia” all’interno di categorie di farmaci considerate sovrapponibili.
La sentenza ha ritenuto che il metodo utilizzato si fondi correttamente sull’individuazione di CTO (categorie terapeutiche omogenee) in cui sono inseriti i principi attivi che si possono considerare sostanzialmente intercambiabili, anche se non perfettamente equivalenti.
L’appellante sostiene, viceversa, che sia stato violato il citato art. 9 d.l. 138/02, in quanto la ripartizione delle specialità medicinali in categorie terapeutiche e la fissazione di un prezzo soglia per ciascuna categoria (individuato mediante la sovrapponibilità di efficacia terapeutica delle sostanze attive) non soddisfa l’esigenza di adottare un criterio comparativo tra costo ed efficacia dei farmaci rimborsabili, come voluto dalla norma.
Ad avviso dell’appellante il criterio di classificazione adottato produrrebbe un effetto discorsivo, perché si priverebbero gli utenti della possibilità di scegliere il farmaco, in quanto essi verrebbero dirottati su farmaci meno cari, rimborsabili, non sempre aventi la stessa efficacia terapeutica del farmaco più caro, collocato in fascia c) - non rimborsabile.
L’appellante fa rilevare come la sentenza si sforzi di difendere il meccanismo inserito nel decreto, pur rilevando che l’efficacia clinica dei farmaci inseriti in una CTO sia solo approssimativamente sovrapponibile, sussistendo per alcuni farmaci della stessa categoria indicazioni terapeutiche aggiuntive;ciò che renderebbe irragionevole l’identità di prezzo.
Sarebbe anche inaccettabile che qualora l’azienda produttrice non accetti il cutt-off, il farmaco venga declassato automaticamente in fascia c) - non rimborsabile.
1.3 Il Collegio condivide l’interpretazione del primo giudice.
Va premesso che le critiche svolte dall’appellante, anche con i successivi motivi di appello, si rivolgono avverso scelte di discrezionalità tecnica, censurabili entro i limiti di un controllo che, senza ingerirsi nelle scelte discrezionali della Pubblica autorità, assicuri la legalità sostanziale del suo agire, per la sua intrinseca coerenza e logicità, specie in materie, come quella oggetto della presente controversia, connotate da un elevato tecnicismo (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato sez. III, 25 marzo 2013, n. 1645).
Stante tale limite al sindacato giurisdizionale, il sistema elaborato dal Ministero ai fini della rimborsabilità dei farmaci non appare irragionevole, né incoerente, né viziato sotto il profilo della superficialità dell’istruttoria.
Il sistema prende le mosse dall’art. 9 d.l. 13872002, il quale ha previsto la redazione dell'elenco dei farmaci rimborsabili dal SSN da effettuarsi sulla base del criterio di costo-efficacia, in modo da assicurare, su base annua, il rispetto dei livelli di spesa programmata nei vigenti documenti contabili di finanza pubblica, nonché, in particolare, il rispetto dei livelli di spesa definiti nell'accordo tra Governo, Regioni e Province autonome in data 8 agosto 2001.
Come già deciso da questo Consiglio di Stato, con riferimento ad altra impugnazione del medesimo DM 27.9.2002, proposta da altra casa farmaceutica, “il rapporto voluto dalla legge è quello tra costo ed efficacia terapeutica del farmaco rimborsabile, con il rispetto di determinati livelli di spesa, ed il riferimento all'efficacia terapeutica non può prescindere dai raggruppamenti dei farmaci per classi omogenee e con effetti terapeutici sostanzialmente sovrapponibili, in modo da ottenere un prezzo di rimborso altrettanto omogeneo per tutti i farmaci della stessa CTO. Il calcolo del valore di rimborso dei farmaci deve poi pervenire ad un prezzo sostenibile per le imprese ed il SSN, il che avviene eliminando le situazioni di picco attraverso il riallineamento dei prezzi più alti all'interno di ciascuna CTO, salvaguardando al contempo, per quanto possibile, i livelli reali di consumo” (Consiglio Stato sez. V, 09 dicembre 2008, n. 6059).
La formazione delle CTO tenendo conto dei farmaci aventi la stessa indicazione terapeutica principale, anche se differenziati sotto l’aspetto delle indicazioni terapeutiche aggiuntive, non sembra irragionevole, visto che l’operazione è finalizzata allo scopo di accomunarli ai fini della rimborsabilità, per cui appare ragionevole e conforme al criterio “costo-efficacia” enunciato dall’art. 9 del d.l. 138/02 il rapporto di “sovrapponibilità” terapeutica, utilizzato dalla CUF, non essendo richiesta dalla norma l’ “identità” di indicazioni terapeutiche.
1.4 Non è condivisibile, poi, l’ulteriore profilo di illegittimità denunciato dall’appellante col primo motivo di appello, secondo cui sarebbe stata “imposta” alle ditte farmaceutiche una riduzione dei prezzi, attraverso il meccanismo del cut-off, pena la non rimborsabilità totale del farmaco.
Il meccanismo delineato ha, innanzitutto, consentito la partecipazione delle aziende produttrici al procedimento di individuazione del prezzo ed è tale da consentire alle imprese di scegliere se praticare o meno lo sconto ai fini della rimborsabilità a carico del SSN;pertanto, non è stata tecnicamente “imposta” alle case produttrici alcuna riduzione dei prezzi.
Il DM impugnato ha statuito che sono rimborsabili i soli medicinali delle CTO di cui all’all. 3, nonché quelli con a base i principi attivi di cui all’all. 4 aventi un prezzo inferiore o uguale al prezzo massimo compatibile con l’onere di rimborso a carico del SSN (art.4).
Per i farmaci rientranti nelle previsioni dell’allegato 4, le aziende produttrici sono state invitate a comunicare, in tempi brevi, l’eventuale nuovo prezzo con ribasso percentuale non inferiore allo “sconto farmaco” indicato dallo stesso allegato 4;è stata consentita anche la riduzione dei prezzi di altri medicinali del listino fino ad un livello tale che, sulla base dei consumi accertati nel 2001, comporti un risparmio globale per il servizio sanitario pari a quello indicato nella colonna “risparmio SSN”, con il limite che il risparmio derivante dalla riduzione dei prezzi non dovrà superare il 10% del fatturato. Completata questa fase, il farmaco viene inserito in classe a) o c) a secondo che il prezzo praticato dall’azienda produttrice sia uguale o minore, o invece maggiore, di quello massimo ritenuto accettabile ai fini della rimborsabilità.
Al contempo, il meccanismo è tale da garantire anche gli utenti del servizio sanitario relativamente alla qualità dei farmaci, giacché lo sconto consentito non può superare una certa soglia, individuata dal citato art. 4, comma 2.
2. Col secondo motivo di appello si critica la sentenza per aver ritenuto non viziata per irragionevolezza e violazione del principio di proporzionalità la valutazione tecnica operata dalla CUF, che ha adottato il sistema ATC/DDD per la fissazione dei prezzi di riferimento dei medicinali nonostante le indicazioni in senso contrario provenienti dall’Organizzazione mondiale della Sanità, che l’appellante riferisce con dovizia di particolari;da qui il contrasto sia con l’art. 9 del d.l. 138/02 cit., sia con la dir. 89/105/CEE.
L’appellante sviluppa le proprie argomentazioni concentrandosi su due aspetti di carattere tecnico con riguardo alla classificazione di una sostanza secondo il sistema ATC/DDD: 1) la classificazione ATC (l'acronimo sta per Anatomico Terapeutico e Chimico) non implicherebbe alcuna valutazione in termini di efficacia dei farmaci;2) l’utilizzo delle DDD (Dosi Definite Die, ovvero la dose standard media giornaliera stabilita sulla base della indicazione principale del farmaco), anzicchè delle PDD (che tengono conto dei dati campione di prescrizione), potrebbe ritenersi appropriato solo ai fini della compilazione di statistiche relative al consumo dei farmaci o per effettuare comparazioni tra diversi contesti sanitari, ma non per l’assunzione di decisioni incidenti sul regime di rimborsabilità.
La sentenza, secondo l’appellante, pur riconoscendo la “limitatezza” del metodo, l’avrebbe contraddittoriamente ritenuto il migliore possibile.
2.1 Il giudizio formulato dal TAR è esente dalle critiche denunciate.
Il TAR ha valorizzato il parere positivo espresso dall’OMS con la missiva del 26 settembre 2002, allegata al DM, circa l’utilizzo del sistema ACT/DDD, proposto dalla CUF, con il solo limite che l’utilizzo delle DDD possa essere rivisto nel caso in cui i dati basati sulle prescrizioni attuali mostrino necessaria una revisione.
La sentenza tiene conto, quindi, del fatto che la scelta della CUF è stata modificata con il DM 21 novembre 2002, a seguito di contradditorio con le imprese, allorché si è adottato il metodo PDD, come correttivo dei dati assunti mediante le DDD, qualora i soggetti interessati ne facciano constare l’opportunità, secondo il suggerimento dell’OMS.
3. Con il terzo motivo di appello, infine, si denuncia l’ingiustificata disparità di trattamento cui giunge l’Amministrazione nell’applicare in concreto le due metodologie (DDD e PDD) per valutare principi attivi nell’ambito di una stessa classe omogenea, o tra classi diverse, con identiche indicazioni terapeutiche, e conseguenti contraddittorietà, determinate dalla superficialità dell’istruttoria condotta.
L’appellante si duole del criterio utilizzato per fissare il livello di sconto (20%) che l’appellante è stata costretta a praticare perché il proprio prodotto, ZANEDIP, a base di lercanidipina, fosse rimborsabile.
Ai fini della determinazione del prezzo di riferimento per la categoria in cui rientra il principio attivo lercanidipina, l’Amministrazione ha preso a base di calcolo una DDD, pari a 10 mg., di manidipina (principio attivo con costo giornaliero inferiore nell’ambito della categoria). Tuttavia, a suo dire, i due principi attivi non sono raffrontabili perché aventi efficacia terapeutica non identica;inoltre, la diversità di posologia realmente praticata per i due principi attivi nel mercato italiano rende illogico che la comparazione in termini di costo-efficacia sia effettuata adottando la dose da 10 mg di manidipina.
Infine, l’appellante ha osservato che nel precedente sistema il proprio prodotto era commercializzato “a prezzo contrattato” e che la modifica autoritativa del precedente accordo, per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, comporterebbe, comunque, l’obbligo per l’Amministrazione di corrispondere un indennizzo, ex art. 11 l. 241/1990.
La sentenza di primo grado avrebbe liquidato sbrigativamente queste questioni.
3.1 Ritiene il Collegio che la decisione non sia censurabile sotto i profili denunciati.
Innanzitutto, il primo giudice ha rilevato, condivisibilmente, per quanto sopra esposto, che l’utilizzo del metodo delle DDD è da ritenere legittimo;si aggiunga che il meccanismo descritto all’All. 1 del DM 27 settembre 2002 impugnato, attraverso il quale si perviene a individuare un valore di rimborso di riferimento nell’ambito di ciascuna categoria terapeutica, tiene conto della variabilità di prezzo registrata tra molecole di efficacia comparabile , eliminando le punte più elevate e favorendo un riallineamento dei prezzi.
In secondo luogo ha rilevato il TAR che le ditte farmaceutiche hanno partecipato al procedimento e che ove è stato fatto constare un rilevante scostamento nell’utilizzo delle due metodiche (DDD e PDD) l’Amministrazione ha provveduto ad effettuare le dovute correzioni;così avrebbe potuto essere rilevata in quella sede, per quanto riguarda il principio attivo in questione, l’opportunità di utilizzare la metodologia PDD, come sostiene in giudizio l’appellante.
Infine, ha rilevato il TAR che, come chiarito dalla difesa erariale, il Ministero e la CUF si sono avvalsi della misura delle DDD in uso a livello internazionale.
Si aggiunga che le argomentazioni svolte in appello circa l’inidoneità del dosaggio di manidipina (10 mg.) ad essere impiegato nella terapia principale e, quindi, ad essere assunto a dose di riferimento per effettuare comparazioni in termini di costo-efficacia tra questo e altri principi attivi della medesima categoria non sono supportate da alcuna prova. Risulta, invece, da fatto notorio che sia la lercadinipina che la manidipina vengono indicati nella cura dell’ipertensione nella dose di 10 mg. al giorno -dose massima 20 mg. al giorno- (fonte accessibile mediante il sito internet “Wikipedia”).
3.2 Con specifico riguardo alle considerazioni svolte circa la riduzione di prezzo imposta al farmaco ZANEDIP a base di lercanidipina, poi, il TAR ha rilevato che l’Amministrazione ha fatto riferimento al solo mercato dei farmaci coperti da brevetto, non essendo i farmaci generici oggetto di considerazione ed ha ritenuto corretto che la P.A. abbia fatto uso del criterio correttivo essendovi nella categoria un prodotto dominante ( l’amlodipina, che detiene una quota di mercato pari al 50,8% , se si esclude la spesa relativa a farmaci generici, come correttamente ha fatto la CUF, considerato che espressamente, come si legge a pag. 12 del D.M., i generici sono lasciati fuori dalla manovra, sia per la determinazione dei volumi di mercato, sia per l’identificazione del cut-off).
4. Quanto alle ulteriori anomalie e disomogeneità dei criteri seguiti nella riclassificazione di altre specialità commercializzate da RECORDATI S.p.a., per cui viene segnalata, con altro motivo di appello, l’insufficienza di motivazione della sentenza, ritiene il Collegio che sia, invece, sufficiente il rinvio del primo giudice alle considerazioni svolte a proposito della ragionevolezza e logicità dei criteri enunciati dall’Amministrazione.
Il motivo di appello concerne, invero, la mancata applicazione in concreto di tali criteri nell’ambito di alcune singole categorie terapeutiche e nei confronti dei singoli principi attivi.
Al riguardo si ritiene che le osservazioni critiche rivolte dall’appellante muovono dalla considerazione che talvolta l’Amministrazione abbia fatto riferimento alla DDD e altre volte a dose diversa, seguita nella pratica ambulatoriale. Ma tale disomogeneità è insita nel sistema che, come si è detto, consente di adottare le DDD quale regola generale, ma consente anche che le stesse possano essere riviste nel caso in cui le prescrizioni mostrino necessaria una tale revisione.
4.1 Infine, appare corretta la motivazione della sentenza con riguardo al rigetto della domanda di indennizzo ex art. 11 l. 241/1990, con riferimento alla modifica dei prezzi di rimborso di farmaci per cui precedentemente veniva praticato un prezzo negoziato, in quanto il DM impugnato non è atto di revoca in senso tecnico, discrezionale, degli atti negoziali recanti la fissazione del prezzo dei farmaci soggetti a tale regime.
Il provvedimento impugnato, adottato in applicazione di una norma di rango primario, introduce in via generalizzata un nuovo regime di fissazione dei prezzi a fini di contenimento della spesa pubblica e, pertanto, trova applicazione per il principio di successione delle leggi nel tempo, senza dare luogo ad alcun diritto ad indennizzo.
5. In conclusione, l’appello va rigettato.
6. Le spese di giudizio si compensano tra le parti in considerazione delle questioni trattate.