Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-03-10, n. 201101537

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-03-10, n. 201101537
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201101537
Data del deposito : 10 marzo 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06118/2008 REG.RIC.

N. 01537/2011REG.PROV.COLL.

N. 06118/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6118 del 2008, proposto da:
B F, legale rappresentante della società Costruzioni Nord s.p.a., B M, D S G, Costruzioni Nord s.p.a. in persona del legale rappresentante in carica, tutti rappresentati e difesi dall'avvocato Sebastiano Busa', elettivamente domiciliati presso l’avvocato E M in Roma, via L. Mancinelli, 65

contro

Provincia di Verona, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati A M e R R, presso il primo elettivamente domiciliata in Roma, via Federico Confalonieri, 5;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE II n. 00978/2008, resa tra le parti, concernente SANZIONE AMMINISTRATIVA PER VIOLAZIONE DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI CAVE


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia di Verona;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 febbraio 2011 il consigliere Roberta Vigotti e uditi per le parti gli avvocati Moscati per delega dell’avvocato Busà e Manzi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Il signor B F e gli altri appellanti in epigrafe specificati chiedono la riforma della sentenza con la quale il Tribunale amministrativo del Veneto ha respinto il loro ricorso avverso l’ingiunzione di pagamento a titolo di sanzione pecuniaria emessa in data 3 novembre 2006 dal Dirigente del settore Ecologia della Provincia di Verona a carico della s.p.a. Costruzioni Nord, esecutrice di lavori per la realizzazione delle opere di urbanizzazione su un’area di proprietà comunale, per violazione della normativa in materia di cave, e precisamente per estrazione abusiva di ghiaia e sabbia.

La sentenza impugnata ha dichiarato inammissibile il ricorso, per omessa notificazione al Comune di Verona, individuato come controinteressato.

Gli appellanti contestano tale veste processuale attribuita all’Amministrazione municipale e ripropongono le censure già fatte valere in primo grado.

Con memoria notificata alla controparte il 27 giugno 2008, gli stessi appellanti, visto il mutato indirizzo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione circa la giurisdzione in merito alle opposizioni a sanzioni amministrative in materia di cave , di cui alla sentenza Cass., SS.UU., 2 luglio 2008, n. 18040 (la quale ha affermato che spetta alla giurisdizione ordinaria l’opposizione ad ordinanza-ingiunzione di pagamento per violazione della normativa relativa alle cave), chiedono che sia dichiarata la carenza di giurisdizione del giudice amministrativo e la rimessione delle parti davanti al giudice ordinario.

La domanda, ritiene il Collegio, non può trovare accoglimento.Vero è che, circa il riparto di giurisdizione nella materia in questione, si registra un non costante orientamento del giudice della giurisdizione (es. per Cass., SS.UU., 2 febbraio 1990, n. 718, 18 dicembre 1993, n. 12525, 27 marzo 2001, n. 134;
19 aprile 2004, n. 7374, 4 luglio 2006, n. 15222, la giurisdizione è del giudice ordinario;
ma per Cass., SS.UU., la giurisdizione è del giudice amministrativo).

Va però escluso che - contrariamente a quanto affermano gli appellanti - i mutamenti degli indirizzi della giurisprudenza, interpretativi delle norme che individuano il giudice che ha giurisdizione sulla controversia, possano valere a scalfire la regola della perpetuatio iurisdictionis recepita dall'art. 5 Cod. proc. civ., il quale, circa il momento determinante della giurisdizione e della competenza, afferma che giurisdizione e competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo(Cons. Stato, VI, 22 agosto 2007, n. 4477). Invero, per l’art. 5 sono irrilevanti solo i sopravvenuti mutamenti legislativi e non gli indirizzi della giurisprudenza, interpretativi delle norme sul giudice competente: diversamente, si vincolerebbe il giudice al precedente giurisprudenziale e si limiterebbe il diritto di difesa nel prospettare una diversa interpretazione.

Inoltre, secondo l’art. 9 del Codice del processo amministrativo approvato con decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, se in primo grado il difetto di giurisdizione è rilevato anche d'ufficio, nei giudizi di impugnazione non è più rilevabile d’ufficio, ma deve formare oggetto di uno specifico motivo d’appello (che qui non è stato proposto: l’eccezione viene sollevata solo con una memoria successiva nel corso dell’appello). Il che significa che anche nel processo amministrativo è stato introdotto, e in via legale, il principio del c.d. giudicato interno implicito sulla questione di giurisdizione trattata, seppur tacitamente, dal giudice di primo grado(cfr. per tutte, per il processo civile, Cass., SS.UU., 9 ottobre 2008, n. 24883). In difetto di un siffatto “specifico motivo” , si intende che la parte che aveva interesse a sollevare la carenza di giurisdizione vi ha fatto acquiescenza.

Tale regola incide sugli strumenti processuali ed è quindi di immediata applicazione. Ne deriva qui che è comunque ormai precluso l’esame della questione.

A ciò si aggiunge che, in ragione dei medesimi principi ispiratori di tale nuovo regime, che l’eccezione medesima non pare più sollevabile dalla parte che vi ha dato luogo agendo in primo grado mediante la scelta del giudice del quale, poi, nel contesto dell’appello disconosce e contesta la giurisdizione.

Ritenere il contrario, infatti, si porrebbe in contrasto con i principi di correttezza e affidamento che modulano il diritto di azione e significherebbe, in caso di domanda proposta a giudice carente di giurisdizione, non rilevata d’ufficio, attribuire alla parte la facoltà di ricusare la giurisdizione a suo tempo prescelta, in ragione dell’esito negativo della controversia.

In quanto contenuto di una vera e propria eccezione in senso tecnico (e non più, quindi, di una mera segnalazione al giudice al fine della attivazione di un potere esercitabile d’ufficio;
potere già, peraltro, limitato in relazione alla formazione del giudicato interno: tra le altre, Cons. Stato, Ad. plen., 30 luglio 2008, n. 4 e Cass., SS.UU., 24 luglio 2009, n. 17349), si deve quindi ritenere inammissibile la censura di difetto di giurisdizione qui sollevata dagli appellanti, che avevano scelto di proporre il ricorso di primo grado davanti al giudice amministrativo.

2) La sentenza impugnata merita conferma, in quanto esattamente ha tratto dall’omessa notificazione del ricorso al Comune di Verona la conseguenza dell’inammissibilità del gravame.

Il Comune è, infatti, titolare di un potere inerente alla medesima funzione esercitata dalla Provincia con l’emanazione del provvedimento sanzionatorio impugnato in primo grado, che procede dall’accertamento eseguito dall’Amministrazione municipale, contestato con il verbale notificato il 3 dicembre 2003 alla società ricorrente. Invero, poiché la legge regionale Veneto 7 settembre 1982, n. 44 attribuisce, all’art. 28, le funzioni di vigilanza sui lavori di ricerca e di coltivazione dei materiali di cava al comune territorialmente interessato, che le esercita d'intesa con la provincia e, nel caso di inerzia, alla Regione, nessun dubbio può sussistere circa la necessità di evocare nel giudizio il Comune di Verona che, nell’esercizio dei propri poteri di vigilanza, ha proceduto alla contestazione dalla quale la Provincia ha tratto la conseguenza (necessitata) della emissione della sanzione pecuniaria.

3) In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.

Le spese del doppio grado del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

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