Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-09-28, n. 202208372
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Testo completo
Pubblicato il 28/09/2022
N. 08372/2022REG.PROV.COLL.
N. 00482/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 482 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Grez e Associati Srl in Roma, corso Vittorio Emanuele II 18;
contro
Università degli Studi Parma, Ministero dell'Istruzione dell’Università e della Ricerca, Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna sezione staccata di Parma (Sezione Prima) n. -OMISSIS-
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi Parma, del Ministero dell'Istruzione dell’Università e della Ricerca e della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per la Funzione Pubblica;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 16 settembre 2022 il Cons. Rosaria Maria Castorina:
Nessuno è presente per le parti;
Viste, altresì, le conclusioni della parte appellante, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con nota del 17 settembre 2010 la Presidenza del Consiglio dei Ministri informava l’Università di Parma circa gli esiti degli accertamenti esperiti dalla Guardia di Finanza a carico dell’odierno appellante, professore associato in regime di impegno a tempo pieno che, in violazione dell’obbligo di esclusività, negli anni 2003-2009, aveva privatamente espletato attività di medico del lavoro presso aziende private.
Con comunicazione “ ai sensi degli artt. 7 e segg. legge n. 241/1990 ” del 5 ottobre 2011, l’Università informava il ricorrente “ ad ogni effetto di legge, compresi quelli ai fini prescrizionali e decadenziale ” di aver avviato il procedimento “ finalizzato al recupero degli emolumenti riferiti al periodo dal 2003 al 2009 percepiti e non dovuti” riportando in una apposita tabella gli importi soggetti a recupero relativi a ciascuna annualità.
All’esito del procedimento l’Università, con D.R. del 22 marzo 2012, procedeva al recupero delle somme indebitamente percepite nella misura corrispondente alla differenza esistente fra il trattamento economico spettante in regime di tempo pieno e quello a tempo definito.
Impugnato il provvedimento, il T per l’Emilia Romagna, con la sentenza n. -OMISSIS-, respingeva il ricorso.
Appellata ritualmente la sentenza, resiste l’Università degli studi di Parma.
All’udienza di smaltimento del 16 settembre 2022 la causa passava in decisione.
DIRITTO
1.Con il primo motivo di appello l’appellante deduce: manifesta contraddittorietà, erroneità, illogicità, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 53 del D.lgs. 165/2001, violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 l. 689/1981, eccesso di potere per falso supposto di fatto e travisamento dei fatti, violazione del principio di tipicità delle sanzioni, violazione di legge per violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 241/90, eccesso di potere per difetto di motivazione, incompetenza e difetto di attribuzione.
Lamenta che l’Università di Parma aveva adottato un provvedimento volto a recuperare emolumenti percepiti ed asseritamente non dovuti, nel periodo dal 2003 al 2009, per un importo pari alle differenze tra la retribuzione prevista per i docenti universitari in regime di tempo pieno e quella prevista per i docenti in regime di tempo definito, senza esplicitare le ragioni di fatto e di diritto su cui si fondava la pretesa restitutoria.
2.Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 28 Cost. e degli artt. 18 e 19 d.p.r. 10 gennaio1957 n. 3, violazione degli artt. 2033 e 2041 c.c., eccesso di potere, arbitrarietà, falso supposto di fatto e travisamento dei fatti, erroneità e/o illogicità della motivazione.
Lamenta che il primo Giudice aveva reputata legittima la richiesta di restituzione delle differenze retributive, muovendo dal presupposto -errato- per cui, essendo stato violato il dovere di esclusività, risulterebbe indebitamente corrisposto l’incremento retributivo previsto dall’art. 36, comma 6, D.P.R. n. 382/1980 in favore dei professori universitari che abbiano optato per il tempo pieno.
3.Con il quarto motivo ripropone l’eccezione di prescrizione del credito.
Le censure suscettibili di trattazione congiunta non sono fondate.
3.1. Il provvedimento impugnato riporta chiaramente che il recupero avviene ai sensi dell’art. 53 del D.lgs 165/2001 e del D.P.R. n. 382/1980.
Osserva il Collegio che il D.lgs. n. 165 del 2001, art. 53, disciplina le incompatibilità, il cumulo di impieghi e gli incarichi dei dipendenti pubblici, ivi compresi, per quanto qui interessa, anche quelli dei professori universitari "a tempo pieno", regolati anche della L. n. 240