Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-05-30, n. 201402818

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2014-05-30, n. 201402818
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201402818
Data del deposito : 30 maggio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05199/2012 REG.RIC.

N. 02818/2014REG.PROV.COLL.

N. 05199/2012 REG.RIC.

N. 05202/2012 REG.RIC.

N. 05205/2012 REG.RIC.

N. 05206/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5199 del 2012, proposto dalla Autorita' garante della concorrenza e del mercato (Agcm), dall’Istituto nazionale di statistica (Istat), in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

M F, rappresentato e difeso dall'avvocato M G, presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma, via G. Nicotera, 29;
E R, G Z;



sul ricorso numero di registro generale 5202 del 2012, proposto dalla Autorita' garante della concorrenza e del mercato (Agcm), dall’Istituto nazionale di statistica (Istat), in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

M L A, R P B, M C, Antonino D'Ambrosio, L D B, E F, E G, R P, A P, Giovanna Regno, F S, D T;
S A, S A, M A, R A, C B, A B, A B, F B, E C, P C, A C, R C, Piero D'Angeli, P D, S F, R F, S G, L G, A L, E L, A L, A M, L M, M M, F M, N O, C P, Luca Ponzo, S P, P Q, R R, M R, C R, P S, C S, Rosanna Valenza, R V, rappresentati e difesi dagli avvocati Gianni Arrigo, Giovanni Patrizi, con domicilio eletto presso Giovanni Patrizi in Roma, via Tirso N.90;
M B, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Patrizi, Gianni Arrigo, con domicilio eletto presso Giovanni Patrizi in Roma, via Tirso N.90;
F R F, rappresentata e difesa dall'avv. M G, con domicilio eletto presso M G in Roma, via G. Nicotera, 29;



sul ricorso numero di registro generale 5205 del 2012, proposto dalla Autorita' garante della concorrenza e del mercato (Agcm), dall’Istituto nazionale di statistica (Istat), in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

P A, F B, A B, C C, C C, Massimo D'Abaldo, D D B, A D I, A F, R F, C G, L L, F L, L M, C M, S M, G M, D N, M N, L P, M P, Andrea Riacà, V R, P S, Marco Venenzi, O Z, A A;



sul ricorso numero di registro generale 5206 del 2012, proposto dalla Autorita' garante della concorrenza e del mercato (Agcm), dall’Istituto nazionale di statistica (Istat), in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Francesca Ammassari, Renata Amoroso, Giulia Antenucci, Marzia Balzano, Carlo Bardini, Sergio Benvenuto, Luca Bonanni, Chiara Bonassi, Patrizia Bruni, Stefano Cadeddu, Livia Calabrese, Giovanni Calabrò, Elisabetta Carlini, Claudia Caruso, Carlo Cazzola, Claudia Ciarnò, Rosella Creatini, Stefania D'Annibale, Angela D'Auria, Antonietta De Pasquale, Stefania Di Girolamo, Stefania Di Serafino, Fabio Massimo Esposito, Barbara Fattorini, Vincenzo Figliolia, Giuseppe Galasso, Rosaria Garozzo, Daniela Giangiulio, Claudia Giardina, Letizia Giliberti, Cristina Lo Surdo, Monica Macconi, Lara Magnani, Ombretta Main, Federica Manca, Giuseppina Mangione, Anna Manzoni, Serenella Martini, Roberta Masi, Mirella Mea, Vito Meli, Mauro Mencarini, Andrea Minuto Rizzo, Alberto Nahmijas, Paola Nebbia, Mauro Nicolai, Giovanni Notaro, Alessandro Noce, Gianluca Oliva, Laura Pastore, Maria Gaia Pazzi, Patrizia Petrozza, Andrea Pezzoli, Cristina Pittiglio, Pietro Poeta, Laura Polese, Lucia Prosperini, Roberto Quaglieri, Letizia Razzitti, Annalisa Rocchietti, Gabriella Romano, Valerio Ruocco, Pierluigi Sabbatini, Paola Schettini, Simonetta Schettini, Alessandra Schiavina, Silvio Schinaia, Gian Luca Sepe, Renato Sicca, Angela Siciliano, Silvia Simone, Andrea Spongano, Francesca Squillante, Alessandra Tonazzi, Massimo Tibaldeschi, Antonio Tozzi, Michela Vaselli, Sofia Vianello, Patrizia Villani, Silvia Vulpetti, Rosamaria Zirpoli, Elisabetta Allegra, Valeria Amendola, Dalia Aminoff, Iacopo Berti, Claudia D'Amore, Mario Denni, Elisabetta Donatelli, Elisabetta Freni, Mauro La Noce, Anna Tamara Levi, Antonella Pancaldi, Ermelinda Santoru, Maria Teresa Amiconi, Bianca Maria Cammino, Romina Di Domenico, Giorgio Nizi, Carlo Piazza, Silvia Manuela Pittatore, Luisa Scorciarini, Andrea Venenzetti, Claudio Verna, Rosa Salvati, Laura Cerroni, Barbara Pazzaglia, Lucia Quadrini, Caterina Scarsi, Serena Stella, Sandro Cini, Stefano Massarelli, Chiara De Mari, Valeria Saggio, Paola Roberta Sfasciotti, Manuela Villani, Paolo Romanelli, Alessandra Giannitelli, Anna Argentati, rappresentati e difesi dagli avv. S F, F S, con domicilio eletto presso F S in Roma, Lungotevere delle Navi 30;
G B, S M, A M, A S, R S, V T, R A, E C, L D C, M F G, A M G, L M, S P, G C, G N;
M C, Arduino D'Anna, A L, M G M, F P, R P, A P, M R, F S, P S, E A, L M, G M, R P, rappresentati e difesi dall'avv. M G, con domicilio eletto presso M G in Roma, via G. Nicotera, 29;

per la riforma

quanto al ricorso n. 5199 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I n. 3501/2012, resa tra le parti;

quanto al ricorso n. 5202 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I n. 3502/2012, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 5205 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I n. 3494/2012, resa tra le parti;
quanto al ricorso n. 5206 del 2012:

della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma: Sezione I n. 3495/2012, resa tra le parti;


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visto gli atti di costituzione in giudizio di M F e di S A e di S A e di M A e di R A e di C B e di A B e di A B e di M B e di F B e di E C e di P C e di A C e di R C e di Piero D'Angeli e di P D e di S F e di R F e di F R F e di S G e di L G e di A L e di E L e di A L e di A M e di L M e di M M e di F M e di N O e di C P e di Luca Ponzo e di S P e di P Q e di R R e di M R e di C R e di P S e di C S e di Rosanna Valenza e di R V e di Francesca Ammassari e di Renata Amoroso e di Giulia Antenucci e di Marzia Balzano e di Carlo Bardini e di Sergio Benvenuto e di Luca Bonanni e di Chiara Bonassi e di Patrizia Bruni e di Stefano Cadeddu e di Livia Calabrese e di Giovanni Calabrò e di Elisabetta Carlini e di Claudia Caruso e di M C e di Carlo Cazzola e di Claudia Ciarnò e di Rosella Creatini e di Arduino D'Anna e di Stefania D'Annibale e di Angela D'Auria e di Antonietta De Pasquale e di Stefania Di Girolamo e di Stefania Di Serafino e di Fabio Massimo Esposito e di Barbara Fattorini e di Vincenzo Figliolia e di Giuseppe Galasso e di Rosaria Garozzo e di Daniela Giangiulio e di Claudia Giardina e di Letizia Giliberti e di Cristina Lo Surdo e di A L e di Monica Macconi e di Lara Magnani e di Ombretta Main e di Federica Manca e di Giuseppina Mangione e di Anna Manzoni e di Serenella Martini e di Roberta Masi e di Mirella Mea e di Vito Meli e di Mauro Mencarini e di Andrea Minuto Rizzo e di M G M e di Alberto Nahmijas e di Paola Nebbia e di Mauro Nicolai e di Giovanni Notaro e di Alessandro Noce e di Gianluca Oliva e di F P e di Laura Pastore e di Maria Gaia Pazzi e di Patrizia Petrozza e di Andrea Pezzoli e di R P e di A P e di Cristina Pittiglio e di Pietro Poeta e di Laura Polese e di Lucia Prosperini e di Roberto Quaglieri e di Letizia Razzitti e di M R e di Annalisa Rocchietti e di Gabriella Romano e di Valerio Ruocco e di Pierluigi Sabbatini e di Paola Schettini e di Simonetta Schettini e di Alessandra Schiavina e di Silvio Schinaia e di F S e di Gian Luca Sepe e di Renato Sicca e di Angela Siciliano e di Silvia Simone e di P S e di Andrea Spongano e di Francesca Squillante e di Alessandra Tonazzi e di Massimo Tibaldeschi e di Antonio Tozzi e di Michela Vaselli e di Sofia Vianello e di Patrizia Villani e di Silvia Vulpetti e di Rosamaria Zirpoli e di Elisabetta Allegra e di Valeria Amendola e di Dalia Aminoff e di E A e di Iacopo Berti e di Claudia D'Amore e di Mario Denni e di Elisabetta Donatelli e di Elisabetta Freni e di Mauro La Noce e di Anna Tamara Levi e di Lucia Mazzarini e di Antonella Pancaldi e di Ermelinda Santoru e di Maria Teresa Amiconi e di Bianca Maria Cammino e di Romina Di Domenico e di Giorgio Nizi e di Carlo Piazza e di Silvia Manuela Pittatore e di Luisa Scorciarini e di Andrea Venenzetti e di Claudio Verna e di Rosa Salvati e di Laura Cerroni e di Barbara Pazzaglia e di G M e di R P e di Lucia Quadrini e di Caterina Scarsi e di Serena Stella e di Sandro Cini e di Stefano Massarelli e di Chiara De Mari e di Valeria Saggio e di Paola Roberta Sfasciotti e di Manuela Villani e di Paolo Romanelli e di Alessandra Giannitelli e di Anna Argentati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti delle cause;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 maggio 2014 il consigliere M M e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Pizzi e gli avvocati Guzzo, Patrizi, Arrigo e Sorrentino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. I signori M F, E R, G Z, con il ricorso, e motivi aggiunti, n. 2779 del 2011 proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio;
i signori M L A, S A, S A, M A, R A, C B, A B, R P B, A B, M B, F B, E C, P C, M C, A C, R C, Antonino D'Ambrosio, Piero D'Angeli, L D B, P D, E F, S F, R F, F R F, E G, S G, L G, A L, E L, A L, A M, L M, M M, F M, N O, R P, A P, C P, L P, S P, P Q, G R, R R, M R, C R, P S, C S, F S, D T, R V, R V, con il ricorso, e motivi aggiunti, n. 3301 del 2011 proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio;
i signori P A, F B, A B, C C, C C, Massimo D'Abaldo, D D B, A D I, A F, R F, C G, L L, F L, L M, C M, S M, G M, D N, M N, L P, M P, Andrea Riaca', V R, P S, M V, O Z, A A, con il ricorso, e motivi aggiunti, n. 2778 del 2011, proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio;
i signori Francesca Ammassari, Renata Amoroso, Giulia Antenucci, Marzia Balzano, Carlo Bardini, Sergio Benvenuto, Luca Bonanni, Chiara Bonassi, G B, Patrizia Bruni, Stefano Cadeddu, Livia Calabrese, Giovanni Calabrò, Elisabetta Carlini, Claudia Caruso, M C, Carlo Cazzola, Claudia Ciarnò, Rosella Creatini, Arduino D'Anna, Stefania D'Annibale, Angela D'Auria, Antonietta De Pasquale, Stefania Di Girolamo, Stefania Di Serafino, Fabio Massimo Esposito, Barbara Fattorini, Vincenzo Figliolia, Giuseppe Galasso, Rosaria Garozzo, Daniela Giangiulio, Claudia Giardina, Letizia Giliberti, Cristina Lo Surdo, A L, Monica Macconi, Lara Magnani, Ombretta Main, S M, Federica Manca, Giuseppina Mangione, Anna Manzoni, A M, Serenella Martini, Roberta Masi, Mirella Mea, Vito Meli, Mauro Mencarini, Andrea Minuto Rizzo, M G M, Alberto Nahmijas, Paola Nebbia, Mauro Nicolai, Giovanni Notaro, Alessandro Noce, Gianluca Oliva, F P, Laura Pastore, Maria Gaia Pazzi, Patrizia Petrozza, Andrea Pezzoli, R P, A P, Cristina Pittiglio, Piero Poeta, Laura Polese, Lucia Prosperini, Roberto Quaglieri, Letizia Razzitti, M R, Annalisa Rocchietti, Gabriella Romano, Valerio Ruocco, Pierluigi Sabbatini, Paola Schettini, Simonetta Schettini, Alessandra Schiavina, Silvio Schinaia, F S, Gian Luca Sepe, Renato Sicca, Angela Siciliano, A S, Silvia Simone, P S, Andrea Spongano, Francesca Squillante, R S, V T, Alessandra Tonazzi, Massimo Tibaldeschi, Antonio Tozzi, Michela Vaselli, Sofia Vianello, Patrizia Villani, Silvia Vulpetti, Rosamaria Zirpoli, Elisabetta Allegra, Valeria Amendola, Dalia Aminoff, R A, E A, Iacopo Berti, E C, Claudia D’Amore, L D C, Mario Denni, Elisa Donatelli, Elisabetta Freni, M F G, Mauro La Noce, Tamara Levi Anna, A M G, L M, Lucia Mazzarini, Antonella Pancaldi, Ermelinda Santoru, Maria Teresa Amiconi, Ester Arisi, Marco Benacchio, Antonio Buttà, Lorenzo Camilli, Bianca Maria Cammino, Romina Di Domenico, Giorgio Nizi, S P, Carlo Piazza, Silvia Manuela Pittatore, Luisa Scorciarini, Andrea Venanzetti, Claudio Verna, Rosa Salvati, Laura Cerroni, Barbara Pazzaglia, G M, R P, Quadrini Lucia, Scarsi Caterina, Serena Stella, Sandro Cini, Stefano Massarelli, Chiara De Mari, Valeria Saggio, Paola Roberta Sfasciotti, Manuela Villani, Paolo Romanelli, Alessandra Giannitelli, Anna Argentati, G C, G N, con il ricorso, e motivi aggiunti, n. 2557 del 2011, proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, hanno chiesto l’annullamento:

- della delibera dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato 19 gennaio 2011 e di tutti gli atti presupposti e connessi, ivi compresi il parere della Ragioneria generale dello Stato dell’11 gennaio 2011 e le note inviate ai dipendenti in data 24 febbraio 2011, con allegati i piani previsionali individuali delle eccedenze orarie massime per il 2011;

- ove occorra e in parte qua dell’elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato redatto dall’Istat ai sensi del comma 3 dell’art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196;

- della delibera dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato del 4 agosto 2011 e di tutti gli atti presupposti e connessi, ivi compresa la circolare 15 aprile 2011, n. 35819 e il parere del 19 luglio 2011 della Ragioneria generale dello Stato.

2. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione prima, con le sentenze n. 3501, n. 3502, n. 3494 e n. 3495, tutte del 2012, ha accolto i ricorsi “nei sensi e nei limiti di cui in motivazione”, con compensazione tra le parti delle spese dei giudizi.

3. Le sentenze citate sono state impugnate, rispettivamente, con gli appelli in epigrafe n. 5199, n. 5202, n. 5205 e n. 5206, tutti del 2012, ciascuno recante domanda cautelare di sospensione dell’esecutività delle sentenze.

Hanno presentato appello incidentale, rispettivamente, l’appellato M F (appello principale n. 5199 del 2012), l’appellata F R F e gli appellati S A, S A, M A, R A, C B, A B, A B, M B, F B, E C, P C, A C, R C, Piero D'Angeli, P D, S F, R F, S G, L G, A L, E L, A L, A M, L M, M M, F M, N O, C P, L P, S P, P Q, R R, M R, C R, P S, C S, R V, R V (appello principale n. 5202 del 2012), gli appellati E A, M C, Arduino D’Anna, A L, G M, Lucia Mazzarini, M G M, F P, Robera Paterlini, R P, A P, M R, F S, P S (appello principale n. 5206 del 2012).

4. Le domande cautelari sono state accolte con le ordinanze n. 3051, n. 3053, n. 3055 e n. 3056 tutte del 2012.

5. All’udienza del 6 maggio 2014 le cause sono state trattenute per la decisione.

DIRITTO

1. Il Collegio, vista la connessione tra gli appelli, oggettiva e in parte soggettiva, ne dispone la riunione per la loro trattazione e decisione congiunta.

2. Nelle sentenze di primo grado si rileva che il prioritario thema decidendum concerne l’illegittimità delle delibere della Autorità garante della concorrenza e del mercato (in seguito Autorità o Agcm) del 19 gennaio e del 4 agosto 2011, rese in conformità ai pareri espressi dalla Ragioneria generale dello Stato, che i ricorrenti censurano poiché direttamente applicative al personale dell’Autorità delle misure di contenimento della spesa per il personale pubblico disposte dal decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, recante Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica ), in violazione della posizione di autonomia dell’Autorità sancita dalla legge istitutiva n. 287 del 1990, nel cui ambito il trattamento giuridico ed economico del personale è ancorato a quello dei dipendenti della Banca d’Italia.

Il primo giudice ha accolto la censura, con assorbimento delle ulteriori doglianze dedotte, avendo ritenuto in sintesi che:

- secondo la legge n. 287 del 1990 ( Norme per la tutela della concorrenza e del mercato ) l’Autorità opera con indipendenza di giudizio e di valutazione che è direttamente garantita dalle norme sulla procedura di nomina del suo organo collegiale (devoluta ai presidenti delle Camere), sui requisiti di indipendenza e alta professionalità previsti per i componenti dello stesso, sulle modalità di svolgimento dei procedimenti e sui rapporti dell’Autorità con le pubbliche amministrazioni e con gli organi dell’Unione europea (art. 10, commi 2, 4 e 5);

- l’autonomia organizzativa, relativa al trattamento economico e giuridico del personale e alla gestione delle spese, altresì prevista dalla legge (art. 10, commi 6 e 7), è a sua volta funzionale ad assicurare l’indipendenza dell’organismo;

- l’art. 11, comma 2, della legge, per cui “ Il trattamento economico e giuridico del personale e l'ordinamento delle carriere sono stabiliti in base ai criteri fissati dal contratto collettivo di lavoro in vigore per la Banca d'Italia ”, è coerente con il contesto delineato poiché prevede che si deve comunque tenere conto “ delle specifiche esigenze funzionali ed organizzative dell'Autorità .” ;

- il legislatore può perciò incidere sul modello auto-organizzatorio della regolamentazione del rapporto di lavoro dei dipendenti dell’Autorità soltanto con una norma di sistema o una previsione espressa, che non si rinviene nel decreto-legge n. 78 del 2010, il cui art. 3, comma 3, dispone invece che “ La Banca d’Italia tiene conto nell’ambito del proprio ordinamento, dei principi di contenimento della spesa per il triennio 2011-2013 contenuti nel presente titolo ”, valendo ciò a contemplare anche la Agcm, dato il contesto normativo sopra richiamato, per cui essa, ferma l’esigenza di adottare le previste misure di contenimento delle spese di funzionamento, vi provvede in autonomia in correlazione con gli interventi attuati dalla Banca d’Italia.

Non è perciò condivisibile il parere reso all’Autorità dalla Ragioneria generale dello Stato, per cui le norme del decreto-legge n. 78 del 2010 sarebbero speciali rispetto all’art. 11, comma 2, della legge n. 287 del 1990, considerato che le dette norme non rivestono i caratteri di compiutezza, certezza e affidabilità necessari per derogare all’organicità del sistema di garanzia dell’autonomia dell’Autorità sopra esposto.

Ciò emerge, in particolare, se si considera che soltanto una della norme del decreto-legge (art. 12, comma 6), nel citare le amministrazioni pubbliche inserite nel conto consolidato della pubblica amministrazione individuato dall’Istat, si riferisce espressamente alle Autorità indipendenti, mentre le norme restanti o citano soltanto l’elenco Istat ovvero l’art. 3 del d.lgs. n. 165 del 2001, che comprende, con il personale dell’Autorità, anche quello della Banca d’Italia e della Consob;
contestualmente però, come visto, viene confermata l’autonomia della Banca d’Italia nel contenimento delle spese, con previsione che è stata ritenuta applicabile anche alla Consob dal parere in atti del Dipartimento affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio, pur non essendo essa citata nell’art. 3 del decreto legge, sulla base della “sostanziale omogeneizzazione” delle tre Autorità in questione.

A conferma di tutto ciò si deve considerare, da un lato, che nel decreto-legge non risulta alcuna chiara volontà di incidere sulla legge n. 287 del 1990 e, dall’altro, che la disposizione di cui all’art. 3 del decreto consente di conciliare, nei confronti della Banca d’Italia come dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato e della Consob, il rispetto della posizione propria di queste Autorità insieme con le esigenze di contrazione della spesa pubblica.

2. Negli appelli si deduce, in sintesi, che:

- le disposizioni di contenimento della spesa pubblica del decreto-legge n. 78 del 2010 includono espressamente le Autorità indipendenti tra i soggetti cui si applicano, come previsto nell’art. 6, commi 3, 7, 8, 9, 12, 13 e 14, testualmente riferiti alle amministrazioni pubbliche inserite nell’elenco Istat di cui all’art. 1 della legge n. 196 del 2009 incluse le autorità indipendenti ”;

- le Autorità indipendenti appartengono peraltro pacificamente alla pubblica amministrazione, come provato dall’art. 5, commi 1 e 3- bis del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 ( Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche ), recante l’applicazione ad esse dei principi di organizzazione e attività stabiliti per le amministrazioni pubbliche dall’art. 2, comma 1, del medesimo d.lgs., e come confermato dalla loro inclusione nell’elenco degli enti e soggetti qualificati come amministrazioni pubbliche formato dall’Istat cui rinviano i provvedimenti di finanza pubblica al fine della loro applicazione, come risulta dalla legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311 del 2004) e confermato dall’art. 5, comma 7, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16, emanato nel frattempo;

- la Agcm non gode di una assoluta autonomia patrimoniale libera da ogni interferenza statale, considerato che la sua principale fonte di finanziamento è data da contributi provenienti, anzitutto, dai soggetti operanti nei settori di riferimento, per i quali è acclarata la natura di tributo, nonché da parte di altre Autorità e da ulteriori proventi, tutti classificati come trasferimenti dallo Stato nello stesso bilancio della Agcm e non tra le entrate derivanti dalla vendita di beni e servizi, ferma, inoltre, la sottoposizione del rendiconto finanziario dell’Autorità al controllo della Corte dei conti;

- la previsione dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2010 relativa alla Banca d’Italia, da un lato, non prova l’asserita “sostanziale omogeneizzazione” con essa della Agcm, non essendo questa inclusa nella norma e, dall’altro, deve essere rapportata alla speciale funzione della Banca d’Italia di Banca Centrale Nazionale ai sensi del Trattato sull’Unione Europea, valendo per essa il principio di indipendenza di cui all’art. 130 del TFUE e fondandosi su ciò il particolare regime ad essa applicabile e non in ragione della sua autonomia finanziaria;
neppure per la Banca è comunque previsto il totale esonero dall’applicazione delle misure di contenimento della spesa pubblica;

- la censura sull’erroneità dell’inclusione della Agcm nell’elenco delle amministrazioni pubbliche formato dall’Istat ai sensi del comma 3 dell’art. 1 della legge n. 196 del 2009, dedotta dai ricorrenti in via subordinata, è infondata, poiché: a) le misure di finanza pubblica adottate dal legislatore non sono effetto della detta inclusione;
b) questa comunque è stata determinata in applicazione delle normative tecniche stabilite in sede comunitaria (Regolamento SEC 95), ricorrendo per la Agcm il prescritto requisito di essere una “unità istituzionale pubblica che agisce da produttore di beni e servizi non destinabili alla vendita”;
c) avendo l’Istat applicato tale nozione nella specie correttamente poiché, dalla richiesta analisi delle fonti di finanziamento della Agcm su scala pluriennale, emerge chiaramente che nessuna di tali entrate è classificabile come corrispettivo di un servizio ricevuto;

- la qualificazione della Agcm come amministrazione pubblica si fonda, peraltro, sull’analisi delle sue funzioni, quali individuate dalla legge istitutiva n. 287 del 1990, nonché estese dalla normativa successiva di tutela dei consumatori, poiché, da un lato, le sue attività di normazione, controllo, sanzionatoria e di indirizzo e garanzia non possono di certo essere considerate come vendibili su un mercato concorrenziale dai lati sia dell’offerta che della domanda e, dall’altro, la considerazione della collettività dei consumatori e delle imprese quali beneficiari finali delle attività dell’Autorità impedisce, in particolare, di considerare come corrispettivo di un servizio ricevuto il contributo versato dai soli soggetti tenuti alla comunicazione delle operazioni di concentrazione.

3. Nei controricorsi, con appello incidentale, proposti dagli appellati M F (appello n. 5199 del 2012), F R F (appello n. 5202 del 2012), E A, M C, Arduino D’Anna, A L, G M, Lucia Mazzarini, M G M, F P, Robera Paterlini, R P, A P, M R, F S, P S (appello n. 5206 del 2012), si eccepisce, in via preliminare, l’inammissibilità degli appelli della Agcm e dell’Istat per carenza di interesse.

L’eccezione è motivata: a) riguardo alla Agcm, con la considerazione che il primo giudice, nello statuirne l’autonomia al fine dell’applicazione delle misure di adeguamento alle norme di contenimento della spesa, non ha negato il potere della Agcm di adottarle, avendo peraltro la stessa Agcm impugnato con ricorso straordinario al Presidente della Repubblica il più volte citato elenco dell’Istat nella parte in cui essa vi è inclusa l’Autorità, in palese contraddittorietà con la proposizione degli appelli per cui è causa;
b) riguardo all’Istat, in ragione del dichiarato assorbimento da parte del primo giudice di ogni ulteriore doglianza, oltre quella decisa, inclusa quella volta all’annullamento dell’elenco Istat nella parte in cui vi è inclusa la Agcm.

I medesimi appellati hanno proposto, in via subordinata, appello incidentale avverso le sentenze gravate, nella parte recante l’assorbimento della suddetta domanda di annullamento dell’elenco Istat che era stata proposta in primo grado, e qui riproposta, per violazione del Regolamento UE n. 2223/96, SEC 95 (Sistema Europeo dei Conti) nonché falsa applicazione dell’art. 1, comma 3, della legge n. 196 del 2009, eccesso di potere per carenza di istruttoria e travisamento dei presupposti, non ricorrendo per la Agcm, si sostiene, i due presupposti, richiesti dal detto Regolamento per l’inclusione nell’elenco, consistenti nella soggezione al controllo di un’amministrazione pubblica e nell’insufficienza delle sue entrate a coprire in misura superiore al 50% la spesa complessiva per lo svolgimento della sua attività istituzionale, trattandosi di condizioni entrambe incompatibili con la qualità della Agcm di autorità amministrativa indipendente.

In via ulteriormente subordinata si solleva questione di legittimità costituzionale, rispetto agli articoli 3 e 41 della Costituzione, degli articoli 6, comma 12, e 9, commi 1 e 2 del decreto-legge n. 78 del 2010, nella parte in cui individuano la Agcm tra i soggetti destinatari delle misure, con illegittimità derivata delle delibere impugnate, per essere stato assunto come riferimento a tal fine il suddetto elenco Istat. E’ infatti irrazionale e illegittimo, si deduce, fondare una previsione legislativa su un elenco redatto a fini soltanto statistici, ancor più considerando, da un lato, che, ai sensi della legge finanziaria per il 2010 (art. 2, comma 241, della legge n. 191 del 2009), la Agcm beneficia anche del finanziamento da parte di altre Autorità che, a loro volta, si finanziano con risorse private, e, dall’altro, che, comunque, la diretta applicabilità alla Agcm delle disposizioni del decreto-legge n. 78 del 2010 per il suo solo inserimento nell’elenco Istat è da escludere, visto che numerose norme dello stesso provvedimento hanno ritenuto di dover completare il riferimento all’elenco con l’espressa inclusione tra i destinatari delle autorità indipendenti.

Gli appellati S A e altri hanno anch’essi proposto appello incidentale condizionato all’accoglimento di quello principale (n. 5202 del 2012), recante altresì la illegittimità dell’inserimento dalla Agcm nell’elenco Istat (anni 2010 e 2011) con argomentazioni convergenti con quelle sopra esposte, con cui si sottolinea in particolare la carenza del requisito maggioritario del finanziamento pubblico dell’organismo.

4. Gli appellati Allegra Elisabetta e altri, nella memoria di costituzione nel giudizio sull’appello n. 5206 del 2012, hanno eccepito l’inammissibilità dell’appello riguardo a quanto in esso dedotto sulla pretesa legittimità dell’inserimento della Agcm nell’elenco Istat, riguardando ciò una censura assorbita nella sentenza di primo grado, nonché in ragione del conflitto di interessi sussistente tra la Agcm e l’Istat;
a quest’ultimo riguardo si rileva, in particolare, che la Agcm non ha alcun interesse ad opporsi all’eventuale annullamento in parte qua dell’elenco Istat (oggetto peraltro della sua impugnazione con ricorso straordinario quanto all’anno 2011) ma, soltanto, all’annullamento della sentenza di primo grado poiché recante l’annullamento delle delibere impugnate, ciò a cui l’Istat non ha, invece, alcun interesse, avendolo a che non venga accolta in appello la subordinata sull’inserimento della Agcm negli elenchi in questione.

Nella medesima memoria sono poi riproposti, ai sensi dell’art. 101, comma 2, c.p.a., i motivi di censura dichiarati assorbiti in primo grado.

5. Si esaminano anzitutto le eccezioni di inammissibilità degli appelli sintetizzate nei precedenti punti 3 e 4.

Le eccezioni riferite alla Agcm non possono essere accolte.

Con le sentenze gravate sono state infatti dichiarate illegittime e annullate due delibere dell’Autorità, del 19 gennaio e del 4 agosto 2011;
questa è dunque risultata soccombente ed ha di conseguenza legittimazione e interesse all’annullamento delle sentenze impugnate affinché sia riconosciuta la legittimità della propria azione amministrativa e la validità degli atti emanati;
né vale in contrario l’avvenuta proposizione del richiamato ricorso straordinario avverso le determinazioni dell’Istat, essendo ciò irrilevante rispetto agli autonomi giudizi per cui è causa né avendo il primo giudice trattato la questione della legittimità degli elenchi Istat in parte qua , richiamata a sua volta dalla Agcm negli appelli, come espressamente precisato, in via del tutto subordinata per meri fini tuzioristici.

Le eccezioni di inammissibilità della proposizione degli appelli da parte dell’Istat devono essere accolte, considerato che il primo giudice non ha esaminato la domanda di annullamento degli elenchi Istat, con assorbimento delle censure a tale fine dedotte, e che la sentenza di primo grado non reca perciò alcuna decisione al riguardo oggetto di possibile gravame in appello.

6. Nel merito gli appelli principali devono essere accolti e quelli incidentali respinti per le ragioni che seguono.

Le tematiche all’esame possono essere in sintesi riferite alle due seguenti questioni:

-a) la natura di pubblica amministrazione della Agcm;

-b) l’applicabilità diretta alla Agcm delle misure di contenimento delle spesa disposte con il decreto-legge n. 78 del 2010 considerato anche quanto ivi previsto dall’art. 3, comma 3.

6.1. Sul primo punto è utile richiamare quanto affermato dalla Sezione con la sentenza 28 novembre 2012, n. 6014.

In questa pronuncia è esaminata la questione della qualificazione quale amministrazione pubblica delle Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e per l’energia elettrica e il gas e si rileva come, a questo fine, non valga considerare le questioni relative alla correttezza del loro inserimento negli elenchi Istat, in particolare con il riscontro della loro natura di “unità istituzionale pubblica” per la sussistenza dei due indici del “controllo” e del “finanziamento” da parte di pubbliche amministrazioni, poiché “ Tale definizione soccorre qualora non sia evidente che l’organismo esaminato è esso stesso una Pubblica amministrazione: diversamente opinando gli stessi organi istituzionali dello Stato ordinamento sfuggirebbero alla definizione dal momento che, per essi, sarebbe dificile configurare un controllo in senso amministrativo, ovvero un finanziamento eterologo.

Cosicché, si prosegue “ E’ allora evidente che le Autorità indipendenti…sono amministrazioni pubbliche in senso stretto, poiché, composte da soggetti ai quali è attribuito lo status di pubblici ufficiali (art. 2 comma 10 legge n. 481 del 1995), svolgono, in virtù del trasferimento di funzioni operato dall’art. 2, comma 14 della medesima legge istitutiva, compiti propri dello Stato, e così di potere normativo secondario (o, altrimenti, il potere di emanazione di atti amministrativi precettivi collettivi) (art. 2, comma 12, lett. h), l. n. 481 del 1995) di poteri sanzionatori, di ispezione e di controllo, hanno, in conclusione, poteri direttamente incidenti sulla vita dei consociati che si giustificano solo in forza della natura pubblica che deve – necessariamente- essere loro riconosciuta.

D’altra parte, le “Autorità amministrative indipendenti” sono definite tali dal legislatore (anche per l’applicazione delle disposizioni processuali sui riti speciali: v. art. 119, comma 1, lett. b) in ragione della loro “piena indipendenza di giudizio e di valutazione”, la quale:

- non va intesa, contrariamente a quanto ha affermato il TAR, come ragione di esonero dalla applicazione della disciplina di carattere generale riguardanti le pubbliche amministrazioni;

- più limitatamente, comporta che, tranne i casi espressamente previsti dalla legge, il Governo non può esercitare la tipica funzione di indirizzo e di coordinamento, nel senso che non può influire sull’esercizio dei poteri tecnico-discrezionali, spettanti alle Autorità.

L’assunto sul quale si basano i ricorsi accolti dal Tar con le sentenze in esame, essere cioè le Autorità di garanzia organismi che sfuggono alle definizioni rilevanti in sede comunitaria ai fini dell’inclusione nell’elenco di cui trattasi e degli oneri che ad esso si connettono, risulta dunque infondato: di conseguenza, sono irrilevanti i profili dedotti in primo grado e riproposti in appello dalle Autorità resistenti, relativi alla pretesa violazione della normativa comunitaria, dal momento che, come si è detto, la qualifica di tali organismi deriva non da tali parametri, ma dalla stessa loro natura ontologica di pubblica amministrazione .”

I principi così affermati, pure se originati dall’esame di questioni poste per Autorità diverse, risultano validi anche per la qualificazione della Agcm.

E’ sufficiente allo scopo richiamare che le funzioni attribuite alla Agcm si connettono, anzitutto, al perseguimento di interessi pubblici di rango costituzionale, come la tutela della concorrenza nei mercati ovvero la protezione dei consumatori, che si esplicano con l’emanazione di atti sanzionatori, di ispezione e controllo, tipici della funzione pubblica;
che le dette funzioni contemplano anche l’esercizio di poteri afferenti alla formazione della normativa di settore, come quello della segnalazione al Parlamento e al Governo delle situazioni distorsive derivanti da provvedimenti legislativi (art. 21 della legge n. 287 del 1990), di cui si tiene conto ai fini della presentazione del disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza (art. 47 della legge n. 99 del 2009), ovvero con la previsione del parere obbligatorio sul rispetto del principio di proporzionalità nei disegni di legge governativi e i regolamenti che introducono restrizioni all'accesso e all'esercizio di attività economiche, e che di recente, infine, è stata attribuita alla Agcm la legittimazione ad agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme a tutela della concorrenza e del mercato (articoli 34 e 35 del decreto-legge n. 201 del 2011 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011);
non potendosi trascurare l’attribuzione nel frattempo all’Autorità di ulteriori delicati compiti di natura pubblicistica, come la vigilanza sui conflitti di interessi dei titolari di cariche di governo (art. 6 della legge n. 215 del 2004) o l’attribuzione alle imprese del rating di legalità (art. 5- ter del decreto-legge n. 1 del 2012, convertito con modificazioni dalle legge n. 27 del 2012).

Ne risulta un insieme di funzioni e compiti attribuiti per la tutela di interessi primari dell’ordinamento che, pianamente, determinano la ontologica natura di pubblica amministrazione della Agcm (cfr. anche Cons. Stato: Sez. VI, 25 gennaio 2008, n. 211;
16 marzo 2006, n. 1397).

6.2. In questo quadro il riferimento fatto nel decreto-legge n. 78 del 2010 alle amministrazioni pubbliche inserite nell’elenco Istat, di cui al comma 3 dell’art. 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nel cui ambito è compresa la Agcm, deve essere inteso a fini meramente ricognitivi dei soggetti destinatari delle misure e non quale fonte di individuazione della natura di amministrazione pubblica di organismi che siano ontologicamente tali e che non vi è motivo di ritenere sottratti all’applicazione delle dette misure essendo queste strutturalmente rivolte alla “ Riduzione dei costi degli apparati amministrativi ” (art. 6), con i correlati interventi di “ Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico ” (art. 9) e “ in materia previdenziale ” (art. 12).

Né vale in contrario l’osservazione che l’estensione alle autorità indipendenti delle misure di contenimento è indicata espressamente per alcune di queste misure (art. 6) e non per altre (come è per l’art. 9), dovendosi osservare, da un lato, che nel primo caso si tratta di misure concernenti voci di spesa non afferenti ai trattamenti economici ordinariamente spettanti ai dipendenti, volendo evidentemente il legislatore chiarire inequivocabilmente la non esclusione delle autorità dalle relative restrizioni, e, dall’altro, che sarebbe immotivato e contraddittorio che le misure ulteriori non si applichino, nonostante siano rivolte alle amministrazioni pubbliche, dovendosi richiamare, per quanto detto sopra, che la Agcm è di per sé amministrazione pubblica e quindi compresa nell’elenco Istat, non essendo amministrazione pubblica ad effetto del suo inserimento nell’elenco.

6.3. Resta da esaminare, in questo contesto, la connessa questione della valenza della previsione dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 78 del 2010, al cui fine soccorre la recente sentenza della Corte Costituzionale n. 7 del 2014.

In questa è infatti trattata la questione di costituzionalità della mancata applicazione alla Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) del regime speciale previsto dalla norma citata, motivata in sede di rimessione per ingiustificata disparità di trattamento, trattandosi in entrambi i casi di autorità amministrative indipendenti e sussistendo le medesime esigenze di salvaguardia della loro autonomia.

La questione è stata dichiarata infondata dal giudice delle leggi alla luce della speciale posizione di indipendenza delle banche centrali garantita direttamente dall’art. 130 del TFUE (art. 130), cui si connette la previsione della norma suddetta in quanto correlata all’esigenza “ imposta dai Trattati relativi alle modalità di funzionamento dell’Unione europea, di consultare preventivamente la Banca centrale europea per ogni modifica che riguardi una banca centrale nazionale”; pur venendo richiamata, perciò, la sussistenza per l’Agcom di una normativa europea volta a rafforzarne l’indipendenza, godendo essa di una speciale autonomia organizzativa e funzionale come la Banca d’Italia, si afferma che quest’ultima non di meno presenta caratteri del tutto peculiari che la differenziano “da ogni altra autorità amministrativa indipendente ”.

Ciò richiamato si osserva, per quanto qui interessa, che le considerazioni ora riassunte valgono anche per la Agcm;
la sua posizione è infatti pure correlata al quadro istituzionale e normativo dell’Unione, operando in particolare in stretta collaborazione con la Commissione al fine della uniforme applicazione del diritto dell’Unione nella tutela della concorrenza (art. 11 del Regolamento CE n. 1/2003) ed essendo qualificata come “ autorità nazionale competente per la tutela della concorrenza e del mercato ” (art. 10, comma 4, della legge n. 287 del 1990), ciò che ne comporta l’indipendenza quantomeno sul piano funzionale, ma non è direttamente fondata su una normativa per essa specificamente posta nei Trattati tale da radicarne la assoluta peculiarità quale definita per la Banca d’Italia e così sancita dal giudice delle leggi.

6.4. Su questa base si deve concludere: a) che la Agcm è soggetto destinatario delle norme disposte con il decreto-legge n. 78 del 2010 in quanto dirette alle amministrazioni pubbliche, essendo tale l’Autorità per sua ontologica qualificazione e come tale citata anche con il richiamo dell’elenco Istat in funzione ricognitiva;
b) che l’art. 3, comma 3, del provvedimento è fondato sulla assoluta peculiarità della posizione della Banca d’Italia, cui non è interamente parificabile quella delle altre autorità, pur godendo esse di indipendenza funzionale;
c) che tale diretta connessione tra le particolari modalità di applicazione delle misure del decreto e la posizione di indipendenza funzionale dell’organismo non è perciò identicamente predicabile per le altre autorità;
d) che il legislatore, nello specifico caso del decreto-legge n. 78 del 2010 e perciò in riferimento all’applicazione di questo, nel ribadire la specialità della Banca d’Italia al fine dell’applicazione delle misure, non ha fatto salvo quanto previsto dall’art. 11, comma 2, della legge n. 287 del 1990, evidentemente non ritenendo la detta connessione predicabile, nella specie, riguardo alla Agcm;
e) non risultando la normativa viziata per incostituzionalità per quanto sopra richiamato.

6. 5. Per le ragioni che precedono gli appelli principali sono fondati mentre non lo sono quelli incidentali, in quanto recanti censure correlate all’asserita, illegittima valenza riconosciuta agli elenchi Istat nella normativa de qua , con relativa ritenuta incostituzionalità, mentre, per quanto sopra esposto, tale valenza non sussiste in ragione della funzione meramente ricognitiva degli elenchi nel caso di specie.

7. Si passa ora all’esposizione e quindi all’esame delle censure di primo grado riproposte con la memoria di cui sopra sub. 4 (indicando d’ora in poi il decreto-legge n. 78 del 2010 soltanto come “decreto”).

7.1. Con tali censure si deduce:

- a) (in via subordinata) l’illegittimità derivata dall’illegittimità costituzionale dei seguenti articoli del decreto: art. 6, comma 12 (missioni all’estero);
9, commi 1 e 2 (blocco per il triennio, al 2010, dei trattamenti economici e riduzione percentuale dei trattamenti superiori a euro 90.000 e 150.000 lordi annui);
12, comma 7 (rateizzazione dei trattamenti di buona uscita e di fine rapporto) e comma 10 (applicazione dell’art. 2120 c.c.) in riferimento agli articoli 3, 41, 97 e 117 della Costituzione, poiché lesivi dell’autonomia della Agcm, nonché, con ulteriore motivo, in quanto riferiti all’elenco Istat, individuando così i destinatari di norme giuridiche con il rinvio ad una mera catalogazione di tipo statistico-economico;

- b) (in via subordinata) l’impugnazione dell’elenco Istat per violazione del Regolamento UE n. 2223/96, SEC 95 data l’insussistenza in capo alla Agcm dei requisiti richiesti per l’inserimento nell’elenco;

- c) l’illegittimità dell’art. 2 della delibera dell’Autorità del 19 gennaio 2011 per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6, comma 12, del decreto;
eccesso di potere per irragionevolezza, poiché: la detta disposizione del decreto-legge non è applicabile alla diaria e al contributo di viaggio spettanti ai dipendenti della Agcm, in quanto non ricompresi del d.m. 27 agosto 1998, cui rinvia l’art. 28 del decreto-legge n. 223 del 2006 citato nella norma, applicandosi ad essi il trattamento previsto in materia per i dipendenti della Banca d’Italia;
il citato art. 28 si applica soltanto al personale delle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 165 del 2001 e non perciò ai dipendenti della Agcm;
in ogni caso l’art. 6, comma 12, del decreto non ha soppresso, con la diaria, anche il contributo di viaggio;
restando comunque irragionevole la soppressione del trattamento di missione data la necessità istituzionale della partecipazione dei dipendenti a riunioni all’estero per fini di cooperazione comunitaria;

- d) l’illegittimità dell’art. 3 della delibera dell’Autorità del 19 gennaio 2011 per violazione e/o falsa applicazione del comma 1 dell’art. 9 del decreto;
eccesso di potere per irragionevolezza: a) per avere erroneamente interpretato la norma citata come riferita anche ai trattamenti accessori e straordinari dei dipendenti e non soltanto a quelli ordinariamente spettanti, con ciò ostacolando il buon andamento dell’attività della Agcm ad effetto del congelamento di ogni corrispettivo per prestazioni pure rese eccedenti l’ordinario (dando anche luogo a incertezze applicative quanto al personale giustificatamente non in servizio nel 2010) nonché disponendo il blocco delle eccedenze orarie al 2010, pur non previsto dalla norma, con ulteriori difficoltà incertezze applicative e errori di fatto;
b) per avere previsto la possibilità di compensazione tra i trattamenti accessori e tra questi e il trattamento base se è superato il piano individuale delle eccedenze orarie, in violazione così degli articoli 36 e 38 della Costituzione, dato il possibile non pagamento di prestazioni rese oltre orario con incidenza, altresì, sui correlati trattamenti pensionistici;

- e) l’illegittimità della delibera del 19 gennaio 2011, per violazione dei commi 1 e 17 dell’art. 9 del decreto, nella parte in cui non riconosce per il blocco delle procedure contrattuali e negoziali nel triennio 2010-2012 l’indennità di vacanza contrattuale prevista dal citato comma 17 dell’art. 9, da erogare invece se si ritenga il personale della Agcm destinatario delle misure disposte con il decreto, pur non essendo mai stati stipulati autonomi contratti collettivi tra la Agcm e le organizzazioni sindacali in forza dell’adeguamento automatico ai rinnovi contrattuali della Banca d’Italia;

-f) illegittimità dell’art. 5 della delibera del 19 gennaio 2011, in quanto: a) sospende l’assegnazione dei livelli retributivi previsti dall’accordo del 7 marzo 2007 e seguenti accordi attuativi, erroneamente applicando il comma 21 dell’art. 9 del decreto mentre nella specie si tratta di “eventi straordinari della dinamica retributiva” (art. 9, comma 1, del decreto) e di un diritto acquisito dei dipendenti;
b) non prevede che gli scatti di carriera di cui al detto accordo abbiano almeno effetti giuridici, così come previsto dall’art. 9, comma 21, del decreto;

- g) l’illegittimità dell’art 6 della delibera del 19 gennaio 2011, nella parte in cui applica l’art. 12, comma 10, del decreto.

A conclusione dell’esposizione di quanto sopra gli appellati precisano che, con l’art. 1 della successiva delibera del 4 agosto 2011 (impugnata con motivi aggiunti), il blocco degli stipendi è stato limitato alle sole componenti della retribuzione a carattere fisso e continuativo ma che, non di meno, permane l’interesse al relativo motivo di censura ad eventuali fini risarcitori.

7.2. Sono riproposte quindi le seguenti censure dedotte quali motivi aggiunti in primo grado, recanti:

- h) (in via subordinata) l’illegittimità costituzionale degli articoli 6, comma 12, 9, commi 1, 2, 17 e 21, nonché 12, commi 7 e 10 del decreto, in riferimento agli articoli 3, 4, 41, 97 e 117, comma 1, della Costituzione, se fosse ritenuta corretta l’interpretazione che ne è stata data dalla Agcm, per violazione dell’autonomia ad essa riconosciuta in materia di regolamentazione del rapporto di lavoro con i dipendenti;

- i) l’illegittimità costituzionale degli articoli 6, comma 12, 9, commi 1 e 2, nonché 12, commi 7 e 10 del decreto, in riferimento all’art. 3 della Costituzione e l’illegittimità degli elenchi Istat, per le ragioni dedotte sopra sub 7.1. a) e b);

- l) l’illegittimità dell’art. 1, comma 3, della delibera del 4 agosto 2011, per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 12, comma 6, del decreto, in materia di trattamento di missione, nell’interpretazione in atto in via di prassi in quanto riconducibile alla erronea interpretazione di cui sopra sub 7.1. c);

- m) l’illegittimità dell’art. 1, comma 4, della delibera del 4 agosto 2011, per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9, commi 1 e 2 del decreto, in quanto vi si continua a tenere conto anche delle voci non fisse e continuative per l’applicazione dell’art. 9, comma 2;

-n) l’illegittimità dell’art. 2, commi 1 e 4, della delibera del 4 agosto 2011, per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 9, commi 1 e 2, del decreto, in quanto recanti il riconoscimento degli effetti dell’accordo del 7 marzo 2007 ai soli fini giuridici e non anche a quelli economici;

-o) l’illegittimità dell’art. 2, commi 2 e 3, della delibera del 4 agosto 2011, per violazione dell’accordo sindacale del 7 marzo 2007 e del 29 luglio 1994, in quanto si dispone la verifica anche unilaterale della corrispondenza delle retribuzioni con quelle dei dipendenti della Banca d’Italia;

- p) l’illegittimità della delibera del 4 agosto 2011 in relazione al parere della Ragioneria generale dello Stato, tuzioristicamente impugnato, in cui si sostiene che l’indennità di vacanza contrattuale non spetterebbe ai dipendenti dell’Autorità, neppure per come disposto nella delibera in relazione a quanto parallelamente previsto al riguardo dalla Banca d’Italia, nonostante la previsione espressa di cui all’art. 9, comma 1, del decreto.

8. Le censure ora sintetizzate non possono essere accolte ovvero devono essere dichiarate inammissibili, per le ragioni che seguono:

- a) le censure sopra riassunte sub 7.1. a) e b) e sub 7.2. h) e i) sono respinte sulla base di quanto esposto nel precedente punto 6;

- b) la censura di cui sopra su 7.1. c) è infondata, considerato che il riferimento, fatto nell’art. 12, comma 6, del decreto, all’art. 28 del decreto legge n. 223 del 2006 ( Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale ), relativo al personale appartenente alle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non vale a limitare a questo personale l’applicazione del detto comma del decreto, essendo questo altresì espressamente riferito alle autorità indipendenti;
né risulta ultronea l’inclusione del “contributo di viaggio” nella nozione di “spese per missioni” oggetto del comma:

- c) la censura di cui sopra sub 7.1. d): 1) è inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, nella parte relativa al criterio di computo del trattamento economico di riferimento, considerato che: a) con l’art. 1 della successiva delibera dell’Autorità, del 4 agosto 2011, nel trattamento economico da ritenere per l’applicazione del comma 1 dell’art. 9 del decreto sono state escluse le componenti accessorie retributive variabili disponendone la non incidenza a partire dall’intero anno 2011;
b) la parte della censura relativa alle eccedenze orarie è ritenuta, nella censura stessa, conseguente “ alla mancata distinzione, ai fini dell’applicazione del blocco degli stipendi, tra retribuzione ordinaria e straordinaria ”;
2) è infondata nella parte relativa alla compensazione tra le diverse voci del trattamento economico non risultando ciò collegato, nella delibera, alla questione delle eccedenze orarie ma ai fini del “contenimento degli emolumenti entro gli importi corrisposti nel 2010”;

- d) la censura di cui sopra sub 7.1. e) è infondata, considerato che l’indennità di vacanza contrattuale, quale elemento provvisorio della retribuzione previsto a tutela dei lavoratori se vi è ritardo nei rinnovi contrattuali, presuppone che la categoria interessata sia tra quelle contrattualizzate ai sensi del d.lgs. n. 165 del 2001, essendo l’istituto fondato e giustificato su tale presupposto e risultando contraddittorio con la sua intrinseca ratio , perciò, applicarlo al personale di cui qui si tratta il cui trattamento non è definito in via contrattuale, come indicato dagli stessi appellati;

- e) la censura di cui sopra sub 7.1. f) è infondata nella parte relativa alla qualificazione dell’accordo del 7 marzo 2007 come “evento straordinario della dinamica retributiva”, non potendo essere evidentemente essere qualificata come “straordinaria” la stipula di un accordo sindacale;
è inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, nella parte restante poiché, con la successiva delibera del 4 agosto 2011, sono stati riconosciuti gli effetti giuridici dell’accordo;

-f) il comma 10 dell’art. 12 del decreto, cui è riferita la censura di cui sopra sub.

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