Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-04-03, n. 201902211

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-04-03, n. 201902211
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201902211
Data del deposito : 3 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/04/2019

N. 02211/2019REG.PROV.COLL.

N. 05293/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5293 del 2018, proposto dalla -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato C D S e con questo elettivamente domiciliata in Roma, via Pieve Ligure, n. 48, presso il dott. D’A E,

contro

il Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore, e l’Ufficio territoriale del Governo - Prefettura di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,

per la riforma

della sentenza del Tar Molise n. -OMISSIS- del 2018, che ha respinto il ricorso proposto avverso il diniego di iscrizione nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all'art. 1, comma 52, l. n. 190 del 2012 (cd. white list).


Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio territoriale del Governo - Prefettura di -OMISSIS-;

Viste le due memorie depositate dall’appellata in data 24 dicembre 2018;

Vista la memoria depositata dalla -OMISSIS- in data 2 gennaio 2019;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 gennaio 2019 il Cons. Giulia Ferrari e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con istanza del 30 dicembre 2016 la -OMISSIS- ha chiesto alla Prefettura di -OMISSIS- l’inserimento nella c.d. white list, e cioè nell’elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all’art. 1, comma 52, l. n. 190 del 2012. Alla base del diniego la Prefettura adduceva il controllo dell’-OMISSIS- -OMISSIS- e del -OMISSIS- -OMISSIS- in compagnia di pregiudicati;
richiamava anche due procedimenti penali a carico dei -OMISSIS- per omicidio.

Il diniego è stato impugnato dinanzi al Tar Molise che, con sentenza n. -OMISSIS- del -OMISSIS- 2018, ha respinto il ricorso.

2. La sentenza è stata impugnata con appello notificato il 4 giugno 2018 e depositato il successivo 29 giugno deducendo:

Error in iudicando: violazione e falsa applicazione artt. 3 e 10 bis, l. n. 241 del 1990 - Difetto di motivazione – Contraddittorietà.

La sentenza impugnata è innanzi tutto censurabile nella parte in cui respinge, in maniera del tutto superficiale, i rilievi di carattere procedimentale e motivazionale sollevati nei primi due motivi del ricorso principale, relativi alla dedotta violazione degli artt. 1 bis e 3, l. n. 241 del 1990. Ed infatti, la comunicazione ex art. 1 bis, l. n. 241 del 1990 del preavviso di rigetto dell’istanza di iscrizione alla white list era stata solo formale, ma in realtà non era stato garantito alcun contraddittorio procedimentale, in quanto la ricorrente non era stata portata a conoscenza degli atti istruttori e delle motivazioni a supporto del preannunciato diniego, ed era stata respinta la richiesta di accesso agli atti all’uopo formulata.

La sentenza è erronea anche nella parte in cui elude, non cogliendone la portata, il motivo di difetto di motivazione del diniego di iscrizione alla white list, evidenziando che la motivazione era stata effettuata per relationem, con riferimento ad atti (le relazioni istruttorie degli organi di polizia, ecc), non portati a conoscenza della ricorrente, ed anzi sottratti alla richiesta di accesso.

Aggiungasi che per effetto della erronea scelta del giudice di primo grado di non reiterare l’ordine istruttorio disatteso dall’Amministrazione resistente, la ricorrente si trova nella paradossale condizione di essere stata privata della possibilità di svolgimento della propria regolare attività imprenditoriale senza neppure essere stata messa nelle condizioni di conoscere compiutamente gli atti a supporto dell’istruttoria del provvedimento gravato.

b) Error in iudicando: eccesso di potere per sviamento;
violazione e falsa applicazione d.lgs. n.159 del 2011;
insussistenza dei presupposti;
illogicità;
contraddittorietà;
difetto di istruttoria.

La sentenza impugnata risulta, oltre che errata nella valutazione dei motivi di ricorso attinenti ai vizi del procedimento ed alla nullità ed illegittimità della motivazione per relationem, non condivisibile nella valutazione della sussistenza dei presupposti per il diniego di iscrizione alla white list.

c) Error in iudicando: eccesso di potere per sviamento;
irrazionalità;
violazione del principio di ragionevolezza;
violazione e falsa applicazione d.lgs. n. 159 del 2011;
insussistenza dei presupposti;
illogicità;
contraddittorietà;
difetto di istruttoria.

Superficiale ed erronea è la risposta che il Tar ha dato al rilievo dello scarso numero di appalti pubblici aggiudicati alla -OMISSIS-.

3. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell'interno e l’Ufficio territoriale del Governo - Prefettura di -OMISSIS- che, con due memorie (identiche, salvo che nella individuazione dell’udienza pubblica di discussione) depositate in data 24 dicembre 2018, hanno sostenuto l’infondatezza, nel merito, dell’appello.

4. Alla pubblica udienza del 24 gennaio 2019 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, dinanzi al Tar Molise è stato impugnato il diniego di iscrizione nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all'art. 1, comma 52, l. n. 190 del 2012 (cd. white list), opposto il 21 aprile 2017 per contiguità con gli ambienti della criminalità organizzata, desunta dalla presenza, negli archivi delle forze dell’ordine, di controlli dell’-OMISSIS- -OMISSIS- e del -OMISSIS- -OMISSIS- in compagnia di pregiudicati. In particolare, -OMISSIS-, segnalato all’Autorità giudiziaria dai Carabinieri di -OMISSIS- per omicidio colposo, è stato controllato in date diverse da forze di Polizia mentre si accompagnava con persone pregiudicate per reati di estorsione (art. 629 c.p.) e associazioni di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.), orbitanti o riconducibili nell'associazione di tipo mafioso denominata "-OMISSIS-";
-OMISSIS-, già arrestato nel 2009 per omicidio, è stato controllato in date diverse da forze di Polizia mentre si accompagnava a pluripregiudicati per reati di cui agli artt. 416 bis, 648, 629 c.p..

Al fine del decidere va preliminarmente chiarito che il diniego di iscrizione nell'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa (cd. white list) é disciplinato dagli stessi principi che regolano l’interdittiva antimafia, in quanto si tratta di misure volte alla salvaguardia dell'ordine pubblico economico, della libera concorrenza tra le imprese e del buon andamento della Pubblica amministrazione (Cons. St., sez. I, 1 febbraio 2019, n. 337;
id. 21 settembre 2018, n. 2241).

Ha chiarito la Sezione (20 febbraio 2019, n. 1182;
24 gennaio 2018, n. 492) che le disposizioni relative all'iscrizione nella cd. white list formano un corpo normativo unico con quelle dettate dal codice antimafia per le relative misure antimafia (comunicazioni ed informazioni) tanto che, come chiarisce l'art. 1, comma 52-bis, l. n. 190 del 2012, introdotto dall'art. 29, comma 1, d.l. n. 90 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 114 del 2014, "l'iscrizione nell'elenco di cui al comma 52 tiene luogo della comunicazione e dell'informazione antimafia liberatoria anche ai fini della stipula, approvazione o autorizzazione di contratti o subcontratti relativi ad attività diverse da quelle per la quali essa è stata disposta";
“l'unicità e l'organicità del sistema normativo antimafia vietano all'interprete una lettura atomistica, frammentaria e non coordinata dei due sottosistemi - quello della cd. white list e quello delle comunicazioni antimafia - che, limitandosi ad un criterio formalisticamente letterale e di cd. stretta interpretazione, renda incoerente o addirittura vanifichi il sistema dei controlli antimafia”.

Come di recente ribadito dalla Sezione (30 gennaio 2019, n. 758, riprendendo un ormai consolidato orientamento del giudice di appello), l’informazione antimafia implica una valutazione discrezionale da parte dell’autorità prefettizia in ordine al pericolo di infiltrazione mafiosa, capace di condizionare le scelte e gli indirizzi dell’impresa. Tale pericolo deve essere valutato secondo un ragionamento induttivo, di tipo probabilistico, che non richiede di attingere un livello di certezza oltre ogni ragionevole dubbio, tipico dell’accertamento finalizzato ad affermare la responsabilità penale, e quindi fondato su prove, ma implica una prognosi assistita da un attendibile grado di verosimiglianza, sulla base di indizi gravi, precisi e concordanti, sì da far ritenere “più probabile che non”, appunto, il pericolo di infiltrazione mafiosa.

Ha aggiunto la Sezione (n. 758 del 2019) che lo stesso legislatore – art. 84, comma 3, d.lgs. n. 159 del 2011 – ha riconosciuto quale elemento fondante l’informazione antimafia la sussistenza di “eventuali tentativi” di infiltrazione mafiosa “tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle -OMISSIS- o imprese interessate”. Eventuali tentativi di infiltrazione mafiosa e tendenza di questi ad influenzare la gestione dell’impresa sono nozioni che delineano una fattispecie di pericolo, propria del diritto della prevenzione, finalizzato, appunto, a prevenire un evento che, per la stessa scelta del legislatore, non necessariamente è attuale, o inveratosi, ma anche solo potenziale, purché desumibile da elementi non meramente immaginari o aleatori.

Il pericolo di infiltrazione mafiosa è, dunque, la probabilità che si verifichi l’evento.

L’introduzione delle misure di prevenzione, come quelle qui in esame, è stata dunque la risposta cardine dell’Ordinamento per attuare un contrasto all’inquinamento dell’economia sana da parte delle imprese che sono strumentalizzate o condizionate dalla criminalità organizzata.

Una risposta forte per salvaguardare i valori fondanti della democrazia.

La sopra richiamata funzione di “frontiera avanzata” dell’informazione antimafia nel continuo confronto tra Stato e anti-Stato impone, a servizio delle Prefetture, un uso di strumenti, accertamenti, collegamenti, risultanze, necessariamente anche atipici come atipica, del resto, è la capacità, da parte delle mafie, di perseguire i propri fini. E solo di fronte ad un fatto inesistente od obiettivamente non sintomatico il campo valutativo del potere prefettizio, in questa materia, deve arrestarsi (Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758).

In tale direzione la verifica della legittimità dell’informativa deve essere effettuata sulla base di una valutazione unitaria degli elementi e dei fatti che, visti nel loro complesso, possono costituire un’ipotesi ragionevole e probabile di permeabilità della singola impresa ad ingerenze della criminalità organizzata di stampo mafioso sulla base della regola causale del “più probabile che non”, integrata da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali (qual è quello mafioso), e che risente della estraneità al sistema delle informazioni antimafia di qualsiasi logica penalistica di certezza probatoria raggiunta al di là del ragionevole dubbio (Cons. St., sez. III, 18 aprile 2018, n. 2343).

Ai fini della sua adozione, da un lato, occorre non già provare l'intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali – secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale – sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata;
d’altro lato, detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri (Cons. St., sez. III, 18 aprile 2018, n. 2343).

Da quanto sopra esposto consegue che anche in relazione al diniego di iscrizione nella white list – iscrizione che presuppone la stessa accertata impermeabilità alla criminalità organizzata – è sufficiente il pericolo di infiltrazione mafiosa fondato su un numero di indizi tale da rendere logicamente attendibile la presunzione dell’esistenza di un condizionamento da parte della criminalità organizzata.

2. Ciò chiarito, può passarsi all’esame dei motivi di appello, il quale è infondato e va dunque respinto.

Non è suscettibile di positiva valutazione la prima censura dedotta con il primo motivo, con il quale si denuncia l’omessa effettiva partecipazione al procedimento, non essendo stato consentito alla -OMISSIS- di conoscere gli atti istruttori. Con provvedimento della Prefettura di -OMISSIS- del 6 aprile 2017, n. -OMISSIS- è stato, infatti, negato l’accesso di documenti, affermando “di aver disposto per l’inaccessibilità degli atti di polizia, sostegno documentale dell’istruttoria di riferimento, avendo ritenuto prevalente l’interesse pubblico alla tutela della riservatezza delle fonti informative, la cui tracciabilità potrebbe trasparire da una attenta lettura degli stessi atti”.

Rileva il Collegio che gli elementi addotti dalla -OMISSIS-, anche in sede giudiziale, dimostrano che ove anche l’accesso fosse stato consentito alcun elemento aggiuntivo, determinante ai fini di sovvertire la decisione della Prefettura, avrebbe potuto essere addotto, atteso che, come in seguito sarà argomentato, le ragioni esplicitate nel diniego impugnato - e sulle quali la -OMISSIS- si è a lungo e puntualmente difesa - appaiono sufficienti a legittimarlo.

3. Non sono suscettibili di positiva valutazione neanche la seconda e terza censura, anch’esse dedotte con il primo motivo, con le quali la -OMISSIS- ha affermato il difetto di motivazione del diniego di iscrizione, atteso che dal provvedimento impugnato sono invece evincibili le ragioni che hanno indotto a negare l’iscrizione, motivazioni che l’appellante ha analiticamente confutato, con ciò dimostrando di aver ben colto le ragioni poste a base del diniego.

Proprio la sufficienza motivazionale ha indotto il Tar a non reiterare l’incombente istruttorio, ritendo comunque sufficienti gli elementi documentali in possesso per giudicare legittimo il diniego pur alla luce delle ampie difese espletate dalla ricorrente.

4. Con il secondo motivo di appello la -OMISSIS- affronta le motivazioni poste a base del diniego di iscrizione nella white list, controdeducendo a ciascuna di esse e soffermandosi su ognuno dei “contatti” addebitati ai -OMISSIS- per dimostrare come non fossero attuali.

Afferma l’appellante l’irrilevanza dei due procedimenti penali che avevano coinvolto i -OMISSIS- in considerazione della loro natura (in nessun modo connessi a vicende di criminalità organizzata) e dell’esito pienamente assolutorio di entrambi: il procedimento a carico del -OMISSIS-, signor -OMISSIS-, per omicidio si era concluso con l’archiviazione emessa dal Gip del Tribunale di -OMISSIS-, che aveva riconosciuto la scriminante della legittima difesa, avendo ucciso un rapinatore introdottosi nella propria abitazione nottetempo;
il procedimento che aveva riguardato l’-OMISSIS- della -OMISSIS-, sig. -OMISSIS-, per la morte di un proprio operaio sul posto di lavoro, si era concluso con la piena assoluzione, confermata in appello, per assenza di responsabilità. In conclusione, a supportare l’impugnato diniego resterebbe solo la frequentazione dei -OMISSIS- con soggetti vicini alla criminalità organizzata, frequentazione però risalente nel tempo, in un periodo in cui i controindicati non erano ancora coinvolti in procedimenti penali.

Il motivo non è suscettibile di positiva valutazione.

Come è ictu oculi evincibile dal provvedimento impugnato il riferimento alle condanne penali subite dai -OMISSIS- è stato fatto ad abundantiam dalla Prefettura, che in realtà ha individuato quale elemento unico e sufficiente a supportare il diniego di iscrizione la compagnia dei -OMISSIS- a persone vicine ad ambienti della criminalità organizzata.

Le pur puntuali argomentazioni dell’appellante sul punto non sono sufficienti a superare la conclusione alla quale è pervenuta la Prefettura.

Dalla nota della Questura di -OMISSIS- del 3 gennaio 2017, richiamata anche dall’appellante nei propri scritti difensivi, emerge che da numerosi controlli effettuati da Polizia di Stato e Carabinieri nel Comune di -OMISSIS- e in altri Comuni del -OMISSIS- (-OMISSIS-, -OMISSIS-) i -OMISSIS- sono stati visti a bordo di autovetture unitamente a persone vicine a contesti di criminalità organizzata. Dunque, non solo incontri in pubblici esercizi, in riferimento ai quali l’appellante punta molto sull’occasionalità e sull’inconsapevolezza degli stessi, ma conoscenza tale da muoversi con la stessa autovettura.

Certa poi è la contiguità dei -OMISSIS- con il -OMISSIS- -OMISSIS-, imprenditore condannato a -OMISSIS- di reclusione per rapporti d’affari con sodalizio di stampo mafioso radicato in territorio -OMISSIS-;
frequentazione ammessa è anche quella di -OMISSIS- con -OMISSIS-, in compagnia del quale si è venuto a trovare in diverse occasioni fra il 2003 e il 2009. -OMISSIS- è stato condannato nel 2010 per il reato di associazione a delinquere di tipo mafioso all’esito di procedimento penale fondato su indagini che erano iniziate nel 2004.

Con riferimento alla contiguità dei -OMISSIS- con il -OMISSIS- -OMISSIS- giova peraltro richiamare la rilevanza che la giurisprudenza costante della Sezione ha riconosciuto ai rapporti di parentela tra -OMISSIS- e congiunto vicino a sodalizi mafiosi, specie in piccoli centri dove è nota la presenza della malavita organizzata.

E’ stato infatti chiarito (Cons. St., sez. III, 26 febbraio 2019, n. 1349 e 7 febbraio 2018, n. 820) che l’Amministrazione può dare loro rilievo laddove tale rapporto, per la sua natura, intensità o per altre caratteristiche concrete, lasci ritenere, per la logica del “più probabile che non”, che l’impresa abbia una conduzione collettiva e una regìa familiare (di diritto o di fatto, alla quale non risultino estranei detti soggetti) ovvero che le decisioni sulla sua attività possano essere influenzate, anche indirettamente, dalla mafia attraverso la famiglia, o da un affiliato alla mafia mediante il contatto con il proprio congiunto. Nei contesti sociali, in cui attecchisce il fenomeno mafioso, all’interno della famiglia si può verificare una “influenza reciproca” di comportamenti e possono sorgere legami di cointeressenza, di solidarietà, di copertura o quanto meno di soggezione o di tolleranza;
una tale influenza può essere desunta non dalla considerazione (che sarebbe in sé errata e in contrasto con i principi costituzionali) che il parente di un mafioso sia anch’egli mafioso, ma per la doverosa considerazione, per converso, che la complessa organizzazione della mafia ha una struttura clanica, si fonda e si articola, a livello particellare, sul nucleo fondante della ‘famiglia’, sicché in una ‘famiglia’ mafiosa anche il soggetto, che non sia attinto da pregiudizio mafioso, può subire, nolente, l’influenza del ‘capofamiglia’ e dell’associazione. Hanno dunque rilevanza circostanze obiettive (a titolo meramente esemplificativo, ad es., la convivenza, la cointeressenza di interessi economici, il coinvolgimento nei medesimi fatti, che pur non abbiano dato luogo a condanne in sede penale) e le peculiari realtà locali, ben potendo l’Amministrazione evidenziare come sia stata accertata l’esistenza – su un’area più o meno estesa – del controllo di una ‘famiglia’ e del sostanziale coinvolgimento dei suoi componenti.

Sotto questo profilo – e a differenza di quanto affermato dal giudice di primo grado – non è casuale il riferimento, operato dal Prefetto, alla sede operativa della -OMISSIS-, conservata in -OMISSIS- (alla -OMISSIS-), essendo stata spostata nel Comune di -OMISSIS- (-OMISSIS-) presso -OMISSIS-, dove la -OMISSIS- non opera, la sola domiciliazione legale per il recapito di corrispondenza. Se l’azienda opera nel -OMISSIS-, la vicinanza a persone inserite in ambienti della criminalità organizzata in Comuni di tale zona assume certamente una rilevanza diversa, essendo maggiore il pericolo di permeabilità della singola impresa agli interessi della criminalità organizzata di stampo mafioso.

Tali elementi sono sufficienti a fondare il sospetto di una contiguità dei -OMISSIS- con la malavita organizzata.

Ai fini dell’adozione dell’interdittiva che, come si è detto, costituisce una tipica misura cautelare di polizia, preventiva e interdittiva, non è necessaria una prova che vada al di là di ogni ragionevole dubbio, essendo sufficiente che gli elementi effettivamente riscontrati, valutati nel loro complesso e non atomisticamente, forniscano un quadro d’insieme in base al quale non sia illogico formulare un giudizio prognostico negativo, latamente discrezionale. Il diniego di iscrizione nella white list non presuppone infatti la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste;
tali elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri.

Aggiungasi che non è determinante l’argomento secondo cui all’epoca degli accertati “incontri” tra il -OMISSIS- e persone segnalate queste ultime ancora non avessero subito condanne, e ciò in quanto la data della pronuncia di condanna non cristallizza il momento in cui la persona si è avvicinata al sodalizio di stampo mafioso.

5. Con riferimento agli altri motivi dedotti, diversamente da quanto affermato dall’appellante non costituisce prova della estraneità del -OMISSIS- e dell’-OMISSIS- della -OMISSIS- agli ambienti mafiosi la circostanza che dopo l’arresto del -OMISSIS-, uno dei capi -OMISSIS-, i -OMISSIS- non fossero stati coinvolti negli arresti conseguenti alla collaborazione dello stesso -OMISSIS- con le Autorità giudiziarie, essendo notorio che il -OMISSIS- non è finito con l’arresto di -OMISSIS- perchè l’affilizione mafiosa non è stata interamente sradicata.

Quanto poi al numero più o meno esiguo di appalti pubblici aggiudicati alla -OMISSIS-, il Collegio ritiene tutt’altro che superficiali le conclusioni alle quali il giudice di primo grado è pervenuto, affermando che “proprio la regolarità dell’operatività ordinaria potrebbe costituire un ulteriore schermo volto ad evitare le attenzioni delle forze di contrasto al fenomeno criminale, garantendosi al contempo una fonte di reddito ‘pulito’ in quanto pienamente giustificato”. Aggiungasi che è noto che la criminalità organizzata ormai si insinua nell’economia con plurime strategie per controllare il settore degli appalti pubblici;
non può quindi escludersi l’utilizzo di una -OMISSIS- “pulita” per spalleggiare in sede di gara altra impresa, anch’essa infiltrata dalla malavita organizzata.

6. In conclusione, correttamente il coacervo di elementi è stato ritenuto dal Prefetto di -OMISSIS- sufficiente ad evidenziare il pericolo di contiguità con la mafia, con un giudizio peraltro connotato da ampia discrezionalità di apprezzamento, con conseguente sindacabilità in sede giurisdizionale delle conclusioni alle quali l’autorità perviene solo in caso di manifesta illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti, mentre al sindacato del giudice amministrativo sulla legittimità dell'informativa antimafia rimane estraneo l'accertamento dei fatti, anche di rilievo penale, posti a base del provvedimento (Cons. St. n. 4724 del 2001). Tale valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che, per giurisprudenza costante, può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati (Cons. St. n. 7260 del 2010).

7. Le questioni vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c.. Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati, infatti, dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e, comunque, inidonei a supportare una conclusione di segno diverso.

8. In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va respinto e va, dunque, confermata la sentenza del Tar Molise n. -OMISSIS- del -OMISSIS- 2018 che ha respinto il ricorso di primo grado.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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