Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-11-03, n. 202309538

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-11-03, n. 202309538
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202309538
Data del deposito : 3 novembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/11/2023

N. 09538/2023REG.PROV.COLL.

N. 07698/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7698 del 2019, proposto da
Fondazione NG FT, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Manlio Frigo, Alberto Saravalle e Luisa Torchia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Luisa Torchia in Roma, viale Bruno Buozzi N 47;



contro

Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Lombardia, Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;



nei confronti

IL SA, GI Pesaro, LA Pesaro, non costituiti in giudizio;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 3402/2019

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Lombardia e di Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 13 settembre 2023 il Cons. Rosaria Maria Castorina e uditi per le parti gli avvocati Francesco Giovanni Albisinni in sostituzione dell'avvocato Luisa Torchia per parte appellante e l'Avvocatura Generale dello Stato per parte appellata;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

1.L’appellante, originaria ricorrente, premetteva che “La Guida dei perplessi” è un antico manoscritto miniato di epoca medievale (d’ora in avanti anche il “Manoscritto”), realizzato da un rabbino austriaco in Austria, nel XIV secolo, acquistato nel 1516 dalla famiglia SA di TO e rimasto nella proprietà della famiglia per oltre 500 anni, senza essere esposto in alcun museo o biblioteca. Riferiva che i discendenti della famiglia, intenzionati ad alienarlo, visto l’interesse manifestato da un potenziale acquirente statunitense, nel 2014 avevano formulato istanza ai competenti uffici del Ministero per il rilascio di apposita licenza di esportazione, come previsto dal d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (“Codice dei beni culturali e del paesaggio”). A seguito di tale istanza, il Ministero aveva avviato la procedura per la dichiarazione dell’interesse culturale, ai sensi dell’art. 13, del d.lgs. n. 42/2004.

Con decreto del Direttore generale per i beni culturali e paesaggistici della Lombardia del 14 febbraio 2014 il manoscritto veniva dichiarato bene di interesse culturale ai sensi dell’art. 10 comma 3 lett. a) e d) e dell’art. 13 comma 1, d.lgs. n. 42/2004.

Il 23 maggio 2017 la Fondazione NG FT (di seguito: la Fondazione) aveva stipulato un contratto di compravendita per l’acquisto del manoscritto citato, denunciando il trasferimento della proprietà all’amministrazione ai sensi dell’art. 59, d.lgs. n. 42/2004.

Nello stesso giorno, la Fondazione aveva sottoscritto un accordo-quadro ex art. 11, l. n. 241/1990 con il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (di seguito: MiBACT), con il quale si era assunta l’impegno di restaurare il manoscritto a proprie spese e di assicurarne l’accessibilità in Italia e all’estero, a fronte della rinuncia del Ministero al diritto di prelazione artistica e la predeterminazione delle condizioni per il rilascio dell’autorizzazione all’esportazione temporanea dell’opera.

A seguito di ispezione sul bene culturale svolta il giorno 8 giugno 2017, la Direzione generale Archivi del MiBACT, rilevato il cattivo stato di conservazione del bene, con nota del 6 settembre 2017, disponeva il trasferimento coattivo del bene in via d’urgenza e contestualmente comunicava l’avvio del procedimento amministrativo diretto all’imposizione di un vincolo storico-archivistico sull’atto di compravendita del manoscritto del 1516 – contenuto nelle prime pagine del volume - in considerazione dell’interesse culturale ex art. 10 comma 2 lett. b), d.lgs. n. 42/2004.

All’esito del procedimento, con decreto del 29 agosto 2017, il Soprintendente archivistico e bibliografico della Lombardia dichiarava la particolare importanza storica del bene culturale, rappresentato dal manoscritto e dal relativo atto di compravendita, considerati come un unicum inscindibile.

Con successivo decreto del 27 settembre 2017 la Direzione generale Archivi del MiBACT esercitava il diritto di prelazione artistica sul manoscritto.

Parallelamente, il 16 ottobre 2017 il Segretario generale del MiBACT comunicava il recesso dall’accordo-quadro sopra citato.

2. Avverso i sopra menzionati provvedimenti la Fondazione ha proposto ricorso per l’annullamento avanti al Tar per la Lombardia.

3. Con sentenza n. 3402 del 14 marzo 2019 il Tar ha respinto tutte le censure, fatta eccezione per la richiesta di liquidazione dell’indennizzo ex art. 11 comma 4, l. n. 241/1990 a seguito del recesso dall’accordo-quadro operato dall’Amministrazione.

In particolare il Tar ha affermato essere irrilevante la circostanza che l’atto di compravendita del 1516 fosse già noto all’amministrazione nel 2014, atteso che il potere di dichiarazione dell’interesse culturale del bene non è soggetto a decadenza o perenzione, e non occorre alcuna sopravvenienza fattuale per l’imposizione di un nuovo vincolo.

In secondo luogo, il Giudice ha confermato l’inscindibilità fisica e simbolica del manoscritto dall’atto di compravendita, vista la relazione allegata al provvedimento nella quale si attestava che l’estrazione del secondo avrebbe comportato un danneggiamento del primo sotto entrambi i profili.

In terzo luogo, con riguardo alla natura giuridica dell’atto di compravendita, il giudice territoriale ha statuito che trattasi di questione giuridica inconferente con la dichiarazione di interesse storico-archivistico del bene culturale, come tale non suscettibile di determinare alcun vizio del provvedimento impugnato.

3.1. Con riguardo al decreto del 27 settembre 2017 con cui la Direzione generale Archivi del MiBACT ha esercitato il diritto di prelazione artistica e rivendicato il possesso sul manoscritto in quanto bene demaniale, la difesa della ricorrente aveva articolato le seguenti censure: illegittimità derivata, per effetto dell’illegittimità del decreto di apposizione del vincolo del 29 agosto 2017; incompetenza dell’autorità emanante, giacché l’art. 76 r.d. n. 1163/1911 riserva l’atto ai “Prefetti, Soprintendenti e Direttori degli Archivi di Stato”; l’illegittimità della rivendicazione del possesso operata tramite provvedimento amministrativo, dal momento che la stessa doveva essere eseguita “in via giudiziaria”, come prescritto dall’art. 76 r.d. n. 1163/1911; tardività del provvedimento, in quanto emesso oltre il termine perentorio di 60 giorni decorrente dalla denuncia di trasferimento della proprietà ex art. 59, d.lgs. n. 42/2004;carenza di motivazione del provvedimento in relazione all’interesse pubblico perseguito.

3.2. Il Tar ha respinto anche tali doglianze.

In primo luogo, quanto alla competenza ad emanare il provvedimento, il giudice territoriale ha rilevato come il r.d. n. 1163/1911 si basava sulla struttura organizzativa vigente all’epoca. Una interpretazione evolutiva della disposizione suggerisce invece di ritenere che, a seguito del passaggio degli archivi di Stato dal Ministero dell’Interno al MiBACT, le relative competenze devono essere attribuite ai corrispondenti organi tecnici della predetta amministrazione. Inoltre, non è censurabile l’emanazione del provvedimento da parte della Direzione generale Archivi, atteso che il Regolamento di Organizzazione del MiBACT (artt. 21 e 22) sancisce la competenza di tale ufficio all’esercizio della prelazione artistica laddove si tratti di beni di interesse archivistico.

In secondo luogo, in merito al motivo di impugnazione relativo alla rivendicazione in via amministrativa del possesso dell’opera, il Tar ha ravvisato anzitutto il difetto di interesse della ricorrente, considerato che essa non ha ancora acquisito la proprietà del bene culturale, stante la pendenza della condizione sospensiva fino al termine di scadenza per l’esercizio della prelazione. In disparte il profilo di inammissibilità, il primo giudice ha dichiarato altresì infondata la doglianza, essendosi il provvedimento limitato ad affermare la necessità che l’atto di compravendita non fuoriuscisse dalla mano pubblica.

In terzo luogo, sulla asserita tardività dell’esercizio del diritto di prelazione, il giudice di prime cure ha rilevato come la denuncia di trasferimento della proprietà presentata dalla Fondazione il 23 maggio 2017 non era idonea a far decorrere il termine di 60 giorni, considerata l’assenza di firma digitale sul documento, l’invio della stessa da una casella Pec non riconducibile ai proprietari del bene, e l’incompletezza della denuncia dovuta alla mancata menzione dell’atto di compravendita del 1516.

In quarto luogo, il Tar ha escluso il lamentato vizio di carenza di motivazione, alla luce delle puntuali e diffuse considerazioni svolte nel provvedimento impugnato in merito alle criticità sul contenuto dell’accordo-quadro stipulato dalla Fondazione e il MiBACT, tanto con riguardo alle modalità di conservazione dell’opera, quanto con riguardo alle modalità di fruizione e valorizzazione del bene culturale.

3.3. Il Tar, in relazione al provvedimento del 16 ottobre 2017 con cui il Segretario generale del MiBACT ha receduto dall’accordo-quadro, ha parzialmente accolto il secondo motivo, osservando come l’accordo-quadro configurasse certamente un accordo sostitutivo del contenuto discrezionale del provvedimento di cui all’art. 11, l. n.

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