Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-06-26, n. 201904403

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2019-06-26, n. 201904403
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201904403
Data del deposito : 26 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/06/2019

N. 04403/2019REG.PROV.COLL.

N. 08045/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8045 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato P V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Lucio Filippo Longo in Roma, piazza della Marina, n. 1;

contro

Ministero dell'Interno, Questura di Udine, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente il rigetto dell'istanza di rinnovo del porto d'armi per uso venatorio;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e della Questura di Udine;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 marzo 2019 il Cons. S S e uditi per le parti l’Avvocato Lucio Filippo Longo su delega di P V e l'Avvocato dello Stato Attilio Barbieri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - Con la sentenza n. -OMISSIS- il TAR per il Friuli Venezia Giulia ha respinto il ricorso proposto dall’attuale appellante avverso il decreto del Questore della Provincia di Udine del 23 marzo 2018, con il quale è stata respinta la sua richiesta di rinnovo del porto d’armi per uso venatorio.

Il diniego risulta fondato sulla carenza dei requisiti psicofisici di cui all’art. 1 del D.M. 28 aprile 2018 in materia di armi.

2. - Nel provvedimento impugnato il Questore ha rilevato che l’interessato:

- aveva dapprima presentato, a sostegno della propria istanza, il certificato medico rilasciato dall’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine in data 19/9/2017 (a sua volta rilasciato sulla base del certificato anamnestico, di cui all’art. 3 del D.M. 14/8/1994, emesso dal medico curante in data 11/9/2017), certificazione ritenuta non idonea in quanto non rilasciata da una delle strutture sanitarie competenti ai sensi dell’art. 3 del D.M. 28 aprile 1998, relativo ai “Requisiti psicofisici minimi per il rilascio e il rinnovo dell’autorizzazione al porto di fucile per uso caccia e al porto d’armi per uso difesa personale”;

- successivamente aveva prodotto un’ulteriore certificazione, datata 18/12/2017, anch’essa non rilasciata da una struttura competente ai sensi della norma già richiamata.

- infine, aveva esibito il certificato medico di idoneità per il rilascio/rinnovo della licenza di porto di fucile, rilasciato in data 31 gennaio 2018 dal Collegio Medico presso l’Azienda Sanitaria Universitaria di Udine, dal quale si evinceva che risultava in possesso dei requisiti psico-fisici richiesti, con l’annotazione: “rivedibile tra un anno”.

L’Amministrazione, tenuto conto dell’idoneità psico-fisica con limitazione temporale annuale, ha ritenuto di non poter rilasciare il titolo per un tempo inferiore a quello di sei anni normativamente previsto (ai sensi dell’art. 22, comma 9, della L. 157/1992).

3. - Nel giudizio di primo grado il ricorrente ha censurato tale provvedimento deducendo censure di violazione di legge ed eccesso di potere sotto diversi profili.

Ha dedotto, in particolare, la violazione dell’art. 9 del TULPS, rilevando che la Questura avrebbe potuto imporre particolari prescrizioni in ordine all’efficacia temporale della licenza;
ha poi rilevato che i certificati medici esibiti avrebbero attestato la sua idoneità psico-fisica, non presentando “alterazioni neurologiche che possano interferire con lo stato di vigilanza o che abbiano ripercussioni invalidanti di carattere motorio, statico e/o dinamico”, come richiesto dal D.M. 28 aprile 1998, art. 1, n. 4: il -OMISSIS-, da cui è affetto, non costituirebbe, a priori, un requisito ostativo al conseguimento dell’autorizzazione, essendo necessaria la presenza di sintomi incompatibili con i requisiti di idoneità psico-fisica richiesti dal D.M. sopra citato, che nel caso di specie non ricorrerebbero, essendo la sua malattia regredita e ben controllata dai farmaci.

4. - Con la sentenza impugnata il TAR ha respinto il ricorso.

5. - Avverso tale decisione il ricorrente ha proposto appello chiedendone, in via cautelare, la sospensione.

5.1 - Si è costituita l’Amministrazione appellata con atto di mera forma.

5.2 - Con ordinanza n. -OMISSIS- la Sezione ha disposto una verificazione incaricando la “Commissione medica, presso l’Azienda Sanitaria Universitaria integrata di Udine, di anticipare entro il 31 dicembre 2018 la nuova visita medica cui sottoporre l’appellante, svolgendo, se del caso, appositi accertamenti specialistici, al fine di riferire espressamente al Giudicante in ordine:

- all’assenza o meno, in capo all’interessato, “di alterazioni neurologiche che possano interferire con lo stato di vigilanza o che abbiano ripercussioni invalidanti di carattere motorio, statico e/o dinamico”, secondo quanto previsto dall’art. 1 n. 4 del D.M. 28 aprile 1998;

- e all’eventuale durata temporale di un parimenti eventuale giudizio positivo, raggiunto sotto lo specifico profilo di cui sopra”.

5.3 - Con nota del 19 dicembre 2018 l’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine ha trasmesso il certificato medico di idoneità per il rinnovo della licenza di porto di fucile per uso caccia, emesso in pari data dalla Commissione medica formata da quattro componenti, dott.ssa -OMISSIS- (specialista in Medicina Legale), dott.ssa -OMISSIS- (specialista in Neurologia), dott. -OMISSIS- (specialista in Medicina Legale), dott.ssa -OMISSIS- (Medico Superiore della Polizia di Stato);
unitamente al certificato è stato altresì trasmesso il verbale della visita collegiale contenente le seguenti conclusioni: “-OMISSIS- insorto circa 10 anni fa, stabile da allora. Sulla base dell’obiettività e della documentazione esaminata, non si ravvisano alterazioni neurologiche che possano interferire con lo stato di vigilanza o che abbiano ripercussioni invalidanti di carattere motorio, statico e/o dinamico ai fini dell’idoneità al porto d’armi per uso caccia ed esercizio dello sport del tiro a volo. Si esprime pertanto un giudizio di idoneità ravvisando la necessità di una revisione a due anni alla luce della potenziale evolutività della patologia di cui è affetto il sig. -OMISSIS-”.

5.4 - Con memoria del 22 febbraio 2019 l’appellante ha insistito nelle proprie conclusioni anche alla luce dell’esito della verificazione.

6. - All’udienza pubblica del 28 marzo 2019 l’appello è stato trattenuto in decisione.

7. - L’appello è infondato e va, dunque, respinto.

8. - Prima di procedere alla disamina delle doglianze è opportuno richiamare, per sintesi, i presupposti su cui si fonda la sentenza impugnata.

Il TAR ha ritenuto che:

- le certificazioni presentate da soggetti o strutture diverse da quelle identificate dal D.M. 28 aprile 1998 non possono fondare il giudizio di idoneità e che correttamente l’Amministrazione non ne ha tenuto conto;

- gli accertamenti eseguiti dalle strutture competenti (che hanno disposto la rinnovazione della visita medica ad appena un anno dalla valutazione) hanno dato luogo ad un giudizio di non completa idoneità all’uso delle armi;

- a fronte di un giudizio medico che non consente di attestare la stabilità dei requisiti psico-fisici richiesti, il rigetto dell’istanza deve considerarsi una misura proporzionale e non irragionevole;

- risulta prevalente l’interesse pubblico a delimitare il possesso e l’uso delle armi a soggetti che possano garantire condizioni di salute più che appropriate e nel contempo durevole, al fine di scongiurare il rischio di incidenti e abusi;

- il carattere tipico della licenza non consente di modularne la durata;

- la possibilità di apporre prescrizioni, di cui all’art. 9 del TULPS, riguarda le condizioni di svolgimento dell’attività, ma non può riguardare il periodo di validità della licenza, essendo stabilita dalla legge;
in ogni caso il collegamento temporale tra la durata del titolo e la revisione della valutazione medica può creare un’incertezza inconciliabile con le esigenze pubblicistiche della sicurezza e dell’ordine pubblico.

9. – Nell’appello viene contestata l’affermazione del TAR secondo cui gli accertamenti medici avrebbero attestato la sua non completa idoneità all’uso delle armi: nella memoria, inoltre, l’appellante rileva come tale affermazione sia stata smentita non solo dalle certificazioni prodotte, ma anche dagli esiti della verificazione disposta da questa Sezione.

All’esito della verificazione è emerso, infatti, che la patologia da cui risulta affetto è stabile da 10 anni;
ha sottolineato, quindi, che l’essere affetto dal -OMISSIS- non costituisce – di per sé – requisito ostativo al rilascio dell’autorizzazione.

Il diniego sarebbe quindi fondato su un dato meramente formale, costituito dalla patologia, senza tener conto dagli accertamenti sanitari che, univocamente, lo hanno riconosciuto non affetto da alterazioni neurologiche in grado di interferire con il suo stato di vigilanza o aventi ripercussioni di carattere motorio statico e/o dinamico, come richiesto dall’art. 1, n. 4 del D.M. 28/4/1998.

Ha poi aggiunto che la previsione temporale contenuta nei certificati è stata disposta solo cautelativamente, tenuto conto della “potenziale evolutività della patologia”.

10. - La prospettazione dell’appellante non è condivisa dal Collegio.

10.1 - E’ opportuno rilevare, innanzitutto, che l’idoneità psico-fisica dell’appellante è stata oggetto di una verificazione disposta da questa Sezione, dalla quale emerge che l’appellante è affetto dal -OMISSIS- da 10 anni.

Dal verbale di verificazione si evince, inoltre, che “non si ravvisano alterazioni neurologiche che possano interferire con lo stato di vigilanza o che abbiamo ripercussioni invalidanti di carattere motorio, statico e/o dinamico” (art. 1, n. 4 D.M. 28/4/1998) a dimostrazione di una attuale condizione di idoneità al porto d’armi: nel verbale, però, la Commissione ha reso un giudizio di idoneità ravvisando, nel contempo, la necessità di una revisione a due anni alla luce della potenziale evolutività della patologia di cui è affetto l’appellante.

La Commissione medica, quindi, non ha escluso che la malattia, benchè risulti stabile e compensata dalla cura farmacologica da circa dieci anni, nondimeno possa progredire nel tempo, tenuto conto della sua natura evolutiva.

La Commissione medica (formata dagli stessi specialisti, con l’integrazione in sede di verificazione di un solo componente) nel verbale del 31 gennaio 2018 ha reso una prognosi di “stabilità” della patologia per un anno;
nel successivo verbale di verificazione, datato 19 dicembre 2018, ha esteso la prognosi favorevole a due anni: la diversità delle due valutazioni, rese a distanza di meno di un anno da parte degli stessi medici, dimostra quanto sia difficile, sulla base delle conoscenze mediche, fare previsioni sull’andamento della patologia, e dunque sulla permanenza della condizione di idoneità dell’appellante all’uso delle armi.

10.2 - La Corte Costituzionale con la sentenza 16 dicembre 1993, n. 440 ha sottolineato che “il porto d’armi non costituisce un diritto assoluto, rappresentando, invece, eccezione al normale divieto di portare le armi e che può divenire operante soltanto nei confronti di persone riguardo alle quali esista la perfetta e completa sicurezza circa il ‘buon uso’ delle armi stesse”, osservando, altresì, che “dalla eccezionale permissività del porto d’armi e dai rigidi criteri restrittivi regolatori della materia deriva che il controllo dell’autorità amministrativa deve essere più penetrante rispetto al controllo che la stessa autorità è tenuta ad effettuare con riguardo a provvedimenti permissivi di tipo diverso, talora volti a rimuovere ostacoli a situazioni giuridiche soggettive di cui sono titolari i richiedenti”;

Proprio in ragione dell’inesistenza, nell’ordinamento costituzionale italiano, di un diritto di portare armi, ha aggiunto la Corte con la recentissima sentenza n. 109/2019, che “deve riconoscersi in linea di principio un ampio margine di discrezionalità in capo al legislatore nella regolamentazione dei presupposti in presenza dei quali può essere concessa al privato la relativa licenza”, pur nell’ambito di un bilanciamento, da condursi entro il limite della non manifesta irragionevolezza, tra “l’interesse dei soggetti che richiedono la licenza di porto d’armi per motivi giudicati leciti dall’ordinamento e il dovere costituzionale di tutelare, da parte dello Stato, la sicurezza e l’incolumità pubblica” beni, questi ultimi, “che una diffusione incontrollata di armi presso i privati potrebbe porre in grave pericolo, e che pertanto il legislatore ben può decidere di tutelare anche attraverso la previsione di requisiti soggettivi di affidabilità particolarmente rigorosi per chi intenda chiedere la licenza di portare armi”.

10.3 - La giurisprudenza, riprendendo i principi espressi dalla Corte Costituzionale, è consolidata nel ritenere che il porto d'armi non costituisce oggetto di un diritto assoluto, rappresentando un'eccezione al normale divieto, potendo essere riconosciuto soltanto a fronte della perfetta e completa sicurezza circa il loro buon uso, in modo da scongiurare dubbi o perplessità, sotto il profilo prognostico, per l'ordine pubblico e per la tranquilla convivenza della collettività: il giudizio che compie l'autorità di pubblica sicurezza è conseguentemente connotato da ampia discrezionalità, sindacabile solo a fronte di vizi che afferiscano all'abnormità, alla palese contraddittorietà, all'irragionevolezza, illogicità, arbitrarietà, al travisamento dei fatti (cfr., ex plurimis, Cons. Stato Sez. III, 25/03/2019, n. 1972;
Cons. Stato Sez. III, 7/06/2018, n. 3435;
id. 20/11/2018 n. 6558).

10.4 - Nel caso di specie, la certificazione medica ha attestato che l’appellante dispone sì della attuale idoneità all’uso delle armi, ma dal complesso degli accertamenti eseguiti emergono seri elementi dai quali desumere la potenziale, ma concreta, inaffidabilità nell’uso delle armi da parte dell’appellante, nel periodo di efficacia della licenza.

Il diniego è stato adottato perché la Questura ha ritenuto, correttamente, di non poter rilasciare la licenza per una durata inferiore a quella prevista dalla legge (art. 22, comma 9, L. n. 157/1992), ma corrispondente a quella di presumibile permanenza di condizioni psicofisiche idonee.

10.5 - Ritiene il Collegio che, nello specifico caso di specie, pur caratterizzato dalle circostanze del tutto peculiari prima rappresentate, la misura assunta dal Questore non risulti affatto sproporzionata, né irragionevole: il diniego del titolo può giustificarsi, infatti, non nel solo caso di carenza assoluta dei requisiti, ma quando i requisiti sussistano nel momento attuale, ma siano destinati a venire meno in un tempo ragionevole e con significativi margini di probabilità.

10.6 - E’ opportuno rilevare che in base al principio di proporzionalità, gli atti amministrativi non debbono andare oltre quanto è opportuno e necessario per conseguire lo scopo prefissato e, qualora si presenta una scelta tra più opzioni, la pubblica amministrazione deve ricorrere a quella meno restrittiva, non potendosi imporre obblighi e restrizioni alla libertà del cittadino in misura superiore a quella strettamente necessaria a raggiungere gli scopi che l'amministrazione deve realizzare, sicché la proporzionalità comporta un giudizio di adeguatezza del mezzo adoperato rispetto all'obiettivo da perseguire e una valutazione della portata restrittiva e della necessità delle misure che si possono prendere. (Cons. Stato Sez. VI, 18/09/2018, n. 5454).

Il principio di proporzionalità dell'azione amministrativa - compreso tra i principi dell'ordinamento comunitario, ma già insito nella Costituzione, quale corollario del principio di buona amministrazione, ex art. 97 Cost. – impone, infatti, di verificare: a) l'idoneità della misura, cioè il rapporto tra il mezzo adoperato e l'obiettivo avuto di mira, sicché l'esercizio del potere è legittimo se la soluzione adottata consente di raggiungere l'obiettivo);
b) la sua necessarietà, ossia l'assenza di qualsiasi altro mezzo idoneo, tale da incidere in misura minore sulla sfera del singolo, sicché la scelta tra tutti i mezzi in astratto idonei deve cadere su quello che comporti il minor sacrificio del soggetto);
c) l'adeguatezza della misura, ossia la tollerabilità della restrizione che comporta per il privato, sicché l'esercizio del potere, pur se idoneo e necessario, è legittimo soltanto se riflette una ragionevole ponderazione degli interessi in gioco.

Nel caso di specie, tenuto conto dalla intrinseca pericolosità delle armi, e dell’esigenza di tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica, la scelta dell’Amministrazione di negare il rilascio del titolo si appalesa del tutto proporzionale, oltre che ragionevole, tenuto anche conto che la licenza è stata richiesta per l’esercizio di un’attività ludica.

10.7 - Alla stregua di questi principi, è pienamente condivisibile l’assunto dell’Amministrazione, condiviso dal TAR, secondo cui la licenza non può essere rinnovata perché il certificato di idoneità non copre l’intero arco dei sei anni previsto dall’art. 22, comma 9, della L. n. 157/1992 (termine applicabile ratione temporis, ora ridotto a cinque anni ai sensi dell'art. 6, comma 1, lett. b), D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 104).

11. - La tutela dell’interesse della parte privata non può assicurarsi, in mancanza di apposita previsione, neppure mediante l’ipotizzato rilascio all’appellante della licenza per la durata prevista dall’art. 22, comma, 9 cit., apponendovi la prescrizione dell’obbligo di presentazione del certificato di idoneità psico-fisica previsto dal D.M. 28/4/1998 prima della scadenza di quest’ultimo (tenendo conto della previsione indicata dall’organo tecnico): tale soluzione, essendo connotata da un elemento di grave incertezza non solo sugli esiti della rinnovata valutazione sull’idoneità del richiedente, ma anche sulla correttezza della valutazione prognostica, resa dalla Commissione medica, in ordine alla persistenza della sua idoneità per un determinato tempo (che presenta anch’essa margini di incertezza), non risulta conciliabile con le esigenze di tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico, che postulano l’affidabilità del soggetto titolare della licenza alla stregua dei parametri previsti dalla legge.

12. - L’appello va dunque respinto e, per l’effetto, va confermata la sentenza appellata.

13. - Tenuto conto della particolarità della questione in esame, sussistono i presupposti per disporre la compensazione delle spese relative al grado di appello.

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