Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-02-09, n. 202401332

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-02-09, n. 202401332
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202401332
Data del deposito : 9 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/02/2024

N. 01332/2024REG.PROV.COLL.

N. 00859/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 859 del 2020, proposto da
L M, rappresentato e difeso dagli avvocati Mirco D'Alicandro e G M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alessandro Avagliano in Roma, via Cesare Ferrero di Cambiano n. 82;

contro

Comune di Rapino, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato M D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima) n. 152/2019, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Rapino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2023 il Cons. Annamaria Fasano e uditi per le parti gli avvocati Ilardo e De Monte;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. L M propone appello avverso la sentenza n. 152 del 2019 del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, con cui è stato respinto il ricorso dallo stesso proposto, avverso la determinazione n. 125 del Responsabile dell’Area Finanziaria – Amministrativa del Comune di Rapino, avente ad oggetto l’annullamento in autotutela della D.G.C. n. 89 del 2009 e di tutti gli atti successivi connessi alla procedura concorsuale, ai sensi degli artt. 21 – octies , comma 1, e 21 nonies , comma 1, della legge n. 241 del 1990.

1.1. L’appellante riferisce di avere partecipato al concorso bandito con delibera n. 89 del 28.11.2009 dal Comune di Rapino per la copertura di un posto di ‘Istruttore di Vigilanza’ categoria C, mediante selezione interna, in quanto già in ruolo nell’Area Tecnica del medesimo comune da oltre cinque anni.

A seguito dello svolgimento delle prove, la Commissione giudicatrice, con delibera n. 13 del 6.3.2010, aveva dichiarato il signor M idoneo, nonché vincitore del concorso. Conseguentemente, in data 1.4.2010, veniva stipulato il contratto di lavoro n. 1411, a tempo pieno e indeterminato, con collocazione del vincitore nella categoria C e nella posizione economica C1, per il profilo professionale di ‘Istruttore di Vigilanza’.

1.2. In data 6.5.2010 veniva presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Chieti e alla Corte dei Conti per l’Abruzzo, con cui si lamentava l’illegittimità del concorso, da cui conseguiva un procedimento penale, che si concludeva con la pronuncia n. 51 del 2013 del GUP del Tribunale di Chieti di non luogo a procedere nei confronti del Sindaco e di L M con riferimento ai reati di cui agli artt. 110 e 323 c.p.

1.3. Dopo alcuni anni, con deliberazione n. 22 dell’11.3.2017, la Giunta comunale di Rapino disponeva l’annullamento in autotutela della deliberazione di Giunta n. 89 del 2009 e di tutti gli atti successivi e connessi con la procedura concorsuale. L M impugnava l’atto deliberativo dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo che, con sentenza n. 137 del 2018, in accoglimento del ricorso, disponeva l’annullamento dell’atto impugnato per vizio di incompetenza.

1.4. In data 7.5.2018, l’Amministrazione comunale, con atto del Responsabile del Servizio Finanziario Amministrativo, notificava al signor M una nuova comunicazione di avvio del procedimento finalizzata all’annullamento in autotutela dei medesimi atti relativi alla procedura concorsuale indetta con D.G.C. n. 89 del 2009. E successivamente, con determinazione n. 125 del 18.6.2018, a firma del Responsabile del servizio, il Comune provvedeva ad ‘ annullare in autotutela la deliberazione di Giunta Comunale n. 89 del 28.11.2009, di indizione di concorso interno, per titoli e prova scritta per la copertura di un posto di istruttore di vigilanza categoria C – nomina della commissione giudicatrice e di tutti gli atti successivi connessi alla procedura concorsuale, ai sensi degli articoli 21 octies, comma 1, e 21 nonies, comma 1, della legge 241 del 1990, come disposto dalla sentenza del TAR per l’Abruzzo – sezione distaccata di Pescara – n. 137/2018 R.P.C. e n. 180/2017 R.R. del 23/3/2018 e pubblicata in data 12/4/2018 ’.

Quali ragioni a sostegno del provvedimento gravato, l’Amministrazione deduceva l’interesse pubblico alla copertura del posto di Istruttore di Vigilanza tramite concorso aperto all’esterno e non con l’espletato concorso interno, in ossequio all’art. 35, comma 1, lett. a) del d.lgs. n. 165/2001, ossia attraverso una procedura selettiva volta a garantire l’accertamento della professionalità richiesta e l’accesso dall’esterno e, quanto alla posizione giuridica del ricorrente destinatario dell’atto, affermava che l’interesse del vincitore del concorso era da considerarsi recessivo rispetto al prevalente interesse pubblico teso alla buona organizzazione, nonché alla gestione efficiente ed economicamente efficace del provvedimento amministrativo, secondo il dettato di cui all’art. 97 della Costituzione.

2. Con il ricorso introduttivo, L M ha denunciato l’illegittimità dell’atto impugnato sotto diversi profili, assumendo l’intervenuta decadenza dell’Amministrazione dal potere di autotutela, in quanto il provvedimento di annullamento è intervenuto in un momento successivo allo scadere del termine, pari a 18 mesi, fissato dall’art. 21 nonies della legge 241 del 1990, oltre che per l’insussistenza del presupposto, in quanto il concorso interno deva considerarsi pienamente legittimo, perché indetto a norma dell’art. 91, comma 3, T.U. 267 del 2000 e nel rispetto di quanto stabilito dagli artt. 89 e 102 del Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi del Comune di Rapino, approvato con deliberazione di Giunta Comunale n. 7 del 27.2.1999 e modificato con deliberazioni di G.C. n. 77 del 1.12.1999, e n. 27 del 15.4.2000. Il ricorrente lamenta eccesso di potere per difetto di motivazione, contraddittorietà ed illogicità manifesta, nonché disparità di trattamento e ingiustizia grave e manifesta.

3. Il Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, con la sentenza n. 152 del 2019, ha respinto il ricorso introduttivo. Il Collegio di prima istanza ha ritenuto che, con la delibera gravata, l’Amministrazione ha bene esplicitato le ragioni di illegittimità della procedura di reclutamento per violazione delle norme imperative ivi richiamate, sicchè emerge la prevalenza accordata all’interesse pubblico, sotteso alla predetta disciplina normativa, a che il reclutamento del personale nelle pubbliche amministrazioni avvenga secondo la regola del pubblico concorso aperto agli esterni, salva la riserva di posti prevista dalla legge in favore degli interni, in ossequio ai principi di buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa garantiti dall’art. 97 della Costituzione. Nella specie, non rileva che il provvedimento sia stato adottato oltre il termine di diciotto mesi, come introdotto a partire dall’entrata in vigore della legge n. 124 del 2015, perché la disposizione in parola si riferisce a provvedimenti di natura diversa, ossia a quelli autorizzativi o attributivi di vantaggi economici.

Il Giudice di prime cure ha concluso ritenendo meritevole di positiva valutazione l’interesse fatto proprio dalla delibera impugnata di ristabilire l’ordine violato, onde pervenire alla copertura del posto attraverso procedure selettive volte a garantire l’accertamento della professionalità richiesta per il corrispondente profilo e l’accesso anche da personale esterno.

4. Con l’atto di appello, notificato nei termini e nelle forme di rito, L M ha impugnato la suddetta pronuncia, chiedendone l’integrale riforma, denunciando: “ 1. Errata applicazione dell’art. 35, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 165/2001. Violazione dell’art. 91, comma 3, T.U. 267/2000. Conseguente errata applicazione degli artt. 21 – octies, e 21 – nonies, comma 1, della legge n. 241/1990;

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi