Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-08-02, n. 201603494

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2016-08-02, n. 201603494
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201603494
Data del deposito : 2 agosto 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/08/2016

N. 03494/2016REG.PROV.COLL.

N. 06481/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 6481/2013 RG, proposto da G M C, rappresentato e difeso dall'avv. A L, con domicilio eletto in Roma, v.le Parioli n. 67,

contro

il Consiglio superiore della Magistratura – CSM ed il Ministero della giustizia, in persona dei legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

nei confronti di

P V, rappresentato e difeso dall'avv. M L, con domicilio eletto in Roma, lungotevere Raffaello Sanzio n. 9;

per la riforma

della sentenza del TAR per il Lazio – Roma - sez. I, n. 3651 dell’11 aprile 2013, resa tra le parti e concernente il conferimento dell’ufficio direttivo superiore di Presidente aggiunto della Corte suprema di cassazione.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore all'udienza pubblica del 31 marzo 2016 il Cons. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti, gli avvocati Lamberti, Luciani e l'Avvocato dello Stato Marina Russo.


Ritenuto in fatto che:

a) il dott. G M C, magistrato di cassazione (che aveva a suo tempo partecipato all’interpello per il conferimento del posto di Presidente aggiunto della Corte suprema di cassazione), impugnò la nomina, disposta con la delibera del CSM del 22 luglio 2010, a favore del dott. P V;

b) la Sezione, con la sentenza n. 486 del 2012, ha annullato in via definitiva tale nomina ma il CSM, con la delibera del 18 aprile 2012 resa in sede di riesame, ribadì il proprio voto favorevole verso il dott. V, affermando, sulla dedotta minor esperienza giurisdizionale di questi, come l’attività da lui svolta presso l’Avvocatura generale dello Stato, seppur non del tutto assimilabile a quella giurisdizionale (come precisato da questo Consiglio), comunque è equiparata a quella effettuata in una magistratura speciale (tanto da poter essere riconosciuta ai fini della di lui riammissione nella Magistratura ordinaria) e, in tal modo, ha reputato d’aver soddisfatto «… l’esigenza, evidenziata dal giudice amministrativo, di una valutazione particolarmente attenta al fine… di non creare posizioni di “vantaggio” per magistrati che abbiano maturato minore esperienza nell’attività propria giurisdizionale…»;

c) avverso tale ulteriore determinazione – impugnata pure in sede d’ottemperanza ancorché con esito negativo trattandosi di questione attinente alla sola cognizione di legittimità — il dott. C s’è gravato innanzi al TAR Lazio (ricorso n. 3651/2013 RG), deducendo l’impossibilità di assimilare la pur prestigiosa attività del dott. V presso l’Avvocatura erariale alle funzioni propriamente giurisdizionali;

d) il TAR per il Lazio – con l’impugnata sentenza (n. 3651 del 2013) – ha respinto la domanda di annullamento riconoscendo in varia guisa al dott. V un più protratto esercizio delle funzioni di legittimità ai fini del conferimento dell’incarico de quo;

e) il dott. C ha proposto appello, con il ricorso in epigrafe, accolto dalla Sezione con la sentenza n. 3501 del 10 luglio 2014 che ha esaminato funditus le questioni sull’interesse legittimo azionato e, alla luce sia del decisum della sentenza n. 486 del 2012, sia dei passaggi argomentativi della delibera CSM del 18 aprile 2012, ha accolto il motivo incentrato sull’evidente minor esperienza giurisdizionale del dott. V;

f) il Ministero della giustizia ed il CSM hanno proposto ricorso principale alle Sezioni unite della Corte di cassazione (il dott. V ne ha presentato uno incidentale adesivo) in quanto l’impugnata sentenza n. 3501/2014 avrebbe travalicato i limiti esterni della giurisdizione amministrativa;

g) con sentenza n. 19787 del 5 ottobre 2015 la Corte regolatrice ha accolto il gravame, in relazione alla doglianza inerente alla diretta valutazione, da parte del Consiglio di Stato, della comparazione di merito tra le posizioni dei due magistrati concorrenti;

h) il dott. C, con atto notificato il 28 dicembre 2015, ha riassunto la causa innanzi alla Sezione, ribadendo tutte le domande e deduzioni già proposte e ponendo la questione di legittimità costituzionale sul principio di diritto enunciato dalla Corte regolatrice, laddove afferma una riserva di amministrazione non soggetta ad alcun controllo giurisdizionale sugli atti del CSM e, addirittura, essa stessa compie proprio quel giudizio comparativo di merito, sulle posizioni relative dei due magistrati, che viola il principio di riserva poco prima affermato;

i) la difesa del dott. V, con memoria depositata in data 16 marzo 2016 ha eccepito l’intervenuta estinzione del giudizio stante la tardività della riassunzione;
eccezione che ha poi ribadito nella memoria di replica depositata in data 18 marzo 2016;

l) all’udienza pubblica di discussione del 31 marzo 2016, la difesa del dott. C, dopo aver diffusamente illustrato tutte le proprie argomentazioni, da un lato ha rilevato, inter alios, la tardività del deposito della memoria di controparte in cui era stata sollevata l’eccezione di estinzione, dall’altro, ha chiesto la concessione del beneficio della rimessione in termini per errore scusabile;

Considerato in diritto che:

m) è preliminare e assorbente l’esame dell’eccezione di estinzione del giudizio per tardività della prosecuzione sollevata dalla difesa della parte appellata;
a tal riguardo, però, non può essere accolta la tesi propugnata dalla difesa del dott. C, secondo cui il Collegio non potrebbe prendere in esame tale eccezione di estinzione del giudizio in quanto sollevata con memoria tardiva rispetto alla data dell’udienza pubblica di discussione, perché:

I) la questione è comunque rilevabile d’ufficio;

II) in ogni caso l’eccezione di estinzione è stata reiterata dalla difesa del dott. V nella memoria di replica depositata (il 18 marzo 2016) nel rispetto del termine dimidiato di 10 giorni liberi da computarsi a ritroso (a mente del combinato disposto degli artt. 119, co.2, c.p.a., e 2, co. 4, d.l. 24 giugno 2014 n. 90, come meglio si dirà in prosieguo);

n) nella specie, si tratta d’un rinvio da parte della Corte regolatrice secondo l’ormai noto principio affermatosi dal 2012 (cfr. Cass., sez. un., 17 febbraio 2012 n. 2312), in base al quale si dispone la cassazione con rinvio ai sensi degli artt. 382 e 383 c.p.c., laddove sia indubbia la potestas judicandi del Giudice che ha emesso la sentenza cassata, ma la ragione della cassazione consista solo nell'errato esercizio della giurisdizione stessa;

o) in base all’art. 394, co. 1, c.p.c., il giudizio di rinvio (incluso quello davanti al G.A.), è interamente disciplinato dalle norme dettate per il processo innanzi al giudice del rinvio;

p) in relazione all’individuazione del termine per riassumere il giudizio dopo l’annullamento con rinvio operato dalle Sezioni unite, soccorre la previsione generale di cui all’art. 392 c.p.c. secondo cui tale termine è di tre mesi anche per il processo amministrativo (in base al rinvio operato dall’art.39, co. 1, c.p.a.);
previsione del resto, che sul piano sistematico, trova conferma nell’art. 11, co. 4 c.p.a, (per il caso di annullamento con rinvio davanti al G.A. di una controversia introdotta davanti ad altro giudice);

q) in virtù dell’art. 2, co. 4, d.l. 24 giugno 2014 n. 90 (conv. con modif. dalla l. 11 agosto 2014 n. 114), è stato novellato l’art. 17, co. 2, l. 24 marzo 1958 n. 195 (norme sul funzionamento del CSM), per cui soggiacciono al rito speciale ex art. 119 c.p.a. (compresa la dimidiazione dei termini prevista al comma 2), tutte le controversie inerenti agli incarichi direttivi e semidirettivi dei magistrati ordinari;

r) risulta così confermato che la riassunzione conseguente al rinvio dalla Corte regolatrice deve avvenire, di regola, entro il termine perentorio di tre mesi dalla pubblicazione della sentenza delle Sezioni unite, termine però che, essendo interno al processo amministrativo disciplinando una fase costituiva del medesimo, soggiace anch’esso, ai sensi dell’art. 119, co. 2, c.p.a., al dimezzamento ivi previsto (e, secondo pacifica giurisprudenza, senza limitazione ai soli termini computati a mesi, piuttosto che a quelli calcolati a giorni);

s) poiché la sentenza delle Sezioni unite è stata pubblicata il 5 ottobre 2015, s’appalesa tardiva la riassunzione del presente giudizio notificata dall’appellante il 28 dicembre successivo, oltre un mese e mezzo dalla predetta pubblicazione;

t) la causa pertanto s’è estinta, per mancata riassunzione, ex art. 35, co. 2, lett. a), c.p.a. e con riguardo ai principi desumibili dall’art. 307, co. 3, c.p.c., né si potrebbe invocare in questo caso un errore scusabile, in quanto non se ne ravvisano i presupposti;

u) il beneficio della rimessione in termini per errore scusabile, infatti, previsto dall'art. 37 c.p.a. (e, per casi simili all’odierna fattispecie, dall’art. 11, co. 5, c.p.a.), ha pur sempre carattere eccezionale, risolvendosi in una deroga al principio fondamentale di perentorietà dei termini processuali e soggiace, pertanto, a regole di stretta interpretazione;
a maggior ragione tale esigenza si coglie per i riti soggetti al dimezzamento dei termini;

v) nella specie non si è in presenza di un quadro normativo oscuro, di oscillazioni della giurisprudenza, di comportamenti ambigui della P.A., di ordini del Giudice di compiere taluni adempimenti processuali in violazione dei termini effettivamente previsti dalla legge, di caso fortuito o forza maggiore;
non ricorre, quindi, alcuna delle speciali circostanze che in base alla consolidata giurisprudenza di questo Consiglio consentono di riconoscere il beneficio dell’errore scusabile (cfr. funditus Cons. St., Ad. plen., 27 luglio 2016, n. 22, ivi gli ulteriori riferimenti, diretti e indiretti, ai plurimi precedenti del medesimo Consesso nn. 33 del 2014, 32 del 2012, 10 del 2011, 3 del 2010);

z) sussistono le eccezionali ragioni previste dal combinato disposto degli artt. 26 c.p.a. e 92 c.p.c. attesa la novità della questione, affinché si compensino, tra le parti costituite, le spese del presente grado di giudizio.

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