Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-09-10, n. 202106246

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2021-09-10, n. 202106246
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202106246
Data del deposito : 10 settembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/09/2021

N. 06246/2021REG.PROV.COLL.

N. 01001/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1001 del 2021, proposto dalla Provincia di Brindisi, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato M M G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

Baroni Nuovi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato A S D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

nei confronti

- della Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato T T Clli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
- della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli Affari Regionali e le Autonomie, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia sezione staccata di Lecce (Sezione Seconda) n. 1219/2020, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Baroni Nuovi S.r.l. e della Regione Puglia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 8 luglio 2021, il Cons. O F e uditi per le parti gli avvocati M M G, Francesca Tondi, su delega di A S D, e T T Clli che partecipano alla discussione orale ai sensi dell’art. 25 d.l. n. 137/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con l’appello in esame, la Provincia di Brindisi impugna la sentenza 10 novembre 2020, n. 1219, con la quale il TAR per la Puglia, sez. II della Sezione staccata di Lecce, ha accolto il ricorso proposto dall’attuale appellata Baroni Nuovi S.r.l. ed ha annullato gli atti impugnati, con i quali, in particolare, la Provincia ha ritenuto di non essere competente all’adozione del Provvedimento autorizzatorio unico regionale (PAUR), di cui all’art. 27- bis d. lgs. n. 152/2006.

La Provincia di Brindisi ritiene che in assenza di una specifica normativa regionale, l’art. 27- bis del d.lgs. n. 152 del 2006 non possa trovare diretta applicazione nei procedimenti di V.I.A. provinciale.

Il TAR ha accolto il ricorso con la sentenza impugnata, sulla scorta delle stesse considerazioni contenute nei precedenti conformi di cui alle sentenze nn. 748 del 14 luglio 2020 e 925 dell’11 agosto 2020.

Il TAR ha valorizzato il fatto che la Regione Puglia abbia già delegato alle Province le funzioni in materia di V.I.A., ai sensi dell’art. 2, comma 2, della l.r. n. 17 del 2007.

Secondo il primo giudice, la disciplina in materia di P.A.U.R. non radica una nuova competenza in capo alla Provincia, posto che l’art. 27- bis cit., al comma 7, penultimo periodo, afferma che la determinazione motivata di conclusione della conferenza dei servizi “ costituisce il provvedimento autorizzatorio unico regionale e comprende il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l’esercizio del progetto, recandone l’indicazione esplicita ”.

Dal testo di legge emergerebbe chiaramente “ che nel P.A.U.R. confluiscono tutti gli atti abilitativi/autorizzatori che vengono in rilievo in relazione al singolo progetto esaminato e i quali, ferma la competenza di ogni singolo ente a rilasciarli, vengono acquisiti secondo il modulo procedimentale delineato dall’art. 27-bis, modulo con cui si attribuisce l’impulso e la conclusione del relativo procedimento alla “autorità competente”, da individuarsi, nel caso di specie, nella Provincia, ai sensi della L.R. n. 17/2007 ”.

2. Avverso tale decisione, la Provincia di Brindisi ha proposto i seguenti motivi di appello:

a ) obbligo di interpretazione costituzionalmente orientata;
questione di legittimità costituzionale;
violazione degli articoli 3, 87, 114, 117, 118 e 119 della Costituzione;
ciò in quanto l’art. 27- bis del d.lgs. n. 152/2006 non prevede la possibilità che la competenza ad emettere il P.A.U.R. venga delegata ad un soggetto diverso dalla Regione;
laddove, tuttavia, si ritenesse corretta l’esegesi operata dal TAR, la disciplina regionale risulterebbe costituzionalmente illegittima, nella parte in cui la stessa non ha regolato l’aspetto economico della delega relativo all’attribuzione in esame. La l.r. n. 17 del 2007 si è limitata infatti a disciplinare il trasferimento delle risorse umane e finanziarie necessarie all’espletamento delle funzioni in materia di VIA. Ne risulterebbero violati gli articoli 3, 97, 114, 117, 118 e 119 della Costituzione, per la compromissione dell’esercizio delle altre funzionali fondamentali di cui la Provincia è titolare. Inoltre, la mancanza di copertura finanziaria delle funzioni PAUR, si riverbera sull’esercizio di tutte le funzioni svolte dalla Provincia di Brindisi afferenti a settori nevralgici della vita economica e sociale della comunità territoriale;

b ) violazione dei limiti del sindacato giurisdizionale;
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 34 del c.p.a.;
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 27- bis del Codice dell’Ambiente;
conflitto di attribuzioni ex art. 134, comma 2, Cost.;
ciò in quanto, se la Regione Puglia avesse avuto intendimento di delegare alle Province pugliesi la titolarità del PAUR avrebbe dovuto, analogamente a quanto fatto in occasione della citata l.r. n. 17/2007, procedere a legiferare in tal senso, così come previsto dall’art. 23, comma 4, del d.lgs. n. 104 del 2017;
ed infatti, trattandosi di una nuova competenza legata a un nuovo e diverso titolo provvedimentale rispetto alla VIA, la Regione avrebbe dovuto, nel caso, adottare una nuova legge regionale di delega. Pertanto, la questione in esame evidenzia l’esistenza di un conflitto negativo di attribuzione tra ente regionale/provinciale e “ spetterebbe al Presidente della Giunta regionale, per la Regione, e al Presidente del Consiglio dei ministri, per lo Stato, sollevare il conflitto di attribuzione innanzi alla Corte Costituzionale, qualora non si volesse accogliere l’interpretazione provinciale dell’art 27 bis ”;

c ) violazione e falsa applicazione dell’art. 27- bis del Codice dell’ambiente e/o dell’art. 2 della l.r. n. 17 del 2007 e/o dell’art. 9 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281 e/o dell’art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale;
eccesso di potere per difetto di istruttoria, erroneità nei presupposti, contraddittorietà, insufficienza di motivazione, illogicità manifesta, irrazionalità;
in subordine, l’appellante ha dedotto che il TAR avrebbe comunque erroneamente interpretato il quadro normativo vigente nel ritenere che il rilascio del PAUR spetti alla Provincia, in base a quanto a suo tempo disposto dalla l.r. n. 17 del 2007. A tal fine, circa la natura di tale speciale e innovativo procedimento, ha richiamato alcuni passaggi della relazione governativa allo schema di decreto. A sostegno della propria tesi, l’appellante ha sottolineato, ad esempio, il fatto che il provvedimento di VIA mantenga una sua autonomia istruttoria e decisionale che non vincola l’Autorità che dovrebbe adottare il provvedimento autorizzatorio unico regionale;

d ) violazione e falsa applicazione dell’art. 26 del d.lgs. n. 104/2010;
soccombenza reciproca;
difetto di motivazione;
violazione decreto 10 marzo 2014, n. 55;
poiché è ingiusta la condanna al pagamento delle spese processuali liquidate, stante la peculiarità della vicenda che risulta infatti riconosciuta ed accertata nel parere interlocutorio n. 1725 del 3 novembre 2020 reso dal Consiglio di Stato, Sez. I, nell’Adunanza del 2 settembre 2020: la Sezione consultiva ha infatti rimesso alla Presidenza del Consiglio un approfondimento istruttorio relativo alla questione di cui trattasi, in quanto del tutto nuova.

3. Si sono costituite in giudizio la Regione Puglia e la società appellata, che hanno concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.

Alla udienza pubblica di trattazione, ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137 del 2020, la causa è stata riservata in decisione.

DIRITTO

4. L’appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto, con conseguente riforma della sentenza impugnata.

5.1. Giova richiamare il quadro normativo sotteso alla vicenda in oggetto, principiando dalle disposizioni relative al “ provvedimento autorizzatorio unico regionale ” disciplinato dall’art. 27- bis del d.lgs. n. 152 del 2006, introdotto dall’art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 104 del 2017.

Tale decreto ha introdotto nell’ordinamento italiano le innovazioni apportate dalla direttiva 2014/52/UE, che modifica la direttiva 2011/92/UE.

Come sottolineato dalla Corte costituzionale (sentenza n. 198 del 2018), la normativa sovranazionale è incentrata sull’obiettivo di migliorare la qualità della procedura di valutazione dell’impatto ambientale, allineandola ai principi della regolamentazione intelligente, e cioè della regolazione diretta a semplificare le procedure e a ridurre gli oneri amministrativi implicati nella realizzazione dell’opera.

In coerenza con questi obiettivi, la direttiva si propone, tra l’altro, di promuovere l’integrazione delle valutazioni dell’impatto ambientale nelle procedure nazionali (considerando n. 21), realizzando procedure coordinate e/o comuni nel caso in cui la valutazione risulti contemporaneamente dalla direttiva in oggetto e da altre direttive europee in materia ambientale (considerando n. 37).

Essa invita altresì gli Stati membri a garantire che il processo decisionale in materia di valutazione di impatto ambientale si svolga “ entro un lasso di tempo ragionevole ”, in funzione della natura, complessità e ubicazione del progetto nonché delle sue dimensioni (considerando n. 36) e a determinare, in piena autonomia, sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive da applicare in caso di violazione delle disposizioni nazionali adottate ai sensi della direttiva (considerando n. 38).

Questi principi sono stati in parte riprodotti dalla legge delega n. 114 del 2015, la quale ha stabilito, all’art. 14, che il Governo avrebbe dovuto realizzare la “ semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione al coordinamento e all’integrazione con altre procedure volte al rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale ”;
rafforzare la “ qualità della procedura di valutazione di impatto ambientale, allineando tale procedura ai princìpi della regolamentazione intelligente (smart regulation) e della coerenza e delle sinergie con altre normative e politiche europee e nazionali ”, e revisionare il sistema sanzionatorio “ al fine di definire sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive e di consentire una maggiore efficacia nella prevenzione delle violazioni ”.

In attuazione della delega, è stato emanato il d.lgs. n. 104 del 2017 che ha riallocato in capo allo Stato alcuni procedimenti in materia di VIA in precedenza assegnati alle Regioni e ha disciplinato nuovamente, nella sua interezza, la procedura di verifica di assoggettabilità a VIA e la medesima VIA.

Tra le più significative innovazioni vi è il provvedimento unico in materia ambientale (facoltativo per i procedimenti di competenza statale, obbligatorio per le Regioni).

5.2. Secondo la Corte Costituzionale, i principi e criteri direttivi della delega, necessariamente integrati con le indicazioni recate dalla direttiva europea da attuare, hanno prefigurato una complessiva riforma di un settore strategico per la tutela ambientale quale è la VIA attraverso “ l’adozione di misure normative innovative, volte a realizzare, nell’ordinamento interno, le finalità e gli obiettivi posti a livello europeo ” (sentenza n. 198 del 2018, cit.).

La legge delega, in conformità alla direttiva, ha indicato la semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di VIA, nonché il rafforzamento della loro qualità, quali principi e criteri direttivi cui doveva dar seguito il Governo.

Con specifico riguardo all’art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 104 del 2017, la Corte ha sottolineato che la disposizione è “ perfettamente coerente con la normativa sovranazionale, la quale non solo prevede la semplificazione delle procedure in materia di VIA, ma dispone anche che gli Stati membri prevedano procedure coordinate e comuni, nel caso in cui la valutazione risulti contemporaneamente dalla direttiva 2011/92/UE, come modificata dalla direttiva 2014/52/UE, e dalle altre direttive europee in materia ambientale ad essa collegate. Inoltre, l’art. 1, paragrafo 1), della direttiva 2014/52/UE stabilisce nel dettaglio un iter procedurale che trova sostanziale riproduzione nella disposizione censurata ”.

Peraltro, “ Il provvedimento unico non sostituisce i diversi provvedimenti emessi all’esito dei procedimenti amministrativi, di competenza eventualmente anche regionale, che possono interessare la realizzazione del progetto, ma li ricomprende nella determinazione che conclude la conferenza di servizi (comma 7, del nuovo art. 27-bis cod. ambiente, introdotto dall'art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 104 del 2017). Esso ha, dunque, una natura per così dire unitaria, includendo in un unico atto i singoli titoli abilitativi emessi a seguito della conferenza di servizi che, come noto, riunisce in unica sede decisoria le diverse amministrazioni competenti. Secondo una ipotesi già prevista dal decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 127 (Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenze di servizi, in attuazione dell'articolo 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124) e ora disciplinata dall'art. 24 del decreto legislativo censurato, il provvedimento unico regionale non è quindi un atto sostitutivo, bensì comprensivo delle altre autorizzazioni necessarie alla realizzazione del progetto ” (così ancora, la sentenza n. 198 del 2018, cit.).

5.3. La Corte ha ricondotto le disposizioni in materia di procedimento unico ambientale “ alla competenza esclusiva in materia ambientale, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost ”.

In particolare, “ la puntuale disciplina del procedimento dettata dal legislatore statale, la dettagliata definizione delle fasi e dei termini che conducono al rilascio del provvedimento autorizzatorio unico regionale concorrono a creare una cornice di riferimento che, sintetizzando i diversi interessi coinvolti, ne individua un punto di equilibrio, che corrisponde anche a uno standard di tutela dell’ambiente ” (sentenza n. 106 del 2020), in quanto tale non derogabile da parte delle legislazioni regionali (Corte Cost., sentenza n. 53 del 2021).

Tale disciplina, in quanto avente carattere di “ riforma economico – sociale ”, si impone, inoltre, anche alle Regioni a statuto speciale.

Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sono tenute ad adeguare “ i propri ordinamenti esercitando le potestà normative di cui all’articolo 7- bis, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come introdotto dall'articolo 5 del presente decreto, entro il termine perentorio di centoventi giorni dall’entrata in vigore del presente decreto. Decorso inutilmente il suddetto termine, in assenza di disposizioni regionali o provinciali vigenti idonee allo scopo, si applicano i poteri sostitutivi di cui all’articolo 117, quinto comma, della Costituzione, secondo quanto previsto dagli articoli 41 e 43 della legge 24 dicembre 2012, n. 234 ” (art. 23, comma 4, del d.lgs. n. 104 del 2017).

Il citato art. 7- bis , comma 8, del Codice dell’ambiente (anch’esso inserito dal d.lgs. n. 104 del 2017 nel Codice dell’Ambiente) conferisce alle Regioni e Province il potere di disciplinare “ con proprie leggi o regolamenti l’organizzazione e le modalità di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonché l'eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli altri enti territoriali sub-regionali. La potestà normativa di cui al presente comma è esercitata in conformità alla legislazione europea e nel rispetto di quanto previsto nel presente decreto, fatto salvo il potere di stabilire regole particolari ed ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per le modalità della consultazione del pubblico e di tutti i soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonché per la destinazione alle finalità di cui all’articolo 29, comma 8, dei proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie. In ogni caso non sono derogabili i termini procedimentali massimi di cui agli articoli 19 e 27- bis ”.

5.4. La disciplina della conferenza di servizi è l’elemento caratterizzante il procedimento unico ambientale ed “ imponendo l’esame contestuale dei diversi punti di vista ” investe “ anche la «qualità» delle valutazioni effettuate in conferenza (sentenza n. 9 del 2019) ” (sentenza n. 53 del 2021, cit.).

L’ulteriore elemento qualificante della nuova disciplina è rappresentato dalla circostanza che l’autorità competente in materia di VIA ha oggi il potere di assumere la determinazione finale e quindi anche quello di risolvere i conflitti interni alla conferenza, superando gli eventuali dissensi anche delle amministrazioni preposte alla cura di interessi sensibili;
con l’unico limite rappresentato dal fatto che la determinazione finale deve essere assunta sulla base del provvedimento di VIA.

La positiva valutazione degli impatti ambientali è quindi il presupposto per l’ottenimento degli altri titoli abilitativi.

5.5. Nella Regione Puglia, secondo quanto prescritto dall’art. 2, comma 2, della l.r. n. 17 del 2007, a decorrere dal 1° luglio 2007, è entrata in vigore “ l’operatività della delega alla provincia competente per territorio e ai comuni delle funzioni in materia di procedura di VIA e in materia di valutazione di incidenza così come disciplinate dalla L.R. n. 11/2001 ”.

Tale legge regionale si ispira anch’essa al principio del coordinamento (cfr. l’art. 5 della l.r. n. 11 del 2001, introdotto da dall’art. 3, comma 1, della l.r.12 febbraio 2014, n. 4, secondo il quale “ Per tutte le opere e gli interventi da sottoporre alle procedure previste dall’articolo 5, l’autorità competente per la procedura di VIA provvede al coordinamento dei procedimenti amministrativi e all’acquisizione unitaria degli atti autorizzativi necessari per la realizzazione del progetto, ai sensi di quanto stabilito dagli articoli 13, 14 e 15” ).

Secondo l’art. 13, “ L’autorità competente conclude la procedura di VIA o di verifica con provvedimento motivato ed espresso, sulla base degli esiti della Conferenza di servizi di cui all’articolo 15, esprimendosi contestualmente sulle osservazioni, i contributi e le controdeduzioni, entro novanta giorni dalla data di scadenza dei termini di cui ai commi 3 o 5 dell’articolo 12. Nell’ambito del procedimento di verifica, tutti i pareri sono espressi sulla base della documentazione conferente al livello di progettazione prescritto dalla legge ” (comma 1).

Inoltre “ Il provvedimento di VIA evidenzia in modo specifico le intese, concessioni, autorizzazioni, licenze, pareri, nulla-osta, assensi comunque denominati compresi e sostituiti ai sensi dell’articolo 14 ”.

In base all’art. 14, “ Salvo che per i titoli abilitativi edilizi, il provvedimento positivo di VIA, adottato ai sensi della presente legge, sostituisce o coordina tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, nullaosta e assensi comunque denominati in materia ambientale e paesaggistica, necessari per la realizzazione e l’esercizio dell’opera o dell'impianto. Esso sostituisce, in particolare:

a. la Valutazione di incidenza di cui alla direttiva 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1989, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche e al decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche) e successive modifiche e integrazioni;

b. l’AIA a norma di quanto previsto dall’articolo 10 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale);

c. l’autorizzazione paesaggistica e i provvedimenti autorizzatori, comunque denominati, previsti dal capo IV del titolo I della parte III e dal capo II del titolo I della parte IV del D.Lgs. 42/2004 nonché dalla pianificazione paesaggistica;
a tal fine, il SIA e gli elaborati progettuali contengono anche le relative relazioni paesaggistiche prescritte dall’articolo 146 del D.Lgs. 42/2004 e dal vigente Piano paesaggistico
”.

6. Ciò posto, assumono carattere logicamente prioritario i motivi di appello incentrati sull’interpretazione della delega conferita alle Province della Regione Puglia dalla l.r. n. 17 del 2007.

E’ infatti evidente che la questione di costituzionalità sollevata con il primo mezzo presuppone la correttezza dell’esegesi operata dal TAR secondo cui tale disciplina è ex se idonea ad abilitare la Provincia di Brindisi non solo all’adozione della VIA ma anche all’emissione del c.d. P.A.U.R. così come introdotto dall’art. 16, comma 2, del d.lgs. n. 104 del 2017.

6.1. Il Collegio osserva, in primo luogo che - a differenza di quanto adombrato dall’appellante - non vi è dubbio che il d.lgs. n. 104 del 2017, nell’attribuire alle Regioni (e alle Province autonome) il potere di conferire le funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA “ agli altri enti territoriali sub-regionali ”, le abbia autorizzate, in astratto, anche a decentrare le funzioni amministrative in materia di P.A.U.R.

L’art. 27- bis del Codice dell’Ambiente è infatti chiaro nell’attribuire all’ “ autorità competente ” in materia di VIA anche la funzione di rilascio di tale provvedimento.

Il Collegio condivide invece il rilievo della Provincia di Brindisi secondo cui, ai fini dell’attribuzione della competenza a rilasciare il P.A.U.R., nel caso di specie, non sia sufficiente il decentramento di funzioni amministrative risalente alla l.r. n. 17 del 2007.

Il conferimento delle funzioni in materia di VIA alla Province pugliesi è infatti avvenuto nel quadro normativo anteriore all’introduzione del procedimento unico ambientale, avente le caratteristiche profondamente innovative messe in luce della Corte costituzionale nelle sentenze in precedenza richiamate.

Al riguardo, il rilievo del TAR - secondo cui “ l’ipotesi normativa del P.A.U.R. ” non radicherebbe una nuova competenza in capo alla Provincia, posto che “ nel P.A.U.R. confluiscono tutti gli atti abilitativi/autorizzatori che vengono in rilievo in relazione al singolo progetto esaminato ” - trascura il fatto che l’elemento qualificante del nuovo procedimento è costituito dall’adozione del modulo della conferenza di servizi, così come disciplinata dall’art. 14- ter della l. n. 241 del 1990, con la conseguenza che la determinazione conclusiva viene assunta dall’Autorità procedente “ con gli effetti di cui all’articolo 14-quater, sulla base delle posizioni prevalenti espresse dalle amministrazioni partecipanti alla conferenza tramite i rispettivi rappresentanti ”.

La funzione dell’Autorità “ competente ” non è quindi limitata al solo provvedimento di VIA né rimane neutra rispetto al processo decisionale relativo all’autorizzazione del progetto sottoposto alla valutazione ambientale.

La circostanza che nel provvedimento confluiscano, oltre al provvedimento di VIA, anche gli altri titoli abilitativi necessari per la realizzazione e l’esercizio del progetto, non può inoltre elidere il fatto che l’effetto autorizzativo deriva dalla stessa determinazione conclusiva della Conferenza (ove positiva), la quale è potenzialmente in grado di superare anche eventuali dissensi, o silenzi, delle Amministrazioni ordinariamente competenti.

La stessa Corte Costituzionale ha rimarcato il carattere unitario del P.A.U.R. e ha sottolineato la capacità di tale modello procedimentale di incidere sulla “ qualità ” stessa della decisione.

D’altro canto, se il P.A.U.R. fosse solo un mero “contenitore” dei titoli abilitativi richiesti dalle vigenti normative di settore, risulterebbe del tutto frustrato l’obiettivo di razionalizzazione, accelerazione e semplificazione perseguito dalla normativa europea.

La struttura del procedimento e gli effetti propri del P.A.U.R. inducono quindi a ritenere che le relative funzioni amministrative - in quanto “ integrano ” la VIA “nelle procedure esistenti di autorizzazione dei progetti” (così l’art. 1, par. 2, della direttiva 2014/52/UE) - siano espressione di una nuova competenza, implicante poteri e responsabilità ulteriori in capo all’Autorità procedente rispetto alla sola espressione del giudizio di compatibilità ambientale.

6.2. Vero è che la disciplina regionale pugliese, per cui è causa, risulta dichiaratamente ispirata - ante litteram - al criterio della “ concentrazione procedimentale ”.

Tuttavia, la stessa rappresenta pur sempre un “ quid minus ” rispetto al sopravvenuto modello del P.A.U.R. disciplinato dal Codice dell’Ambiente.

Come si è in precedenza evidenziato, il processo di semplificazione è stato infatti solo parziale poiché il provvedimento positivo di VIA sostituisce soltanto alcune autorizzazioni ambientali (cfr. l’art. 14, comma 1, della l.r. n. 11 del 2001), escludendo espressamente, ad esempio, i titoli abilitativi edilizi.

6.3. Vi è, peraltro, una ulteriore e più radicale ragione che si oppone alla tesi sostenuta nella sentenza impugnata.

Essa discende dai principi costituzionali in materia di riparto delle funzioni amministrative tra i diversi livelli di governo.

Come noto, dopo la riforma del titolo V della Costituzione avvenuta nel 2001, venute meno le norme che attribuivano in via generale allo Stato il compito di definire le funzioni amministrative degli enti locali (articoli 118, primo comma, e 128, vecchio testo), il nuovo articolo 117, secondo comma, lettera p ), ha ricompreso nella competenza legislativa esclusiva dello Stato la determinazione delle sole “ funzioni fondamentali ” di Comuni, Province e Città metropolitane;
mentre il nuovo articolo 118, primo comma, ha attribuito in via di principio ai Comuni, in tutte le materie, “ le funzioni amministrative ”, facendo tuttavia salva la possibilità che le stesse, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato.

La concreta collocazione delle funzioni non può che trovare base nella legge, con la conseguenza, che sarà “ la legge statale o regionale, a seconda che la materia spetti alla competenza legislativa dello Stato o della Regione, ad operare le scelte relative, nel rispetto dei principi generali indicati ” (Corte cost., sentenza n. 43 del 2004).

E’ ciò che in sostanza risulta dall’art. 118, comma 2, della Costituzione, secondo cui gli enti locali subregionali “ sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze ”.

E’ quindi la legge, statale o regionale, “ in relazione al riparto delle competenze legislative, a operare la concreta collocazione delle funzioni, in conformità alla generale attribuzione costituzionale ai Comuni o in deroga ad essa per esigenze di “esercizio unitario”, a livello sovracomunale, delle funzioni medesime ” (così ancora la sentenza n. 43 del 2004)

Il conferimento di una funzione amministrativa al livello di governo ritenuto più adeguato, è frutto di una specifica valutazione da parte dell’Ente titolare della competenza legislativa in ordine alle “ concrete situazioni relative ai diversi settori, alla luce dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza in riferimento alle caratteristiche proprie del sistema di amministrazione locale ” (Corte Cost., sentenza n. 379 del 2004).

Tale valutazione non può dunque essere né implicita né derivare dall’interpretazione estensiva di deleghe o conferimenti già esistenti, tanto più ove si consideri che, come osservato dalla Corte Costituzionale nella pronuncia richiamata dall’appellante (sentenza n. 10 del 2016), alla Regione spetta anche l’onere di assicurare l’adeguato finanziamento delle funzioni trasferite venendo altrimenti disatteso un obbligo costituzionale al quale il legislatore, anche regionale, non può sottrarsi, ogni qual volta esso preveda attività che non possano realizzarsi se non per mezzo di una spesa (così anche le sentenze n. 51 del 2013 e n. 4 del 2014).

7. In definitiva, in ragione di tutte le considerazioni svolte, l’appello deve essere accolto, con riferimento ai primi tre motivi di impugnazione.

Il quarto motivo di appello, relativo alla disposta condanna alle spese pronunciata dalla sentenza impugnata, resta assorbito per effetto dell’accoglimento dell’appello e della nuova determinazione in ordine alle spese, assunta nella presente sede con riferimento ad entrambi i gradi di giudizio.

Ne consegue che, in riforma della sentenza impugnata, deve essere respinto il ricorso instaurativo del giudizio di primo grado.

La novità della questione giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese ed onorari del doppio grado di giudizio.

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