Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-05-03, n. 202304517

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2023-05-03, n. 202304517
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202304517
Data del deposito : 3 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/05/2023

N. 04517/2023REG.PROV.COLL.

N. 06484/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6484 del 2021, proposto dal sig.
R A in proprio e quale titolare della ditta individuale “ A R ”, rappresentato e difeso dall’avv. F B e con domicilio digitale come da P.E.C. da Registri di Giustizia

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore , ex lege rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso gli Uffici della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12
Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. (GSE), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avv.ti Carlo Malinconico e Antonio Pugliese e con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via del Banco di S. Spirito, n. 42

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Roma, Sezione Terza Ter , n. 4847/2021 del 27 aprile 2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. (GSE);

Viste la memoria del GSE e la memoria di replica dell’appellante;

Viste le istanze dell’appellante e del GSE di passaggio della causa in decisione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2023 il Cons. Pietro De Berardinis e dato atto che nessuno è comparso per le parti;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Con l’appello in epigrafe il sig. R A impugna la sentenza del T.A.R. Lazio, Roma, Sez. III- ter , n. 4847/2021 del 27 aprile 2021, chiedendone la riforma.

1.1. La sentenza appellata ha respinto il ricorso proposto dal sig. A per ottenere l’annullamento – unitamente agli atti presupposti e connessi – dei seguenti atti:

a) la nota del Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. (“GSE” o “Gestore”) del 16 novembre 2015, con cui, ai sensi del d.m. 31 gennaio 2014 (c.d. decreto controlli), è stata comunicata allo stesso sig. A la decadenza dell’impianto di energia eolica di cui è titolare, ubicato in Avigliano (PZ) e identificato con il numero FER001361, dalla graduatoria degli impianti ammessi al Registro EOLN_RG012 (il “Registro”) e si è contestualmente stabilito l’obbligo del destinatario di restituire al GSE gli incentivi indebitamente percepiti;

b) la nota del GSE del 14 dicembre 2015, con cui il sig. A è stato invitato a restituire la somma di € 138.140,33;

c) le note del GSE del 20 aprile 2015, contenente comunicazione di avvio del procedimento, e del 28 luglio 2015, recante sospensione del procedimento per la presentazione di memorie e documenti, e il verbale di sopralluogo del 24 aprile 2015.

2. La declaratoria di decadenza dell’impianto di energia eolica, di cui è titolare l’odierno appellante, dai meccanismi incentivanti previsti per gli impianti a fonti rinnovabili (“FER”) risulta basata sulle motivazioni di seguito sintetizzate:

I) l’impianto presenta dati di targa non rappresentativi della potenza nominale dello stesso, alla luce dell’incoerenza dei dati riportati nella targa tra i valori di potenza nominale del generatore elettrico ed i dati di tensione, corrente e fattore di potenza;

II) dagli accertamenti effettuati è emerso che l’impianto immette al punto di consegna in maniera significativa e continuativa potenza media superiore ai 200 kW ( id est : la potenza dichiarata), sicché l’impianto, autorizzato per una potenza di 200 kW con P.A.S. presentata al Comune in data 15 ottobre 2012, non risulta realizzato in conformità al progetto assentito;

III) dall’analisi della documentazione non si ha evidenza della presentazione, presso il Comune, del certificato di collaudo finale, attestante la conformità dell’opera al progetto autorizzato.

2.1. Il T.A.R. ha respinto il ricorso, evidenziando che il provvedimento di decadenza risulta assistito da una pluralità di motivazioni, ognuna delle quali idonea di per sé a sorreggerne in modo autonomo il contenuto, e dando conto dell’infondatezza di tutte le censure del ricorrente.

2.2. Con il primo motivo il ricorrente ha sostenuto che i dati errati riportati sulla targa fossero frutto di un errore di stampa, ma la sentenza di prime cure ha disatteso la censura, richiamando il principio di autoresponsabilità del privato nella produzione di dichiarazioni e documenti. Il sig. A ha poi lamentato la scarsa ripetitività e incisività delle situazioni in cui il limite di potenza di 200 kW è stato superato, ma il primo giudice ha ritenuto che l’entità della percentuale di superamento della potenza dichiarata – peraltro, non di minima entità – non fosse rilevante, in quanto la normativa di settore non prevede una soglia minima di rilevanza e valorizza la sola oggettiva diversità tra dati dichiarati e dati reali. Ancora, a confutazione della doglianza con cui il ricorrente ha sostenuto di aver presentato al Comune, in data 17 luglio 2014, il certificato di collaudo finale, il T.A.R. ha osservato che in sede di sopralluogo (svoltosi il 24 aprile 2015 e nel quale sono emerse le irregolarità contestate) la parte ha dichiarato l’impossibilità di allegare l’atto, perché “ tale operazione ad oggi non risulta effettuata ”, e che, nonostante il GSE abbia concesso un termine per produrre ulteriori documenti, il certificato non è stato prodotto. Da ultimo, la sentenza appellata ha desunto dalla legittimità della declaratoria di decadenza l’inconsistenza della censura di illegittimità derivata formulata dal ricorrente nei confronti del provvedimento di recupero degli importi da lui indebitamente percepiti, configurandosi questo in termini di atto dovuto.

3. Nel gravame l’appellante censura l’ iter argomentativo e le conclusioni della sentenza di prime cure, deducendo i seguenti motivi:

I) error in procedendo , violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 2729 c.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., error in iudicando , violazione e falsa applicazione dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28/2011, violazione e falsa applicazione dell’art. 11 e dell’allegato 1, lett. a) , del d.m. 31 gennaio 2014, in quanto, da un lato, i dati riportati sulla targa sarebbero frutto di un mero errore di stampa: il T.A.R. avrebbe errato nel richiamare il principio di autoresponsabilità e i nuovi dati di targa versati nel giudizio conforterebbero la doglianza. D’altro lato, gli episodi di superamento della potenza di 200 kW sarebbero privi di valore, essendosi ciò verificato per meno dell’8% del tempo di immissione della potenza e con una massima potenza immessa non superiore del 30% di quella di 200 kW: né il Gestore, né il giudice di prime cure avrebbero considerato il ruolo rivestito dalla velocità del vento e dal c.d. angolo di pitch , laddove la potenza immessa dipenderebbe proprio da questi fattori;

II) error in procedendo , violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 2729 c.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 63 c.p.a., error in iudicando , violazione e falsa applicazione dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28/2011, violazione e falsa applicazione dell’art. 11 e dell’allegato 1, lett. a) , del d.m. 31 gennaio 2014, giacché l’odierno appellante avrebbe prodotto in sede processuale il certificato di collaudo finale dell’impianto, nonché avrebbe dimostrato che tale certificato è stato depositato presso il Comune di Avigliano il 17 luglio 2014, cioè prima delle verifiche del GSE. Il primo giudice avrebbe, perciò, errato nel non valorizzare: a) la preesistenza del certificato rispetto al procedimento di verifica attivato dal GSE;
b) il successivo deposito di esso in corso di causa.

III) error in procedendo , violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 2729 c.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c., error in iudicando , violazione e falsa applicazione dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28/2011, violazione e falsa applicazione dell’art. 11 e dell’allegato 1, lett. a) , del d.m. 31 gennaio 2014, poiché sarebbe errato anche il capo della sentenza impugnata che ha respinto la doglianza di illegittimità derivata, dal momento che la fondatezza dei due primi motivi del ricorso di primo grado comporterebbe l’illegittimità pure della nota che ha disposto il recupero delle somme;

IV) sulle spese di lite, in quanto la fondatezza del ricorso di primo grado comporterebbe l’erroneità anche della statuizione sulle spese formulata dal primo giudice.

3.1. Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Economia e delle Finanze, resistendo all’appello di controparte.

3.2. Si è altresì costituito in giudizio il Gestore dei Servizi Energetici S.p.A., depositando di seguito memoria ed eccependo l’integrale infondatezza dell’appello e, ancor prima, la sua inammissibilità a causa dell’inosservanza del principio di specificità dei motivi (art. 101 c.p.a.), per essersi l’appellante limitato a riproporre le medesime argomentazioni sviluppate nel ricorso introduttivo e disattese dalla sentenza impugnata, senza censurare i capi di questa.

3.3. L’appellante ha depositato replica, insistendo nelle conclusioni già rassegnate.

3.3.1. Sia l’appellante, sia il GSE hanno depositato istanza di passaggio della causa in decisione sulla base degli scritti difensivi.

3.4. All’udienza pubblica del 14 febbraio 2023 il Collegio, preso atto che nessuno è comparso per le parti, ha trattenuto la causa in decisione.

4. Il Collegio ritiene, in conformità al criterio della “ ragione più liquida ”, espressione dei principi di economia processuale che governano il processo amministrativo (C.d.S., A.P., 27 aprile 2015, n. 5;
Sez. VII, 15 luglio 2022, n. 6054;
Sez. III, 6 maggio 2021, n. 3534), di prescindere dall’eccezione di inammissibilità dell’appello per inosservanza del principio di specificità dei motivi di impugnazione ex art. 101 c.p.a., sollevata dal GSE: ciò, in quanto le doglianze formulate dall’appellante non possono condurre all’accoglimento del gravame stesso.

4.1. Come correttamente evidenziato dal T.A.R., l’impugnato provvedimento di decadenza (a cui è strettamente consequenziale la nota del GSE recante invito alla restituzione delle somme percepite indebitamente) costituisce un atto plurimotivato. Esso, infatti, è stato adottato dal GSE a seguito del riscontro di tre motivi ostativi all’iscrizione nel Registro (e all’accesso ai meccanismi incentivanti per gli impianti a fonti rinnovabili), ciascuno dei quali è di per sé idoneo a sorreggere autonomamente il predetto provvedimento.

4.2. Alla fattispecie si applica, perciò, il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo cui, quando il provvedimento amministrativo è assistito da più motivazioni distinte e autonome, ciascuna delle quali idonea a sorreggerlo, la legittimità anche di una sola di esse è sufficiente di per sé a supportare l’intero provvedimento, con la conseguenza che non assumono alcun rilievo le ulteriori censure volte a contestare gli ulteriori profili motivazionali, poiché l’eventuale illegittimità di tali altre motivazioni non può comunque portare al suo annullamento (cfr., ex plurimis , C.d.S., Sez. IV, 3 gennaio 2023, n. 104;
id., 27 ottobre 2022, n. 9161;
id., 11 ottobre 2019, n. 6928;
Sez. VI, 3 gennaio 2023, n. 63;
id., 26 ottobre 2022, n. 9128;
Sez. VII, 28 ottobre 2022, n. 9341;
id., 12 settembre 2022, n. 7927;
id. 17 agosto 2022, n. 7165;
Sez. V, 13 giugno 2022, n. 4791;
id., 3 marzo 2022, n. 1529;
Sez. II, 17 agosto 2022, n. 7157;
id., 18 febbraio 2020, n. 1240).

4.3. Tanto premesso, nel caso di specie osserva il Collegio che la seconda motivazione su cui il GSE ha fondato il provvedimento di decadenza – quella di tenore “sostanziale”, incentrata sul ripetuto superamento della soglia di potenza di 200 kW prevista per l’impianto in questione – non viene, nella sua realtà fattuale, smentita dall’appellante. Questi, infatti, ammette che tale superamento ci sia stato, ma cerca di sminuirne la rilevanza, sostenendo che la circostanza che in alcune occasioni l’impianto ha immesso una potenza superiore a quanto dichiarato nell’iscrizione al Registro, non potrebbe essere elevata a indice rivelatore dell’effettiva potenza dell’impianto medesimo.

4.4. Senonché, il superamento non è di scarso rilievo (il 30% di potenza in più) e si è ripetuto in più occasioni: l’8% del tempo utile, al contrario di quanto si afferma nell’appello, non può considerarsi un dato trascurabile. Né persuadono le giustificazioni di tale superamento fornite dall’appellante, che invoca la ventosità dell’area e il c.d. angolo di pitch (cioè l’angolo tra il piano del segmento di pala e il piano del rotore, nel caso di specie regolabile solo manualmente), poiché si tratta di elementi che, in base ad una fondamentale regola di diligenza, avrebbero dovuto essere tenuti presenti in sede di redazione del progetto, in modo da garantire comunque che la soglia di potenza dell’impianto potesse essere rispettata.

5. Analogamente, una basilare regola di diligenza avrebbe dovuto portare l’appellante ad accorgersi per tempo dell’inesattezza dei dati riportati sulla targa del generatore elettrico, dovuta – in tesi – a un errore di stampa: ciò, tenuto conto del fatto che la richiesta di iscrizione al Registro è stata formulata dalla ditta individuale “ A R ” con comunicazione del 6 dicembre 2012 e che il procedimento di controllo è stato avviato dal GSE con lettera del 20 aprile 2015, a cui ha fatto seguito il sopralluogo presso l’impianto, svoltosi il 24 aprile 2015.

5.1. Anche avuto riguardo a questa ulteriore motivazione, quindi, la declaratoria di decadenza resiste alle censure del ricorrente, così come si mostra corretto il richiamo operato dal T.A.R. al principio di autoresponsabilità del privato nella produzione di dichiarazioni e di documenti, quale principio che governa l’intero sistema della documentazione amministrativa e della sua semplificazione (C.d.S., Sez. V, 8 marzo 2006, n. 1210). L’oggettiva non veridicità dei presupposti dichiarati dal richiedente – afferma giustamente il T.A.R. –, intesa come non rispondenza tra la situazione dichiarata e quella in concreto esistente, è, infatti, causa sufficiente a escludere la spettanza del beneficio e a disporre la decadenza da questo, a prescindere da qualunque profilo soggettivo di colpa: profilo che peraltro, in base a quanto esposto, è ravvisabile nella fattispecie in esame, alla stregua dell’insufficiente livello di diligenza dimostrato dal privato.

5.2. In definitiva, pertanto, le censure dedotte con il primo motivo di appello sono nel loro complesso prive di fondamento.

6. L’infondatezza dei rilievi mossi dal ricorrente a due delle tre distinte motivazioni su cui si fonda la declaratoria di decadenza esime il Collegio dalla necessità di approfondire la doglianza – dedotta con il secondo motivo di gravame – concernente la terza motivazione (che ha ad oggetto la mancanza del certificato di collaudo finale), poiché, come si è visto, anche se tale doglianza fosse fondata, ciò non potrebbe comunque portare all’accoglimento del gravame.

6.1. Analogamente, sono infondati il terzo e il quarto motivo dell’appello, poiché l’infondatezza delle doglianze mosse dal ricorrente al provvedimento di decadenza comporta l’infondatezza, altresì, della censura di invalidità derivata formulata avverso la nota di recupero delle somme percepite, nonché l’incensurabilità della decisione del T.A.R. in punto di spese, che ha fatto applicazione della regola della soccombenza.

7. In conclusione, l’appello è infondato, stante l’infondatezza del primo, terzo e quarto motivo e con carenza di interesse dell’appellante (per quanto prima detto) all’esame del secondo, e deve, dunque, essere respinto, meritando la sentenza gravata di essere confermata.

8. Le spese del giudizio di appello seguono la soccombenza e vengono liquidate nella misura di cui al dispositivo in favore del GSE, mentre sono compensate nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, costituitosi solo formalmente.

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