Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-12-07, n. 202210738

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2022-12-07, n. 202210738
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202210738
Data del deposito : 7 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 07/12/2022

N. 10738/2022REG.PROV.COLL.

N. 00152/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 152 del 2020, proposto da
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Annunziato M D L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (sezione prima) -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per mesi sei.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 novembre 2022 il Cons. Carmelina Addesso e udito l’Avv. dello Stato Vittorio Cesaroni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Ministero dell’interno ha impugnato la sentenza del

TAR

Calabria, sezione prima, n. -OMISSIS-che ha accolto il ricorso per motivi aggiunti proposto dall’agente scelto di P.S. -OMISSIS- avverso la sanzione disciplinare della sospensione dal servizio per mesi sei.

1.1 La sanzione disciplinare veniva irrogata al -OMISSIS- per fatti oggetto di un procedimento penale per i reati di rapina, furto e furto aggravato, concluso con sentenza di proscioglimento per prescrizione.

1.2 Il TAR ha dichiarato inammissibile per carenza di interesse il ricorso introduttivo del giudizio, mentre ha accolto il ricorso per motivi aggiunti per tardività dell’avvio del procedimento disciplinare rispetto al termine indicato dall’art. 9 comma 6 D.P.R. 737/81.

2. Il Ministero appellante chiede la riforma della sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 9 comma 6 e 11 d.p.r. 737/1981. Espone che erroneamente il giudice di primo grado ha ritenuto tardivo l’avvio del procedimento penale per inosservanza del termine di 120 giorni dalla pubblicazione della sentenza previsto dall’art. 9 comma 6 d.p.r. 737/1981 poiché il dies a quo di decorrenza del termine in questione deve essere individuato nella data di acquisita definitività della sentenza penale anziché nella data di pubblicazione della stessa non ancora passata in giudicato.

3. Si è costituito l’appellato, chiedendo il rigetto dell’opposto gravame e riproponendo ai sensi dell’art 101 c.p.a. i motivi di ricorso non esaminati e dichiarati assorbiti dal giudice di primo grado.

4. All’udienza del 22 novembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. L’appello è fondato.

6. L’art. 9 comma 6 d.p.r. 737/1981 sancisce che “ Quando da un procedimento penale, comunque definito, emergono fatti e circostanze che rendano l'appartenente ai ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza passibile di sanzioni disciplinari, questi deve essere sottoposto a procedimento disciplinare entro il termine di giorni 120 dalla data di pubblicazione della sentenza, oppure entro 40 giorni dalla data di notificazione della sentenza stessa all'Amministrazione ”.

6.1 Sull’individuazione del dies a quo sopra indicato si sono formati due diversi orientamenti giurisprudenziali.

6.2 Secondo un primo e maggioritario orientamento, il termine decorre dalla conoscenza della sentenza da parte dell’amministrazione.

6.2.1 Per tale opzione ermeneutica, il termine “ pubblicazione ” contenuto nella sopra indicata sentenza deve essere fatto coincidere con quello di “ conoscenza qualificata ” in quanto, diversamente opinando, si perverrebbe alla conclusione, illogica e contraddittoria, di sottoporre l'esercizio del potere disciplinare al termine decadenziale in questione senza che l'Amministrazione competente abbia alcuna conoscenza degli elementi fattuali emersi in sede penale e suscettibili di legittimare il procedimento sanzionatorio (Cons. Stato sez. IV, 16 giugno 2020 n. 3869; id . 2 marzo 2020 n. 1499;
24 febbraio 2020 n. 1358;
sez. II, 17 marzo 2021 n. 1465 e 5 settembre 2022 n. 7691, queste ultime relative alla previsione di identico tenore contenuta nell’art. 7, comma 6, d.lgs 449/1992 per gli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria).

6.2.2 Siffatta interpretazione- di carattere costituzionalmente orientato, secondo i principi espressi dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 51 del 21 marzo 2014 (relativa all’art. 7, comma 6, del d.lgs. n. 449/1992;
la questione era stata sollevata nell’ambito di un giudizio vertente su una fattispecie analoga a quella per cui è causa e afferente ad una sentenza di proscioglimento per prescrizione)- tutela la effettiva conoscenza da parte dell’amministrazione, in funzione del bilanciamento dei vari interessi costituzionalmente protetti che vengono in rilievo nel procedimento, tra cui l’esigenza, posta a base della varie norme relative ai termini dei procedimenti disciplinari, di non lasciare il dipendente in una situazione di incertezza in ordine alla pendenza di un procedimento disciplinare (Cons. Stato, sez.

II

5 settembre 2022 n. 7691, id . 17 febbraio 2021 n. 1465;
sez.

IV

16 giugno 2020, n. 3869; id ., 2 marzo 2020, n. 1499; id , 15 luglio 2019, n. 4940) .

6.2.3 Nell’ambito di siffatto orientamento, si distinguono, inoltre, pronunce che non ritengono necessario, ai fini della decorrenza del termine, il passaggio in giudicato della sentenza, essendo sufficiente la conoscenza qualificata, da parte della pubblica amministrazione, anche di una sentenza non definitiva (cfr. Cons. Stato sez.

II

17 maggio 2021 n. 1465;
sez. III, 17 dicembre 2015, n. 5713;
di recente, sez. IV, 2 marzo 2020, n. 1499, secondo cui “ l'art. 9 del d.P.R. n. 737 del 1981 è ben chiaro nel far decorrere il predetto termine dalla data di "pubblicazione della sentenza", non subordinando pertanto l'avvio del procedimento penale al passaggio in giudicato della stessa, sicché legittimamente può l'Amministrazione avviare il procedimento penale senza attendere il passaggio in giudicato della sentenza ”) e altre che, facendo leva sul dato letterale dell’art. 9 comma 6 del citato d.p.r. 737 che si riferisce ad un procedimento penale “ comunque definito ”, sottolineano l’esigenza di una comunicazione della sentenza munita dell’attestazione di irrevocabilità (Cons. Stato sez.

II

5 settembre 2022 n. 7691 con riferimento alla disposizione di identico tenore di cui all’art. 7, comma 6, del d.lgs. 449/1992).

6.3 Un diverso e più recente orientamento giurisprudenziale individua il dies a quo dell’avvio del procedimento disciplinare nella pubblicazione della sentenza divenuta irrevocabile (Cons. Stato sez.

II

15 luglio 2022 n. 6078; id ., 17 marzo 2022 n. 1948).

6.3.1 Tale ultimo orientamento si fonda sul dato letterale della disposizione in esame, che esige la mera “ pubblicazione ” o “ notificazione ” della sentenza che definisce il giudizio, e sulla specificità della disciplina in esame inerente agli appartenenti alla Polizia di Stato rispetto quella generale contenuta nell’art. 9, comma 2, della l. 7 febbraio 1990, n. 19 (che prevede che l’avvio o la prosecuzione del procedimento disciplinare, finalizzato alla irrogazione della sanzione della destituzione di diritto a seguito di condanna penale, avvenga entro centottanta giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna e concluso nei successivi novanta giorni) e nell’art. 5, comma 4, della l. 27 marzo 2001, n. 97 (secondo cui il procedimento disciplinare -comunque conseguente ai reati ivi indicati e finalizzato alla cessazione del rapporto di pubblico impiego- deve avere inizio o, in caso di intervenuta sospensione, proseguire entro il termine di novanta giorni dalla comunicazione della sentenza all’amministrazione o all’ente competente per il procedimento disciplinare).

6.3.2 In particolare è stato precisato “ in materia disciplinare, connotata da esigenze garantistiche, non è permessa l’analogia in peius, nemmeno per quanto riguarda le norme che prevedono a pena di decadenza i termini per l’esercizio dell’azione disciplinare ” (Cons. Stato. sez.

II

15 luglio 2022 n. 6078).

6.4 Dal panorama giurisprudenziale, sia pure connotato dalle oscillazioni sopra richiamate, emerge che non è idonea, contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, all’avvio del procedimento disciplinare la mera pubblicazione della sentenza non ancora passata in giudicato.

6.5 Per tale ragione, non possono essere condivise le conclusioni a cui è pervenuta la sentenza impugnata che ha ritenuto tardivo l’avvio del procedimento disciplinare considerando come dies a quo la data di pubblicazione della sentenza ancora non divenuta irrevocabile (28 giugno 2011).

6.6 Per contro, tenuto conto che l’atto di contestazione degli addebiti è stato notificato all’appellato in data 1 febbraio 2012 (doc. 6 del fascicolo di primo grado Ministero), il termine di 120 indicato dall’art. 9 comma 6 d.p.r. 737/1981 è stato comunque rispettato, sia che si consideri la data della comunicazione della sentenza (1 dicembre 2011: doc. 4 fascicolo di primo grado Ministero), seguendo il primo degli orientamenti sopra indicati, sia che si consideri la data di irrevocabilità della sentenza (17.10.2011), in conformità con il secondo orientamento e come sostenuto dalla difesa erariale.

6.7 Per le ragioni sopra indicate, l’appello del Ministero è fondato e deve essere accolto.

7. L’accoglimento dell’appello impone di esaminare i motivi proposti in primo grado con ricorso per motivi aggiunti e ritenuti assorbiti dal TAR e ora riproposti dall’appellato ai sensi dell’art 101 c.p.a.

8. Con il primo motivo rubricato sub A1 l’appellato lamenta la tardività dell’azione disciplinare perché avviata oltre il termine di centottanta giorni dalla comunicazione della sentenza irrevocabile, in violazione degli artt. 9 l. 19/1990 e 21 d.p.r. 731/1981.

8.1 Il motivo è infondato.

8.2 L’inapplicabilità al caso di specie dell’art. 9 l. 7/02/1990 n. 19 emerge dal chiaro tenore letterale della disposizione che sancisce: “ La destituzione può sempre essere inflitta all'esito del procedimento disciplinare che deve essere proseguito o promosso entro centottanta giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto notizia della sentenza irrevocabile di condanna e concluso nei successivi novanta giorni ”.

8.3 La disposizione è manifestamente inapplicabile al caso di specie.

8.4 Al -OMISSIS-, infatti, non è stata irrogata la sanzione disciplinare della destituzione, bensì quella della sospensione dal servizio per mesi sei, né è intervenuta a carico del medesimo una sentenza irrevocabile di condanna, bensì una sentenza di proscioglimento in conseguenza dell’estinzione del reato per intervenuta prescrizione, priva di efficacia di giudicato nell’ambito del procedimento disciplinare (art. 653 c.p.p).

8.5 Sul punto si richiamano i principi espressi dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato che, con riferimento al procedimento penale conclusosi con la dichiarazione di estinzione dei reati per prescrizione, ne ha ritenuto l’assimilazione alla sentenza penale di patteggiamento, con conseguente estensione dei principi espressi dalla Corte Costituzionale, nella sentenza del 28 maggio 1999, n. 197. Quest’ultima, dopo avere ribadito la perentorietà del termine di cui all’art. 9, comma 2, della legge n. 19/1990, ha, tuttavia, escluso che la norma trovi applicazione quando il procedimento disciplinare sia instaurato a seguito di una sentenza che applica la pena su richiesta delle parti (art. 444 c.p.p.), non potendosi precludere, in tal caso, per le particolari modalità del procedimento penale sfociato nella stessa, la necessità di autonomi accertamenti in sede disciplinare (Cons. Stato, Ad. plen., 27 giugno 2006, n. 10).

8.6 Quanto all’inosservanza termine di cui all’art. 21 d.p.r. 737/1981, la medesima Adunanza Plenaria ha chiarito che il termine di dieci giorni ivi previsto per la comunicazione all’inquisito del procedimento disciplinare non ha effetti decadenziali sull’atto poiché “ ha carattere ordinatorio, non incidendo, a procedimento oramai concluso, con le esigenze di garanzia connesse al diritto di difesa dell'interessato ” (Ad. Plen. 10/2006, Cons. Stato sez. III, 19 giugno 2018 n. 3741; id . 1 marzo 2017 n. 949).

8.7 Nell'ambito del procedimento disciplinare, infatti, sono perentori i soli termini posti a garanzia dei diritti di difesa dell’inquisito, quali quelli inerenti alla presentazione delle giustificazioni, alla presa visione degli atti dell'inchiesta, al preavviso di convocazione avanti alla Commissione di disciplina. I restanti termini assolvono funzione ordinatoria quanto alle cadenze temporali del procedimento e la loro inosservanza non esplica effetto invalidante dell’atto che irroga la sanzione disciplinare (cfr., ex multis , Cons. Stato, sez. VI, 04 luglio 2011, n. 3963).

8.8 Per le ragioni sopra indicate, la censura deve essere disattesa.

9. Con il motivo rubricato sub A2 l’appellato deduce che il provvedimento impugnato sconta un ulteriore vizio, essendo decorso addirittura anche il termine breve di 40 giorni, di cui all’art. 9 d.p.r. 737/1981, per la notificazione della contestazione di addebiti.

9.1 Il motivo è infondato.

9.2 La disposizione citata esige espressamente, ai fini della decorrenza del termine breve, la notifica da parte dell’interessato, rendendo irrilevante qualunque altra forma di comunicazione.

9.3 Come chiarito da questo Consiglio di Stato, il termine di quaranta giorni costituisce un’accelerazione dei tempi del procedimento, correlata, in modo evidente, alla volontà del dipendente che, per ottenerla, è onerato di un preciso incombente: la notificazione della sentenza conclusiva all’amministrazione. Ne discende che il lemma “ notificazione ” deve essere interpretato in senso tecnico, escludendo che in esso possano ricomprendersi anche quegli invii della sentenza conclusiva del processo penale posti in essere dalla Cancelleria del competente ufficio giudiziario o da soggetti diversi dall’interessato. (Cons. Stato, sez.

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