Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-01-04, n. 202200024

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2022-01-04, n. 202200024
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202200024
Data del deposito : 4 gennaio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/01/2022

N. 00024/2022REG.PROV.COLL.

N. 10122/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10122 del 2018, proposto da
P Q, rappresentata e difesa dagli avvocati M A e D C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, 12;
R C, Fisac-Cgil, Uilca, R P, R S, A P, C D, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 6402/2018, resa tra le parti, concernente in RIFERIMENTO AL PRIMO ED AL QUARTO RICORSO:

(A) accertare e dichiarare che la Dott.ssa P Q ha il diritto ad essere inquadrata al 49°

livello della carriera direttiva della AGCM con decorrenza dall' 1/07/2017 e in particolare,

progressivamente, al 35° livello con decorrenza dall'1/01/2011, al 38° livello con decorrenza

dall'1/01/2012, al 41° livello con decorrenza dall'1/01/2013, al 44° livello con decorrenza

dall'1/01/2014, al 47° livello con decorrenza dall'1/1/2015;

(B) accertare e dichiarare che la Dott.ssa P Q ha il diritto al trattamento economico

corrispondente al 47° livello della carriera direttiva della AGCM, con decorrenza

dall'1/01/2015, ovvero, in via di subordine, dall'1/01/2016, nonché, al trattamento economico

corrispondente al 49° livello della carriera direttiva della AGCM, con decorrenza

dall'1/07/2017;

(C) per effetto di quanto sopra, condannare la AGCM, in persona del l.r.p.t. a pagare alla

Dott.ssa P Q:

(C1): (a) l'importo di €. 62.951,14=, oltre la rivalutazione e gli interessi legali dalle singole

scadenze, ovvero, in subordine, dalla domanda;
(b) in subordine rispetto alla lettera (a) che

immediatamente precede, l'importo di €. 42.793,14=, oltre la rivalutazione e gli interessi legali

dalle singole scadenze, ovvero, in subordine, dalla domanda;

(C2) in subordine rispetto alla lettera (C1) che precede: (a) l'importo di €. 7.999,19=, oltre la

rivalutazione e gli interessi legali dalle singole scadenze, ovvero, in subordine, dalla domanda;(b) in

subordine rispetto alla lettera (a) che immediatamente precede, l'importo di €. 3.778,28=, oltre la

rivalutazione e gli interessi legali dalle singole scadenze, ovvero, in subordine, dalla domanda;

(C3) gli importi maggiori e/o minori che dovessero risultare di giustizia, con valutazione,

occorrendo, anche equitativa, oltre la rivalutazione e gli interessi legali dalle singole scadenze, ovvero,

in subordine, dalla domanda;

(D) accertare e dichiarare – poiché e nella parte in cui è contrario ai diritti della Dott.ssa P

Q ed alle correlative conclusioni di cui ai §§ (A), (B) e (C) che precedono – l'illegittimità

e/o l'illiceità dell' Accordo del 5/04/2016 e/o comunque annullare l' Accordo del 5/04/2016

e/o comunque disapplicarlo nei confronti della Dott.ssa P Q, come pure ogni atto

presupposto e/o conseguente;

(E) in ogni caso, accertare e dichiarare – per gli ulteriori motivi esposti in narrativa – l'illegittimità

e/o l'illiceità dell' Accordo del 5/04/2016 e/o comunque annullare l' Accordo del 5/04/2016

e/o comunque disapplicarlo nei confronti della Dott.ssa P Q, quanto meno con

riferimento all'articolo 5) del medesimo Accordo, come pure ogni atto presupposto e/o conseguente;

(F) con vittoria dei compensi e delle spese di lite, oltre accessori come per legge del doppio grado;

IN RIFERIMENTO AL SECONDO RICORSO:

(A) accertare e dichiarare che la Dott.ssa P Q – fermi i diritti e l'azione di cui al

PRIMO RICORSO – ha diritto al miglior trattamento giuridico ed economico di cui all'

<Accordo del 5 aprile 2016>
e questo non perché la Dott.ssa P Q abbia aderito al

predetto accordo, quanto piuttosto, in applicazione del principio della parità di trattamento dei

lavoratori (id est, del principio di non discriminazione) e/o del diritto ad una retribuzione sufficiente

ad assicurare un'esistenza libera e dignitosa e/o del principio della irriducibilità della retribuzione;

(B) per l'effetto condannare la AGCM in persona del l.r.p.t. a pagare alla Dott.ssa P

Q: (b1) l'importo di €. 0,46=, oltre rivalutazione ed interessi sino all'effettivo soddisfo;

(b2) la rivalutazione e gli interessi, dal 25 agosto 2016 sino all'effettivo soddisfo, sulle somme

dovute a titolo di conguaglio delle competenze, relative al miglior trattamento per cui è causa, per i

mesi da gennaio a ottobre 2016;

(C) con vittoria dei compensi e delle spese di lite, oltre accessori come per legge del doppio grado;

IN RIFERIMENTO AL QUARTO RICORSO:

(A) accertare e dichiarare il diritto della Dott.ssa P Q a che i “due scatti di

avanzamento” attribuiti alla medesima Dott.ssa P Q in data 3/04/2017 vengano

computati dal <47° livello>
(di progressione giuridica ed economica) e/o almeno dal <38° livello>

(di progressione giuridica ed economica) e che comunque vengano liquidati con la medesima

decorrenza applicata agli altri dipendenti della AGCM;
(B) per effetto di quanto sopra,

condannare la AGCM, in persona del l.r.p.t. a pagare alla Dott.ssa P Q la

retribuzione ed i correlativi elementi accessori corrispondenti al livello 49° della carriera direttiva

della AGCM, ovvero, in subordine, la retribuzione ed i correlativi elementi accessori corrispondenti

al livello 40° della carriera direttiva della AGCM;
con la medesima decorrenza, in riferimento ai

due scatti attribuiti in data 3/04/2017, applicata agli altri dipendenti della AGCM;
(C) ferme

le conclusioni che precedono, accertare e dichiarare l'illegittimità e/o l'illiceità della “valutazione

anno 2016” della Dott.ssa P Q e/o comunque annullare la “valutazione anno 2016”

della Dott.ssa P Q;
D) ferme le conclusioni che precedono, accertare e dichiarare: d1)

specularmente alla conclusione sub C) che precede, il diritto della Dott.ssa P Q a

ricevere una valutazione per l'anno 2016 e per quelli a seguire sulla base di criteri non arbitrari;

d2) l'inadempimento di AGCM al contratto di lavoro tra la medesima AGCM e la Dott.ssa

P Q e, per l'effetto, condannare AGCM al risarcimento del danno, in favore della

Dott.ssa P Q, da liquidarsi in separato procedimento;
(E) con vittoria dei compensi e

delle spese di lite, oltre accessori come per legge del doppio grado>>>.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2021 il Cons. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti gli avvocati M A e D C.

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Parte appellante ha impugnato la sentenza del T.A.R. Lazio Roma, Sez. 8 giugno 2018, n. 6402, che ha rigettato i ricorsi di cui ai procedimenti riuniti nn.r.g. 6910/16, 5436/17 e 15374/16.

In particolare, con ricorso di cui al r.g. 6910/2016, l’odierna appellante, funzionaria di ruolo dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato dal 17 novembre 1997, ha chiesto l’accertamento del diritto della stessa ad essere inquadrata al 47° livello della carriera direttiva dell’AGCM con decorrenza dall’1/01/2015, al 35° livello con decorrenza dall’1/1/2011, al 38° livello con decorrenza dall’1/1/2012, al 41° livello con decorrenza dall’1/1/2013, al 44° livello con decorrenza dall’1/1/2014, nonché il diritto al trattamento economico corrispondente al 47° livello con decorrenza dal 1/1/2015 o, in subordine, dall’1/1/2016.

Con il ricorso di cui al r.g. 15374/2016, la medesima odierna appellante ha chiesto l’accertamento del suo diritto al miglior trattamento giuridico ed economico di cui all’Accordo del 5 aprile 2016, in forza del principio di parità di trattamento dei lavoratori e del diritto ad una retribuzione sufficiente ad assicurare una esistenza libera e dignitosa e/o del principio di irriducibilità della retribuzione.

Con ricorso di cui al rg. 5436/2017, l’odierna appellante, avendo ricevuto la valutazione anno 2016, ha impugnato l’Accordo del 5 aprile 2016 sulla cui base sarebbe stata redatta la valutazione contestando l’inesistenza di criteri di valutazione, la mancanza di parametri e criteri alla stregua dei quali effettuare la valutazione e la correlativa progressione in carriera ovvero reiterando le doglianze contenute nel primo ricorso (rg. 6910/2016), nonché il mancato riconoscimento di tre scatti di avanzamento riconosciuti ad altri funzionari dell’AGCM.

I ricorsi sono stati originati dalla vicenda rappresentabile in fatto come segue.

Il 7 marzo 2007 l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito “AGCM”) ha stipulato un accordo con le Organizzazioni sindacali.

In particolare, con il citato accordo sindacale è stato stabilito che a ogni dipendente di ruolo della carriera direttiva della Autorità avrebbero dovuto essere riconosciuti 3 livelli all’anno, e ciò per nove anni a partire dal 2007.

Ciò tenuto conto del fatto che, secondo quanto previsto all’art. 11, comma 2, della L. 287/90, “il trattamento giuridico ed economico del personale della Autorità deve essere stabilito in base ai criteri fissati dal contratto collettivo di lavoro in vigore per la Banca d'Italia, tenuto conto delle specifiche esigenze funzionali ed organizzative dell'Autorità” e che negli anni precedenti si era creato uno scostamento tra il trattamento giuridico ed economico del personale dell’AGCM e quello del personale della Banca d’Italia.

Questa progressione economica è stata confermata con l’ulteriore accordo sindacale sottoscritto l’8 luglio 2010 tra l’Autorità e le rappresentanze sindacali, nel quale è stato precisato che “con cadenza triennale l’amministrazione e le OOSS si incontreranno per verificare la corrispondenza del trattamento economico dei dipendenti dell’autorità della Banca d’Italia ed apportare le eventuali opportune rettifiche. La prima verifica avrà ad oggetto il trattamento economico da assegnare al personale con decorrenza 1° gennaio 2010”.

Il 31 maggio 2010 è, tuttavia, entrato in vigore il D.L. n. 78/2010, poi convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 30 luglio 2010, n. 122, recante disposizioni di contenimento delle spese del pubblico impiego.

L’art. 9, comma 1, del citato decreto legge ha stabilito che il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti pubblici per gli anni 2011, 2012 e 2013 non potesse superare quello ordinariamente spettante per l’anno 2010.

Il comma 21 dello stesso art. 9 ha, invece, previsto che “I meccanismi di adeguamento retributivo per il personale non contrattualizzato di cui all'articolo 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, così come previsti dall'articolo 24 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, non si applicano per gli anni 2011, 2012 e 2013 ancorchè a titolo di acconto, e non danno comunque luogo a successivi recuperi. Per le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165 e successive modificazioni, che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, gli anni 2011, 2012 e 2013 non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti. Per il personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165 e successive modificazioni le progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici. Per il personale contrattualizzato le progressioni di carriera comunque denominate ed i passaggi tra le aree eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013 hanno effetto, per i predetti anni, ai fini esclusivamente giuridici”.

In conseguenza della sopravvenienza di tali norme, l’AGCM, con delibera del 19 gennaio 2011, ha sospeso l’assegnazione dei livelli retributivi previsti dall’accordo del 7 marzo 2007 e successivi accordi attuativi, in conformità al parere del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato, laddove si afferma che, nel blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo, di progressione automatica degli stipendi, nonché degli effetti economici delle progressioni di carriera di cui all’art. 9, commi 17 e 21, del d.l. 78/2010, “è compreso anche l’accordo perequativo del 7 marzo 2007”.

Successivamente la medesima AGCM, con delibera del 4 Agosto 2011, ha previsto all’art. 2 che:

“1. Le progressioni previste nell’accordo del 7 marzo 2007, a far data dal 1° gennaio 2011, hanno effetto esclusivamente ai fini giuridici e, secondo quanto previsto dal punto 3 del presente articolo, sono subordinate alla verifica delle effettive esigenze di riallineamento del trattamento economico rispetto al personale della Banca d’Italia.

2. L’Amministrazione, conformemente ai criteri stabiliti con le OO.SS. o, in assenza di accordo, comunque autonomamente, dispone la verifica della corrispondenza delle retribuzioni dei dipendenti dell’Autorità con quelle della Banca d’Italia… .

3. Per i livelli da assegnare con decorrenza dal 1° gennaio 2012 e dal 1° gennaio 2013, … la verifica della corrispondenza delle retribuzioni verrà operata entro il mese di giugno 2012. Per i livelli da assegnare con decorrenza dal 1° gennaio degli anni 2014 e 2015, le verifiche della corrispondenza delle retribuzioni verranno operate secondo la tempistica definita con le OO.SS. o, in assenza di intesa con le OO.SS., negli anni, rispettivamente, 2013 e 2014.

4. Il successivo riconoscimento economico della predetta progressione giuridica, opera al venir meno del vincolo introdotto dal comma 21 dell’art. 9 del d.l. 78/10, senza corresponsione degli arretrati”.

In data 5 aprile 2016, l’AGCM e la rappresentanza FISAC CGIL stipulavano un accordo sindacale (sottoscritto, per adesione, anche dal Segretario nazionale UILCA, ma non dalle rappresentanze sindacali della SIAG-FIRST-CISL e della SIBC) per la modifica di alcuni articoli del Regolamento del Personale dell’Autorità e per la disciplina della fase transitoria.

Con tale Accordo è stato introdotto un sistema di progressioni di carriera basato su valutazioni di merito ed è stata definita la questione della perequazione con Banca d’Italia del trattamento economico dei dipendenti dell’AGCM.

L’accordo ha previsto che per tutti i dipendenti dell’AGCM le progressioni di carriera siano attribuite annualmente in base all’esito di un processo di valutazione e seguano i livelli stipendiali indicati nelle vigenti tabelle adottate con delibera dell’Autorità sulla base delle tabelle adottate dalla Banca d’Italia e siano conferite, ai fini normativi ed economici, con decorrenza dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello oggetto di valutazione.

Per ciascuna qualifica, tali progressioni non possono eccedere la misura di tre scatti a non oltre il 30% del personale, due scatti ad almeno il 40% del personale e uno scatto a non oltre il 30% del personale (comma 3).

Le medesime parti hanno, altresì, approvato un accordo integrativo, in base al quale, per il 2015, primo anno di applicazione del sistema di progressione di carriera, le progressioni per ciascuna qualifica (carriera direttiva, operativa ed esecutiva), da attribuire a seguito di un’apposita valutazione, “non potranno eccedere la misura di: - 8 scatti a non oltre il 10 percento del personale;

- 7 scatti a non oltre il 15 percento del personale;
- 6 scatti ad almeno il 50 percento del personale;

- 5 scatti a non oltre il 25 percento del personale”.

Ciò, “RITENUTA la necessità di dover introdurre, in via transattiva e a definizione della questione della perequazione con il trattamento economico previsto in Banca d’Italia, una disciplina transitoria dell’attribuzione delle progressioni di carriera ai dipendenti, valida per il primo anno di applicazione del nuovo sistema;
RITENUTA altresì la necessità di prendere in considerazione, nell’ambito della valutazione avente la medesima finalità transattiva, l’effettivo apporto dei dipendenti, anche tenendo conto dell’esperienza complessivamente maturata”. Ai sensi del comma 3 dell’accordo integrativo “Le progressioni saranno applicate sulla qualifica o posizione detenuta da ciascun dipendente al 1° gennaio 2016 e assorbiranno i tre livelli giuridici attribuiti al personale nel 2011”.

L’odierna appellante, funzionaria di ruolo dell’AGCM, con il primo ricorso (rg. 6910/2016) ha contestato il mancato riconoscimento della progressione economica prevista dall’Accordo del 7 marzo 2007 per il personale della carriera direttiva, consistente in 3 scatti all’anno, in forza del quale al 1° gennaio 2015 avrebbe dovuto essere inquadrata al 47° livello della carriera direttiva.

Ha esposto che l’AGCM le avrebbe illegittimamente denegato il riconoscimento giuridico ed economico come sopra richiesto sulla scorta dell’Accordo del 5/4/2016 nel quale si legge che le “progressioni saranno applicate sulla qualifica o posizione detenuta da ciascun dipendente al 1° gennaio 2016 e assorbiranno i tre livelli giuridici attribuiti al personale nel 2011”.

Avverso l’idoneità del suddetto Accordo del 2016 ad estinguere i diritti vantati ha proposto i seguenti motivi di ricorso:

1) eccesso di potere per sviamento, in quanto l’Accordo del 5 aprile 2016 avrebbe contenuti e finalità transattivi della questione della perequazione con il trattamento economico previsto in Banca d’Italia che la ricorrente non ha accettato, né intende accettare, e che pertanto non potrebbe trovare applicazione in mancanza di accettazione;

2) violazione dell’art. 1372 c.c., dell’art. 42 del d.lgs. 165/2001, atto extra ordinem , non potendo l’Accordo estinguere o modificare unilateralmente i diritti della ricorrente, atteso, peraltro, che l’Accordo è stato sottoscritto da sigle che non hanno la rappresentanza generale del personale;

3) violazione del giudicato inter partes e dell’art. 2909 c.c. con riguardo a quanto statuito dal Consiglio di Stato nella sentenza 2818/2014 ove ha negato che l’Accordo del 7 marzo 2007 possa essere qualificato “evento straordinario della dinamica retributiva” ed ha dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse la censura della ricorrente nel ricorso definito con la citata sentenza poiché “con la successiva delibera del 4 agosto 2011 sono stati riconosciuti gli effetti giuridici dell’accordo” del 2007;

4) violazione dei diritti quesiti che sarebbero stati acquisiti fin dall’Accordo del 7 marzo 2007, se non anche dalle delibere dell’AGCM del 19 gennaio 2011 e del 4/8/2011, e comunque sin dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 2818/2014;

5) eccesso di potere nelle figure sintomatiche di: assenza e/o insufficienza della motivazione, difetto di istruttoria, contraddittorietà dell’azione amministrativa, sviamento di potere, atteso che l’AGCM, in forza dell’art. 11, comma 2, legge 287/90, istitutiva dell’Autorità, ha il potere di regolamentare autonomamente il trattamento giuridico ed economico dei propri dipendenti in base ai criteri fissati

dal contratto collettivo di lavoro in vigore per la Banca d’Italia, tenuto conto delle specifiche esigenze funzionali ed organizzative dell’Autorità, e che l’Accordo del 5/4/2016 sarebbe stato assunto in assenza di adeguata istruttoria in relazione a dette previsioni;

6) violazione dell’art. 5, comma 11 bis, del decreto legge 95/2012, convertito, con modificazioni, in legge 7 agosto 2012, n. 135, e dell’art. 3 del decreto legislativo 150/2009, dell’art. 1375 c.c., eccesso di potere per irragionevolezza, in quanto l’Accordo gravato non contiene i parametri e i criteri alla stregua dei quali effettuare la valutazione del personale, attesa la genericità delle voci ivi descritte e l’assenza di un regolamento di valutazione.

La medesima appellante, nel ricorso di cui al rg. 15374/2016, ha lamentato la mancata tempestiva applicazione alla stessa del migliore trattamento previsto dall’Accordo del 5 aprile 2016, asseritamente per avere difeso in giudizio i propri diritti, nonché l’avere condizionato l’erogazione della retribuzione prevista come idonea dalla stessa ACGM all’adesione della ricorrente.

Detta condizione avrebbe ritardato il pagamento della maggiore retribuzione rispetto agli altri dipendenti che avrebbero ricevuto fin dal luglio 2016 il miglior trattamento giuridico ed economico e dal mese da agosto il conguaglio. Conseguentemente ritiene di aver diritto agli interessi pari ad € 693,12.

Con un ulteriore ricorso (rg. 5436/2017) l’odierna appellante ha chiesto che i “due scatti di avanzamento” attribuiti in data 30/04/2017, venissero computati dal 47° livello e/o almeno dal 38°livello e la liquidazione del trattamento corrispondente con la medesima decorrenza applicata

agli altri dipendenti. Con specifico riguardo alla scheda di valutazione anno 2016, l’appellante ha affermato che il giudizio finalizzato alla progressione in carriera sarebbe “legato ad una arbitraria valutazione delle qualità professionali, disgiunta dal riferimento ad obiettivi (operativi e programmatici) e comunque dal concreto apporto dato dal dipendente”, deducendo la violazione dell’art. 36 Cost., dell’art. 5, comma 11-bis, del d.lgs. 95/2012 e dell’art. 3 del decreto legislativo 150/2009”.

L’adito T.A.R., con la sentenza gravata in sede di appello, ha rigettato in toto i tre ricorsi, previa loro riunione per ragioni di connessione oggettiva e soggettiva.

In sostanza, per quel che concerne il ricorso di cui al rg. 6910/2016, la sentenza gravata ha ritenuto legittimo l’operato dell’Autorità in relazione all’applicazione dell’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78/2010, sulla mancata attribuzione degli scatti di avanzamento previsti nell’accordo del 2007 (venuto a scadenza nel 2015), in considerazione del “blocco” dei meccanismi di progressione automatica disposto dalla legge, anche alla luce della sentenza del Consiglio di Stato n. 2814/2014, denegando la sussistenza di diritti quesiti.

Quanto al ricorso di cui al r.g. 15374/2016, la sentenza appellata ha ritenuto che il ritardo nella

corresponsione delle maggiori somme derivanti dalle progressioni previste nell’accordo 2016 fosse imputabile all’odierna appellante. L’AGCM, in assenza di una specifica dichiarazione della stessa appellante, non avrebbe potuto unilateralmente applicare l’accordo, nei cui confronti era stato espresso dissenso sia da parte dall’organizzazione sindacale cui l’odierna appellante aderiva, sia da lei stessa attraverso la proposizione del ricorso.

Per quanto riguarda il ricorso di cui al rg. 5436/2017, l’adito T.A.R. ha rilevato la legittimità dell’accordo del 5 aprile 2016 e, in particolare, dei criteri di valutazione, stigmatizzando l’inammissibilità per genericità del motivo di doglianza “nella parte in cui denuncia il mancato riconoscimento dei tre scatti di avanzamento in luogo dei due proposti… La ricorrente a tale riguardo non formula alcuna puntuale censura, limitandosi a contestare la genericità dei criteri”, nonché l’inconferenza dell’invocato richiamo all’art. 36 della Costituzione.

Parte appellante ha impugnato la sentenza formulando le seguenti censure come genericamente rubricate:

- SUL PRIMO RICORSO,

la parte appellante ha lamentato che alla luce dell’esatta ricostruzione del thema decidendum “(a) la progressione economica del personale dipendente della AGCM di cui all’ “Accordo 7/03/2007” doveva (e deve) ritenersi ‘bloccata’ per gli anni 2011, 2012 e 2013;

(b) la progressione giuridica del personale dipendente della AGCM di cui all’ “Accordo 7/03/2007” NON poteva e NON doveva essere bloccata;

(c) il riconoscimento economico della predetta progressione giuridica sarebbe dovuto (e deve) divenire operativo al momento del venir meno del c.d. ‘blocco delle retribuzioni’, ossia, dall’1/1/2015 e senza alcun riconoscimento degli arretrati”.

Il T.A.R., al contrario, avrebbe rigettato tali conclusioni sulla base di argomenti errati e, in particolare, avrebbe erroneamente ritenuto che il riconoscimento anche ai fini meramente giuridici delle progressioni di cui all’Accordo del 2007 fosse “comunque condizionato ad una verifica”, non tenendo correttamente conto della delibera dell’AGCM del 4 agosto 2011 e della sentenza del Consiglio di stato n. 2814/2014.

Secondo la ricorrente la delibera della AGCM del 4/08/2011 ha disciplinato la progressione giuridica nel senso letterale e testuale della “verifica delle effettive esigenze di riallineamento del

Trattamento economico rispetto al personale della Banca d’Italia” e la richiamata “verifica” sarebbe stata “operata”, occorrendo, d’intesa con le OO.SS. o, in difetto, dalla AGCM in modo unilaterale. La mancata “verifica” non comportava, né espressamente, né implicitamente, alcuna risoluzione e/o estinzione del regolamento di cui alla delibera del 4/8/2011: semplicemente, si prevedeva

una possibile attività di “verifica”, la cui mancata esecuzione è semmai riprova della correttezza e della vigenza della disciplina dettata con la predetta delibera.

L’appellante contesta l’affermazione della pronuncia di prime cure secondo cui “la mancata applicazione della progressione automatica di cui all’Accordo del 2007, a far data dal 1 gennaio 2011, non è imputabile all’Accordo del 2016, bensì agli interventi legislativi di contenimento della spesa pubblica sopra menzionati, applicabili anche all’Autorità”, in quanto la complessiva normativa intervenuta in materia (l’art. 9, comma 21, del D.L. n. 78 del 31/05/2010, convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122;
l'art. 1, comma 1, lettera a), del D.P.R. 4 settembre 2013, n. 122;
l'art. 1, comma 256, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190) ha disposto il c.d. ‘blocco

delle retribuzioni’ (e non il ‘blocco’ della progressione giuridica) e la proroga di detto ‘blocco delle retribuzioni’ fino al 31/12/2015 (ma secondo l’appellante per la AGCM il blocco sarebbe venuto meno dal 31/12/2014).

L’appellante contesta, altresì, l’assunto della sentenza gravata secondo cui vi sarebbe stata da parte sua adesione all’ “Accordo del 5/04/2016”, tramite lettera raccomandata del 26/10/2016, e che comunque tale accordo sarebbe efficace nei suoi confronti pur non avendovi essa aderito, rilevando come l’accordo del 5/04/2016 sarebbe stato volto ad estinguere transattivamente i diritti a quel momento esistenti, confermando l’esistenza di diritti quesiti.

In realtà, tuttavia, non vi sarebbe stata alcuna adesione all’accordo da parte dell’appellante, in quanto il tenore della raccomandata inviata dall’appellante all’AGCM non consentirebbe di evincere un’adesione al medesimo accordo, avendo la stessa fatto riserva della sua pretesa per i maggiori diritti del “lavoratore” e indicando la volontà di insistere nelle “domande proposte al TAR Lazio Roma”.

Sarebbe, inoltre, del tutto erroneo l’assunto della sentenza gravata secondo cui “l’accordo transattivo stipulato tra azienda e organizzazioni sindacali ha efficacia erga omnes anche nei confronti di quei lavoratori non iscritti alle organizzazioni sindacali stipulanti.

L’unica eccezione è data per i lavoratori che, aderendo ad una organizzazione sindacale diversa, abbiano espresso esplicito dissenso dall’accordo transattivo (Cass. 23/5/2013, n. 12722)”.

Rileva l’appellante come in calce all’accordo del 5/04/2016” compaiano tre sigle di Rappresentanze Sindacali Aziendali (RSA), ossia, la FISAC CGIL (l’unica ad aver sottoscritto l’accordo), la SIAG-FIRST-CISL e la SIBC, che invece non hanno sottoscritto l’intesa ed anzi ne hanno censurato l’irragionevolezza e la contrarietà ai diritti quesiti.

L’ “Accordo del 5/04/2016” è stato altresì (e del tutto singolarmente) sottoscritto dal Segretario Nazionale della UILCA, ossia, dal Segretario Nazionale del comparto Bancario/Creditizio della UIL, che tuttavia non ha rappresentanze aziendali all’interno della AGCM e che dunque non aveva e non ha alcuna ragione di formalizzare la propria adesione. E’ principio pacifico che le Rappresentanze Sindacali Aziendali (RSA) non hanno la rappresentanza generale del personale che invece spetta solamente alle Rappresentanze Sindacali Unitarie (RSU), le quali, proprio per tale caratteristica, vengono costituite mediante elezioni cui è garantita la partecipazione di tutti i lavoratori. Pertanto l’art. 42 del D.lvo n. 165/2001 osta a poter ritenere cogente, nei confronti di tutti i dipendenti e nei confronti dell’appellante in particolare, l’ “Accordo del 5/04/2016”, che non è stato firmato dalle Rappresentanze Sindacali Unitarie (nella specie, peraltro, inesistenti).

Parte appellante ha, infine, richiamato la sentenza di questa Sezione del Consiglio di stato n. 2814/2014, resa anche nei confronti della medesima appellante, nella parte in cui rileva che l’Accordo 7/03/2007 non può essere qualificato “come evento straordinario della

dinamica retributiva, non potendo essere qualificata come straordinaria la stipula di un accordo

sindacale” e che la censura dell’odierna appellante “è inammissibile, per sopravvenuta carenza di

interesse, poiché, con la successiva delibera del 4 agosto 2011, sono stati riconosciuti gli effetti

giuridici dell’accordo” ovverosia dell’accordo 7/03/2007. Il Consiglio di Stato, in sintesi, pur

accogliendo l’appello della AGCM, avrebbe ritenuto che il rapporto di lavoro in essere con l’appellante sia regolato dall’accordo 7/03/2007, dalle successive delibere della AGCM del 19/01/2011 e 4/08/2011 e dall’articolo 9, comma 21, del D.L. 78/2010 e, quindi “che la ‘legge’ del

rapporto di lavoro de quo (in evidente conformità e nei limiti di cui all’articolo 11 della legge istitutiva della AGCM) fosse (e sia) la seguente: (a) la progressione economica del personale dipendente della AGCM di cui all’ “Accordo 7/03/2007” veniva ‘bloccata’ per gli anni 2011, 2012 e 2013;
(b) la progressione giuridica del personale dipendente della AGCM di cui all’ “Accordo 7/03/2007” NON veniva bloccata;
(c) il riconoscimento economico della predetta progressione giuridica sarebbe stato operativo al momento del venir meno del c.d. ‘blocco delle retribuzioni’ e senza alcun riconoscimento degli arretrati”.

SUL SECONDO RICORSO,

l’appellante ha, in estrema sintesi, anche in questo motivo di ricorso dedotto che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente ritenuto che vi sia stata un’adesione da parte della medesima appellante all’accordo del 2016, con raccomandata del 26/10/2016, laddove viceversa si sarebbe formulata una riserva rispetto all’invocata tutela giurisdizionale e sarebbe stato affermato il diritto della ricorrente al miglior trattamento giuridico ed economico. Ciò alla luce dei principi di parità di trattamento dei lavoratori, del diritto ad una retribuzione sufficiente ad assicurare un’esistenza libera e dignitosa, nonché del principio di irriducibilità della retribuzione.

SUL QUARTO RICORSO (così definito dall’appellante),

quanto al ricorso di cui al r.g. 5436/2017, l’appellante controparte deduce che i due scatti, attribuiti nel 2017, debbano essere computati al 47° livello e contesta la declaratoria del T.A.R. di

inammissibilità del motivo per genericità.

SULLA CONDANNA INVOCATA DALLA DOTT.SSA QUARANTA,

parte appellante, infine, facendo riferimento a tutti i ricorsi presentati, rileva che il ‘blocco delle retribuzioni’ è venuto meno dall’1/01/2015 e non già dall’1/01/2016 e che non sono direttamente applicabili alla AGCM le disposizioni di legge relative al rapporto di lavoro tra la P.A. e il personale di essa e l’inapplicabilità dell’art. 1, comma 256, della Legge n. 190/2014, prospettando una quantificazione degli importi che asseritamente le sarebbero dovuti.

SULLE ALTRE DOMANDE DELLA DOTT.SSA QUARANTA,

l’appellante deduce, altresì, che nel primo e nell’ultimo ricorso aveva dedotto rispettivamente:

- la violazione dell’art. 5, comma 11 bis, del d.l. 95/2012, convertito con modificazioni, in legge 7/8/2012, n. 135 e dell’art. 3 del d.lvo 150/2009, dell’art. 1375 c.c., eccesso di potere per irragionevolezza, in quanto l’ “Accordo del 5/04/2016” non contiene i parametri ed i criteri alla stregua dei quali effettuare la valutazione del personale, attesa la genericità delle voci ivi descritte e

l’assenza di un regolamento di valutazione;

- che la “valutazione anno 2016” dell’appellante ha confermato, in concreto, che: (i) i criteri di valutazione del personale, al fine della progressione di carriera dello stesso, sono semplicemente e sostanzialmente inesistenti, salvo la ‘delega in bianco’ al soggetto e alla commissione che hanno eseguito la valutazione;
(ii) è mancato un regolamento per la valutazione del personale;
(iii) la mancanza dei parametri e dei criteri alla stregua dei quali la valutazione avrebbe dovuto essere effettuata, non ha consentito all’appellante, (a) né di adeguare la propria condotta al fine della valutazione stessa e della correlativa progressione di carriera, (b) né la chiara e piena comprensione del giudizio sul suo operato ed (c) ha impedito alla stessa di poter difendere la propria posizione nella procedura di contestazione prevista (sia pure in modo assai blando) dall’accordo in questione.

L’adito T.A.R. avrebbe rigettato le predette doglianze con motivazione errata, in quanto, lungi dal motivare il rigetto, si sarebbe “abbandonato ad un evidente disimpegno motivazionale, limitandosi a rimarcare la valenza delle formule valutative usate dall’ “Accordo del 5/04/2016”, senza quindi apprezzare… che proprio quelle formule compendiano, per assenza di contenuti e di parametri, una delega in bianco al valutatore e lasciano al valutato, per un verso, l’assoluta incertezza circa l’esito del giudizio, per altro verso, la certezza della mera arbitrarietà ed incontestabilità della valutazione”.

Si è costituta in giudizio l’AGCM, a mezzo dell’Avvocatura Generale dello Stato, che ha depositato memorie difensive, resistendo al ricorso ed eccependo l’inammissibilità o, comunque, improcedibilità dei tre ricorsi.

DIRITTO

1) L’appello si palesa infondato.

2) In via preliminare il Collegio rileva come la controversia in questione si inquadra fra quelle inerenti al cosiddetto “blocco stipendiale”, operato dal d.l. n. 78/2010, per far fronte a una particolare situazione di criticità economica attraversata dal nostro paese, volte al contenimento della spesa pubblica, ed evitare l’incremento delle spese dei trattamenti economici del personale pubblico, che hanno interessato l’intero comparto pubblico. La Corte Costituzionale ha, peraltro, escluso l’irragionevolezza di tali previsioni viste le sue finalità di contenimento della spesa pubblica per far fronte alla grave crisi economica, spettando al legislatore, nell'equilibrato esercizio della sua discrezionalità e tenendo conto anche delle esigenze fondamentali di politica economica (sentenze n. 477 e n. 226 del 1993), bilanciare tutti i fattori costituzionalmente rilevanti.

In tale contesto il medesimo Collegio rileva l’infondatezza delle censure sollevate in grado di appello sulla correttezza dell’operato dell’AGCM e sul diritto all’inquadramento al 47° livello a decorrere dal 1/1/2015, soprattutto riferite al rigetto del primo ricorso (rg. 6910/2016), in ordine all’interpretazione e all’applicazione dell’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78/2010, relativamente alla mancata applicazione dell’accordo del 2007, in ragione del blocco dei meccanismi di progressione automatica disposto dalla legge, e al mancato maturarsi degli incrementi di livello annuali stabiliti nel medesimo accordo, che sarebbero divenuti operativi al momento del termine del regime di blocco stipendiale, pur senza diritto a pretendere gli arretrati.

L’infondatezza di tali censure consente al Collegio, come già in primo grado, di non scrutinare le eccezioni in rito proposte in odine al primo ricorso dalla resistente.

3) Nel merito, infatti, l’art. 9, comma 21, del D.L. n. 78/2010, quanto al personale di cui all’art. 3 del D. L.gs. n. 165/2001 – tra cui rientra anche il personale alle dipendenze dell’AGCM – prevede la salvezza ai fini giuridici solo per le “progressioni di carriera comunque denominate eventualmente disposte negli anni 2011, 2012 e 2013” e, al tempo stesso, contempla che le annualità 2011, 2012 e 2013 (alle quali si sono poi aggiunte, per effetto di proroga legislativa, anche le annualità 2014 e 2015), “non sono utili ai fini della maturazione delle classi e degli scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti” per le categorie del personale medesimo “che fruiscono di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi”.

A tal fine si devono differenziare le “progressioni di carriera comunque denominate” dai “meccanismi di progressione automatica”, riconoscendo solo alle prime valenza ai fini giuridici, ancorché disposte nel periodo di operatività del “blocco stipendiale”.

D’altra parte tale interpretazione si pone come conforme alla ratio, non certo irragionevole, di distinguere le promozioni e gli avanzamenti ottenibili previa procedura valutativa discrezionale, dalle mere progressioni automatiche, improduttivi di qualsiasi effetto per la durata dell’intero “blocco”, così come appare confermato dalla terminologia utilizzata nella medesima legge, ai sensi della quale “i meccanismi di progressione automatica” per “le annualità 2011, 2012 e 2013”, non sono “utili ai fini della maturazione delle classi e scatti di stipendio previsti dai rispettivi ordinamenti”.

L’Accordo del 7 marzo 2007 distingueva tra “progressione giuridica” e “progressione economica”, dove la prima, connessa o al passaggio dalla qualifica di funzionario alla qualifica dirigenziale o all’inquadramento ad un maggior livello economico, richiedeva il superamento di un concorso, mentre la seconda consisteva nel riconoscimento automatico di “livelli retributivi”, 3 per i dipendenti della carriera direttiva e 2,2 per gli altri dipendenti.

I livelli da attribuirsi nell’ambito dell’automatica progressione economica sono stati preclusi dall’entrata in vigore del D.L n. 78/2010, ai sensi dell’art. 9, comma 21, che riveste carattere imperativo e la delibera dell’AGCM del 4 agosto 2011 deve essere letta in conformità con l’indicato quadro normativo, essendo verosimile che la salvezza degli effetti giuridici degli incrementi previsti dall’Accordo del 7 marzo 2007 si riferisca alle sola “progressione giuridica”, che i dipendenti potevano ottenere previo superamento di concorso e che avrebbe prodotto solo effetti giuridici (ad esempio: anzianità nella qualifica), comunque rimandati al venir meno del “blocco stipendiale” e non effetti economici.

La progressione economica prevista nell’Accordo sindacale del 7 marzo 2007 è stata, quindi, resa inoperante dall’art. 9, comma 21, del D.L. n. 78/2010, senza che l’odierna appellante abbia maturato il diritto ai livelli retributivi di cui essa reclama il riconoscimento, in quanto successivamente all’1° gennaio 2010, la norma attributiva del diritto è stata privata di efficacia ope legis , il che ha impedito il maturare del diritto agli ulteriori incrementi di livello annui, che non è mai entrato nel suo patrimonio. D’altra parte solo le situazioni che siano entrate a far parte del patrimonio del lavoratore subordinato e non anche quelle situazioni future o in via di consolidamento che sono autonome e suscettibili come tali di essere differentemente regolate in caso di successione di contratti collettivi (Cass. Civ. Sez. Lav., n. 3982 del 19/02/2014, n. 20838/2009)”.

L’accordo del 7 marzo 2007 prevedeva un meccanismo di progressione automatica annuale, con la ratio di garantire la perequazione rispetto al Trattamento Banca d’Italia del trattamento giuridico ed economico dei dipendenti dell’AGCM, la cui vigenza è stata sospesa dall’art. 9, comma 21, del d.l. n. 78/2010, sino a che il medesimo accordo è venuto a scadenza nel 2015 ed è stato, quindi, sostituito dall’accordo del 2016, che ha tenuto conto del mutato quadro normativo.

L’appellante non può invocare alcun riconoscimento economico o giuridico per gli anni dal 2012 al 2015, essendo esclusi dal riconoscimento giuridico i meccanismi di progressione automatica, né ha acquisito nel suo patrimonio alcun diritto quesito.

La mancata attribuzione degli scatti richiesti non dipende quindi dall’Accordo del 2016, bensì dalle indicate disposizioni di legge.

In senso contrario non può essere invocata la delibera dell’AGCM del 4 agosto 2011 che non ha previsto il riconoscimento delle progressioni automatiche a fini giuridici durante il periodo di blocco, bensì ha attribuito il riconoscimento fini giuridici degli scatti per l’anno 2011, subordinando il riconoscimento delle progressioni alla verifica delle effettive esigenze di riallineamento del trattamento economico rispetto al personale della Banca d’Italia, senza attribuire alcun diritto quesito al riconoscimento futuro degli effetti giuridici.

L’AGCM ha compiuto pertanto la verifica in merito alle “effettive esigenze di riallineamento” in occasione della trattativa che ha portato alla stipula dell’accordo sindacale del 5 aprile 2016, concordando in sede sindacale il riconoscimento economico delle progressioni giuridiche attribuite nel 2011 e definendo la questione del riallineamento con Banca d’Italia, attraverso l’attribuzione a

tutti i dipendenti, a seguito di un’apposita valutazione, di una progressione minima di 5 scatti e massima di 8 scatti, nei quali (per espressa disposizione dell’accordo integrativo) sono assorbiti i tre scatti 2011;
ovvero una progressione maggiore rispetto a quella che viene applicata a regime (da uno a tre scatti), oltre che in percentuale diversa.

4) Verso diverse conclusione non depone nemmeno l’invocata sentenza di questa Sezione del Consiglio di Stato n. 2818 del 30 maggio 2014.

La suddetta pronuncia ha rilevato la natura di amministrazioni pubbliche in senso stretto delle Autorità indipendenti e la conseguente applicabilità alle stesse delle misure rivolte alla riduzione dei costi delle amministrazioni e, in particolare, delle norme disposte con il d.l. n. 78 del 2010.

Ha, quindi, ha affermato che la posizione dell’AGCM “nel quadro istituzionale e normativo dell’Unione non è fondata su una norma specificamente posta nei Trattati tale da radicarne la assoluta peculiarità quale definita per la Banca d’Italia, e ciò giustifica l’inapplicabilità alla AGCM delle previsioni di cui all’art. 3, comma 3, del d.l. 78/10, non essendo quest’ultima integralmente parificabile alla Banca d’Italia, pur godendo di indipendenza funzionale”.

Con riferimento alla censura avverso la delibera del 19 gennaio 2011 – inerente la sospensione dell’assegnazione dei livelli retributivi previsti dall’accordo del 7 marzo 2007 e seguenti accordi attuativi, per erronea applicazione del comma 21 dell’art. 9 del decreto, mentre nella specie si tratterebbe di “eventi straordinari della dinamica retributiva” (art. 9, comma 1, del decreto) e di un diritto acquisito dei dipendenti e non prevede che gli scatti di carriera di cui al detto accordo abbiano almeno effetti giuridici, così come previsto dall’art. 9, comma 21, del decreto – la decisione del Consiglio di Stato ha respinto “nella parte relativa alla qualificazione dell’accordo del 7 marzo 2007 come “evento straordinario della dinamica retributiva”, non potendo evidentemente essere qualificata come “straordinaria” la stipula di un accordo sindacale” e dichiarandola “inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, nella parte restante poiché, con la successiva delibera del 4 agosto 2011, sono stati riconosciuti gli effetti giuridici dell’accordo”.

La decisione, tuttavia, non riconosce il diritto al riconoscimento degli scatti asseritamente maturati dal 2011 in forza dell’Accordo del 2007 sino al termine del regime di blocco stipendiale.

L’indicata sentenza del Consiglio di Stato se, infatti, è decisiva nel dichiarare applicabili all’Autorità le previsioni di cui all’art. 9, comma 21, d.l. 78/2010, non lo è quanto al riconoscimento della spettanza degli scatti in questione.

Ciò in forza dell’indicata distinzione tra progressione automatica degli stipendi e progressioni di carriera comunque denominate.

Gli scatti di cui viene chiesto il riconoscimento, previsti nell’Accordo del 2007, rientrano nella prima categoria e, peraltro, a seguito della Delibera del 4 agosto 2011, hanno effetto esclusivamente ai fini giuridici e sono subordinati “alla verifica delle effettive esigenze di riallineamento del trattamento economico rispetto al personale della Banca d’Italia”.

Con tale sentenza è stato respinto il ricorso e dichiarate legittime le delibere con le quali sono state conformate le determinazioni di recepimento delle disposizioni di cui al d.l. 78/2010 dell’AGCM, ma tale statuizione del giudice d’appello non entra nel merito dei diritti quesiti formatesi, limitandosi a dichiarare la censura proposta dalla ricorrente “inammissibile, per sopravvenuta carenza di interesse, nella parte restante poiché, con la successiva delibera del 4 agosto 2011, sono stati riconosciuti gli effetti giuridici dell’accordo”.

L’art. 2 della delibera del 4/8/2011, al punto 1, statuisce che:

“Le progressioni previste nell’Accordo del 7 marzo 2007, a far data dal 1° gennaio 2011, hanno effetto esclusivamente ai fini giuridici e, secondo quanto previsto dal punto 3 del presente articolo, sono subordinate alla verifica delle effettive esigenze di riallineamento del trattamento economico rispetto al personale della Banca d’Italia”.

Il punto 3, a cui rinvia la disposizione riportata, detta la tempistica delle verifiche e le modalità.

Ne consegue che il riconoscimento anche a fini meramente giuridici delle progressioni di cui all’Accordo era comunque condizionata a detta verifica, avvenuta in occasione della trattativa che ha portato alla stipula dell’accordo sindacale del 5 aprile 2016.

5) Da rigettare è, altresì, la censura secondo cui il ‘blocco delle retribuzioni’ sarebbe venuto meno dall’ 1.1.2015 e non già dall’1.1.2016.

L’art. 1, comma 256, legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015) ha, difatti, prorogato fino al 31 dicembre 2015 le disposizioni di cui al primo e al secondo periodo dell’art. 9, comma 21, d.l. n. 78/2010.

Dall’1.1.2015, pertanto, sono cessati gli effetti delle norme concernenti il blocco economico delle progressioni di carriera comunque denominate e dei passaggi tra aree di cui al terzo e quarto periodo del citato comma 21 dell’art. 9 d.l. n. 78/2010.

Al tempo stesso, la medesima legge n. 190/2014 ha prorogato fino al 31 dicembre 2015 le disposizioni riferite al personale non contrattualizzato in regime di diritto pubblico concernenti il blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo e, in caso di fruizione di un meccanismo di progressione automatica degli stipendi, il regime di incomputabilità anche dell’anno 2015 ai fini della maturazione delle classi e degli scatti stipendiali.

L’accordo sindacale del 7 marzo 2007 prevedeva un sistema di progressione economica e giuridica basato un sistema automatico di scatti annuali e, come tale, rientrava nelle previsioni di cui al primo e al secondo periodo del comma 21 dell’art. 9 d.l. n. 78/2010, la cui vigenza è stata prorogata fino al 31 dicembre 2015 dalla legge n. 190/2014.

6) Per quanto indicato viene meno il rilievo delle censure formulate in appello riguardo al primo e secondo ricorso di primo grado, inerenti alla supposta intervenuta accettazione dell’accordo del 2016, e comunque sulla sua valenza erga omnes , stante che il mancato riconoscimento degli scatti retributivi alla fine del periodo di blocco non è dipeso dal medesimo accordo, ma dalla disciplina normativa di contenimento della spesa pubblica.

7) Quanto alle censure inerenti il mancato accoglimento del secondo ricorso r.g. 15374/2016, il cui rilievo non sia venuto meno per quanto anzidetto, il Collegio rileva quanto segue.

La parte ricorrente ha riproposto in sede di appello la censura inerente al suo diritto, pur nelle more dei giudizi per l’ottenimento di quanto dovuto, al miglior trattamento giuridico ed economico

di cui all’Accordo del 5 aprile 2016, pur facendo riserva delle azioni presentate dinanzi al T.A.R..

Il Collegio, atteso che la rilevanza della riserva delle azioni proposte dinanzi al T.A.R. ha perso consistenza in ragione di quanto suindicato, ritiene al riguardo di dover aderire all’eccezione di sopravvenuta carenza di interesse dedotta dall’AGCM in sede difensiva nella memoria del 3.10.2020 per ciò che concerne la corresponsione di quanto previsto nell’Accordo del 5 aprile 2016.

A seguito della richiesta inoltrata il 26 ottobre 2016, la ricorrente ha ricevuto l’adeguamento del trattamento economico a partire dal mese di novembre 2016, con conguaglio, per i mesi da gennaio a ottobre 2016, nel mese di dicembre 2016. Inoltre, in linea con quanto dalla stessa dichiarato, l’aggiornamento della posizione economica e giuridica in godimento (38° livello) è stato eseguito con lo stipendio di novembre.

In considerazione che il ricorso è stato notificato il 13 dicembre 2016 e che il conguaglio delle spettanze da gennaio a ottobre 2016 è stato liquidato unitamente allo stipendio del mese di dicembre, e dunque subito dopo l’instaurazione del giudizio, il Collegio ritiene essere intervenuta una causa di sopravvenuta carenza di interesse alla coltivazione del ricorso già in sede di primo grado su questo aspetto.

8) Quanto alle censure formulate in sede di appello inerenti al rigetto del ricorso di cui al rg 5435/17, il Collegio rileva che l’inammissibilità delle censure sollevate per genericità e, comunque, l’infondatezza nel merito dei motivi di appello, consente di prescindere dall’esame delle eccezioni inammissibilità o improcedibilità formulate dalla difesa erariale in relazione alla sussistenza dell’interesse a ricorrere .

Al riguardo l’appellante si è limitato a richiamare le ragioni già esposte nel promo ricorso

a che i “due scatti di avanzamento”, quali ad essa attribuiti in data 3/04/2017 (con 27

decorrenza dall’1/7/2017), vengano computati dal 47°livello (di progressione giuridica ed economica) ed ovviamente che vengano liquidati con la medesima decorrenza applicata agli altri dipendenti della AGCM. Del resto, lo stesso TAR osserva questo (cfr. pag. 28 della sentenza): <… considerato il rigetto del primo ricorso con il quale la ricorrente impugna l’Accordo del 2016 e chiede applicarsi le progressioni previste dall’Accordo del 2007, deve negarsi il preteso riconoscimento dei due scatti, riconosciuti all’esito della procedura di valutazione qui impugnata, a partire dal livello 47. Quanto al richiesto riconoscimento dei suddetti scatti da computarsi dal 38° livello, la richiesta è inammissibile, atteso che, correttamente, l’autorità ha proceduto proprio nel senso richiesto dalla ricorrente con la domanda subordinata> ”.

Al riguardo, è evidente la genericità del motivo di appello, che non ha formulato specifiche censure, meramente richiamandosi a quanto dedotto in primo grado.

In ogni caso, comunque, il rigetto delle censure inerenti i capi di sentenza che hanno escluso il riconoscimento degli avanzamenti richiesti al termine del periodo di blocco stipendiale, impedirebbero nel merito l’accoglimento della pretesa di vedere computati dal 47° livello i due scatti di avanzamento in questione.

9) Alla luce di quanto indicato sul rigetto della pretesa all’inquadramento al 49° livello, per effetto del riconoscimento degli scatti di avanzamento maturati nel periodo di blocco delle retribuzioni, durato sino al 31.12.2015, perdono di rilievo i conteggi di quanto supposto come dovuto dedotti dall’appellante.

Da rigettare risulta, infine, il motivo di appello, anch’esso inerente al rigetto del ricorso di cui al r.g. 5435/17, riguardante il rigetto delle censure di primo grado sui seguenti profili: - inesistenza dei criteri di valutazione del personale, al fine della progressione di carriera dello stesso, con una sostanziale ‘delega in bianco’ al soggetto ed alla commissione che hanno eseguito la valutazione;
- assenza di un regolamento per la valutazione del personale;
- mancanza dei parametri e dei criteri alla stregua dei quali la valutazione avrebbe dovuto essere effettuata, che non ha consentito all’appellante né di adeguare la propria condotta al fine della valutazione stessa e della correlativa progressione di carriera, né la chiara e piena comprensione del giudizio sul suo operato e avrebbe ha impedito alla stessa di poter difendere la propria posizione nella procedura di contestazione prevista dall’accordo in questione.

Al riguardo, la parte appellante si è limitata ad affermare che le predette doglianze sono state rigettate con una motivazione errata. Il “ primo Giudice – lungi dal motivare il rigetto – si è abbandonato ad un evidente disimpegno motivazionale, limitandosi a rimarcare la valenza delle formule valutative usate dall’ “Accordo del 5/04/2016”, senza quindi apprezzare (come si confida, vorrà invece fare l’Eccellentissimo Consiglio di Stato adito) che proprio quelle formule compendiano, per assenza di contenuti e di parametri, una delega in bianco al valutatore e lasciano al valutato, per un verso, l’assoluta incertezza circa l’esito del giudizio, per altro verso, la certezza della mera arbitrarietà ed incontestabilità della valutazione ”.

Il suddetto motivo di appello, al limite dell’inammissibilità per genericità, si palesa infondato.

La sentenza gravata non si è affatto abbandonata “ad un evidente disimpegno motivazionale”, bensì specificamente indica che “ l’Accordo prevede una procedura che vede coinvolta una Commissione che esamina le proposte di valutazione in contraddittorio con i responsabili di unità organizzative e che può modificare fino al 40% delle proposte di valutazione, alla luce di un confronto comparativo che tenga conto dell’attività svolta, del livello di professionalità raggiunto e delle potenzialità di crescita di ciascun dipendente, ferma restando l’elencazione dettagliata degli elementi su cui cade il giudizio di merito (pag. 7 dell’Accordo) e che vanno dalla capacità di analisi nelle materie di competenza, alla capacità di ponderazione e applicazione delle soluzioni più efficaci, dall’attitudine ad assumere responsabilità al comportamento cooperativo etc.

A fronte di ciò l’appellante non ha nello specifico spiegato perché tale motivazione risulterebbe errata.

Inoltre, la difesa erariale ha correttamente sottolineato come in base al sistema di progressione delle carriere delineato dall’accordo del 5 aprile 2016 (articolo 5), le progressioni di carriera sono attribuite annualmente a tutti i dipendenti dell’Autorità da un’apposita Commissione, su proposta del responsabile dell’unità organizzativa alla quale il dipendente è assegnato, alla luce della qualità e della quantità del lavoro prestato, com’è corretto e logico che sia in un sistema meritocratico. Segnatamente, in base a quanto stabilito dal comma 12 dell’art. 5, il giudizio di merito di ciascun dipendente deve essere espresso in relazione all’attività svolta dal dipendente nell’anno di riferimento, tenuto conto: - della capacità di analisi nelle materie di competenza;
- dell'uso di fonti e procedure in relazione ai problemi affrontati;
- della capacità di ponderazione e di applicazione delle soluzioni più efficaci;
- dell'autonomia e della capacità di suggerire soluzioni utili, - della capacità di coordinamento e dell'attitudine ad assumere responsabilità;
- dell'accuratezza e del livello di approfondimento nell'attività svolta;
- della consistenza delle attività svolte e della rapidità e puntualità nell'esecuzione degli incarichi;
- dell'efficacia e della chiarezza espositiva;
- dell'efficacia comunicativa con soggetti esterni;
- del comportamento cooperativo nelle attività di gruppo;
- della flessibilità;
- della propensione alla diffusione dei risultati di rilievo della propria attività anche attraverso il confronto e la discussione;
- della riservatezza e della consapevolezza del ruolo istituzionale dell'Autorità.

I commi successivi descrivono nel dettaglio il complesso iter procedurale che conduce alla valutazione finale.

L’accordo ha, quindi, compiutamente indicato dei criteri oggettivi per la valutazione dell’attività lavorativa svolta dai dipendenti dell’AGCM, fissando dei criteri che si palesano uniformi, puntuali e ragionevoli e idonei a consentire ai dipendenti di conoscere i parametri sulla base dei quali sarà valutata l’attività lavorativa svolta nel corso dell’anno riferimento, nonché adeguati alle finalità della progressione incentrata sul merito.

Il sistema della progressione in Autorità si palesa “fondato su elementi reali, equi, misurabili e dimostrabili, e su organi capaci di adottare decisioni evidence based, sottratte all’arbitrio e all’approssimazione, e che siano davvero in grado di far fronte ai propri compiti” (Consiglio di Stato parere n. 421/2017).

Peraltro l’appellante non ha contestato nel merito la sua valutazione del 2016.

10) Per le suesposte ragioni l’appello va rigettato.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

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