Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-01-18, n. 201800311

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-01-18, n. 201800311
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800311
Data del deposito : 18 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/01/2018

N. 00311/2018REG.PROV.COLL.

N. 00272/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 272 del 2017, proposto da:
G s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'Avvocato E D M, con domicilio eletto presso la Segreteria della Terza Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro n. 13;

contro

Ministero della Salute, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, Sezione III quater n. 10983/2016, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Salute;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2017 il Cons. Ezio Fedullo e udito per la parte appellata l’Avvocato dello Stato Wally Ferrante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con ricorso proposto dinanzi al TAR per il Lazio ed assegnato alla Sezione III Quater, l’odierna appellante impugnava il provvedimento ministeriale adottato in data 20.5.2016, recante divieto di immissione in commercio del prodotto Aqualyx, di cui la ricorrente deduceva essere produttrice e costituito da una sostanza a base di acido desossicolico in commercio, quale dispositivo medico, sin dal 2009, essendo in particolare utilizzato per la riduzione del grasso in combinazione con particolari procedure ad ultrasuoni.

La ragione del divieto di commercializzazione riposa, come può evincersi dal provvedimento impugnato, nel fatto che l’acido desossicolico in esso presente “è certamente un principio attivo, dotato di una propria farmacocinetica e, soprattutto, di una propria farmacodinamica”.

Il ricorso veniva respinto con la sentenza impugnata.

Il T.A.R. riteneva l’infondatezza, in primo luogo, della censura con la quale la società ricorrente lamentava la violazione delle garanzie partecipative, rilevando come risultasse per tabulas che:

a) in data 12 settembre 2011 il Ministero della Salute aveva invitato la società ricorrente a formulare osservazioni circa la sussistenza dei requisiti legalmente prescritti per la qualificazione del prodotto alla stregua di dispositivo medico;

b) analoga richiesta di precisazioni era stata inoltrata il successivo 5 novembre 2013, dato che in quel frangente la marcatura CE era risultata “inappropriata”;

c) in data 19 febbraio 2015 era stato ulteriormente posto in dubbio il fatto che il prodotto in esame potesse essere considerato come dispositivo medico e non invece come medicinale, con la conseguente ulteriore richiesta di presentare deduzioni nel termine di venti giorni;

d) ancora, in data 29 febbraio 2016, la società era stata tempestivamente allertata circa la richiesta di parere, inoltrata al Comitato Tecnico Sanitario dello stesso Ministero, affinché quest’ultimo si potesse esprimere sulla effettiva natura del prodotto (dispositivo o medicinale);

e) infine, in data 5 maggio 2016, era stato ulteriormente chiesto alla società di controdedurre in ordine alle conclusioni del citato Comitato Tecnico.

Quanto invece al lamentato difetto di motivazione, osservava il T.A.R., in senso contrario alla sua sussistenza, che il gravato provvedimento si fondava essenzialmente, ob relationem , sulle conclusioni cui era pervenuto il prof. B, esperto farmacologo del Comitato Tecnico Sanitario, nel senso che:

a) il prodotto Aqualyx era in linea, quanto a contenuto di acido desossicolico, con un prodotto (Kybella) che negli Stati Uniti era considerato dalle competenti autorità (Food and Drug Admnistration) alla stregua di farmaco vero e proprio, destinato alla riduzione del grasso sottomentoniero e con esclusione di altre zone del corpo (a differenza dell’Italia, dove era utilizzato anche per i malati di HIV);

b) il prodotto in questione era pacificamente idoneo a provocare stati infiammatori, sino alla necrosi in certi casi;

c) il suddetto acido desossicoloico, sulla base degli studi e delle indagini a tal fine posti in essere, era dunque da considerare “un principio attivo, dotato di una propria farmacocinetica e, soprattutto, di una propria farmacodinamica”;

d) in conclusione “l’acido desossicolico agisce come principio attivo con effetti farmacologici e…quindi merita l’attenzione e le procedure previste in tal senso”.

Aggiungeva il T.A.R. che la valutazione ministeriale circa l’immissione in commercio di taluni prodotti, in qualità di farmaci oppure di dispositivi medici, costituisce espressione di un potere nel quale sono presenti evidenti profili di discrezionalità tecnica, suscettibile in quanto tale di un controllo giurisdizionale di tipo debole che ne ammette la sindacabilità “secondo un giudizio non di mera opinabilità ma, piuttosto, di sicura inattendibilità, esclusivamente in caso di macroscopica incongruità, illogicità o erroneità fattuale”.

Tanto precisato, il T.A.R. rilevava che la parte ricorrente non aveva evidenziato alcun profilo di sicura inattendibilità, nel senso dianzi espresso, in merito alle conclusioni cui i richiamati organismi ministeriali erano puntualmente pervenuti, essendosi “limitata ad evidenziare che: a) “non sono mai stati segnalati effetti indesiderati” e che tali effetti, ove presenti, sarebbero comunque da ascriversi “ad un uso improprio del prodotto”;
b) il prodotto, in commercio sin dal 2009, era stato venduto in grandi quantità in tutto il mondo e in particolare in Europa (seguivano cifre e statistiche);
c) i dispositivi medici possono essere utilizzati anche assieme a farmaci, a condizione che questi ultimi svolgano funzione ancillare rispetto ai primi”.

La società appellante chiede quindi la riforma della sentenza appellata, i cui principali passaggi motivazionali sono stati dianzi trascritti, sulla scorta dei motivi di appello che di seguito vengono riassunti.

1) Il provvedimento impugnato è stato emesso in difetto di idonea partecipazione di G s.p.a. al relativo procedimento, non essendo alla stessa mai pervenuta la comunicazione di preavviso di rigetto con contestuale richiesta di controdeduzioni, né la richiesta di produzione documentale del 29 febbraio 2016, al fine di rendere effettivo il contraddittorio ed il diritto di difesa della parte privata, né infine la nota n. 0024886 del 5 maggio 2016, con la quale si chiedeva a G s.p.a. di trasmettere le proprie controdeduzioni all'emanando provvedimento di divieto. Osserva sul punto la parte appellante che l'Amministrazione resistente non produceva nel giudizio di primo grado l'attestazione dell'avvenuta accettazione e consegna delle comunicazioni via PEC presuntivamente inviate a G S.p.a..

2) il provvedimento impugnato viola gli artt. 17 e 18 del d.lgs. n. 46/1997: la società appellante non è stata infatti invitata, con fissazione di un termine sufficientemente ampio, a far venir meno l'eventuale situazione di infrazione, ne è stata sentita per controdeduzioni.

3) Aqualyx è un dispositivo medico costituito da una soluzione acquosa microgelatinosa formulata allo scopo di modulare e favorire l'azione degli ultrasuoni esterni per la microcavitazione del tessuto adiposo nel trattamento medico delle lipoipertrofie e delle lipoiperplasie sottocutanee: la sua formula contiene una bassissima concentrazione del tensioattivo acido desossicolico, il quale ha la capacità di abbassare la tensione superficiale delle cellule adipose, senza produrre effetti di natura farmacologica.

L’appellato Ministero si è costituito nel giudizio di appello per opporsi all’accoglimento dello stesso.

Il ricorso quindi, all’esito dell’udienza di discussione, è stato trattenuto dal collegio per la decisione di merito.

DIRITTO

Viene all’esame della Sezione l’appello proposto dalla società farmaceutica G s.p.a. avverso la sentenza reiettiva della domanda di annullamento avente ad oggetto il provvedimento ministeriale di divieto di immissione in commercio del dispositivo medico Aqualyx, con il contestuale avvio della procedura per la cancellazione dalla Banca Dati dei dispositivi medici del Ministero della Salute del suddetto prodotto e l'invito per l'Istituto Superiore di Sanità a ritirare il certificato CE rilasciato alla medesima società G s.p.a..

Allega la società appellante di essere produttrice di “medical devices” ed in particolare di Aqualyx (detta anche soluzione Motolese), soluzione acquosa su base microgelatinosa formulata allo scopo di modulare e favorire l'azione degli ultrasuoni esterni per la microcavitazione del tessuto adiposo nel trattamento medico delle lipoipertrofie e delle lipoiperplasie sottocutanee nonché del “buffalo hump” in soggetti HIV positivi: trattasi di una soluzione iniettabile, in commercio dal 2009, registrata come “medical device”, formulata con specifica indicazione al trattamento non chirurgico delle adiposità localizzate tramite una specifica procedura iniettiva denominata “intralipoterapia” ed usata esclusivamente in abbinamento al generatore di ultrasuoni medicale Sonolyx.

Mediante il provvedimento di divieto di immissione in commercio del prodotto suindicato, impugnato con il ricorso di primo grado, l’appellato Ministero della Salute afferma che esso andrebbe appropriatamente qualificato come farmaco, restando quindi soggetto al corrispondente più rigoroso regime autorizzatorio: ciò, essenzialmente, sulla scorta del fatto che “l’acido desossicolico, nonostante sia dotato di un’azione di tipo fisico, è dotato anche di effetti farmacologici caratterizzati dalla modulazione di diversi target molecolari” e che esso “è certamente un principio attivo, dotato di una propria farmacocinetica e, soprattutto, di una propria farmacodinamica”.

Ebbene, è fondata, in via preliminare, la censura intesa a lamentare la mancata corretta instaurazione del contraddittorio procedimentale normativamente propedeutico all’adozione del provvedimento impugnato.

Deve premettersi che, ai sensi dell’art. 18 d.lvo n. 46 del 24 febbraio 1997 (Attuazione della direttiva 93/42/CEE, concernente i dispositivi medici):

“1. Ogni provvedimento di diniego o di limitazione dell'immissione in commercio, della messa in servizio di un dispositivo, o dello svolgimento di indagini cliniche, ovvero di ritiro dei dispositivi dal mercato deve essere motivato. Il provvedimento è notificato all'interessato con la indicazione del termine entro il quale può essere proposto ricorso gerarchico al Ministro della salute o ricorso giurisdizionale al tribunale amministrativo regionale.

2. Prima dell'adozione dei provvedimenti di cui al comma 1, il fabbricante o il suo mandatario deve essere invitato a presentare le proprie controdeduzioni, a meno che tale consultazione sia resa impossibile dall'urgenza del provvedimento”.

La sentenza appellata, nel respingere la relativa censura attorea, richiama (tra le altre) la nota ministeriale prot. n. 0024886 del 5.5.2016, versata agli atti del giudizio, il cui contenuto informativo la rende astrattamente idonea ad assolvere al suddetto onere comunicativo, recando il preavviso di adozione del provvedimento di divieto ed i motivi essenziali atti a giustificarlo, desunti dal parere del Comitato Tecnico Sanitario, nonché l’invito alla società G s.p.a. a trasmettere le proprie controdeduzioni.

Tuttavia, né dalla sentenza appellata né, soprattutto, dalla documentazione versata dall’Amministrazione agli atti del giudizio risulta che la suddetta comunicazione sia stata effettivamente inviata (nemmeno a mezzo pec) né tantomeno ricevuta dalla società destinataria, dalla quale, come si evince dallo stesso provvedimento impugnato (che richiama nelle premesse la nota suindicata), non è comunque pervenuto alcun riscontro.

Né, in ogni caso, si evincono dal provvedimento impugnato le ragioni di urgenza atte a giustificare l’omissione comunicativa: senza trascurare che la stessa Amministrazione, predisponendo la nota suindicata e precisando con il provvedimento impugnato che ad essa non è stato fornito alcun riscontro, ha ritenuto la possibilità pratica ( rectius , la compatibilità con l’interesse perseguito), prima ancora che la indispensabilità giuridica, della suddetta comunicazione.

Nemmeno potrebbe ritenersi che l’esigenza informativa cui è preordinata la citata comunicazione fosse già stata assolta aliunde , mediante i precedenti atti di corrispondenza intercorsi tra l’Amministrazione e la società appellante, ugualmente richiamati dalla sentenza appellata al fine di ritenere soddisfatte le esigenze di contraddittorio con la parte interessata dal provvedimento restrittivo impugnato: ciò sia perché inidonei a soddisfare la specifica finalità partecipativa contemplata dalla disposizione citata, sia perché estranei al procedimento conclusosi con l’adozione del medesimo provvedimento (oltre che temporalmente distanti da esso), sia, infine, perché anche in relazione ad essi fa difetto la prova dell’effettivo perfezionamento del procedimento comunicativo.

Più in dettaglio, iniziando dalla (più datata) comunicazione prot. n. 37470 del 12.9.2011, la stessa reca una richiesta di chiarimenti indirizzata alla società appellante, sulla scorta dei dubbi sulla ascrivibilità del prodotto Aqualyx alla categoria dei dispositivi medici alla luce della mancanza di espresse correlazioni dello stesso con specifiche patologie, con la conseguente non ravvisabilità di una destinazione di tipo medico dello stesso: trattasi, all’evidenza, di una comunicazione recante dubbi sulla qualificazione del prodotto in discorso fondati su ragioni del tutto diverse, se non opposte, a quelle poste a fondamento del provvedimento impugnato, che invece lo ritiene ascrivibile alla categoria dei farmaci.

Identiche considerazioni devono formularsi con riguardo alla successiva nota prot. n. 79361 del 5.11.2013, fondata su rilievi analoghi a quelli sottesi alla precedente comunicazione, risultando quindi irrilevante al fine di verificarne l’utilità agli effetti del contraddittorio procedimentale strumentale all’adozione del provvedimento impugnato.

Maggiore attinenza con le ragioni che hanno determinato l’adozione di quest’ultimo presenta invece la nota prot. n. 8093 del 19.2.2015, con la quale vengono richiesti alla parte appellante chiarimenti in ordine alla classificazione del prodotto de quo , tenuto conto della presenza in esso di una sostanza costituente un “componente attivo farmacologico” tale da indurre a considerarlo “come un medicinale e non come un dispositivo medico”.

Essa tuttavia non reca alcuna indicazione in ordine alle misure adottabili nell’ipotesi in cui la suddetta qualificazione avesse trovato conferma (misure che concorrono ad identificare la tipologia procedimentale cui il contradditorio è funzionale ed a caratterizzarne sostanzialmente i contenuti dialettici e collaborativi), risultando quindi inidonea ad assolvere le finalità partecipative di cui all’art. 18, comma 2, d.lvo n. 46/1997, né, comunque, è corredata dalla prova della sua ricezione da parte della società destinataria.

Infine, non risulta atta ad esaurire lo scopo comunicativo contemplato dalla disposizione citata la nota prot. n. 10472 del 29.2.2016, con la quale si comunicata alla società G s.p.a. che “il prodotto sarà portato all’attenzione del Comitato Tecnico Sanitario” per acquisirne il parere “relativamente alla qualifica e alla sicurezza del prodotto” Aqualyx: anche in relazione ad essa, infatti, non risulta che il procedimento comunicativo si sia perfezionato, eventualmente nella modalità pec.

Allo stesso modo, non sussistono gli elementi per ritenere che, sulla scorta delle citate comunicazioni o aliunde , la parte appellante sia venuta comunque a conoscenza dell’oggetto del procedimento ed abbia reso il suo apporto partecipativo.

E’ vero infatti che la relazione tecnica richiamata nel provvedimento impugnato menziona le “controdeduzioni inviate dall’Azienda G”: tuttavia, le stesse, datate marzo e ottobre del 2015, non risultano rese in riscontro alla richiesta di controdeduzioni ex art. 18, comma 2, d.lvo n. 46/1997, non potendo quindi escludersi che, ove la società appellante fosse stata edotta dell’avvio del procedimento interdittivo e delle specifiche ragioni ad esso sottese, avrebbe offerto un più articolato contributo istruttorio (eventualmente di carattere peritale, come poi fatto in sede di giudizio).

Occorre adesso soffermarsi sulla possibilità che l’omissione comunicativa evidenziata sia scevra di effetti invalidanti, ai sensi dell’art. 21 octies , comma 2, l. n. 241/1990, ai sensi del quale “non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato. Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”.

Ebbene, non è pertinente alla fattispecie oggetto di giudizio la previsione (generale, siccome riferita a tutte le violazioni procedimentali) di cui al primo periodo, atteso il carattere non vincolato del provvedimento impugnato, avente una evidente connotazione tecnico-discrezionale.

Ma a non diverse conclusioni deve pervenirsi con riguardo alla seconda parte della disposizione, non circoscritta ai provvedimenti vincolati, tenuto conto della non assimilabilità dell’invito a formulare controdeduzioni, di cui nella specie è stata rilevata la carenza, alla comunicazione di avvio del procedimento, da essa contemplata: invero, mentre l’invito predetto presuppone la formulazione, in termini sufficientemente espliciti, dei motivi del (futuro) provvedimento limitativo, onde acquisire, in relazione ad essi, le deduzioni difensive del soggetto interessato, la comunicazione di avvio del procedimento incorpora esclusivamente, da un punto di vista contenutistico, l’”oggetto del procedimento promosso” (art. 8, comma 2, lett. b) l. n. 241/1990), ovvero, essenzialmente, la sintetica indicazione del tipo di potere esercitato.

Il carattere assorbente del vizio evidenziato consente di fondare, sul suo accertamento, l’accoglimento dell’appello, potendo costituire le ulteriori deduzioni, di ordine squisitamente tecnico, formulate dalla parte appellante oggetto del contraddittorio procedimentale, che l’Amministrazione appellata dovrà assicurare in sede di rinnovazione del procedimento de quo : in riforma della sentenza appellata, quindi, deve essere annullato il provvedimento impugnato in primo grado, salve le ulteriori determinazioni dell’Amministrazione.

Sussistono, in relazione alla natura del vizio riscontrato, giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese dei due gradi di giudizio, fermo il diritto della parte appellante alla refusione del contributo unificato versato in relazione ad essi, a carico del Ministero della Salute.

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