Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-07-10, n. 202306716

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2023-07-10, n. 202306716
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202306716
Data del deposito : 10 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/07/2023

N. 06716/2023REG.PROV.COLL.

N. 00146/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 146 del 2017, proposto dai signori P F, A A e L A, in qualità di eredi del professor A A, rappresentati e difesi dall’avvocato S V, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

contro

l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, in persona del legale rappresentate pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12,

nei confronti

della Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Umberto I di Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato Patrizia Bececco, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione terza, n. 10121 del 10 ottobre 2016, resa tra le parti, concernente la richiesta di restituzione di somme erogate a titolo di retribuzione.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Università degli Studi Roma “La Sapienza” e dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Umberto I di Roma;

Visto l’appello incidentale dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 16 marzo 2023, il consigliere Nicola D’Angelo e uditi per le parti gli avvocati S V e Patrizia Bececco;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il professore A A, già professore associato presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “La Sapienza”, in regime di tempo pieno, e primario di chirurgia geriatrica presso l’Istituto di Clinica Geriatrica del Policlinico Umberto I di Roma, è stato collocato a riposo dal 30 ottobre 2002.

1.1. Dopo il pensionamento, a seguito di accertamenti effettuati congiuntamente dall’Inpdap, dall’Università di Roma “La Sapienza” e dal Policlinico Umberto I di Roma è emerso che nel periodo dal 1° gennaio 2000 al 30 ottobre 2002 il professore A aveva prestato servizio in regime assistenziale non esclusivo presso l’Azienda Policlinico e in regime di tempo pieno presso l’Università (quest’ultima con decreto n. 8241 del 2 ottobre 2009 ha quindi rideterminato il trattamento economico per lo stesso periodo).

1.2. Di conseguenza, l’Università “La Sapienza”, con nota prot. n. 0027904 del 17 maggio 2010, ha proceduto alla contabilizzazione di un debito di euro 58.227,69 quale differenza tra la retribuzione percepita come professore associato a tempo pieno e quella spettante in regime di tempo definito, e

gli ha intimato di provvedere alla restituzione in unica soluzione entro trenta giorni, sotto comminatoria di recupero coattivo.

1.3. Avverso la suddetta nota e la rideterminazione del trattamento economico, il professor A ha proposto ricorso al Tar Lazio che con sentenza n. 6259 del 2011 ha annullato l’atto di recupero in ragione della necessità di quantificare l’esatta consistenza dell’importo.

1.4. Con nota prot.001813 del 14 gennaio 2015 l’Università degli Studi di Roma “La Sapienza” ha quindi invitato il professor A a concordare le modalità di restituzione rateale di tale importo, unitamente agli interessi legali a far data dal 12 luglio 2011 (data di deposito della sentenza del Tar).

1.5. Con nota in data 28 gennaio 2015, l’interessato ha tuttavia evidenziato all’Amministrazione che, in ossequio alla sentenza n. 6529 del 2011, la stessa avrebbe dovuto preliminarmente procedere alla rideterminazione dell’importo della somma oggetto di ripetizione, portando in detrazione il credito a titolo di indennità ex art. 31, legge n. 761 del 1979 (c.d. indennità “De Maria”) e riservandosi all’esito di concordare un eventuale piano di rateizzazione dell’importo che fosse risultato dal predetto ricalcolo.

1.6. Il professor A ha comunque impugnato al Tar Lazio la richiesta di restituzione, chiedendo anche una nuova rideterminazione in merito all’Amministrazione.

1.7. Con la sentenza indicata in epigrafe (n. 10121 del 2016), il Tar ha ritenuto inammissibile la richiesta di annullamento della nota del 14 gennaio 2015 concernente la restituzione, in quanto atto endoprocedimentale, ed ha accolto invece la richiesta di rideterminazione “ previa riqualificazione come azione per l’esecuzione del giudicato, di cui all’art.112 c.p.a., della quale sussistono tutti i requisiti di sostanza e di forma. Parte ricorrente infatti, chiede l’esecuzione del giudicato della sentenza del Tar Lazio- Roma n. 6259/2011 (anche mediante eventuale nomina di un Commissario ad Acta) che, pur nell’accogliere in parte il ricorso, accertando che “Nel caso in esame, dunque, ben avrebbe potuto l’Amministrazione recuperare quanto indebitamente percepito dal ricorrente”, tuttavia precisa chiaramente che, con riferimento al caso concreto, “dato il tempo trascorso

dall’avvenuta percezione delle somme ed avuto altresì riguardo, da un lato, alla particolare situazione dell’istante che già da anni era stato collocato in pensione, nonché, dall’altro, alla contestuale insorgenza a favore del ricorrente di un credito per spettante maggiorazione di indennità “De Maria” (come è emerso dall’istruttoria esperita dal Tribunale” (….) “l’Amministrazione, richiedendo, con l’atto del 17.5.2010, l’immediato assolvimento, da parte del ricorrente, del debito in unica soluzione (senza nemmeno concedere una adeguata rateizzazione), non abbia scelto adeguate modalità di recupero del suo credito, esponendo quindi l’istante a un onere eccessivamente gravoso, con conseguente illegittimità del recupero stesso ”.

1.8. In sostanza, il Tar, dopo aver convertito il giudizio come esecuzione, ha ravvisato l’illegittimità dell’atto di recupero annullato con la sentenza n. 9651 del 2011 sia nel quomodo che nel quantum, e per quanto riguardava la mancata rateizzazione dell’importo e perché, a monte, l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto “ dell’insorgenza di un credito spettante al ricorrente a titolo di c.d. indennità De Maria ”.

1.9. La sentenza ha quindi evidenziato che la decisione n. 6259 del 2011 non era stata impugnata, in parte qua , né dall’Università di Roma “La Sapienza”, né dall’Azienda Policlinico Umberto I, e che per questo ne conseguiva che l’Amministrazione, nel procedere al recupero del proprio credito in attuazione del giudicato, non poteva prescindere dal tenere in considerazione non solo la necessità di rateizzare l’importo eventualmente ancora dovuto, ma soprattutto di considerare la “ contestuale insorgenza a favore del ricorrente di un credito per spettante maggiorazione di indennità De Maria ”.

1.10. Quanto alla interpretazione della suddetta locuzione, secondo lo stesso Tribunale, l’Università “La Sapienza”, nel determinare l’importo esigibile, avrebbe dovuto scorporare dal debito il credito vantato dal ricorrente nei confronti dell’Azienda Policlinico Umberto I.

2. Contro la suddetta sentenza ha proposto appello il professor A sulla base di motivi di censura concentrati sulla parte della sentenza nella quale è stato evidenziato che i crediti vantati dal

ricorrente dovessero essere calcolati considerando anche l’intervenuta prescrizione (la sentenza erroneamente avrebbe modificato in sede di esecuzione quanto disposto dalla sentenza del 2011

passata in giudicato in ordine alla compensazione di tutta la somma dovuta a titolo indennità perequativa ex art. 31 del d.P.R. n. 761 del 1979).

2.1. Rileva d’altra parte l’appellante che l’eccezione di prescrizione non è stata sollevata nel giudizio del 2011 e la prescrizione quinquennale doveva essere computata dal 20 maggio 2010 (data in cui ha avuto contezza della intervenuta trasformazione del rapporto di lavoro in rapporto a tempo definito). Il 28 gennaio 2015 ha comunque inviato una nota con cui ha chiesto ricalcolo, interrompendo il decorso della prescrizione.

3. L’Università “La Sapienza” si è costituita in giudizio il 13 febbraio 2017 mentre l’Azienda Ospedaliera – Universitaria Policlinico Umberto I si è costituita il 15 febbraio 2017. Entrambe le parti hanno chiesto il rigetto dell’appello.

4. L’Università “La Sapienza” ha poi depositato un appello incidentale il 17 marzo 2017 nel quale ha sostenuto che solo l’Azienda Policlinico Umberto I dovesse essere ritenuta soggetto gravato dell’obbligo di erogare l’indennità perequativa. Lo stesso Policlinico dal 1999 era stato costituito ente autonomo dalla legge n. 453 del 1999 e pertanto l’Università non poteva ritenersi legittimata passivamente.

5. Con memoria del 18 maggio 2017, in replica all’appello incidentale, il Policlinico ha invece affermato la sua estraneità come soggetto responsabile, dovendosi in caso contrario ritenere il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in ragione della diversa natura del rapporto di lavoro.

6. A seguito del decesso dell’originario appellante in data 21 agosto 2020 si sono costituiti in giudizio gli eredi, signori P F, A A e L A.

7. Con ordinanza del Presidente di questa Sezione n. 2037 del 26 ottobre 2022 è stato chiesto alle parti se perdurasse l’interesse alla decisione del ricorso. Sia le parti appellanti che l’Università hanno quindi dichiarato l’interesse alla definizione del giudizio.

8. Con memoria del 2 dicembre 2022 il Policlinico si è costituito con un nuovo difensore, l’avvocato P B, in sostituzione dei precedenti.

9. Le parti appellanti e il Policlinico hanno depositato ulteriori memorie il 13 febbraio 2022 cui entrambe hanno replicato il 23 febbraio 2023.

10. La causa è stata trattenuta in decisione nell’udienza pubblica del 16 marzo 2023, senza che l’Università La Sapienza abbia insistito per l’esame della domanda cautelare contenuta nel suo appello incidentale.

11. Preliminarmente, il Collegio ritiene che non può essere esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’Azienda Policlinico Umberto I nella propria memoria del 18 maggio 2017. Avendo il primo giudice definito la causa nel merito, con ciò implicitamente ritenendo la sussistenza della propria giurisdizione, per riproporre la questione in grado di appello sarebbe stato necessario impugnare formalmente la sentenza ai sensi dell’articolo 9 c.p.a., non potendo la stessa essere introdotta nel presente grado con una semplice memoria.

12. L’appello è in parte inammissibile ed in parte infondato.

13. L’originario ricorrente si duole della sentenza a lui favorevole limitatamente alla parte in cui il Tar, dopo aver convertito l’azione proposta in domanda di ottemperanza al giudicato riveniente dalla precedente sentenza del Tar Lazio n. 6259 del 2011, ex articolo 112 c.p.a., e previo accoglimento del ricorso, nel rimettere all’Amministrazione la rideterminazione della somma da recuperare, disponendo altresì che in tale sede si tenesse conto anche del credito vantato dal ricorrente ex articolo 31 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, ha aggiunto che ciò sarebbe dovuto avvenire “ al netto di eventuali somme prescritte ”.

13.1. In concreto, parte appellante sostiene sul punto che vi sarebbe stata una violazione del giudicato formatosi a seguito della sentenza del Tar Lazio del 2011. La tesi è infondata. Il tema della prescrizione (totale o parziale) del credito vantato dall’originario ricorrente è rimasto del tutto estraneo al thema decidendum del giudizio definito con la sentenza n. 6259 del 2011, laddove pertanto la mancata eccezione di prescrizione del detto credito da parte dell’Amministrazione non può costituire un dato da valorizzare, atteso che in tale sede la tesi sostenuta dall’Amministrazione

escludeva in radice ogni compensabilità di detto credito con quello dell’Università avente a oggetto il recupero delle somme indebitamente percepite dal ricorrente.

13.2. Il tema della prescrizione è stato poi introdotto dal Tar nella sentenza appellata, attraverso quella che, se non è addirittura un obiter dictum, costituisce una semplice prescrizione diretta a orientare la successiva attività dell’Amministrazione (si rammenti che trattasi di sentenza resa in sede di ottemperanza), la quale ovviamente dovrà pur sempre svolgersi nel rispetto delle regole generali e sostanziali applicabili in subiecta materia, ivi comprese quelle afferenti a tempi e modalità con cui può essere fatta valere la prescrizione di un credito.

13.3. Per queste ragioni devono ritenersi inammissibili gli ulteriori motivi di appello, con i quali l’originario ricorrente ha sollevato la questione dell’applicabilità o meno della prescrizione al credito vantato ai sensi dell’articolo 31 del d.P.R. n. 761 del 1979. E’ evidente infatti che, non avendo ancora avuto luogo la rideterminazione delle poste di credito/debito tra le parti cui si sarebbe dovuto procedere in esecuzione della ridetta sentenza n. 6259 del 2011, ogni statuizione a riguardo anticiperebbe un problema non ancora affrontato dall’Amministrazione, incorrendo nella preclusione a pronunciarsi su attività amministrativa non ancora esercitata di cui all’art. 34, comma 2, primo periodo, c.p.a..

14. Quanto all’appello incidentale proposto dall’Università La Sapienza, anch’esso va respinto, atteso che con esso viene riproposta una questione, quella della possibilità o meno di compensare il credito restitutorio per cui è causa con il credito dell’originario ricorrente ex articolo 31, d.P.R. n. 761 del 1979, vantato nei confronti non della stessa Università ma dell’Azienda Policlinico Umberto I, ormai coperta da giudicato e non più suscettibile di essere rimessa in discussione.

14.1. Tale aspetto peraltro è stato espressamente riconosciuto dal Tar nella sentenza oggetto del presente appello laddove:

i) ha evidenziato che la necessità di compensare i due crediti de quibus discende dalla precedente sentenza n. 9651/2011 ( rectius n. 6259/2011), non appellata né dall’Università, né dall’Azienda;

ii) ponendosi evidentemente il problema della diversa titolarità attiva e passiva dei due crediti, ha poi espressamente fatto “ salvi (…) i rapporti di dare/avere tra la stessa [Università] e l’Azienda Policlinico Umberto I ”.

15. Per le ragioni sopra esposte:

- l’appello principale in parte va dichiarato inammissibile ed in parte respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata;

- l’appello incidentale va respinto.

16. Tenuto conto della natura della controversia, le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate.

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