Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-12-03, n. 201806847

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-12-03, n. 201806847
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201806847
Data del deposito : 3 dicembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/12/2018

N. 06847/2018REG.PROV.COLL.

N. 04443/2016 REG.RIC.

N. 04982/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4443 del 2016, proposto dall’Università degli Studi di Torino, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

contro

S P, rappresentata e difesa dagli avvocati G P e A Carozzo, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, Viale Giulio Cesare, n. 14a/4;

nei confronti

P B, rappresentata e difesa dagli avvocati R C Perin e Alberto Romano, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, Lungotevere Sanzio, n. 1;



sul ricorso numero di registro generale 4982 del 2016, proposto da P B, rappresentata e difesa dagli avvocati R C Perin e Alberto Romano, con domicilio eletto presso lo studio del secondo in Roma, Lungotevere Sanzio, n. 1;

contro

S P, rappresentata e difesa dagli avvocati G P e A Carozzo, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, Viale Giulio Cesare, n. 14a/4;

nei confronti

Università degli Studi di Torino, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

quanto al ricorso n. 4443 del 2016:

della sentenza del T.a.r. Piemonte - Torino: Sezione I, n. 372/2016, resa tra le parti, concernente approvazione degli atti della procedura selettiva per n. 1 posto di professore universitario di ruolo di II fascia, settore concorsuale 10/l1, Dipartimento di lingue e letterature straniere e culture moderne;

quanto al ricorso n. 4982 del 2016:

della sentenza del T.a.r. Piemonte - Torino: Sezione I, n. 372/2016, resa tra le parti, concernente approvazione degli atti della procedura selettiva per n. 1 posto di professore universitario di ruolo di II fascia, settore concorsuale 10/l1, Dipartimento di lingue e letterature straniere e culture moderne.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di S P, di P B e dell’Università degli Studi di Torino;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2018 il Cons. Italo Volpe e uditi per le parti gli avvocati Marco Stigliano Messuti dell'Avvocatura generale dello Stato, G P, A Carozzo e R C Perin;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Col primo ricorso in epigrafe n.r.g. 4443/2016 l’Università degli Studi di Torino (di seguito “Università”) ha impugnato la sentenza del Tar per il Piemonte n. 372/2016, pubblicata il 18.3.2016, che – con l’onere delle spese – ha accolto l’originaria domanda giudiziale della dott.ssa S P volta all’annullamento:

- col ricorso principale:

-- del decreto rettorale n. 2799 del 29.7.2015 avente ad oggetto “ Approvazione atti della procedura selettiva a n. 1 posto di Professore Universitario di ruolo di II fascia ai sensi dell'art.18, c.1 della legge 240/2010 - settore concorsuale 10/L1 - Dipartimento di lingue e letterature straniere e culture moderne ”, col quale è stata individuata come candidato qualificato la dott.ssa P B;

-- di ogni altro atto presupposto, preparatorio, consequenziale e/o connesso, in particolare i verbali e gli atti della selezione e la relazione finale in data 16.7.2015 della commissione esaminatrice;

- con motivi aggiunti

-- della delibera del Consiglio di Dipartimento di lingue e letteratura straniera dell’Università, in data 21.9.2015, di chiamata della dott.ssa B;

-- del decreto rettorale n. 3254 del 29.9.2015 avente ad oggetto “ approvazione della proposta di chiamata della dott.ssa B ”.

1.1. La sentenza ha premesso tra l’altro, in fatto, che:

- la dott.ssa P, in possesso di ASN per il settore concorsuale 10/L-lingue letterature e cultura inglese e anglo americana, aveva partecipato alla procedura per il conferimento di un posto di professore universitario di ruolo di II^ fascia, ai sensi dell’art.18, co. 1, della l.n. 240/2010, per il predetto settore concorsuale;

- alla selezione avevano partecipato 5 candidati;

- la dott.ssa B aveva conseguito il maggior punteggio e la ricorrente s’era classificata seconda;

- la fondamentale e principale censura concerneva il fatto che la dott.ssa B non avrebbe dovuto partecipare alla selezione in quanto aveva già svolto, presso l’Università, un incarico di insegnamento negli anni accademici 2012-2013, 2013-2014 e 2014-2015, ai sensi dell’art 23 della l.n. 240/2010.

2. In diritto, la sentenza ha in sintesi ritenuto che:

- era infondata un’eccezione di carenza d’interesse della ricorrente, giacchè, ove fossero prevalsi i suoi argomenti, l’annullamento degli atti impugnati le avrebbe lasciato spazio (giusta la graduatoria comunque stilata dall’Università) al conseguimento del posto bandito;

- l’art. 18, co. 4, della l.n. 240/2010 prevedeva “ la possibilità di riservare almeno un quinto dei posti disponibili di professore di ruolo, alla chiamata di coloro che nell’ultimo triennio non hanno prestato servizio, o non sono stati titolari di assegni di ricerca ovvero iscritti a corsi universitari nell’università stessa ”;

- “ La formula (…) “aver prestato servizio” letteralmente rinvia, non alla tipologia di contratto con cui il docente è stato incaricato, ma alla prestazione che viene svolta a favore dell’Amministrazione, indipendentemente dalla tipologia del rapporto. (…) in base alla definizione nozionistica del diritto amministrativo il rapporto di servizio è il rapporto che legittima l’inserimento di una persona al servizio dell’Amministrazione e il termine “servizio” indica il periodo che viene svolto nell’ambito dell’ufficio cui viene assegnato. Il termine “servizio” fa riferimento proprio all’attività lavorativa (…) . In base quindi all’interpretazione letterale dell’art 18 L. 240/2010, costituisce causa di esclusione dalla selezione aver svolto, a qualsiasi titolo, un servizio presso l’Università, cioè, trattandosi di professori, aver svolto un’attività di docenza all’interno dell’Università;
mentre è irrilevante la tipologia di contratto in base al quale l’incarico è stato effettuato.
”;

- questa conclusione “ trova un sostegno anche nell’interpretazione teleologica della disposizione, che (…) , al fine di favorire l’acquisizione di competenze dall’esterno, riserva un certo numero di cattedre ai professori esterni, prevedendo contestualmente anche un procedimento riservato a quelli interni dal successivo art. 24 ” [della l.n. 240/2010];

- il conseguente annullamento dell’atto impugnato in via principale determinava anche l’annullamento, per invalidità derivata, degli altri atti censurati coi motivi aggiunti.

3. L’appello dell’Università si fonda sul motivo di erronea valutazione dei fatti in causa.

I primi Giudici avrebbero errato nell’affidarsi ad un’errata interpretazione letterale della formula ‘aver prestato servizio’, tanto più che la dott. B “ sia al momento della stipula dei contratti di insegnamento con l’Ateneo, sia al momento della presentazione dell’istanza di partecipazione alla selezione (…) risultava dipendente a tempo indeterminato part-time presso il Liceo artistico statale “R.Cottini” di Torino, essendo in ruolo dall’anno scolastico 2000/2001 ”.

4. Le dott.sse P e B, costituitesi, hanno ciascuna argomentato a favore e contro le conclusioni della sentenza impugnata.

5. Da ultimo, la prima delle due ha depositato memoria conclusiva del 3.10.2018.

6. Dal canto suo la dott.ssa B, con memoria dell’8.10.2018, ha sostenuto la tesi dell’Università sviluppando i seguenti argomenti:

a) inesatta e falsa applicazione dell’art. 18, co. 4, della l.n. 240/2010, in relazione al suo precedente co. 1, lett. c), e al decreto

MIUR

8.6.2015, n. 335, art. 5, prima frase;

b) questione pregiudiziale avanti alla CGUE per violazione del diritto alla circolazione dei lavoratori (artt. 267 e 45 TFUE);

c) inesatta e falsa applicazione dell’art. 18, co. 4, l.n. 240/2010, in relazione all’art. 97, co. 4, 98, co. 1, e 51, co. 1, Cost.;

d) vizio di motivazione, contraddittorietà e omessa considerazione di un documento rilevante ai fini della decisione.

6.1. Ad avviso di parte, in sintesi:

a.1) ferma la corretta ricostruzione operata dall’Università, quanto alla dibattuta espressione ‘prestare servizio’, occorreva tenere conto della novella legislativa poi intervenuta (art 1, co. 338, lett. a), della l.n. 232/2016) che aveva stabilito, con norma interpretativa, che la stipulazione di contratti per attività d’insegnamento ai sensi dell’art. 23 della l.n. 240/2010, se non dà luogo a diritti in ordine all’accesso ai ruoli universitari, consente tuttavia di computare le eventuali chiamate di coloro che sono stati titolari dei contratti nell’ambito delle risorse vincolate per i concorsi ad esterni ai sensi dell’articolo 18, co. 4, della medesima l.n. 240/2010;

b.1) diversamente opinando, si sarebbe allora dovuta porre la questione interpretativa comunitaria sopra riferita;

c.1) diversamente opinando, si sarebbe anche posta la questione di legittimità costituzionale sopra pure riferita, tenuto conto allora delle irragionevoli limitazioni che sarebbero derivate all’espletamento di un pubblico concorso;

d.1) la sentenza gravata è comunque incorsa in un vizio di motivazione quando ha posto in correlazione gli artt. 18, co. 4, e 24, co. 5, della l.n. 240/2010.

7. La dott.ssa P, con memoria del 16.10.2018, ha quindi replicato partitamente ai temi trattati dall’avversaria con la sua ultima memoria.

8. Nella sua replica del 17.10.2018 la dott.ssa B ha ritenuto di poter “ sottolineare che gli stessi parlamentari, coloro i quali hanno varato l’emendamento da cui è discesa la legge di cui si discute, sono rimasti sbigottiti e rammaricati dall’interpretazione offerta dai TAR e dal Consiglio di Stato relativamente alla disposizione che prevede di riservare un numero definito di posti disponibili alla chiamata di soggetti esterni all’Università (art. 18, co. 4, della l.n. 240 del 2010, cit.) ”.

9. Col secondo ricorso in epigrafe n.r.g. 4982/2016 è invece la dott.ssa B ad impugnare la sentenza di primo grado ( sub 1. supra ), proponendo motivi coincidenti con quelli riferiti sub 6., lett. a), c), d) supra , i primi due quali errores in iudicando .

10. Università e controinteressata, costituitesi, hanno preso posizione, coi loro scritti, in modo coerente con quanto sostenuto nel precedente giudizio.

11. Da ultimo:

- la dott.ssa B ha depositato memoria e replica nelle date, rispettivamente, dell’8.10.2018 e del 17.10.2018;

- la dott.ssa P ha depositato memoria e replica nelle date, rispettivamente, del 3.10.2018 e del 16.10.2018;

- l’Università ha replicato con atto del 15.10.2018 in modo coerente a quanto già sostenuto col proprio appello.

12. Le cause quindi, chiamate alla pubblica udienza di discussione dell’8.11.2018, sono state ivi trattenute in decisione.

13. Occorre in primo luogo procedere alla riunione dei ricorsi in epigrafe, stante l’avvenuta impugnazione di una stessa sentenza di primo grado e la sostanziale unitarietà delle vicende oggetto dei due appelli.

14. Vale quindi affrontare prioritariamente – per esigenze logiche – la questione cennata al precedente punto 6.1.a.1), in quanto idonea, ove fondata, a risolvere il punto centrale della controversia, con sufficiente margine di assorbimento di ogni altra considerazione, di valore a quel punto ancillare.

14.1. L’art. 18, rubricato “ Chiamata dei professori ”, della l.n. 240/2010 dispone al suo co. 4 che “ Ciascuna università statale, nell’ambito della programmazione triennale, vincola le risorse corrispondenti ad almeno un quinto dei posti disponibili di professore di ruolo alla chiamata di coloro che nell’ultimo triennio non hanno prestato servizio, o non sono stati titolari di assegni di ricerca ovvero iscritti a corsi universitari nell'università stessa. ”.

Il successivo art. 23, rubricato “ Contratti per attività di insegnamento ”, della stessa legge, nella versione da ultimo vigente, dispone al suo co. 4 che “ La stipulazione di contratti per attività di insegnamento ai sensi del presente articolo non dà luogo a diritti in ordine all'accesso ai ruoli universitari, ma consente di computare le eventuali chiamate di coloro che sono stati titolari dei contratti nell'ambito delle risorse vincolate di cui all'articolo 18, comma 4. ”.

14.2. Il frammento ‘avversativo’ contenuto nella seconda parte del periodo che forma la seconda disposizione citata è frutto della novella modificativa realizzata dall’art. 1, co. 338, lett. a), della l.n. 232/2016, recante il bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e il bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, con effetti decorrenti dall’1.1.2017.

Ebbene, si sostiene al riguardo che detto nuovo frammento dispositivo avrebbe avuto una portata ‘interpretativa’ del disposto del precedente art. 18, co. 4, della l.n. 240/2010, suscettibile di risolvere il punto basico controverso della presente questione. Invero, potendosi “ computare le eventuali chiamate di coloro che sono stati titolari dei contratti nell’ambito delle risorse vincolate di cui all’articolo 18, comma 4 ”, si sarebbe di fatto neutralizzato, in seno a tale ultima disposizione, il limite negativo (a valenza ostativa) costituito – relativamente alla categoria di personale per cui è causa – dall’avere prestato servizio, presso l’Ateneo che procede ad una chiamata per posto di professore di ruolo, nell’ultimo triennio (rispetto al momento del bando di chiamata).

14.3. Il Collegio non ritiene di poter condividere questa prospettazione per le seguenti considerazioni:

- una norma, per poter essere qualificata di natura interpretativa, deve recare in sé – con sufficiente chiarezza – idonei indici espressivi della volontà (da parte della fonte giuridica che l’introduce) di disporre, appunto, in chiave interpretativa. Cosa questa che, nella fattispecie, certamente non ricorre;

- una norma interpretativa, per essere effettivamente tale, oltre a quanto testè detto, deve anche risultare topograficamente collocata al di fuori del corpo normativo che reca la disposizione che si reputa di voler interpretare, essendo altrimenti oltremodo singolare che, in seno ad uno stesso testo normativo, compia una norma di un articolo che ne interpreta un’altra di un diverso articolo del medesimo e complessivo articolato;

- nella fattispecie, inoltre, ove il Legislatore avesse voluto effettivamente rimuovere, in seno all’art. 18, co. 4, il predetto limite negativo (a valenza ostativa), bene avrebbe potuto procedere (molto chiaramente) all’espunzione diretta delle parole enunciative di questo limite, senza dover ricorrere all’obliquo rimedio di una norma (in tesi) interpretativa (e solo supposta tale, per quanto sopra detto) collocata in altra parte del medesimo corpo dispositivo.

14.4. Si deve allora concludere che a novella in discorso abbia avuto natura innovativa e, come tale, idonea a produrre effetti solo a partire dall’1.1.2017, ossia a molti mesi di distanza successivi ai fatti per cui è causa.

15. Vale poi ricostruire storicamente la portata della predetta novella, senza incorrere nel tentativo di decontestualizzarne il tenore letterale e, per l’effetto, di assolutizzarne di contro la portata.

15.1. In seno alla citata l.n. 232/2016 il frammento di norma in parola ha invero costituito un’affermazione normativa ‘fisicamente minima’ rispetto ad un novero di disposizioni nuove assolutamente più ampio.

15.2. Non si corre il rischio di appesantire inutilmente la presente esposizione se allora si riportano integralmente – per ricordarle – tutti i non pochi commi dell’art. 1 della l.n. 232/2016 in mezzo ai quali si colloca il frammento normativo sopra ricordato.

Ebbene, così recita l’art. 1, co. 314-339, della citata l.n. 232/2016 (avvertendo peraltro che il loro testo che segue incorpora altresì ulteriori, successive novelle che, tuttavia, non modificano la portata del quadro regolatorio ai fini della presente decisione):

314. Al fine di incentivare l’attività dei dipartimenti delle università statali che si caratterizzano per l’eccellenza nella qualità della ricerca e nella progettualità scientifica, organizzativa e didattica, nonché con riferimento alle finalità di ricerca di «Industria 4.0», nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all'articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è istituita un'apposita sezione denominata «Fondo per il finanziamento dei dipartimenti universitari di eccellenza», con uno stanziamento di 271 milioni di euro a decorrere dall'anno 2018.

315. Il Fondo di cui al comma 314 è destinato al finanziamento quinquennale dei dipartimenti di eccellenza delle università statali, come individuati e selezionati ai sensi e per gli effetti dei commi da 318 a 331.

316. La quota parte delle risorse di cui al comma 314, eventualmente non utilizzata per le finalità di cui ai commi da 318 a 339 del presente articolo, confluisce, nel medesimo esercizio finanziario, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università, di cui all'articolo 5 della legge 24 dicembre 1993, n. 537.

317. Per le istituzioni universitarie statali ad ordinamento speciale, ai fini dell'applicazione dei commi da 318 a 339, il riferimento ai dipartimenti si intende sostituito dal riferimento alle classi.

318. Entro il 31 dicembre del quarto anno di erogazione del finanziamento di cui ai commi da 314 a 317, con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è nominata una commissione deputata allo svolgimento delle attività di cui ai commi da 325 a 328. La commissione è composta da sette membri, di cui:

a) due designati dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di cui uno con funzioni di presidente;

b) quattro designati dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca nell'ambito di due rose di tre membri ciascuna, indicate rispettivamente dall'ANVUR e dal Comitato nazionale dei garanti della ricerca, di cui all'articolo 21 della legge 30 dicembre 2010, n. 240;

c) uno indicato dal Presidente del Consiglio dei ministri.

319. Entro la medesima data di cui al comma 318, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca richiede all'ANVUR, sulla base dei risultati ottenuti, all'esito dell'ultima valutazione della qualità della ricerca (VQR), dai docenti appartenenti a ciascun dipartimento delle università statali:

a) la definizione del calcolo di un apposito «Indicatore standardizzato della performance dipartimentale» (ISPD), che tenga conto della posizione dei dipartimenti nella distribuzione nazionale della VQR, nei rispettivi settori scientifico-disciplinari;

b) l'attribuzione a ognuno dei dipartimenti delle università statali del relativo ISPD.

320. All'esito delle procedure di cui al comma 319, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca redige e rende pubblica, nel proprio sito internet istituzionale, la graduatoria dei dipartimenti delle università statali, in ordine decrescente rispetto all'ISPD attribuito al singolo dipartimento.

321. Dal 1º maggio al 31 luglio del quinto anno di erogazione del finanziamento di cui ai commi da 314 a 317, esclusivamente tramite l'apposita procedura telematica accessibile dal sito internet istituzionale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, le università statali di appartenenza dei dipartimenti collocati nelle prime 350 posizioni della graduatoria di cui al comma 320, come aggiornata agli esiti dei pareri negativi di cui al comma 337, terzo periodo, possono presentare la domanda diretta a ottenere, per ognuno dei medesimi dipartimenti, il finanziamento di cui ai commi da 314 a 317.

322. Il numero massimo di domande ammissibili, per i dipartimenti appartenenti alla stessa università statale, è pari a 15. Nel caso in cui i dipartimenti per i quali l'università statale può presentare la domanda di cui al comma 321 siano superiori a 15, l'università stessa procede a una selezione delle proprie domande dipartimentali, nel numero massimo di 15, motivando la scelta in ragione dell'ISPD attribuito al singolo dipartimento, nonché di ulteriori criteri demandati all'autonoma valutazione del singolo ateneo.

323. La domanda di cui ai commi 321 e 322:

a) è presentata, per ciascun dipartimento, con riferimento a una sola delle quattordici aree disciplinari del Consiglio universitario nazionale (CUN);

b) contiene un progetto dipartimentale di sviluppo, avente durata quinquennale, e relativo: agli obiettivi di carattere scientifico;
all'utilizzo del finanziamento per il reclutamento, ai sensi degli articoli 18 e 24 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, e dell'articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230, del personale docente, ovvero per il reclutamento di personale tecnico e amministrativo;
alla premialità, ai sensi dell'articolo 9 della legge n. 240 del 2010;
all'investimento in infrastrutture per la ricerca;
allo svolgimento di attività didattiche di elevata qualificazione;
alla presenza di eventuali cofinanziamenti attribuiti al progetto dipartimentale;

c) qualora, al medesimo dipartimento, afferissero docenti appartenenti a più aree disciplinari, il progetto di cui alla lettera b) deve dare preminenza alle aree disciplinari che hanno ottenuto, all'esito dell'ultima VQR, i migliori risultati.

324. Il numero complessivo dei dipartimenti che possono ottenere il finanziamento di cui ai commi da 314 a 317 è pari a 180. Il numero dei dipartimenti finanziati, con riferimento a ciascuna delle 14 aree disciplinari del CUN, non può essere inferiore a 5 né superiore a 20. La suddivisione del numero dei dipartimenti finanziati, con riferimento a ciascuna delle 14 aree disciplinari del CUN, è stabilita, nel limite delle risorse economiche di cui ai commi da 314 a 317, con il decreto di cui al comma 318, e tenuto conto:

a) della numerosità della singola area disciplinare, in termini di dipartimenti ad essa riferibili;

b) di criteri informati ad obiettivi di crescita e miglioramento di particolari aree della ricerca scientifica e tecnologica italiana.

325. La valutazione delle domande presentate ai sensi dei commi 321, 322 e 323 per la selezione dei dipartimenti di cui al comma 324 è affidata alla commissione di cui al comma 318 e si svolge mediante due fasi successive.

326. Nella prima fase, la commissione procede a valutare le domande presentate da ciascuna università statale in relazione al solo dipartimento che ha ottenuto la migliore collocazione nelle prime 350 posizioni della graduatoria di cui al comma 320. La valutazione della domanda ha ad oggetto il progetto dipartimentale di sviluppo di cui al comma 323, lettere b) e c). Esclusivamente in caso di esito positivo della valutazione, il dipartimento consegue il finanziamento di cui ai commi da 314 a 317, nei limiti massimi delle risorse finanziarie assegnate a ciascuna delle 14 aree disciplinari del CUN ai sensi del comma 324.

327. Nella seconda fase, tenuto conto del numero dei dipartimenti ammessi e di quelli esclusi dal finanziamento ai sensi del comma 326, la commissione valuta le rimanenti domande assegnando a ognuna di esse un punteggio da 1 a 100, di cui 70 punti sono attribuiti in base all'ISPD del singolo dipartimento e 30 punti sono attribuiti in base al progetto dipartimentale di sviluppo di cui al comma 323, lettere b) e c), in relazione alla coerenza e alla fattibilità dei contenuti del medesimo progetto. La graduatoria risultante all'esito di questa seconda fase suddivide i dipartimenti in base alla relativa area disciplinare di appartenenza e assegna il finanziamento di cui ai commi da 314 a 317 ai dipartimenti che, nei limiti del numero complessivo di cui al comma 324, sono utilmente posizionati.

328. Entro il 31 dicembre del quinto anno di erogazione del finanziamento di cui ai commi da 314 a 317, la commissione pubblica, nel sito internet istituzionale dell'ANVUR, l'elenco dei dipartimenti che sono risultati assegnatari del finanziamento di cui ai commi da 314 a 317. Entro il 31 marzo di ognuno dei cinque anni successivi alla predetta pubblicazione, il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca trasferisce alle università statali cui appartengono i dipartimenti il relativo finanziamento. L'università è vincolata all'utilizzo di queste risorse a favore dei dipartimenti finanziati.

329. Il quarto periodo del comma 1 dell'articolo 9 della legge 30 dicembre 2010, n. 240, è sostituito dal seguente: «In tal caso, le università possono prevedere, con appositi regolamenti, compensi aggiuntivi per il personale docente e tecnico amministrativo che contribuisce all'acquisizione di commesse conto terzi ovvero di finanziamenti pubblici o privati».

330. La selezione di cui ai commi 326 e 327 è svolta con cadenza quinquennale. Le attività di supporto alla commissione di cui al comma 318 da parte della competente direzione generale del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca sono svolte nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Per la partecipazione alle riunioni della commissione non sono dovuti compensi, gettoni di presenza o altri emolumenti comunque denominati. Eventuali rimborsi di spese di missione sono posti a carico delle risorse finanziarie disponibili a legislazione vigente del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.

331. Per il primo quinquennio di istituzione del Fondo di cui ai commi da 314 a 317 e relativamente agli anni 2018-2022:

a) il decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di cui al comma 318, è adottato entro il 30 aprile 2017;

b) le attività di cui ai commi 319 e 320 devono concludersi entro il 30 aprile 2017;

c) il termine per la presentazione delle domande di cui al comma 321 è fissato al 31 luglio 2017;

d) il termine per la pubblicazione dell'elenco di cui al comma 328, primo periodo, è fissato al 31 dicembre 2017;
i termini per il trasferimento del finanziamento annuale di cui al comma 328, secondo periodo, sono fissati al 31 marzo 2018, al 31 marzo 2019, al 31 marzo 2020, al 31 marzo 2021 e al 31 marzo 2022.

332. L'importo annuale del finanziamento di cui ai commi da 314 a 331 è pari a 1.350.000 euro.

333. L'importo di cui al comma 332:

a) è ridotto del 20 per cento per il primo quintile, calcolato in base all'organico su base nazionale, dei dipartimenti che, ai sensi del comma 327, sono risultati assegnatari del finanziamento;

b) è ridotto del 10 per cento per il secondo quintile, calcolato in base all'organico su base nazionale, dei dipartimenti che, ai sensi del comma 327, sono risultati assegnatari del finanziamento;

c) è mantenuto invariato per il terzo quintile, calcolato in base all'organico su base nazionale, dei dipartimenti che, ai sensi del comma 327, sono risultati assegnatari del finanziamento;

d) è aumentato del 10 per cento per il quarto quintile, calcolato in base all'organico su base nazionale, dei dipartimenti che, ai sensi del comma 327, sono risultati assegnatari del finanziamento;

e) è aumentato del 20 per cento per il quinto quintile, calcolato in base all'organico su base nazionale, dei dipartimenti che, ai sensi del comma 327, sono risultati assegnatari del finanziamento.

334. Per i dipartimenti appartenenti alle aree disciplinari dal n. 1 al n. 9 del CUN, l'importo di cui al comma 332 è aumentato di 250.000 euro, utilizzabili esclusivamente per investimenti in infrastrutture per la ricerca.

335. L'importo complessivo del finanziamento quinquennale di cui ai commi da 314 a 317 e di cui al comma 332 è assoggettato alle seguenti modalità di utilizzazione:

a) non più del 70 per cento (104), tenuto conto di quanto previsto all'articolo 18, comma 3, della legge 30 dicembre 2010, n. 240, può essere impiegato per le chiamate dei professori e per il reclutamento di ricercatori, a norma degli articoli 18 e 24 della medesima legge n. 240 del 2010, e per il reclutamento del personale tecnico e amministrativo;

b) nel rispetto del limite percentuale di cui alla lettera a) del presente comma, almeno il 25 per cento deve essere impiegato per le chiamate di professori esterni all’università cui appartiene il dipartimento ai sensi dell'articolo 18, comma 4, della legge 30 dicembre 2010, n. 240;

c) nel rispetto del limite percentuale di cui alla lettera a) del presente comma, almeno il 25 per cento (104) deve essere impiegato per il reclutamento di ricercatori, a norma dell'articolo 24, comma 3, lettera b), della legge 30 dicembre 2010, n. 240;

d) nel rispetto del limite percentuale di cui alla lettera a) del presente comma, per le chiamate dirette di professori ai sensi dell'articolo 1, comma 9, della legge 4 novembre 2005, n. 230.

336. L'erogazione del finanziamento di cui al comma 332 è interrotta a seguito del mutamento di denominazione del dipartimento e in conseguenza della sua cessazione.

337. Entro il 31 gennaio dell'ultimo anno di erogazione del finanziamento di cui al comma 332, l'università, per ogni dipartimento, è tenuta a presentare alla commissione di cui al comma 318 una relazione contenente il rendiconto concernente l'utilizzazione delle risorse economiche derivanti dal medesimo finanziamento e i risultati ottenuti rispetto ai contenuti individuati nel progetto di cui al comma 323, lettere b) e c). La commissione, entro tre mesi dalla presentazione della relazione, riscontrata la corrispondenza tra l'utilizzazione delle risorse economiche e gli obiettivi del progetto, verificato il rispetto delle modalità di utilizzazione di cui al comma 335, esprime il proprio motivato giudizio. In caso di giudizio negativo, l'università non può presentare per lo stesso dipartimento la domanda diretta all'ottenimento, per il quinquennio successivo, del finanziamento di cui ai commi da 314 a 317.

338. Al fine di favorire l'utilizzazione dei finanziamenti di cui ai commi da 314 a 337 del presente articolo, alla legge 30 dicembre 2010, n. 240, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 23, comma 4, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ma consente di computare le eventuali chiamate di coloro che sono stati titolari dei contratti nell'ambito delle risorse vincolate di cui all'articolo 18, comma 4»;

b) all'articolo 24, comma 3, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

«b) contratti triennali, riservati a candidati che hanno usufruito dei contratti di cui alla lettera a), ovvero che hanno conseguito l'abilitazione scientifica nazionale alle funzioni di professore di prima o di seconda fascia di cui all'articolo 16 della presente legge, ovvero che sono in possesso del titolo di specializzazione medica, ovvero che, per almeno tre anni anche non consecutivi, hanno usufruito di assegni di ricerca ai sensi dell'articolo 51, comma 6, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, o di assegni di ricerca di cui all'articolo 22 della presente legge, o di borse post-dottorato ai sensi dell'articolo 4 della legge 30 novembre 1989, n. 398, ovvero di analoghi contratti, assegni o borse in atenei stranieri».

339. All'articolo 3, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1º febbraio 2010, n. 76, è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

«i-bis) svolge, con cadenza quinquennale, la valutazione della qualità della ricerca delle università e degli enti di ricerca, sulla base di un apposito decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, emanato entro il 31 marzo dell'anno successivo al quinquennio oggetto di valutazione, e diretto a individuare le linee-guida concernenti lo svolgimento della medesima valutazione e le risorse economiche a tal fine necessarie. La valutazione della qualità della ricerca deve essere conclusa entro il 31 dicembre dell'anno successivo all'emanazione del decreto di cui al precedente periodo». ”.

15.3. Non consta l’esistenza di una relazione illustrativa dell’emendamento che ha versato, nel corso dei lavori parlamentari, il complesso delle riportate disposizioni nel testo di quella che, poi, sarebbe divenuta la l.n. 232/2016.

15.4. Un inquadramento generale della portata e delle finalità di queste stesse disposizioni si può nondimeno ricavare dalle ‘Schede di lettura A.S. 2611-legge di bilancio 2017-Sezione I-Normativa’ attingibile dal sito istituzionale del Parlamento nazionale.

Vale qui però, in totale riepilogo, quanto si legge introduttivamente nel documento, relativamente all’art. 1, co. 314-338, della legge citata (pg. 321 e ss.): “ I commi 314-338 – nel testo approvato dalla Camera – istituiscono, a decorrere dal 2018, nel Fondo per il finanziamento ordinario delle università statali (FFO), una sezione destinata a finanziare i dipartimenti universitari di eccellenza, sulla base dei risultati della Valutazione della qualità della ricerca (VQR) effettuata dall’ANVUR e della valutazione dei progetti dipartimentali di sviluppo, presentati dalle università. ”.

15.5. E’ palese dunque la portata eminentemente finanziaria del macro emendamento che contiene in sé il frammento dispositivo (riguardante l’art. 23, co. 4, della l.n. 240/2010) di cui sopra s’è detto.

Risultano avvalorate, allora, le considerazioni recate dal rinvenuto, recente precedente costituito dalla sentenza del Tar Piemonte n. 698/2017, pubblicata il 3.6.2017, che in un caso analogo, riguardante sempre l’Ateneo torinese, ha affermato che “ L’art. 23 comma 4 della L. 240/2010, dedicato agli incarichi di docenza “a contratto”, si legge oggi come segue: (…).

E’ opinione del Collegio che la previsione in esame abbia, effettivamente, solo portata finanziaria: infatti essa consente di valorizzare la chiamata di professori a contratto ad un fine specifico, precisamente al fine di determinare “le risorse vincolate indicate all’art. 18 comma 4”, e cioè il budget che le università debbono accantonare a copertura della chiamata di professori esterni. In altre parole la norma consente alle università di determinare il budget destinato ed utilizzabile per la sola chiamata di professori “esterni” maggiorandolo del costo relativo a uno o più dei professori con i quali una università ha avuto in essere un rapporto contrattuale precario o comunque a tempo determinato. Verosimilmente tale previsione si fonda sulla presunzione che nella misura in cui le università hanno la capacità economica necessaria a finanziare, con risorse proprie, incarichi di insegnamento a contratto, esse hanno anche la capacità economica necessaria a sostenere nel tempo gli oneri stipendiali derivanti dalla assunzione di professori di ruolo, in sostituzione di professori a contratto, ragione per cui si può consentire loro di utilizzare tale voce di spesa per la assunzione di un numero di professori di ruolo maggiore di quello che, magari, risulterebbe consentito dalla applicazione delle regole generali, che oggi si fondano, come noto, sul sistema dei c.d. “punti organico”. La norma peraltro non obbliga le università a computare la spesa relativa ai professori a contratto nel budget vincolato a copertura dei concorsi riservati a professori “esterni”, ma lascia a ciascuna di esse un potere discrezionale che esse possono utilizzare decidendo di non tenere conto in alcun modo delle precedenti chiamate di professori a contratto ovvero di tenere conto di una sola di esse o di talune, ad esempio al fine di rendere permanenti corsi già attivati mediante incarico a contratto.

Letto come sopra l’art. 23 comma 4 della L. 240/2010, come modificato dalla L. 232/2016, va in senso esattamente opposto a quello indicato dalla ricorrente, poiché anziché favorire i professori a contratto nella partecipazione ai concorsi riservati agli “esterni”, in un certo senso li penalizza ulteriormente, dal momento che agevola l’ingresso nelle università, in qualità di professori di ruolo, di un maggior numero di “esterni”, cioè di soggetti che nel triennio precedente la indizione del concorso non hanno svolto alcun servizio per le università, consumando le risorse disponibili per gli incarichi a contratto. Tale constatazione non può tuttavia condurre a respingere l’interpretazione che qui si sta accreditando, dovendosi piuttosto ritenere che il legislatore abbia consapevolmente inteso limitare il ricorso agli incarichi a contratto, che non sono conferiti a seguito di concorso e che pertanto si prestano alla creazione di incarichi di insegnamento creati “su misura”.

Ciò detto va pure sottolineato che l’art. 18 comma 4 della Legge n. 240 del 2010 non è stato in alcun modo toccato o modificato dalla legge n. 232 del 2016, sicché ancora oggi tale norma continua ad escludere, dalla partecipazione ai concorsi finalizzati alla chiamata di professori di ruolo “esterni”, coloro che nell’ultimo triennio hanno prestato servizio per la università chiamante, senza eccezione alcuna, ma in particolare senza che una eccezione sia stata introdotta a favore dei professori a contratto.

Il combinato disposto dell’art. 18 comma 4 e 23 comma 4 della L. 240 del 2010, come modificata dalla legge n. 232 del 2016, conferma, allora, che la seconda delle due disposizioni ha – come si diceva – natura contabile/finanziaria, perché ove così non fosse il legislatore avrebbe apportato anche una contestuale modifica all’art. 18 comma 4, appunto allo scopo di consentire espressamente la partecipazione dei professori a contratto alle procedure concorsuali indette per la chiamata di professori “esterni”.

La interpretazione che parte ricorrente tenta di accreditare, peraltro, non è soltanto distonica rispetto alla lettera dell’art. 18 comma 4, ma crea anche un ulteriore problema interpretativo: atteso il fatto che l’art. 23 comma 4 non obbliga le università a computare, nel budget vincolato per la assunzione di esterni, tutte le eventuali chiamate di soggetti titolari di incarichi a contratto, occorre chiedersi cosa succederebbe – accedendo alla interpretazione prospettata dalla ricorrente – ove una università optasse – in ipotesi – per computare in tale budget solo due chiamate a contratto su 10: quanti e quali degli ex professori a contratto potrebbero ritenersi legittimati partecipare ai concorsi riservati per “esterni”? due, dieci o un numero diverso? Finché la chiamata di un professore a contratto viene computata nel budget vincolato al fine di consentire l’assunzione di un professore di ruolo per il medesimo insegnamento, si può pensare che legittimato a partecipare alla procedura concorsuale riservata sia l’ex professore a contratto titolare del medesimo corso;
ma se l’università computi, nel budget vincolato, la chiamata di taluni professori a contratto al fine di attivare in via permanente insegnamenti completamente diversi da quelli svolti dai vari professori a contratto, con quale criterio si dovrebbe distinguere tra ex professori a contratto legittimati a partecipare alle procedure riservate e quelli non legittimati? E qui si constata che solo attribuendo una valenza contabile all’art. 23 comma 4, nel senso sopra precisato, si evita di incorrere in aporie simili a quella appena prospettata, la cui soluzione imponeva un intervento del legislatore anche nel corpo dell’art. 18 comma 4 della legge n. 240 del 2010.

In conseguenza di quanto sin qui argomentato a proposito della corretta interpretazione dell’art. 23 comma 4 della legge n. 240 del 2010, come modificato dalla legge n. 232 del 2016, la ricorrente, che pacificamente ha insegnato presso l’Università di Torino nel periodo 2014-2016, non avrebbe potuto partecipare alla procedura concorsuale oggetto degli atti impugnati, dalla quale avrebbe dovuto essere esclusa, e neppure potrà partecipare alle future procedure concorsuali che saranno indette, ai sensi dell’art. 18 comma 4, nel triennio successivo alla cessazione degli incarichi conferiti dalla Università di Torino alla ricorrente. ”.

Non consta la proposizione dell’appello avverso questa decisione.

15.6. Per completezza, si deve dare atto del fatto che nelle predette ‘Schede di lettura’ si legge altresì (pg. 326), a proposito del contenuto dell’art. 1, co. 335, lett. b), della l.n. 232/2016, che “ Al riguardo, durante l’esame alla Camera è stato previsto che si considerano “esterni” anche coloro che sono stati titolari di contratti di insegnamento. ”.

Possono essere state queste parole ad aver fatto affermare ai difensori della dott.ssa B, in occasione della sua replica del 17.10.2018, quanto riportato sub 8. supra .

Al riguardo, tuttavia, il Collegio non può non ritenere che:

- non potendosi dare – per quanto sopra detto – alla novella dell’art. 23, co. 4, della l.n. 240/2010 il valore e la portata di una norma interpretativa, e dunque retroattiva, ciò che sarebbe stato ‘previsto’ in argomento, ‘durante l’esame alla Camera’ dello schema di disegno di legge divenuto poi la l.n. 232/2016, a tutto concedere, può valere soltanto a decorrere dall’1.1.2017 e dunque da un’epoca successiva ai fatti per cui qui è causa;

- in ogni caso detta novella ha lasciato assolutamente intatto, in seno all’art. 18, co. 4, della l.n. 240/2010, il limite negativo della ‘assenza di una prestazione di servizio nell’ultimo triennio’ presso l’Ateneo che bandisce la procedura di chiamata, onde resta intatto, pur dopo la novella ed al netto degli effetti finanziari ricavabili dalle norme ricordate ( sub 15.2 supra ), tra i quali quelli della citata seconda parte del co. 4 dell’art. 23 della l.n. 240/2010, l’ostatività di detto limite negativo, quanto meno per fatti riferibili a periodi temporali anteriori all’1.1.2017.

16. A proposito di tale limite negativo, del suo significato e della relativa portata, il Collegio non reputa di doversi discostare da quanto già espresso con suoi precedenti di Sezione, quali ad esempio la sentenza n. 3626/2016, pubblicata il 12.8.2016.

16.1. Al riguardo la dott.ssa B, onde inferirne che, nei riguardi dell’Università, lei non poteva reputarsi ‘non esterna’, adduce il fatto che, durante il periodo nel quale aveva svolto funzioni di professore a contratto presso l’Ateneo torinese, era (altresì) principalmente impiegata, con rapporto di lavoro subordinato, presso un Istituto liceale torinese.

L’argomento tuttavia, ad avviso del Collegio, non può avere portata dirimente, proprio per il fatto che – come detto – l’altro impiego della dottoressa era part-time , dunque di natura inidonea ad escludere che la stessa potesse contestualmente svolgere un qualunque altro rapporto lavorativo con diversa Amministrazione.

16.2. Peraltro l’espressione ‘non hanno prestato servizio’ nell’ultimo triennio (di cui all’art. 18, co. 4, della l.n. 240/2010), per quanto oggettivamente non perspicua, non risulta idonea ad escluderne la riferibilità – per la sua amplissima portata evocativa – anche a rapporti di natura contrattuale quali quelli intrattenuti dalla dott.ssa B con l’Università anteriormente alla procedura di chiamata per cui è causa.

Del resto, la prestazione di servizio presso una pubblica amministrazione, specie dopo l’ampio processo di riorganizzazione del lavoro presso le pubbliche amministrazioni realizzatosi negli anni ’90, improntato anche a forme di forte flessibilizzazione delle forme di ‘legame’ giuridico tra le Amministrazioni e i suoi lavoratori, è tale da poter far rientrare nella categoria logico-giuridica del ‘servizio’ anche rapporti di lavoro autonomo basati su contratti di diritto privato.

E l’espressione lata ‘servizio’ è, di per sé, più che sufficiente a giustificare, tra amministrazione datoriale e lavoratore, l’intervenuta corresponsione di una retribuzione, altrimenti di per sé del tutto ingiustificata ed ingiustificabile.

Può qui aggiungersi, rispetto a quanto già detto in precedenza in relazione ai rapporti tra gli artt. 18, co. 4, e 23, co. 4, della l.n. 240/2010 che il richiamo esplicito alla prima, contenuto nella seconda norma, non fa che rinforzare, sul piano interpretativo, la portata della disposizione recante il limite negativo (a valenza ostativa), inclusa evidentemente quella di tale stesso limite.

16.3. La dott.ssa B, nelle proprie difese, prospetta a sostengo della ritenuta fondatezza delle sue tesi il seguente argomento.

Per un’università la possibilità di chiamare ad insegnare per qualche anno, presso di essa, un professore a contratto costituisce un’ottima forma di test reciproco: per l’Amministrazione, che in tal modo ha la possibilità di saggiare merito e professionalità del docente a contratto, e per il professore, che in tal modo ha l’opportunità di verificare il proprio grado di soddisfazione nel lavoro nell’ambito della prima.

Non vi sarebbe, in poche parole, sistema migliore per costruire, reciprocamente, le basi di quello che poi, attraverso le procedure di chiamata, può evolvere in un rapporto ‘di ruolo’ tra università e professore.

Il sistema, sotto altro aspetto, sarebbe addirittura ottimale per consentire agli Atenei di attirare docenti stranieri di vaglio o di positiva prospettiva professionale futura, dato che, per essi, un ‘tirocinio’ temporaneo – sotto forma di rapporto lavorativo a contratto con un’università italiana – costituirebbe valido meccanismo per farsi conoscere e per conoscere l’ambiente universitario presso il quale avesse modo di lavorare temporaneamente ed in modo flessibile. L’Amministrazione, dal canto proprio, avrebbe altresì il vantaggio di poter offrire al mercato estero della docenza universitaria un’allettante opportunità di attirare talenti, specie giovani.

Conseguentemente, ad avviso di parte, ogni lettura interpretativa del quadro regolatorio ordinamentale di settore che si orientasse per un ‘restringimento’ di questa forma e canale di reclutamento stabile del proprio corpo docente andrebbe rifiutata, giacchè suscettibile ad un tempo di disincentivare il flusso in entrata di professori stranieri e di deprivare gli Atenei nazionali di quella particolare attrattività di cui sopra s’è detto.

16.4. Il Collegio non reputa di poter condividere questa opinione perché:

- da un lato, essa non risulta suffragata letteralmente e neppure oggettivamente traspare dall’assetto ordinamentale di settore, pur dopo gli innesti normativi della l.n. 232/2016;

- da un altro lato, ove pure il Legislatore avesse inteso realizzare questo assetto tanto lo stesso avrebbe dovuto fare in modo esplicito (nulla in astratto impedendoglielo);

- da altra angolazione ancora, questo diverso ‘equilibrio’ tra canali di accesso al reclutamento di ruolo dall’esterno presso gli Atenei nazionali (con propensione per quello preceduto da un ‘tirocinio’ mediante insegnamento a contratto rispetto a quello per così dire puro, di chiamata di esterni) avrebbe dovuto trovare ingresso nell’ordinamento settoriale attraverso una novella di tipo ordinamentale e non già in virtù di norme di natura finanziaria, peraltro neppure a regime;

- infine, ed ogni caso, detto diverso assetto sarebbe dovuto essere già in vigore al tempo dei fatti di causa, non potendo suoi effettuali effetti decorrenti da data successiva essere idonei a recuperare la validità di atti e fatti pregressi.

16.5. Queste considerazioni valgono altresì a reputare non ricorrenti nella fattispecie i presupposti per un incidente comunitario avente ad oggetto il vaglio da parte della CGUE delle norme sopra richiamate.

In particolare, non risulta dagli scritti della dott.ssa B l’individuazione di un parametro normativo sovranazionale specifico, al di là di quello generico della libertà di circolazione dei lavoratori nell’ambito dell’Unione (art. 45 TFUE), idoneo a radicare un giudizio di rilevanza della questione.

Il nostro sistema ordinamentale di settore, invero, conosce ed applica l’istituto del reclutamento dei professori universitari a contratto e, di contro, il segnalato parametro normativo sovranazionale non risulta tale da imporre ad uno Stato membro una quota percentuale determinata, eventualmente maggioritaria, di chiamata (per l’assunzione di ruolo) di professori esterni non nazionali che, preventivamente, siano già stati professori a contratto presso Atenei del medesimo Paese membro.

16.6. Considerazioni non dissimili valgono altresì ad escludere, nella fattispecie, la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità pure prospettata.

Il sistema di reclutamento concorsuale per ‘quote’ nelle pubbliche amministrazioni, del resto, è tradizionalmente valido ed applicato nel nostro ordinamento e non si ravvisano le ragioni per le quali, solo nell’ambito universitario, debba invece valere un criterio diverso, teso in pratica a consentire ad un Ateneo di poter chiamare a piacimento, per un suo posto di ruolo, un qualunque professore, indifferentemente già o meno esterno, interno o a contratto.

17. A cospetto del quadro delle argomentazioni che precedono non assume rilevanza infine – ove pure condivisibile – la censura, mossa alla sentenza impugnata, di erronea correlazione tra gli artt. 18, co. 4, e 24, co. 5, della l.n. 240/2010, attesa a questo punto la marginalità di una siffatta questione, non idonea di per sé a superare il complesso delle considerazioni che inducono alla reiezione degli appelli in epigrafe e alla conferma della sentenza di primo grado.

18. In conclusione, gli appelli riuniti vanno respinti.

19. Ricorrono giustificati motivi, tenuto conto degli aspetti particolari della questione trattata, per compensare integralmente fra le parti le spese di questo grado di giudizio.

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