Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-12-06, n. 201305855
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N. 05855/2013REG.PROV.COLL.
N. 10512/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10512 del 2009, proposto da:
Policlinico San Donato S.p.A., rappresentato e difeso dagli avv. ti D V, A L e G C, con domicilio eletto presso il primo di essi, in Roma, Lungotevere Marzio,3;
contro
Regione Lombardia, in persona del Presidente
pro tempore
, costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa dagli avv.ti M O, S G, P D V e M E M, con domicilio eletto presso Emanuela Quici, in Roma, via Nicolò Porpora, 16;
nei confronti di
Azienda Ospedaliera Fatebenefratelli e Oftalmico di Milano, non costituita nel presente giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO - sezione III n. 4240/2009, resa tra le parti, concernente la determinazione della remunerazione delle funzioni non coperte da tariffe predefinite.
Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Lombardia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2013, il Cons. Hadrian Simonetti;
Uditi per le parti, alla stessa udienza, gli avvocati Bellocchio su delega di Ciampoli, Lirosi, Vaiano e Vivone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
1. La Regione Lombardia, con delibera di Giunta del 20.7.2005 n. 8/370, ha modificato i criteri di remunerazione delle funzioni non tariffabili di cui al D.M. 30.6.1997 e L.R. 31/1997 (art. 13, co. 15), prevedendo, per quanto più interessa in questa sede, che l’incremento delle risorse per il 2004, per le strutture accreditate, non potesse superare il tetto del 30% rispetto a quelle assegnate nel 2003.
2. Il Policlinico San Donato S.p.A., titolare dell’omonima struttura ospedaliera accreditata con il Servizio Sanitario Regionale, ha impugnato tale delibera deducendo vizi sia procedimentali che di natura più sostanziale.
2.1. Sotto il primo profilo, ha dedotto per un verso la violazione degli artt. 7 ed 8 della l. 241/1990, assumendo che le importanti modifiche apportate alle modalità di remunerazione non sarebbero state preventivamente discusse con gli interessati, e per altro verso la tardività dei nuovi criteri introdotti e resi noti solamente a consuntivo.
2.2. Sotto il secondo profilo, ha contestato la coerenza e la ragionevolezza del nuovo criterio, nonché la relativa motivazione posta a fondamento della delibera, lamentando in particolare la soppressione della quota variabile nella remunerazione della funzione di D.E.A. (Dipartimento Emergenza Accettazione), che, di conseguenza, non terrebbe più conto dei volumi di attività.
2.3. Con un successivo ricorso ha impugnato la delibera del 1.8.2006, n. 8/3065, che ha fatto applicazione dei medesimi criteri anche per l’anno 2005, deducendone l’illegittimità sia in via derivata che per vizi propri, legati anche in questo caso alla violazione degli artt. 7 ed 8 della l. 241/1990, al difetto di motivazione ed all’eccesso di potere declinato per contraddittorietà e difetto di istruttoria che, nel caso in esame, sarebbero stati tanto più gravi in quanto per il 2005 si era aggiunta anche la nuova funzione “Ampiezza del case mix”.
2.4. Con un terzo ricorso ha poi impugnato, infine, la successiva delibera del 25.7.2007, n. 8/5159, deducendone l’illegittimità sia in via derivata che per vizi propri, legati alla violazione degli artt. 7 ed 8 della l. 241/1990, al difetto di motivazione e di istruttoria, alla contraddittorietà delle modalità di remunerazione dell’attività di pronto soccorso, sottolineando in particolare l’incongruenza della remunerazione alla luce del riconoscimento, per il 2006, della nuova funzione “attività di ricerca degli IRCCS”, dopo che, per il 2005, era stata già riconosciuta la funzione del case-mix.
3. Il Tar, decidendo con tre sentenze autonome sebbene all’esito della stessa camera di consiglio del 27.11.2008, dopo un’ampia ricognizione in ordine alle modalità di finanziamento del sistema sanitario e di remunerazione delle prestazione rese dalle singole strutture, sia in generale che nel caso specifico della Regione Lombardia qui in esame, ha giudicato i ricorsi infondati, muovendo dalla duplice premessa che le delibere con essi impugnate fossero atti generali di programmazione e che il finanziamento delle prestazioni non tariffabili fosse da inquadrare nella nozione di sovvenzione pubblica, cui ha ritenuto essere correlato un ampio potere discrezione della Giunta quanto alla sua quantificazione.
4. Con il presente appello è impugnata la sentenza n. 4240/2008, avente ad oggetto la indicata delibera del 25.7.2007 relativa all’anno 2006, contestando entrambe tali premesse e quindi riproponendo ed approfondendo le originarie censure.
Si è costituita la Regione, resistendo all’appello.
All’udienza pubblica del 24.10.2013, in vista delle quale le difese hanno depositato memorie illustrative, la causa è stata discussa ed è passata in decisione.
5. Osserva il Collegio, per una migliore intelligenza dei fatti dedotti, come parte appellante abbia contestato i nuovi criteri di remunerazione delle prestazioni non tariffabili, adottati dalla Regione Lombardia a partire dalla delibera del luglio 2005, essenzialmente sotto due profili, distinti ma in buona misura convergenti.
5.1. Per un verso si duole, infatti, delle modalità procedimentali che avrebbero condotto a tale modifica, sia perché non sarebbe stato instaurato un previo contraddittorio con le strutture accreditate, interessate dai cambiamenti in questione, sia perché la tempistica seguita non sarebbe state attenta agli affidamenti sino a quel momento legittimamente maturati.
5.2. Per altro verso si duole della (ir)ragionevolezza del tetto posto all’incremento della remunerazione, senza (più) prevedere (a differenza del passato) una quota variabile da destinare alla funzione di D.E.A. calibrata sui volumi di attività e, soprattutto, senza considerare le ulteriori funzioni acquisite dalla ricorrente negli anni 2005-2006.
Nell’insieme parte appellante contesta quindi la fissità, l’astrattezza e la mancata predeterminazione dei criteri adottati per il contenimento della spesa ed il fatto che tali criteri non consentirebbero di distinguere da caso a caso e di tenere conto delle funzioni concretamente svolte dalle strutture accreditate, con particolare riferimento, nel caso di specie, a quelle di Pronto Soccorso ed a quelle di cui alle anzidette nuove funzioni.
5.3. Replica sul punto la difesa regionale sottolineando, da un lato, la nota esigenza della programmazione e del controllo della spesa sanitaria e, dall’altro, la peculiarità della remunerazione della “funzione non tariffata”, consistente nel suo carattere aggiuntivo a copertura dei costi fissi a prescindere dal numero delle prestazioni rese.
5.4. Così riassunte in sintesi le contrapposte deduzioni di parti, reputa il Collegio che le tesi difensive di parte ricorrente, sebbene indubbiamente suggestive in linea generale, soffrano a loro volta di una genericità di fondo.
5.5. Infatti, premesso che in linea generale si verte in materia di esercizio del potere autoritativo di fissazione dei tetti di spesa e di controllo della spesa sanitaria in funzione di tutela della finanza pubblica affidato alle regioni, al di là delle due questioni di massima che investono la natura degli atti impugnati e l’esatto inquadramento teorico della remunerazione in contestazione, parte appellante non dimostra minimamente in quale misura gli importi ad essa riconosciuti per gli anni 2004-2006 sarebbero stati in concreto non remunerativi rispetto alle prestazioni eseguite, comprese le funzioni di D.E.A. e quelle ulteriori ad essa riconosciute nel 2005 e nel 2006.
Né è dato comprendere a quale diverso (e se, in ipotesi, migliore) esito della vicenda avrebbe condotto una sua maggiore procedimentalizzazione da parte della Regione, fermo restando che il Collegio condivide l’inquadramento delle delibere impugnate - tendente a garantire la corretta gestione delle risorse disponibili - nel novero degli atti aventi natura programmatoria, la cui adozione influisce, nella materia qui in esame, sulla possibilità stessa di disporre delle risorse per remunerare le prestazioni erogate
5.6. Anche a voler concedere, comunque, che il nuovo meccanismo adottato a partire dal 2005 fosse perfettibile nei modi e nei tempi – come potrebbe dimostrare il suo superamento avvenuto a partire dal 2007 – difetta la prova della sua lesività nel caso specifico, ove si consideri con la dovuta attenzione che si controverte in ordine non già ad un taglio di spesa, quanto, piuttosto, in merito ad un contenimento del suo eventuale incremento, stabilito in una misura massima, che tanto per il 2004 quanto per il 2005 poteva comunque ancora giungere sino alla ragguardevole soglia del 30% di aumento rispetto all’importo riconosciuto per l’anno precedente e che per il 2006 si è pur sempre attestato sul pure significativo valore del15%.
5.7. E’ evidente allora come, anche in ragione della misura in ogni caso rilevante di tali percentuali ( all’apparenza più che congrue ed in grado di coprire le prestazioni rese ai pazienti per gli anni 2004-2006 ) e del carattere pur sempre aggiuntivo della quota forfettaria destinata alla remunerazione delle funzioni di emergenza-urgenza, fosse preciso onere della parte ricorrente fornire la prova contraria, in primo luogo dimostrando i maggiori costi sostenuti, considerato anche che l’azione di annullamento formalmente proposta in questa sede prelude ed è comunque strumentale ad un diverso accertamento del rapporto, nel senso del riconoscimento in favore dell’odierna appellante di un maggior credito.
5.8. Le stesse considerazioni rendono infondate anche le censure specificamente relative alla funzione di “ampiezza del case mix”, per quanto attiene alla motivazione ed alla comprensibilità dei criteri seguiti dalla Regione, anche alla stregua dell’art. 12 l. 241/1990, essendo anche al riguardo condivisibili le argomentazioni del Giudice di primo grado, maturate all’esito dell’istruttoria ivi disposta, cui il Collegio ritiene quindi di poter fare rinvio per economia processuale, tenuto conto che le argomentazioni difensive dedotte in appello coincidono in massima parte con quelle già sviluppate in primo grado (v., tra le tante, Cass. sez. un., n. 6538/2010 e , sez. I, n. 13169/2005).
5.9. E’, infine, poco pertinente il richiamo alla giurisprudenza formatasi in tema di retroattività dei tetti massima di spesa, non senza ricordare peraltro come, proprio sulla scorta di tale giurisprudenza (v., da ultimo, Cons. St. Ad. Plen. n. 4/2012), la tardività non è motivo di per sé solo sufficiente a rendere illegittima la determinazione sopravvenuta nel corso dell’anno;ciò alla luce del noto e necessario bilanciamento tra il “nucleo irriducibile” del diritto alla salute ed i limiti imposti da imprescindibili esigenze di carattere finanziario.
5.10. In conclusione, per tali ragioni, l’appello è infondato e va respinto.
6. Si ravvisano giusti motivi, legati alla novità delle questioni trattate, per compensare le spese del giudizio tra le parti costituite.