Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-07-21, n. 202307150
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Testo completo
Pubblicato il 21/07/2023
N. 07150/2023REG.PROV.COLL.
N. 07707/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7707 del 2018, proposto da
Ministero dello Sviluppo Economico, Csea - Cassa Servizi Energetici e Ambientali ex Cassa Conguaglio Settore Elettrico, Autorità Regolazione Energia Reti e Ambiente, ciascuno in persona del legale rappresentante pro tempore, tutti rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Eie Produzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, con l’avv. A C e domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, via Quattro Fontane 20;
nei confronti
G.S.E. - Gestore dei Servizi Energetici, in persona del Direttore della Direzione Affari legali, con l’avv. Prof. Carlo Malinconico, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, Corso Vittorio Emanuele II, n. 284;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 5858/2018, resa tra le parti,
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio ed i ricorsi incidentali proposti dalla Eie Produzione S.p.A. e dalla Gestore dei Servizi Energetici - Gse - Spa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 aprile 2023 il Cons. Ulrike Lobis e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Nel presente giudizio di appello è stata impugnata la sentenza del T.a.r. Lazio, sede di Roma, Sez. III ter, 24 maggio 2018, n. 5858 che ha accolto in parte il ricorso principale e il ricorso per motivi aggiunti proposto da Rosen Rosignano Energia s.p.a., ora Eie Produzione S.p.a.
Il ricorso principale era stato proposto avverso: (i) il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 20 novembre 2012 recante “Nuove modalità per la determinazione della componente del costo evitato di combustibile (CEC), di cui al provvedimento Cip 6/92, e determinazione del valore di conguaglio del CEC per il 2011”; (ii) la deliberazione Aeeg 29 aprile 2010 PAS 9/10, recante la proposta per l’adozione del citato d.m.; (iii) le tabelle pubblicate sul sito del Gse attestanti i valori di conguaglio del CEC per gli anni 2010 e 2011 e il valore di acconto del CEC per il 2012; -(iv) la “Procedura di cui all’articolo 3, comma 5 del decreto del Ministro dello sviluppo economico del 20 novembre 2012”, predisposta dal Gse e approvata dal Ministero dello sviluppo economico, pubblicata sul sito del Gse il 25.1.2013.
Il ricorso per motivi aggiunti era stato proposto avverso: (v) il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 24 aprile 2013, recante “Determinazione, per l’anno 2012, del valore di conguaglio della componente del costo evitato di combustibile di cui al provvedimento del CIP 29 aprile 1992 n. 6”.
1.1. Eie Produzione S.p.a. , titolare di un impianto di produzione di energia elettrica di tipo cogenerativo a ciclo combinato, ammesso a godere per un periodo di 20 anni (15.5.1997- 15.5.2017) del regime incentivante delineato dal provvedimento del Comitato interministeriale prezzi n. 6 del 29 aprile 1992 (Cip 6/92, ai sensi dell’art. 22 l. n. 9/1991), ha impugnato, con il ricorso di primo grado il d.m. 20.11.2012, recante “Nuove modalità per la determinazione della componente del costo evitato di combustibile (CEC), di cui al provvedimento Cip 6/92, e determinazione del valore di conguaglio del CEC per il 2011” (unitamente agli altri atti indicati in epigrafe), con cui il Ministero dello sviluppo economico, muovendo dall’art. 30, co. 15, l. n. 99/2009 e in pretesa applicazione del criterio dell’“evoluzione dell’efficienza di conversione”, ha fissato i criteri per determinare il costo evitato di combustibile (CEC) a partire dall’anno 2010 con la previsione di “valori di consumo specifico” decrescenti a seconda della data di entrata in esercizio dell’impianto (0,227 mc/kWh, coefficiente pari a quello del Cip 6, per gli impianti entrati in esercizio fino al 31.12.1996; 0,215 mc/kWh per quelli entrati in esercizio nel biennio 1997-1998, e così via; l’impianto della ricorrente, essendo entrato in esercizio il 15.1.1997, godrebbe di un valore del CEC relativo al conguaglio 2010 pari a 6,25 eurocent/kWh, a fronte del precedente importo di 6,59 eurocent/kWh, con differenza di euro 8,5 mln).
1.2. Con ricorso per motivi aggiunti la società ricorrente impugnava anche il sopravvenuto d.m. 24.4.2013, recante la determinazione del valore di conguaglio del CEC per l’anno 2012, prospettandone l’illegittimità derivata (per i medesimi motivi illustrati nel ricorso introduttivo) e per vizi propri, stante la mancata considerazione della sentenza del T.a.r. Lombardia 13 marzo 2013, n. 665, di annullamento del “coefficiente k” previsto dalla delib. Aeeg n. 89 del 2010.
1.3. Con la sentenza qui impugnata il T.a.r. ha precisato che dal momento che la società istante ha ottenuto la deroga richiesta ai sensi dell’art. 3, co. 2, d.m. 20.11.2012, trova applicazione il “valore del consumo specifico” di cui all’art. 3, co. 1, lett. a) , previsto per gli impianti entrati in esercizio entro il 31.12.1996 - con conseguente rilievo di improcedibilità dei primi due motivi per sopravvenuta carenza di interesse. Con il primo motivo parte ricorrente sosteneva che le previsioni derogatorie di cui all’art. 3, commi 2-7, d.m. 20.11.2012 sarebbero del tutto generiche, non consentendo di compiere valutazioni sulla possibilità di fruirne (ciò con particolare riferimento all’art. 3, co. 2); con il secondo motivo sosteneva che non sarebbero chiare le ragioni dell’introduzione di valori di consumo specifico decrescenti e della scelta di far dipendere il coefficiente concretamente applicabile dalla data di entrata in esercizio dell’impianto.
1.3.1. Per il Giudice di prime cure l’interesse continuava invece a sussistere con riferimento alla questione della corretta modalità di calcolo del “prezzo medio del combustibile convenzionale”, con particolare riferimento alla determinazione della CECgas ex art. 2 d.m. 20.11.2012. In proposito, per il Giudice di prime cure va data continuità all’indirizzo espresso nella sentenza del TAR Lazio 26 settembre 2017, n. 9914, la quale ha accertato “- l’infondatezza dei motivi incentrati su di una presunta violazione dell’art. 30, co. 15, l. n. 99/2009 e del principio di non retroattività: muovendo dalla premessa che le modalità di aggiornamento del CEC previste da questa disposizione “perseguono la finalità di ridurre i costi dell’energia per l’utenza e sono, pertanto, di applicazione generale (non distinguendosi, nell’ambito di tale norma, tra le c.d. ‘iniziative prescelte’ di cui all’art. 3, comma 7, della legge n. 481 del 1995 ed altre iniziative)”, la Sezione ha osservato che il d.m. 8.6.2011, recante conguaglio del CEC per l’anno 2010 e richiamato da parte ricorrente a sostegno delle doglianze di violazione dell’affidamento e del principio di non retroattività, “aveva carattere dichiaratamente provvisorio”, essendosi limitato al solo aggiornamento del valore del combustibile convenzionale “in attesa che fosse possibile conferire attuazione alle disposizioni della legge n. 99 del 2009 con riguardo all’ulteriore parametro, ivi indicato, ‘dell’evoluzione dell’efficienza di conversione’”, con conseguente insussistenza di “alcun affidamento giuridicamente tutelabile in ordine al mantenimento delle tariffe così stabilite”; ciò anche avuto riguardo alla formulazione testuale del ridetto art. 30, co. 15, in ordine alla decorrenza dell’aggiornamento sulla base del nuovo criterio a partire dall’anno 2009 (anno precedente a quello oggetto del conguaglio calcolato dal d.m. 8.6.2011); sicché con il d.m. del 2012 il Ministero “è intervenuto a completare la disciplina provvisoria di cui al decreto del 2011, in attuazione di quanto prescritto dalla fonte primaria”; - la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale relativa all’ipotizzata violazione degli artt. 3 e 41 Cost., “dovendosi riconoscere ai criteri di aggiornamento di una delle voci della tariffa incentivante, benché sfavorevole alla ricorrente, una finalità (l’efficienza energetica) coerente con i principi che informano la regolamentazione del settore in argomento e non irragionevole, mirandosi in tal modo ad adeguare dette tariffe all’esigenza di ridurre i costi che gravano sull’utenza in una congiuntura economica ben lontana e più critica rispetto a quella nella quale erano state, in precedenza, disciplinate le iniziative simili a quella sub iudice”; ciò in quanto “la nuova regolamentazione rispetta i canoni di logicità” perché “improntata alla nuova realtà, anche economica (riduzione ‘oneri di sistema’), sopravvenuta rispetto ad una disciplina di circa 20 anni prima; disciplina che giustamente tiene conto anche dell’evoluzione delle nuove tecnologie per quanto attiene la capacità dell’impianto di ottenere un miglior rapporto tra fonte energetica in entrata ed elettricità prodotta”; con il finale rilievo di non condivisibilità delle critiche “in punto di violazione, costituzionalmente rilevante, della disciplina di un rapporto di durata in corso, dovendosi valutare, caso per caso, se la nuova disciplina non trasmodi in regolamento irrazionale ed arbitrario […]”, tanto più che “la disciplina in esame non modifica la quota parte incentivante della tariffa, ma interviene esclusivamente sulla base delle mutate condizioni del mercato di riferimento quanto al prezzo del gas ed allo sviluppo tecnologico legato